Novità in materia di pagamento delle spese di giudizio da parte dell'agente della riscossione

Giulio Cicalese
24 Giugno 2022

L'art. 5-octies della l. 215/2021, di conversione del d.l. 146/2021, ha introdotto un nuovo procedimento speciale, di carattere semplificato e stragiudiziale, per il recupero delle spese di giudizio sostenute nei procedimenti contro l'Agenzia delle Entrate - Riscossione.
Il nuovo procedimento ex art. 5-octies della l. 215/21

Tramite la l. 215/2021 di conversione del d.l. 146/2021 «recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili» il legislatore ha altresì introdotto, per quanto qui interessa, l'art. 5-octies rubricato «modalità di pagamento delle spese di giudizio da parte dell'agente della riscossione».

La norma in esame, difatti, prevede un nuovo procedimento speciale da applicarsi alle fattispecie in cui, all'esito di un giudizio conclusosi dopo il 21 dicembre 2021 che abbia visto soccombente l'Agenzia delle Entrate - Riscossione, quest'ultima debba quindi rifondere al contribuente vincitore (o al suo costituito procuratore antistatario) le spese di giudizio liquidate con la pronuncia di condanna, nonché ogni altro relativo accessorio di legge.

In tal caso, infatti, la controparte vittoriosa (o il suo difensore) deve domandare alla «competente struttura territoriale dell'agente della riscossione» l'accredito delle somme dovute sul proprio conto corrente tramite PEC o lettera raccomandata con avviso di ricevimento; solo una volta che sia inutilmente decorso il termine di 120 giorni dall'invio della richiesta di pagamento di cui sopra, il creditore potrà infine promuovere azione esecutiva nei confronti dell'Agenzia delle Entrate - Riscossione.

Ad ogni modo la disposizione in esame, così com'è congegnata, presta il fianco ad alcune piccole incertezze interpretative. Fortunatamente, sul sito internet dell'Agenzia delle Entrate - Riscossione è possibile rinvenire un'utilissima guida pratica in materia, dalla quale si desume innanzitutto che, al fine di individuare la struttura territorialmente competente a ricevere l'istanza de qua, si dovrà far necessariamente riferimento all'ambito provinciale di Agenzia delle Entrate - Riscossione che ha emesso l'atto impugnato.

Ove la richiesta sia formulata a mezzo PEC, essa dovrà esser compilata secondo il modello messo a disposizione dall'Ente di riscossione e, infine, inviata alla competente Direzione Regionale dell'Agenzia all'indirizzo di posta elettronica certificata all'uopo predisposto ed indicato nel summenzionato modello.

Diversamente, qualora il creditore intenda procedere tramite raccomandata con avviso di ricevimento, questa dovrà essere invece indirizzata alla sede centrale dell'Agenzia delle Entrate di Roma, facendo però sempre riferimento nel corpo dell'istanza alla Regione all'interno della quali si trovi l'ambito di Agenzia delle Entrate - Riscossione che ha emesso l'atto impugnato.

I rapporti con l'esecuzione forzata ed il giudizio di ottemperanza

Come già accennato supra, la norma in esame prevede che, una volta inviata la richiesta di pagamento all'agente della riscossione, il creditore debba attendere l'infruttuoso decorso di un termine dilatorio di 120 giorni prima di poter intraprendere qualsiasi azione esecutiva.

A tal proposito, giova senz'altro ricordare che, ove poi l'Agenzia delle Entrate - Riscossione nel predetto termine risultasse ancora inadempiente, anche la procedura esecutiva eventualmente instaurata sarebbe poi sottoposta a delle regole speciali: l'art. 14 del d.l. 669/1996 prevede infatti una disciplina di favore per «le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici non economici e l'Agenzia delle Entrate - Riscossione» stabilendo che, prima del termine di ulteriori 120 giorni dalla notificazione del provvedimento / titolo esecutivo, il creditore che agisca per il rimborso delle spese di giudizio (ma anche per il pagamento di qualsiasi altra somma oggetto di condanna) non possa procedere alla notifica dell'atto di precetto né, ovviamente, alla realizzazione di alcun atto esecutivo.

Se, da un lato, non creano grossi problemi i rapporti della disciplina in esame con l'esecuzione forzata (se non per la controparte o il suo difensore distrattario i quali, nel caso in cui l'agente della riscossione non abbia prima adempiuto spontaneamente, dovranno attendere ben 240 giorni dalla proposizione della richiesta de qua prima di poter notificare l'atto di precetto), un po' più delicata è l'armonizzazione con il giudizio di ottemperanza previsto dall'art. 70 del d.lgs. 546/1992 per le sentenze delle Commissioni Tributarie.

Le criticità applicative di questo rimedio non sono poche, a partire dal 1° comma della citata norma, il quale riconduce il suo utilizzo all'avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di condanna che il creditore intende far adempiere: tale dato letterale, tuttavia, su insistenza della dottrina è stato ormai del tutto superato dalla previsione, introdotta ex d.lgs. 156/2015, dell'art. 68, comma 2, del d.lgs. 546/1992, a norma del quale «il contribuente può chiedere l'ottemperanza a norma dell'art. 70 alla commissione tributaria provinciale, ovvero se il giudizio è pendente nei gradi successivi, alla commissione tributaria regionale».

Sennonché, dove non è intervenuto il legislatore, permangono alcuni problemi interpretativi: in particolare, il comma 2 del citato art. 70 del d.lgs. 546/1992 statuisce in maniera non del tutto chiara che «il ricorso (per ottenere l'ottemperanza, n.d.r.) è proponibile solo dopo la scadenza del termine entro il quale è prescritto dalla legge l'adempimento a carico […] dell'agente della riscossione[…] degli obblighi derivanti dalla sentenza o, in mancanza, dopo trenta giorni dalla messa in mora a mezzo di ufficiale giudiziario e fino a quando l'obbligo non sia estinto».

La disposizione in esame, così com'è formulata, ha fatto sorgere il dubbio della proponibilità del giudizio di ottemperanza prima della notificazione dell'atto di precetto: in altre parole, stante il dettato dell'art. 14 del d.l. 669/1996 che impone un termine dilatorio di 120 giorni dalla notificazione del titolo esecutivo, ci si è chiesti se tale meccanismo potesse esser considerato come «termine entro il quale è prescritto dalla legge l'adempimento a carico […] dell'agente della riscossione» ex art. 70, comma 2, cit.

A fronte di orientamenti piuttosto oscillanti registrati nella giurisprudenza amministrativa (cfr., in senso positivo, TAR Puglia n. 1385/2018, Cons. St. nn. 2557/2015 e 1174/2015; contra: TAR Sicilia, sez. Catania n. 922/2014 e Cons. St. n. 2785/2014), la Suprema Corte ha affermato l'indipendenza del giudizio di ottemperanza dalle scansioni temporali previste per la notificazione dell'atto di precetto (cfr. Cass. civ., n. 31856/2021, Cass. civ., nn. 15176/2010 e 20202/2010). Le ragioni di tale presa di posizione vanno individuati nelle differenze ontologiche esistenti tra il procedimento espropriativo e quello di ottemperanza: il primo, infatti, ha lo scopo di ottenere l'esecuzione coattiva del comando contenuto nel provvedimento giurisdizionale, mentre il secondo, invece, svolge la diversa funzione di rendere effettivo quel comando.

In ragione di ciò, al fine di intraprendere un giudizio di ottemperanza, l'unico termine dilatorio che il creditore della Pubblica Amministrazione deve attendere è quello dei 30 giorni successivi alla messa in mora a mezzo dell'ufficiale giudiziario.

Ciò premesso e venendo ai rapporti tra il giudizio di ottemperanza e l'art. 5-octies della l. 215/2021 di conversione del d.l. 146/2021, è utile ricordare che tale ultima norma impone al creditore di attendere il termine di 120 giorni dalla proposizione della richiesta di pagamento prima di notificare il titolo esecutivo, individuando quindi quest'ultimo soggetto come effettivo destinatario della norma (e, dunque, non l'Agenzia delle Entrate - Riscossione): infatti, parimenti a quanto detto per il termine intercorrente tra la notificazione del titolo esecutivo e del precetto, anche quello in esame non dovrebbe costituire un «termine entro il quale è prescritto dalla legge l'adempimento a carico dell'ente impositore» ex art. 14 del d.l. 669/1996.

La disciplina in commento, però, si preoccupa di regolare esclusivamente i propri rapporti con l'esecuzione forzata, ma nulla dice in merito al giudizio di ottemperanza che rimane quindi fuori dall'ambito di applicazione della norma e regolato esclusivamente dal procedimento suo proprio il quale, come affermato dal massimo giudice amministrativo, garantisce comunque alla Pubblica Amministrazione il tempo necessario «per la preparazione dei mezzi finanziari occorrenti al pagamento dei crediti azionati ai fini di evitare la paralisi dell'attività amministrativa derivante dai ripetuti pignoramenti di fondi».

In conclusione

Tirando le somme, l'art. 5-octies della l. 215/2021 di conversione del d.l. 146/2021 ha introdotto un nuovo procedimento speciale, di carattere semplificato e stragiudiziale, per il recupero delle spese di giudizio sostenute nei procedimenti contro l'Agenzia delle Entrate - Riscossione, a tal fine impedendo alla parte vincitrice o al suo procuratore antistatario di notificare il titolo esecutivo senza che sia prima decorso il termine dilatorio di 120 giorni.

Allo stesso tempo, la disciplina in esame sembra permettere al contribuente vincitore di attivarsi per ottenere direttamente l'ottemperanza da parte del soccombente agente della riscossione: in tal caso, al creditore basterebbe proporre un solo ricorso onde ottenere il pagamento sia delle spese di causa sia delle altre somme eventualmente oggetto di condanna (ad es., del rimborso del tributo versato in eccedenza); resta ferma, tuttavia, la facoltà per la parte vincitrice che intenda agire in via esecutiva di proporre due distinte azioni – una per il rimborso delle spese di lite ed un'altra per il pagamento delle somme oggetto di condanna –, giacché il termine dilatorio per la notificazione del titolo esecutivo ex art. 5-octies cit. trova applicazione per le sole spese di giudizio.

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