Domanda di condanna generica: la Cassazione rivede l'orientamento delle Sezioni Unite

Redazione scientifica
14 Giugno 2022

La Corte di cassazione ha ritenuto non più attuali le conclusioni raggiunte dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 12103/1995 in tema di ammissibilità della domanda di condanna generica e ha enunciato un nuovo principio di diritto.

La Corte di cassazione ha ritenuto non più attuali le conclusioni raggiunte dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 12103/1995 in tema di ammissibilità della domanda di condanna generica, limitata all'an debeatur e con riserva di un successivo giudizio sul quantum, e ha enunciato un nuovo principio di diritto.

In particolare, con la pronuncia del 1995 citata, le Sezioni Unite avevano stabilito, con riferimento alle domande di risarcimento del danno (sia in materia contrattuale che extracontrattuale, che «è ammissibile la domanda dell'attore originariamente rivolta unicamente ad una condanna generica, senza che sia necessario il consenso (espresso o tacito del convenuto), costituendo essa espressione del principio di autonoma disponibilità delle forme di tutela offerte dall'ordinamento ed essendo configurabile un interesse giuridicamente rilevante dell'attore a forme di tutela cautelare o speciale (quali l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ex art. 2818 c.c. o l'azione risarcitoria in materia di concorrenza sleale di cui all'art. 2600 c.c.)».

Con l'ordinanza n. 17984/2022 i giudici di legittimità hanno inteso discostarsi da tale precedente, affermando che «l'attore che chiede la tutela giurisdizionale di una situazione giuridica soggettiva, secondo la tecnica di tutela della condanna all'esecuzione della prestazione necessaria per assicurare tutela a detta situazione, non può proporre la domanda limitando la richiesta di tutela ad una condanna generica, cioè al solo an debeatur e fare riserva di introdurre un successivo giudizio per l'accertamento del quantum, a somiglianza di quanto l'art. 278 c.p.c. consente all'attore di chiedere nel corso del processo in cui abbia proposto la domanda di condanna in modo pieno».

Resta da dire che cosa accada ove la domanda sia proposta in tali termini.

In proposito i giudici hanno precisato che «la limitazione all'an deve intendersi tamquam non esset, con la conseguenza che il giudice deve qualificare la domanda come volta a chiedere una tutela condannatoria piena e procedere all'accertamento del diritto fatto valere sia nell'an che nel quantum. Gli oneri di allegazione e prova dell'attore andranno vagliati in funzione di tale accertamento pieno».

Hanno inoltre avvertito che «se riguardo al quantum l'atto introduttivo si presentasse carente quanto all'indicazione dei fatti identificatori della domanda sotto tale profilo, il giudice potrebbe procedere al rilievo della nullità della citazione ai sensi dell'art. 164, quarto comma e seguenti del c.p.c. e, dunque, ordinare il rinnovo della citazione o la sua integrazione».

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