Le modalità di retrodatazione del termine di custodia cautelare in presenza di “contestazioni a catena”

Donatella Perna
23 Luglio 2018

In tema di “contestazioni a catena”, è dubbio in giurisprudenza se, in ipotesi di pluralità di ordinanze applicative di misure cautelari per fatti connessi, la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, di cui all'art. 297, comma 3, c.p.p., deve essere effettuata frazionando la durata globale della custodia cautelare e imputandovi solo i periodi relativi a fasi omogenee.
1.

In tema di “contestazioni a catena”, si discute, in giurisprudenza, se, in ipotesi di pluralità di ordinanze applicative di misure cautelari per fatti connessi, la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, prevista dall'art. 297, comma 3, c.p.p., deve essere effettuata frazionando la durata globale della custodia cautelare, ed imputandovi solo i periodi relativi a fasi omogenee.

Il primo orientamento. Un orientamento ritiene che la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare prevista dall'art. 297, comma 3, c.p.p. impone, per il computo dei termini di fase, il frazionamento della durata globale della custodia cautelare, e quindi l'imputazione dei soli periodi relativi a fasi omogenee (Cass. pen., Sez. VI, n. 15736/2013: pur riconoscendo la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, la S.C. ritenne, al fine di verificare se fosse decorso il termine di durata previsto per la fase delle indagini preliminari, di scomputare dal periodo complessivo di durata della custodia cautelare, solo le frazioni di tempo relative alla fase in questione per i due procedimenti; Cass. pen., Sez. feriale, n. 47581/2014: in applicazione del principio, in quella occasione la S.C. ritenne che, al fine di verificare l'eventuale decorso del termine di durata previsto per la fase delle indagini preliminari, il periodo di custodia cautelare sofferto in altro procedimento dovesse essere computato esclusivamente per la parte compresa tra il momento dell'arresto e quello di emissione del decreto che disponeva il giudizio; Cass. pen., Sez. VI, n. 50761/2014: in applicazione del principio e con riferimento a un caso nel quale la seconda ordinanza era stata emessa nel corso delle indagini preliminari, la S.C. ritenne corretta la decisione impugnata che, al fine di stabilire se fosse decorso il termine di durata previsto per detta fase, aveva computato del periodo complessivo di durata della custodia cautelare sofferta solo le frazioni di tempo relative, nei due procedimenti, alle indagini preliminari). L'orientamento è stato più recentemente ribadito da Cass. pen., Sez. IV, n. 18111/2017, n.m., peraltro con la precisazione che il principio «assume rilievo allorché ambedue i procedimenti, nell'ambito dei quali le susseguenti misure cautelari sono state emesse, versino nella medesima fase; mentre laddove - come nella specie – il procedimento nell'ambito del quale è stata emessa la prima misura cautelare sia passato a una fase successiva, in costanza dell'efficacia della misura ivi applicata, la ratio stessa dell'istituto della contestazione a catena implica che la misura da ultimo applicata non perde di efficacia quand'anche il procedimento cui essa accede versi ancora nella fase antecedente (ad esempio, nella specie, in quella delle indagini preliminari)».

L'altro orientamento. Altroorientamento ritiene che, in ipotesi di pluralità di ordinanze applicative di misure cautelari per fatti connessi, la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, prevista dall'art. 297, comma 3, c.p.p. non deve essere effettuata frazionando la globale durata della custodia cautelare ed imputandovi solo i periodi relativi a fasi omogenee (Cass. pen., Sez. VI, n. 3058/2017).

Nel caso esaminato, il ricorrente, premessa la sussistenza di una connessione qualificata tra i reati contestati nelle due diverse ordinanze cautelari de quibus in procedimenti diversi, nonché la possibilità per il P.M. procedente di desumere alla data dell'emissione della prima misura gli elementi indiziari in base ai quali era stata emessa la seconda misura, aveva dedotto l'erronea applicazione del criterio del calcolo del termine con riferimento alle «fasi omogenee», che avrebbe vanificato la disciplina codicistica ispirata alla ratio di evitare l'artificiosa protrazione della custodia cautelare con frazionate contestazioni cautelari, quando – come nel caso in esame – sia ancora vigente la custodia cautelare applicata per la più datata misura. La VI Sezione ha osservato che «Il passaggio di fase nel procedimento nel quale è stato emesso il primo titolo custodiale nella retrodatazione influisce […] soltanto nei limiti di cui alla seconda parte del 3 comma dell'art. 297, dovendo la stessa operare solo se i fatti per i quali è stata emessa la seconda misura, legati da connessione qualificata, erano già desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio. Ma non può certo determinare la diluzione dei termini di custodia cautelare. Attraverso frazionati passaggi di fase dei procedimenti, che dovevano procedere riuniti, si verrebbe a vanificare quella che il Giudice delle leggi ha identificato come la fondamentale garanzia sottesa alla regola della retrodatazione, che è quella che si è sopra evidenziata della necessità di concentrare in un unico contesto temporale le vicende cautelari, destinate a dar luogo a simultanei titoli custodiali (perché relative a quelle situazioni tipizzate dalle Sezioni Unite, cfr. Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, Librato). Se è questa la finalità del meccanismo di cui all'art. 297, comma 3, cod. proc. pen. non è certo il mero scomputo del solo presofferto per la fase omogenea a realizzare la garanzia prevista dal legislatore, proprio perché, alla base dell'istituto, vi è la constatazione che i diversi titoli cautelari dovevano essere emessi simultaneamente, dando luogo ad un medesimo percorso cautelare, indipendentemente dalle scelte del pubblico ministero in ordine all'eventuale separazione dei relativi procedimenti penali».

L'orientamento è stato ribadito da Cass. pen., Sez. IV, n. 36088/2017.

2.

La II Sezione penale (ord. n. 19100 del 3 maggio 2018) ha rimesso al Primo Presidente della Corte Suprema di cassazione un ricorso avente ad oggetto la seguente questione ritenuta oggetto di contrasto giurisprudenziale:

«Se, in ipotesi di pluralità di ordinanze applicative di misure cautelari per fatti connessi, la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, di cui all'art. 297, comma 3, c.p.p., deve essere effettuata frazionando la durata globale della custodia cautelare ed imputandovi solo i periodi relativi a fasi omogenee».

3.

Il Primo Presidente della Corte Suprema di cassazione ha assegnato alle Sezioni unite, fissando per la trattazione l'udienza del 19 luglio 2018, un ricorso avente ad oggetto la seguente questione, ritenuta oggetto di potenziale contrasto giurisprudenziale, e comunque di speciale importanza:

«Se, in ipotesi di pluralità di ordinanze applicative di misure cautelari per fatti connessi, la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, di cui all'art. 297, comma 3, c.p.p., deve essere effettuata frazionando la durata globale della custodia cautelare ed imputandovi solo i periodi relativi a fasi omogenee».

4.

All'udienza del 19 luglio 2018, le Sezioni unite non hanno affrontato la questione controversa loro rimessa.