L'identità del motivo di contrasto nel regolamento di competenza d'ufficio: la soluzione delle Sezioni Unite

04 Maggio 2018

Le Sezioni Unite si sono pronunciate sull'ammissibilità o meno del regolamento di competenza nel caso in cui il secondo giudice declini la competenza per un diverso titolo rispetto a quello indicato dal primo giudice.
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Il conflitto di competenza, il cui insorgere impone il regolamento d'ufficio, ai sensi dell'art. 45 c.p.c., comporta sempre che due giudici diversi, investiti della stessa causa, manifestino orientamenti opposti e fra loro incompatibili, nel senso che entrambi la rivendichino o la neghino. La norma dell'art. 45 c.p.c. espressamente prevede il conflitto negativo virtuale, nel caso di competenza assoluta, per materia o per territorio inderogabile, secondo la tradizionale distinzione. In tal caso, se il giudice designato dal primo con la sentenza declinatoria, ritiene di essere a sua volta incompetente per uno dei titoli suddetti, richiede il regolamento, che, mancando l'istanza di parte, non può considerarsi mezzo di impugnazione.

Il rimedio non è consentito nel caso di competenza cd. relativa, per territorio o per valore perché in tal caso, ove le parti non si siano dolute della declinatoria del giudice inizialmente adito, impugnandola col regolamento, la designazione diviene incontestabile e per le parti stesse e per il giudice indicato dal primo. Il conflitto negativo attuale è pertanto evitato dal sistema, in ogni ipotesi di competenza: in ipotesi di competenza assoluta, appunto ex art. 45 c.p.c., consentendo la richiesta di regolamento d'ufficio al secondo giudice, e in ipotesi di competenza relativa privando il secondo giudice del potere di giudicare sulla propria competenza e vincolandolo alla designazione del primo giudice.

Il regolamento di competenza d'ufficio presuppone una sentenza — ora ordinanza — del giudice a quo dichiarativa dell'incompetenza per materia o per territorio inderogabile; non è sufficiente, dunque, un mero provvedimento di rimessione della causa al secondo giudice, anche ai sensi dell'art. 354 c.p.c.. Il conflitto, inoltre, può essere rilevato solamente dall'organo al quale spetta istituzionalmente il potere di emanare sentenza, con la conseguenza che è inammissibile il regolamento di competenza chiesto d'ufficio dal giudice istruttore o dal giudice delegato anziché dal collegio.

La richiesta di regolamento d'ufficio non può pertanto essere riferita alla volontà delle parti, le quali, nella procedura speciale a carattere incidentale che ne consegue, restano in una identica posizione di partecipanti coatte, sicché non possono incorrere in una soccombenza valutabile con riguardo a tale fase processuale e nessuna statuizione va adottata in ordine alle spese processuali da esse eventualmente sostenute nella fase medesima che non vanno, pertanto, liquidate. La richiesta d'ufficio non è consentita nell'ipotesi in cui il secondo giudice si dolga della declinatoria del primo giudice non per una ragione di competenza ma per una ragione diversa o con riferimento a una controversia diversa.

La questione controversa sottoposta all'esame delle Sezioni Unite dall'ordinanza di rimessione nasce per il fatto che la sezione VI non ritiene di condividere il principio espresso dalla Corte con ordinanza n. 12354/2016, la cui applicazione al caso in esame comporterebbe la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

In pratica, secondo il precedente del 2016, in applicazione dell'art. 45 c.p.c., il regolamento d'ufficio «postula che emessa dal giudice adito per un determinato processo la pronuncia dichiarativa della competenza per materia o per territorio inderogabile e riassunta la causa davanti al giudice ritenuto competente, quest'ultimo si ritenga a sua volta incompetente sotto gli stessi profili e sostenga quindi che la competenza per ragioni di materia o di territorio inderogabile spetta al primo ovvero ad un terzo giudice. Deve invece essere dichiarato inammissibile il conflitto di competenza qualora il secondo giudice, indicato come competente per materia dal primo giudice e davanti al quale la causa è stata riassunta, nell'escludere di essere munito di competenza per materia, sostenga che la competenza spetti ad altro giudice per ragioni di valore, dovendo ritenersi ogni questione relativa a questo ultimo profilo preclusa...».

Nella fattispecie concreta, infatti, il Giudice di Pace di Cefalù aveva dichiarato la propria incompetenza per materia ritenendo sussistente la competenza delle sezioni specializzate agrarie del Tribunale di Termini Imerese, mentre quest'ultimo aveva affermato che le controversie in tema di canoni enfiteutici non rientrano nella competenza della sezione specializzata ma in quella generale del Giudice di Pace.

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Gli orientamenti contrapposti oggetto della odierna rimessione alle Sezioni Unite si appuntano sul noto profilo della identità del motivo di contrasto. In sostanza, in applicazione dell'art. 45 c.p.c., sia la giurisprudenza che la dottrina hanno sempre ritenuto che il secondo giudice possa sollevare il conflitto negativo di competenza solo quando anche egli si ritenga incompetente a sua volta per materia o territorio, mentre sarebbe esclusa l'ammissibilità del regolamento nel caso in cui il secondo giudice declini la competenza per un diverso titolo rispetto a quello indicato nella prima declinatoria.

Se negli anni '70 il concetto veniva inteso nel senso che l'identità del motivo di contrasto sussiste ogni volta che il primo giudice si dichiari incompetente per materia o territorio inderogabile e il secondo ritenga viceversa che al primo spetti la competenza per materia che il primo aveva invece escluso (Cass., 11 settembre 1978, n. 4112).

Successivamente si attenuò la rigidità di questo orientamento e si iniziò a intendere il concetto di identità del motivo di contrasto in modo più ampio ammettendo il regolamento anche qualora il primo giudice si fosse ritenuto incompetente per valore e il secondo giudice avesse, invece, ritenuto che la competenza spettasse al primo per ragioni di materia (Cass., sez. II, 26 luglio 1977, n. 3344; Cass., sez. III, 14 novembre 1977, n. 4941; Cass., sez. II, 8 aprile 1982, n. 2169).

Nel 1984, con alcune pronunce coeve, la Corte affermò che se il giudice adito per secondo avesse puramente e semplicemente negato che la decisione del primo giudice ponesse una questione di competenza per materia il conflitto negativo sarebbe stato inammissibile, mentre se il giudice adito per secondo avesse negato la competenza per materia dal primo attribuitagli il conflitto sarebbe stato ammissibile. In questo senso si vedano Cass., sez. III, n. 4674/1984, n. 4682/1984 e n. 4684/1984.

Un cambiamento di rotta si è invece verificato a partire dal 1996 con la pronuncia della Cass, sez. lav., 4 ottobre 1996, n. 728 con cui si è affermato che «Il regolamento di competenza d'ufficio di cui all'art. 45 c.p.c. può essere chiesto al giudice ad quem, dichiarato competente per materia dal giudice preventivamente adito, quando, investito dalla causa con atto di riassunzione, ritenga che la competenza per materia spetti al primo giudice, o ad un terzo giudice; ove invece il giudice adito in riassunzione si dichiari incompetente per valore, non gli è consentito sollevare il conflitto, ancorché nella motivazione dell'ordinanza disconosca la propria competenza per materia, atteso che per effetto della sentenza emessa dal primo giudice la sua competenza ratione valoris a conoscere della lite è ormai radicata e non più suscettibile di contestazione».

Mentre tale pronuncia – insieme ad altre di poco successive, ossia Cass., n. 327/1998 e Cass., n. 195/1998 – finiva per negare al giudice specializzato di sollevare il conflitto perché negava che la materia rientrasse nelle sue attribuzioni, trovandosi in una situazione in cui il giudice che aveva sollevato il conflitto negativo si era dichiarato espressamente incompetente per valore, il principio è stato poi generalizzato sicché si è giunti ad affermare che ogni volta che il giudice adito per secondo, negando di essere competente per materia, ritenga che la causa debba essere incardinata secondo i criteri generali, sta negando la sua competenza per ragione di valore e non di materia, sicché non può sollevare il regolamento ex art. 45 c.p.c. In questo senso ad esempio Cass., sez. III, 17 luglio 2008, n. 19792; Cass., sez. VI, 19 gennaio 2015, n. 728.

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Secondo l'ordinanza della VI Sezione Civile n. 14252/2017, l'orientamento più recente, che intende l'identità del motivo di contrasto in senso “stretto”, fraintendono i precedenti degli anni '80 e '90, atteso che, soprattutto nel 1984 la Corte aveva affermato un principio del tutto opposto ossia che si può sollevare il regolamento d'ufficio quando il secondo giudice ritenga che la controversia non rientri nella sua competenza per materia dato che in questo caso il conflitto tra i due giudici verte sulla sussistenza o meno della materia per il secondo di essi.

In ogni caso l'orientamento da ultimo affermatosi secondo l'ordinanza di rimessione non appare logico; non sarebbe infatti coerente con l'ordinamento affermare che se il giudice di pace nega la propria competenza a pronunciarsi sulla domanda di pagamento di canoni enfiteutici stia declinando la propria competenza per materia mentre se lo fa il Tribunale sta declinando la competenza per ragioni di valore; infatti laddove il giudice di pace neghi di essere competente perché lo sarebbe il giudice ordinario e la materia è speciale, egli sta declinando la propria competenza per materia.

Peraltro, sempre secondo l'ordinanza di rimessione, questo orientamento darebbe luogo a risultati non accettabili. Infatti se si afferma che, declinata dal giudice di pace la propria competenza ratione materiae, il secondo giudice possa sollevare il conflitto solo se individui previamente un diverso criterio di competenza per materia o territoriale inderogabile del primo giudice e laddove non lo faccia sta declinando la propria competenza per valore, si commettono due errori: si aggiunge all'art. 45 un elemento non previsto dalla norma e si abroga quasi completamente il regolamento d'ufficio.

Con la conseguenza che qualora la sezione specializzata agraria neghi che la controversia rientra tra quelle ad essa devolute dalla legge, non afferma che la competenza a decidere la lite deve essere attribuita per valore ma afferma, piuttosto, che la qualità della controversia – e conseguentemente la competenza per materia – non sono quelle affermate dal primo giudice.

La parola va adesso alle Sezioni Unite.

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Le Sezioni Unite, ritenendo rilevante nel giudizio in corso la questione ad essa rimessa dalla VI Sezione, afferma che non si ravvisano ragioni per discostarsi dall'orientamento giurisprudenziale dominante secondo cui la competenza in tema di enfiteusi sarebbe estranea alla materia agraria; non sarebbe altresì applicabile per ragioni temporali il d.lgs. n. 116/2017 che attribuisce alla competenza del giudice di pace le cause in materia di enfiteusi.

In particolare, poi, sul profilo della identità del motivo di contrasto la Corte ritiene che gli argomenti tradizionali posti a sostegno dell'orientamento maggioritario, che intende l'identità in senso “stretto” non sono certamente esenti da profili di criticità. Secondo le Sezioni Unite, infatti, è un'aporia affermare, come fa l'orientamento dominante, che se il giudice di pace nega la propria competenza per materia, ciò significa che si sta spogliando della competenza solo sotto questo profilo, mentre se lo fa il tribunale ciò significa che sta declinando anche la propria competenza per valore. In sostanza, seguendo l'orientamento maggioritario la competenza per valore espressamente riconosciuta o, comunque, almeno non negata dal primo giudice si trasformerebbe nel suo esatto contrario, cioè in una sostanziale attribuzione della stessa competenza per valore al secondo giudice, in forza di una preclusione che si è maturata però non già di fronte a quest'ultimo, bensì di fronte al primo. Con la conseguenza che a seguito della translatio iudicii la preclusione così formatasi muterebbe il proprio effetto; si radicherebbe, infatti, la competenza non già presso il giudice a quo ove la preclusione si era maturata, ma presso il giudice ad quem.

Non solo, le Sezioni Unite riscontrano nell'orientamento dominante altri due profili di criticità, sul piano letterale.

In primo luogo l'art. 45 c.p.c. si limita a stabilire che il regolamento d'ufficio può essere chiesto quando il giudice ad quem ritiene di essere a sua volta incompetente e non prevede, invece, che il regolamento possa essere chiesto solo se il giudice adito per secondo ritiene di essere a sua volta incompetente «previa individuazione di un diverso criterio di competenza per materia del primo o d'un terzo giudice».

In secondo luogo non vi è alcuna ragione letterale per cui la questione di competenza per materia si debba ridurre alla semplice individuazione di quale sia il giudice che ne è munito, nel presupposto che la controversia sia certamente assoggettata ad un riparto di competenza per materia.

Una ulteriore aporia è dalle Sezioni Unite individuata nel meccanismo del rilievo dell'incompetenza ex art. 38, comma 3, c.p.c.. Secondo la Corte, infatti, per elevare il conflitto negativo di competenza il secondo giudice può solo contestare il titolo di competenza così come gli è attribuito dal primo giudice, senza poter rilevare la propria incompetenza per un titolo diverso, proprio perché la scansione processuale è ormai tale da impedire qualsiasi ulteriore rilievo, essendo decorso il termine previsto dal citato art. 38, comma 3, c.p.c..

In sostanza, pertanto, esistono diverse criticità ed aporie nell'orientamento dominante sull'identità del motivo di contrasto. E purtuttavia le Sezioni Unite ritengono di doverlo mantenere sulla base di una motivazione diversa che privilegia una “lettura minimalista” dell'art. 45 c.p.c.. In sostanza la norma si preoccupa, secondo le Sezioni Unite, non di garantire, tramite lo strumento del regolamento di competenza d'ufficio, l'esatto rispetto delle regole che presiedono al riparto della competenza, ma come norma che si limita a garantire il rispetto del minimo irrinunciabile delle regole che sono relative alla qualità della domanda. Letto in tal modo l'art. 45 consentirebbe anche che una data controversia possa essere eventualmente decisa da un giudice preposto a conoscerne altre di differente valore.

Se lo scopo della norma va inteso come quello di evitare che un giudice decida una controversia che la legge ritiene debba essere decisa esclusivamente da un altro giudice, ogni volta che non vi sia spazio alcuno per un riparto di competenza per materia o territorio inderogabile, la competenza non può che determinarsi per valore. Con la conseguenza che laddove la Corte ritenesse ammissibile e fondata l'istanza di regolamento d'ufficio, ai sensi dell'art. 49, comma 2, c.p.c., non potrebbe che individuare per valore il giudice competente per la prosecuzione della causa. Sicché l'esito conclusivo sarebbe lo stesso che si sarebbe avuto se il legislatore avesse esteso il conflitto anche alle ipotesi di incompetenza per valore, cosa che invece l'art. 45 c.p.c. non prevede.

Pertanto la Corte ritiene inammissibile il regolamento di competenza d'ufficio sollevato ex art. 45 c.p.c. qualora il secondo giudice, adito a seguito della riassunzione, neghi di essere competente per materia e ritenga che la competenza sulla causa sia regolata solo per valore; in tale evenienza, infatti, l'eventuale decisione di accoglimento del regolamento da parte della Corte, poiché conterrebbe necessariamente anche l'individuazione del giudice competente per valore, in sostanza produrrebbe lo stesso effetto di un regolamento di competenza d'ufficio proposto per ragione di “valore”, ipotesi che l'art. 45 c.p.c. esclude per insindacabile scelta legislativa.

Residua a mio parere la difficoltà di conciliare un ragionamento come quello delle Sezioni Unite che sostanzialmente si sposa a favore dell'ordinanza di rimessione con il mantenimento, in forza di una lettura asserita “minimalista” dell'interpretazione dominante dell'art. 45 c.p.c.. Forse, traendo le debite conclusioni dal dettagliato ragionamento della Corte, si sarebbero dovute invece prendere strade diverse, nel senso proposto dall'ordinanza di rimessione, ossia che non sarebbe condivisibile l'orientamento prevalente sull'identità del motivo di contrasto nell'ipotesi di regolamento di competenza d'ufficio, ossia la considerazione che il secondo giudice possa sollevare il conflitto negativo di competenza solo previa la positiva individuazione di un diverso criterio di competenza per materia o territoriale inderogabile del primo giudice e ove ciò non faccia, vuol dire che egli sta declinando la propria competenza solo per ragioni di valore.

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