Risoluzione alternativa delle controversie e piattaforme informatiche

08 Giugno 2022

Il presente contributo esamina brevemente il sistema di risoluzione alternativa delle controversie tramite piattaforme digitali come concepito nei principali paesi stranieri e come realizzato nell'ambito dell'Unione Europea.
Premessa

La tecnologia ha radicalmente cambiato le tradizionali forme di risoluzione delle controversie tra privati.

In molti stati stranieri sono stati sperimentati all'interno dei tribunali nuovi modi di accesso alla giustizia, nonché nuove forme di risoluzione alternativa delle controversie: si pensi fra tutti alle piattaforme di risoluzione delle liti istituite dai principali seller mondiali, quali Amazon e e-Bay.

Sennonché, se è indubbio che la tecnologia spesso è in grado di semplificare e rendere più rapidi i tradizionali meccanismi di risoluzione delle liti, è del pari vero che sta contribuendo a dar vita a nuove forme di controversie in precedenza sconosciute. In precedenza, per acquistare un articolo, occorreva recarsi in negozio per acquistarlo di persona. Ora, è possibile acquistare qualunque bene o finanche qualsivoglia prestazione tramite Internet, il che rende molto più complicato la gestione delle possibili controversie che possono sorgere da questa tipologia di transazioni: se un acquirente ha la residenza in un paese e un venditore ha la sua sede (effettiva o legale) in un altro paese e il mercato che stanno usando per realizzare la transazione è in un paese terzo, diviene infatti assai complicato stabilire chi sia il giudice giurisdizionalmente competente a decidere la controversia e quale sia la normativa ad essa applicabile.

Insomma, lo spostamento della lite nel mondo virtuale obbliga il legislatore a creare nuove regole e nuovi criteri ermeneutici, essendo quelli concepiti per il mondo reale assolutamente inadatti a tal fine.

La tecnologia e le ADR

La tecnologia ha radicalmente cambiato radicalmente qualunque settore della vita umana, compreso quello del diritto; in questo contesto, la pandemia da Covid-19 ha accelerato significativamente questo cambiamento, costringendo i tribunali e le corti a spostarsi online quasi da un giorno all'altro. A ciò si aggiunga che la crisi economica che affligge l'intero pianeta ha reso difficile il ricorso alle aule dei tribunali proprio a causa degli enormi costi che le parti devono sostenere per agire in giudizio.

Occorre perciò trovare nuovi modi per permettere alle parti in causa di risolvere le loro controversie in modo rapido e definitivo.

Uno di questi è rappresentato dalla trasposizione dei tradizionali meccanismi di risoluzione della lite in ambito tecnologico: sono così nate le Online Dispute Resolution (ODR), aventi lo scopo di utilizzare al meglio la tecnologia dell'informazione e della comunicazione per aiutare i contendenti a risolvere le loro controversie.

Inizialmente l'ODR è stato concepito per risolvere controversie sorte online: i marketplace di e-commerce (si pensi ancora una volta ad Amazon ed eBay) e quelli di servizi (come Uber o Airbnb, solo per fare un esempio) hanno sin da subito compreso la necessità di fornire ai propri utenti un modo rapido ed equo per risolvere le controversie al fine di incoraggiare le persone a fidarsi delle transazioni online. Ad oggi, ognuna di queste aziende tecnologiche fornisce ai propri utenti un sistema ODR utile alla risoluzione delle liti che possono sorgere nella vendita di beni e servizi.

Sono state così investite decine di milioni di dollari nella progettazione e nel lancio di sistemi ODR in grado di gestire e risolvere rapidamente molti milioni di controversie.

Come si vede dunque, a differenza delle tradizionali Alternative Dispute Resolution, sorte a livello locale tramite l'istituzione di organismi di mediazione aventi lo scopo di risolvere le piccole controversie tra privati, le ODR sono nate a livello internazionale nel mondo dell'e-Commerce. Gli elevati volumi di controversie transfrontaliere di basso valore all'interno dei grandi marketplace hanno costituito una forte spinta per la creazione di un sistema giudiziario ad hoc per gli utenti, di fronte all'incapacità del sistema giudiziario tradizionale a fornire adeguata tutela a questa tipologia di controversie.

L'estensione dell'ambito di applicazione delle ODR

Prendendo spunto dalle aziende tecnologiche, già a partire dal 2010, le organizzazioni internazionali hanno impresso una forte accelerazione al processo di espansione delle ODR. L'UNCITRAL, l'agenzia delle Nazioni Unite responsabile dell'armonizzazione delle leggi globali, ha creato un gruppo di lavoro sull'ODR nel 2010 che ha riunito rappresentanti di oltre 66 paesi per discutere come la risoluzione delle controversie online potesse essere utilizzata in favore dei consumatori. Dal canto suo, il Parlamento europeo ha approvato il 21 maggio 2013 il Regolamento UE 524/2013 riguardante le procedure destinate a risolvere extragiudizialmente le controversie tra imprese e consumatori originate dai contratti di beni e servizi stipulati online. Sul punto si ritornerà tra breve.

Anche molti paesi hanno dimostrato una precoce volontà di sperimentare la tecnologia ODR: si pensi tra tutti alla Cina, la quale già da molti anni investe molte delle sue risorse finanziarie per l'istituzione e il funzionamento delle smart courts (i.e. tribunali che sfruttano la tecnologia all'avanguardia per semplificare il processo giudiziario) e per risolvere le controversie bagattellari tramite ODR.

A partire dal 2016 negli USA sono state portate le ODR nei tribunali; lo sforzo è stato ingente e ha portato a risultati significativi: negli Stati Uniti, alla fine del 2020, più di cinquanta tribunali hanno utilizzato le ODR per risolvere molte delle controversie pendenti innanzi ad essi. In particolare, alcuni tribunali hanno costruito i sistemi di ODR utilizzando software già esistenti, come la piattaforma Modria di Tyler Technologies (https://www.tylertech.com) o la piattaforma Matterhorn di Court Innovations (https://getmatterhorn.com/about-us/); altre corti hanno deciso di costruire da zero la propria tecnologia, come è accaduto in Utah (https://ideas.dickinsonlaw.psu.edu/dlr/vol122/iss3/6).

Il funzionamento delle ODR

Quando un soggetto avvia il processo ODR, il software chiede all'istante che tipo di problema egli intende risolvere tramite la piattaforma informatica; all'uopo, offre un menu di tipi di problemi comuni. La parte istante, allora, seleziona dal menu il tipo di problema riscontrato. Se un'opzione che descrive il suo problema specifico non è disponibile nel menu, può fare clic su "altro" e quindi descrivere il proprio caso concreto. In tal modo, l'amministratore di sistema aggiungerà in seguito quell'opzione al menu in modo da permettere agli utenti futuri di avere la possibilità di selezionarla.

Una volta selezionato il tipo di problema riscontrato, viene chiesto al richiedente di fornire la prova (necessariamente documentale) che egli intende allegare a base della propria istanza. Successivamente viene fornito al richiedente un elenco di possibili soluzioni a quel problema specifico e viene chiesto quale di queste soluzioni potrebbe essere accettabile.

L'utente può così scegliere tra le varie soluzioni offerte quale ritiene accettabile; può anche personalizzare le soluzioni offerte in base alle proprie preferenze.

Individuato il problema e le possibili soluzioni ad esso, viene contattata la controparte, la quale viene informata del problema segnalato dal reclamante e delle soluzioni proposte. Il convenuto, oltre a poter indicare se una qualsiasi delle soluzioni proposte sarebbe accettabile per lui, ha anche l'opportunità di effettuare una controproposta. In tal modo, le parti sono in grado di definire rapidamente il problema specifico e generare diverse soluzioni utili a risolverlo.

The fourth party

Come si può agevolmente arguire da questa breve descrizione del meccanismo di funzionamento dell'ODR, accanto ai contendenti vi è un terzo soggetto che svolge il ruolo di regolatore dei conflitti, il quale non è paragonabile alla tradizionale figura dell'arbitro o del mediatore, in quanto non ha né il compito di risolvere la controversia secondo diritto o secondo equità (come accade nell'arbitrato) né di facilitare la soluzione del conflitto (come accade nella conciliazione o nella mediazione), ma ha un ruolo più limitato, essendo in grado di svolgere solo alcune semplici attività, come l'invio di messaggi di promemoria sulle scadenze imminenti o la registrazione delle comunicazioni tra i partecipanti. Si parla al riguardo di “fourth party”, secondo la terminologia coniata da Janet Rifkin ed Ethan Katsh.

Sennonché, la tecnologia amplia continuamente le sue capacità, per cui vi è chiedersi non tanto di cosa sia capace la quarta parte oggi, quanto di cosa potrebbe essere capace negli anni a venire.

Già oggi l'apprendimento automatico consente a potenti processori di computer collegati a banche dati di applicare regole giuridiche a singoli casi in modo da prendere decisioni munite di un elevato grado di stabilità.

I dati raccolti dalle piattaforme di risoluzione delle controversie online dimostrano che i sistemi di ODR sono in grado di generare livelli molto elevati di soddisfazione dei partecipanti grazie a tempi di risoluzione più rapidi e facilità di accesso.

Tuttavia, non sono ancora disponibili dati definitivi sulla durata dei risultati ottenuti attraverso la risoluzione delle controversie online.

Inoltre, c'è da chiedersi se le tecniche di risoluzione delle controversie online tengano adeguatamente conto dei bisogni emotivi e psicologici delle parti: è logico che in alcuni casi emotivamente complessi il valore di un essere umano neutrale che ascolta le storie delle parti ed esprime empatia può superare qualsiasi vantaggio in termini di efficienza e rapidità che può derivare da un processo di risoluzione algoritmico esclusivamente tecnologico.

Peraltro, ogni meccanismo di risoluzione alternativa delle controversie tramite piattaforma dovrebbe essere soggetto a monitoraggio, valutazione e miglioramento continui per garantire che il meccanismo funzioni in modo conforme ai principi di giustizia ed equità.

Proprio la necessità che il sistema di risoluzione telematica delle controversie sia in grado di rispettare i principi del giusto processo dimostra come siamo ancora ancora agli albori dello sviluppo dell'ODR.

Potrebbe ad esempio accadere che una piattaforma progettata per risolvere controversie che abbia a tal fine raccolto delle informazioni sulla posizione dell'attore non riesca ad impedire che questi dati siano conosciuti dal convenuto, che pertanto potrebbe utilizzarli per ottenere una risoluzione automatizzata a sé favorevole e sfavorevole all'altra parte.

Al tal fine, è stata creata una nuova organizzazione, l'International Council for Online Dispute Resolution (ICODR) che promuove linee guida etiche sia per i gli arbitri e i mediatori sia per i progettisti di sistemi ODR e per i programmatori delle piattaforme. L'obiettivo di ICODR è certificare e monitorare i fornitori di servizi ODR globali per combattere il rischio di tribunali non etici e indagare sui reclami contro le singole piattaforme ODR.

Gli standard etici promulgati dall'ICODR sono disponibili nella loro interezza sul sito web dell'ICODR (<http://www.icodr.org>), i cui principi fondamentali sono l'accessibilità, l'imparzialità, la legalità, la riservatezza e la sicurezza.

Dunque, è evidente che i sistemi di risoluzione delle controversie online non possono essere progettati ed avviati e poi lasciati funzionare senza supervisione; devono essere continuamente migliorati e osservati in modo che possano adattarsi adeguatamente all'evolversi dei volumi dei casi e delle aspettative delle parti.

Le ODR nell'Unione Europea

Se nei paesi extraeuropei l'utilizzazione delle ODR ha registrato un notevole successo, in Europa siamo ancora lontani dal raggiungimento di obiettivi significativi. Circa una decina di anni fa, il Parlamento europeo ha varato con la direttiva europea sulle Alternative Dispute Resolution (ADR) 2013/11/EU ed il Regolamento 2013/524/EU il pacchetto legislativo ADR-ODR che, per la prima volta, introduce un set coordinato e omogeneo di regole: una piattaforma web online per tutta la Ue e procedure per la risoluzione alternativa delle controversie.

I mezzi alternativi al processo di soluzione del contenzioso (ADR), anche condotti online (ODR), rappresentano – agli occhi del legislatore euro-unitario – una via semplice e rapida per rispondere alle controversie tra consumatori e professionisti.

Più precisamente, allo scopo di garantire un'alta protezione dei consumatori, la direttiva ADR si pone l'obiettivo quello di raggiungere, nello spazio giuridico euro-unitario, la piena copertura ADR per le controversie, nazionali e transfrontaliere, da responsabilità contrattuale derivante da contratti di vendita o servizi tra professionisti stabiliti e consumatori residenti nell'U.E.

La direttiva ADR lascia ampio margine di manovra ai legislatori nazionali sia nell'individuazione dei requisiti minimi che gli organismi ADR devono presentare sia nelle tipologie di procedimenti di risoluzione alternativa delle controversie che possono essere adottati nei singoli Stati membri.

Al netto di questo ampio margine di manovra, però, due punti vengono mantenuti fermi. Da un lato, precisa la direttiva, le procedure ADR non possono mai essere configurate in modo tale da precludere l'accesso del consumatore al giudice statale, e ciò in rispetto degli art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, e art. 6 della Carta europea dei diritti dell'uomo. Dall'altro, l'organismo ADR non può violare né le norme a protezione del consumatore vigenti nello Stato membro in cui costui risiede né quelle dello Stato membro in cui ha sede il professionista (art. 10 dir. ADR).

Contando sull'attuazione della direttiva nei diversi Stati membri, l'UE, con il già citato Regolamento 524/2013, ha previsto la creazione della piattaforma ODR, oggi disponibile al sito https://ec.europa.eu/consumers/odr/main.

Tale piattaforma costituisce un punto di accesso unico per consumatori e professionisti che desiderino risolvere stragiudizialmente controversie da responsabilità contrattuale nascente da contratti di vendita o servizi stipulati online tra un consumatore residente e un professionista stabilito nell'UE. I professionisti che operano in rete sono tenuti dal regolamento a segnalare nel sito della loro attività professionale il link alla piattaforma ODR.

Ciò premesso, il consumatore, che lamenti il mancato o inesatto adempimento da parte del professionista delle obbligazioni nascenti dai suddetti contratti di vendita o servizi conclusi in rete, accede alla piattaforma compilando online un reclamo, su modulo predefinito, che spedisce, per il tramite della piattaforma stessa, all'indirizzo di posta elettronica del professionista. Nel reclamo egli indica un organismo ADR che potrebbe gestire la controversia, scelto tra quelli accreditati ai sensi della direttiva ADR. Il professionista contattato può aderire o meno all'indicazione dell'organismo ADR effettuata dal consumatore. Se egli aderisce alla proposta di costui o se le parti si accordano su altro organismo ADR, la procedura ADR prosegue secondo una delle tre modalità sopra descritte. Altrimenti l'iter si conclude e il consumatore può ritentare o scegliere un'altra via di soluzione della lite.

Così come concepita, la piattaforma ODR non può ritenersi un vero e proprio strumento di soluzione online delle controversie tra consumatore e professionista, rappresentando solo un punto di contatto in rete tra consumatore e professionista. Essa, infatti, si rivela semplicemente una piattaforma attraverso cui il consumatore può contattare online il professionista con un reclamo e chiedere a quest'ultimo se sia disposto a risolvere la controversia tra loro insorta davanti ad un organismo ADR accreditato ai sensi della direttiva. Tuttavia, anche ove il professionista aderisca alla richiesta del consumatore, non è detto che la procedura ADR si svolga online. Il regolamento ODR, infatti, non impone il suo svolgimento in rete, con la conseguenza che la procedura ADR ben potrebbe svolgersi anche offline.

È ciò che si evince dall'art. 10 reg. ODR, dedicato alla disciplina della risoluzione della controversia, il quale esplicitamente stabilisce che l'organismo ADR che abbia accettato di trattare il reclamo del consumatore non è tenuto a condurre la procedura ADR tramite la piattaforma ODR.

Consapevoli della scarsa efficacia dello strumento, la piattaforma ODR è stata modificata, prevedendosi che una volta che il consumatore abbia inviato elettronicamente un reclamo al professionista per suo tramite, allegando i documenti a sostegno, e il professionista abbia accettato di aderire alla procedura ADR, accordandosi sull'organismo ADR che la gestirà, i documenti di ‘causa' potranno essere visionati dall'organismo ADR soltanto in rete, con il che esso deve essere pronto a svolgere la procedura online, magari utilizzando una c.d. stanza virtuale messa a disposizione dalla piattaforma ODR.

Nonostante tale modifica, le procedure comunitarie di soluzione stragiudiziale delle controversie consumeristiche, non sono (ancora) vere e proprie procedure di Online Dispute Resolution. Procedure, cioè, in cui – come accade in altri ordinamenti, ed in particolare in quello statunitense – la rete diventa essa stessa il quarto elemento della procedura, grazie all'intervento di forme semplificate di intelligenza artificiale dirette a facilitare l'incontro delle posizioni delle parti in conflitto, come avviene, ad esempio, nei casi di c.dd. negoziazione assistita dalla tecnologia o automatizzata, mediazione basata su software, e così via.

Come si è visto, l'elemento che caratterizza le ODR è la presenza di un intermediario tecnologico all'interno delle procedure di soluzione delle controversie, che, in qualità di c.d. quarta parte, consente e facilita la risoluzione in rete delle controversie. Con il progredire della tecnologia, questa è arrivata peraltro sempre più a sostituirsi al ‘soggetto umano' incaricato della procedura, diventando essa stessa, in luogo di costui, la (sola) terza parte (tra i due contendenti), e rendendo l'uomo non più centrale nella soluzione della controversia: si tratta delle ODR di seconda generazione.

In particolare, in seno a questa macro-categoria, è possibile distinguere la negoziazione assistita dalla tecnologia dalla negoziazione automatizzata.

Nella prima, la tecnologia fornisce supporto alle parti, guidandole nella procedura e facilitando l'individuazione di soluzioni della lite grazie all'impiego di varie funzioni, quali la predisposizione di tabelle per la registrazione dello storico delle offerte avanzate da ciascuna parte, strumenti di archiviazione intelligente della messaggistica intercorsa tra i contendenti, matrici per l'identificazione di possibili soluzioni alternative e scambi tra le parti (trade-off), e così via.

Nella negoziazione automatizzata, invece, si prevede la possibilità per le parti di scambiare tra loro un determinato numero di offerte entro un lasso temporale circoscritto: un algoritmo le esaminerà e, qualora lo scarto tra queste rientri in una percentuale o soglia numerica prestabilite, esso proporrà di concludere un accordo per il valore medio. Le forme più diffuse di negoziazione automatizzata impiegano meccanismi di c.d. offerta alla cieca (blind bidding), in cui le offerte lanciate da una parte non sono visibili alla controparte sino a che non rientrino nella percentuale o soglia numerica prestabilite; in altri casi, invece, le offerte possono essere visualizzate in tempo reale: le parti possono accettare o rifiutare la soluzione generata dall'algoritmo. In ogni caso le informazioni rimangono riservate rispetto all'esterno.

Nello spazio giuridico eurounitario, invece, le procedure di soluzione stragiudiziale delle controversie consumeristiche da responsabilità contrattuale, derivante da contratti di vendita o servizi stipulati online, restano procedure aventi le stesse caratteristiche delle classiche ADR offline, benché agevolate nel loro avvio e svolgimento dalla piattaforma ODR. Esse guadagnano, cioè, la qualifica di procedure di Online Dispute Resolution per il solo fatto di utilizzare la rete come (ed esclusivamente come) mezzo di comunicazione a distanza tra le parti in conflitto. Si pensi, a titolo esemplificativo, al caso della mediazione svolta per il tramite di una piattaforma telematica (Zoom, Teams, ecc.), in cui questa ha l'unico scopo di consentire la comunicazione a distanza tra le parti ed il mediatore, senza che in essa vengano utilizzati meccanismi di intelligenza artificiale volti a favorire l'avvicinamento delle posizioni negoziali delle parti.

In Europa (e in Italia), dunque, le ODR sono solo una species del genus ADR, non costituendo dunque come in altri paesi un fenomeno dotato di propria autonomia e dignità.

Precisato, quindi, che la piattaforma ODR comunitaria non costituisce un meccanismo stricto sensu inteso di Online Dispute Resolution, un'ulteriore osservazione si impone circa la reale efficacia dello schema profilato dal regolamento ODR.

Si è visto che questo obbliga i professionisti che operano online ad indicare nel sito web della propria attività professionale il link alla piattaforma ODR. Questa segnalazione, pur imposta dal regolamento, finisce però all'atto pratico per essere fuorviante per il consumatore. Costui è indotto a credere, infatti, che il professionista, che menzioni nel suo sito il link alla piattaforma, si sia obbligato ad aderire ad una procedura ADR ove richiesto dal consumatore. Non è, invece, così. Salva specifica disposizione in tal senso della legislazione nazionale di attuazione del regolamento, l'indicazione nel sito del professionista del link alla piattaforma ODR non implica che costui si sia obbligato a partecipare alla procedura ADR, in quanto dall'art. 1, ult. parte, dir. ADR, si evince che il professionista, una volta contattato dal consumatore con un reclamo per il tramite della piattaforma ODR, ben potrebbe non rispondere o comunque declinare la richiesta di soluzione stragiudiziale della controversia, senza con questo subire alcuna sanzione.

Emergono così le prime debolezze del sistema delineato dal regolamento ODR in confronto agli obiettivi che esso si prefiggeva. Per un verso, si riscontra il rischio che la soluzione stragiudiziale della controversia consumeristica, nata da contratto di vendita o di servizi stipulato online, finisca per svolgersi invece offline, e così fuori dalla sede (la Rete) in cui il legislatore europeo vorrebbe rimanesse, in ragione dei vantaggi che, a suo dire, questa garantirebbe (tra tutti, economicità e speditezza della risoluzione della lite). Per altro verso, si profila l'ulteriore pericolo che la via di soluzione del contenzioso consumeristico indicata dal regolamento ODR non venga in concreto percorsa per mancata adesione del professionista alla procedura stragiudiziale richiesta dal consumatore per il tramite della piattaforma ODR.

Le debolezze dello schema ODR, disegnato dal c.d. pacchetto ADR-ODR, sono state messe in luce anche dagli esiti di un monitoraggio sullo stato dell'arte di implementazione ed applicazione della piattaforma ODR. Ne dà conto una relazione pubblicata dalla Commissione UE nel settembre 2019.

Ebbene, se, da un lato, essa constatava, con soddisfazione, come dal 2016 al 2019 un'alta percentuale di consumatori (precisamente 8,5 milioni di visitatori e 120.000 controversie tra consumatori e imprese, delle quali il 56% a carattere nazionale, mentre il 44% a natura transfrontaliera) avesse fatto ricorso alla piattaforma ODR per tentare di risolvere in via stragiudiziale il contenzioso con i professionisti, dall'altro, denunciava la risposta assai modesta di costoro. Contattati dai consumatori per il tramite della piattaforma ed invitati a risolvere il contenzioso attraverso una procedura ADR, i professionisti, infatti, rimanevano nella stragrande maggioranza dei casi silenti a fronte del reclamo ricevuto o vi rispondevano negativamente, rifiutando di aderire alla proposta del consumatore di avviare una procedura ADR.

In compenso, si riscontrava come spesso, dopo aver negato di dar seguito alla procedura ADR, il professionista contattasse, fuori piattaforma ODR, il consumatore e avviasse con lui una trattativa individuale per risolvere il contenzioso.

È alla luce di questo constatato ‘gradimento' per la trattativa diretta individuale che la Commissione UE ha deciso, nel 2019, di modificare la piattaforma ODR.

A seguito di tale emendamento, allorché il consumatore invii il reclamo al professionista per il tramite della piattaforma, oltre alla via della soluzione della controversia secondo una procedura avanti ad un organismo ADR, si apre una (nuova) ulteriore possibilità. Ove il professionista vi dia il suo consenso, può avere luogo un c.d. dialogo diretto (direct talk) tra consumatore e professionista, senza l'ausilio di alcun organismo ADR. La piattaforma consente, cioè, che consumatore e professionista si scambino direttamente tra loro messaggi attraverso il pannello interattivo e che, in questo scambio, il consumatore possa inviare al professionista allegati quali, ad esempio, le fotografie del prodotto acquistato online che ritiene difettoso.

Si tratta, in pratica, non più di una procedura ADR con l'intervento di un terzo, che riunisce le parti per facilitare la composizione della controversia oppure propone od impone una soluzione, bensì di una negoziazione diretta via rete tra consumatore e professionista.

E' ovvio ed evidente che, sebbene lo strumento così delineato dal legislatore europeo permetta di fatto la risoluzione di numerose controversie, esso non è nemmeno lontanamente assimilabile all'ODR.

Riferimenti
  • Bellan, Piattaforme, obblighi di monitoraggio e risoluzione delle controversie online, in Riv. ind., 2020, 184 ss.;
  • Dalla Bontà, Una giustizia «co-esistenziale» online nello spazio giuridico europeo? Spunti critici sul pacchetto ADR-ODR per i consumatori, in Giustizia consensuale, 2021, 191 ss.;
  • Rifkin, Online dispute resolution: Theory and practice of the fourth party, in Conflict resolution quarterly, 2001, 117 ss.;
  • Rule, Reinventing Justice with Online Dispute Resolution, in Giustizia consensuale, 2021, 169 ss.

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