Rapporto di lavoro sportivo: dalla riforma del D.Lgs. 36 del 2021 alla nuova frontiera degli E-workers
08 Luglio 2022
Premessa
Per lavoro sportivo, deve intendersi ogni prestazione di carattere sportivo che si concretizzi in una prestazione a fronte del pagamento di un compenso.
L'ultima riforma con il D.Lgs. n. 36 del 2021, attuativo dell'art. 5 della Legge Delega n. 86 del 2019 recante “riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo”, ha introdotto la figura del lavoratore sportivo, da tanti invocata, producendo l'eliminazione contestuale della divisione tra lavoratore sportivo professionista e dilettante, ampliandone la portata applicativa e di tutela.
L'art. 25 comma 1 del D.Lgs. citato, identifica il lavoratore sportivo come “l'atleta, l'allenatore, l'istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l'attività sportiva verso un corrispettivo al di fuori delle prestazioni amatoriali di cui all'art. 29.”
Volendo quindi sintetizzare il sopracitato articolo, per quanto concerne tutte le categorie di lavoratori, ad esclusione – come si vedrà in seguito per gli amatoriali -, è considerato lavoro sportivo ogni prestazione di carattere sportivo in cambio di un compenso.
Dalla sua implementazione originaria la dottrina ha sempre considerato il lavoratore sportivo quale figura trans – tipica e non come riconducibile ad un contratto in senso stretto [1].
La concretizzazione del rapporto di lavoro sportivo – ai sensi e per gli effetti dell'art. 25 del D.Lgs. n. 36/2021 – potrà costituire, a seconda delle modalità di svolgimento, di un rapporto di lavoro subordinato (in determinati casi anche a causa mista, come del caso dell'apprendistato [cfr. art. 30 D.Lgs. 36/2021]) ovvero di un rapporto a carattere autonomo (nella possibilità di prevedere anche un co.co.co), ed anche di una prestazione occasionale ex art. 54-bis del D.L. 50/2017.
Lo schema di raggruppamento in un'unica species di “lavoratore sportivo” non ha però fatto venire meno le nette distinzioni tra la subordinazione e l'autonomia.
Il nuovo D.Lgs. n. 36/2021 conferma, infatti, l'inapplicabilità al contratto di lavoro subordinato sportivo delle norme contenute negli artt. 4, 5, 13 e 10 dello c.d. Statuto dei Lavoratori, negli artt. 1, 2, 3, 5, 6, 7 ,8, della Legge n. 604 del 1966, e dispone altresì inapplicabilità dell'art. 1 commi da 47 a 69 della Legge n. 92 del 2012 e degli artt. 2, 4, e 5 della Legge n. 108 del 1990 e dell'art. 24 della Legge n. 223 del 1991 e all'interno del D.Lgs. n. 23 del 2015.
Inoltre, il contratto di lavoro sportivo subordinato potrà essere altresì di carattere determinato, essendo consentita l'apposizione di un termine finale non superiore a chiunque anni, con possibilità di successione nel tempo tra gli stessi soggetti.
Un'importante riforma apportata dal D. Lgs. in questione riguarda il trattamento pensionistico; viene introdotto l'obbligo di iscrizione per tutti i lavoratori sportivi subordinati al Fondo Pensione Sportivi Professionisti gestito dal INPS, che dal 2021 è denominato Fondo Pensione dei Lavoratori Sportivi. Per i contratti in Collaborazione Coordinata continuativa o occasionali nei settori dilettantistici sono invece iscritti alla Gestione Separata dell'INPS.
Stante questa prima disamina generale, devono essere ora analizzati le varie posizioni lavorative all'interno del reparto sportivo. Del lavoratore professionista
Il lavoratore, data la nuova posizione all'interno dell'organigramma legislativo, quel soggetto che esercita, a fronte di un corrispettivo. una attività sportiva in favore di una società professionista che è iscritta ad una o più Federazioni Sportive Nazionali riconosciute dal C.O.N.I, ovvero dal comitato Paraolimpico.
In questo caso, la normativa vigente predilige una struttura ad hoc per il professionista, ove questo “presti la sua attività principale, ovvero prevalente e continuativa, si presume oggetto di contratto di lavoro subordinato”.
Dal quadro prospettato, che non presente criticità apparenti, il D.Lgs. del 2021, ricalcando la previsione della L. 91/1981, previde che possa inquadrarsi quale lavoro autonomo qualora: (i) il professionista presti la propria attività per un singolo evento ovvero per più eventi tra di loro collegati per un lasso di tempo breve: (ii) il professionista non sia vincolato con alcuna società per ciò che riguarda la sua preparazione, allenamenti e sedute; (iii) se la prestazione richiesta al professionista ha un carattere continuativo, per essere considerato autonomo, questa non deve superare le 8 ore settimanali oppure i 5 giorni al mese ovvero i 30 giorni in un anno.
Sull'istaurazione del rapporto di lavoro subordinato, vige ancora l'obbligo di utilizzo del modello previsto dalla Federazione Nazionale (modello rinnovato ogni 3 anni) dalla Disciplina sportiva associata, e con la riforma, tale contratto viene discusso anche con le organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale. Sottoscritto il contratto il termine per il deposito presso la Federazione Sportiva Nazionale o la Disciplina Sportiva Associata è di 7 giorni per l'approvazione, a pena di nullità. Del lavoratore dilettante
Quanto all'attività dilettantistica viene considerato tale il professionista che svolge la sua attività sportiva senza alcun fine di lucro presso una società iscritta nel Registro Nazionale delle attività Sportive Dilettantistiche.
Per questa categoria non è vigente la presunzione della subordinazione; in base alle modalità effettive di svolgimento della prestazione lavorativa, potrà essere inquadrato quale subordinato, autonomo o parasubordinato. Il lavoratore dilettante non potrà avere un rimborso spese, ma vi è la possibilità di prevedere il pagamento di un compenso.
L'art. 31 del D.Lgs. 36/2021 ha inserito, a decorrere dal 1° luglio del 2022, con una progressiva introduzione da parte delle Federazioni Nazionali, la cessazione del vincolo sportivo per gli atleti dilettanti.
In buona sostanza, il lavoratore, che svolge la sua attività agonistica per una determinata società, è divenuto libero di potersi tesserare con soggetti terzi operanti nella medesima disciplina. Il medesimo articolo disciplina anche la sussistenza di un “premio di formazione tecnica” riconosciuto a quella società che cede un proprio tesserato che “abbia svolto attività dilettantistica, amatoriale o giovanile in cui a svolto il suo periodo di formazione”. Amatore
La categoria amatoriale segna una netta distinzione con le categorie precedenti, ed è disciplinata dall'art. 29 del D.Lgs. 36/2021. Infatti, è qualificato questo soggetto come colui che svolge una attività personale, spontanea e assolutamente gratuita per promuovere lo sport ovvero praticarlo senza alcun fine agonistico.
L'amatore potrà comunque essere inserito all'interno delle società dilettantistiche, Federazioni Nazionali, Enti di promozione sportiva del C.O.N.I.
Ferma restando l'impossibilità di prevedere delle retribuzioni al nessun genere, è fatta salva la possibilità di corrispondere dei premi all'amatore che possano riguardare risultati ottenuti ovvero rimborsi spese.
In altre parole, la figura dell'amatore potremmo definirla come colui il quale per mero diletto pratica uno sport presso associazioni, società sportive dilettantistiche ovvero Federazioni Nazionali.
Ciò che quindi lo contraddistingue, e lo rende di fatto incompatibile con l'istaurazione di un rapporto di lavoro, è la assoluta assenza di retribuzione [2].
Inoltre, al fine di evitare la riqualificazione in rapporto di lavoro sportivo (subordinato o autonomo), la somma dei premi, rimborsi e altro non deve superare la soglia del 10.000 € annui; infatti, ai sensi dell'art. 69 comma 2 del TUIR, un reddito superiore viene considerato di natura professionale e quindi riqualificabile ai sensi del d.lgs. in esame. Apprendista
Il Legislatore nella riforma portata ha voluto valorizzare la formazione personale e professionale dei giovani atleti, al fine di garantire non solo una crescita di natura strettamente sportiva, ma anche un'educazione culturale e scolastica di alto livello, al fine di garantire un certo e completo inserimento del mondo lavorativo, una volta terminata la carriera/esperienza sportiva.
Il contratto di apprendistato è rivolto con riferimento a titoli di istruzione e formazione e alle qualificazioni professionali previste nel Repertorio nazionale ex art. 8 D.Lgs. 13/2013, nel rispetto dei requisiti e delle procedure previste dalle norme nazionali e dai percorsi formativi del Ministero dell'Istruzione.
Quello che rileva, introdotto dall'art. 30 comma 3 del D.Lgs. 36/2021, è la non applicazione dei limiti imposti dall'art 42 commi 3, 4 e 7 del D.Lgs. 81/2015 ed in particolare: (i) Tutela dei licenziamenti; (ii) Recesso dal contratto; (iii) Sul numero massimo degli apprendisti; (ii) Risoluzione automatica del contratto alla scadenza del termine. L'interesse intorno al mondo digitale ha creato da sempre interesse e continua la sua rapida escalation verso una tematica sempre più globale che racchiude in sé, oltre a tanta curiosità per gli addetti ai lavori, anche un interesse economico che non va di fatto sottovalutato.
L'aumento della spettacolarizzazione del gioco on line, non deve spaventare gli interpreti del diritto, ma renderli efficienti per colmare le evidenti lacune che questo ad oggi presenta.
Il mondo digitale, soprattutto sui videogiochi sportivi relativi al calcio, ha già implementato una vasta serie di tornei internazionali che porta gamer da tutto il mondo a confrontarsi nel gioco digitale del pallone; ma si può considerare sportivo un gamer che effettivamente gioca ad un videogame di sport?
La risposta non risiede nella disciplina che il legislatore detta in materia di diritto sportivo del lavoro.
Seppur in assenza di un apporto giuslavoristico (quando in altri paesi del mondo è già arrivato cfr. USA e Francia), effettivamente da un'analisi tecnica dell'attività svolta il gamer può, e dovrebbe, essere considerato a tutti gli effetti un lavoratore.
Infatti, il lavoratore gamer esercita una attività, di natura professionale, personalmente ovvero per una società che gli permette di partecipare ed eventi, tornei e conventions.
Inoltre, allacciati alla sua attività vi sono sponsor e diritti di immagine. In quest'ottica il gamer potrebbe presentarsi come un soggetto che porti di per sé i requisiti utili per l'istaurazione di un rapporto di lavoro.
Senza bisogno di far ricorso alla disciplina del diritto del lavoro sportivo, ad oggi il gaming e le rispettive sfaccettature, sembrerebbero rispecchiare quelle categorie ibride di lavoratori, riders, drivers o shopper, di nuova natura e in difficolta di inserimento all'interno delle canoniche categorie di subordinazione o autonomia.
Purtuttavia, non sembra azzardato, sostenere che il gamer, chiamato da una società appositamente del settore, possa ottemperare ad alcuni, se non tutti, caratteri della subordinazione, ovvero comunque poter chiedere la riqualificazione come tale.
Si pensi ad esempio agli elementi dell'etero-organizzazione ovvero il prestare la propria attività a fronte di un compenso economico per un determinato numero di ore al giorno con un fine prestabilito.
Non mancherà occasione, col tempo, e soprattutto per le Corti di merito, il doversi scontrare con queste categorie ibride di lavoratori, dovendo provvedere alle loro richieste, pur senza una normativa di settore, applicando per analogia e somiglianza le leggi oggi a disposizione. Note
[1] M. Biasi, Causa e tipo nella riforma del lavoro sportivo. Brevi osservazioni sulle figure del lavoratore sportivo e dello sportivo amatore del D.Lgs. n. 36/2021, in Lavoro Diritto Europa n. 3/2021, pag. 11.
[2] Qualora venga prevista una retribuzione, seppur minima, l'amatore potrebbe rivendicare la costituzione di un rapporto di lavoro sportivo subordinato o autonomo nei confronti dell'Ente (associazione, società o altro) presso la quale esercita la propria attività. |