Omessi versamenti di ritenute: disciplina incostituzionale?

18 Luglio 2022

La disciplina penale che punisce l'omesso versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, delle ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione per un ammontare superiore alla soglia di punibilità fissata in 150.000 euro per ciascun periodo d'imposta è incostituzionale per eccesso di delega. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 175, pubblicata il 14 luglio 2022.

Punibilità dell'omesso versamento di ritenute: le censure del giudice a quo

La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale dell'art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000, come modificato dal d.lgs. n. 158/2015, nella parte in cui prevede la rilevanza penale di omessi versamenti di ritenute dovute sulla base della mera dichiarazione annuale del sostituto d'imposta.

Il rimettente ritiene che tale disciplina sia lesiva degli artt. 25, comma 2, 76 e 77, comma 1, Cost., in quanto l'ampliamento della fattispecie incriminatrice del delitto di omesso versamento delle ritenute non troverebbe alcuna copertura nella legge delega (l. n. 23/2014) che, infatti, nel delegare il Governo alla revisione del sistema sanzionatorio penale tributario, avrebbe limitato lo spazio d'azione del legislatore delegato alla mera possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anziché penali, tenuto conto anche di adeguate soglie di punibilità: pertanto, il Governo non avrebbe potuto introdurre una nuova fattispecie penale, prima non prevista, così violando anche il principio di stretta legalità.

Le disposizioni censurate contrasterebbero, poi, anche con il principio di uguaglianza e con quello di ragionevolezza (art. 3 Cost.). In particolare - osserva il rimettente - sarebbe punito il contribuente che presenti un modello 770 veritiero e ometta di versare le ritenute per un importo superiore alla soglia di 150.000 euro, mentre andrebbe esente da pena il sostituto di imposta che, rendendosi ugualmente inadempiente a un debito tributario di pari entità, abbia presentato una dichiarazione infedele, indicando un debito inferiore alla soglia di punibilità.

Il quadro normativo

Il primo assetto organico del sistema sanzionatorio penale tributario è contenuto nel d.l. n. 429/1982, convertito, con modificazioni, nella l. n. 516/1982. In particolare, con riguardo alle condotte illecite attribuibili al sostituto di imposta, era prevista una disciplina sanzionatoria articolata in reati di natura sia contravvenzionale che delittuosa. Accanto alle contravvenzioni di omessa e infedele dichiarazione del sostituto di imposta, veniva sanzionato con la reclusione e con la multa chiunque non avesse versato all'erario le ritenute effettivamente operate a titolo di acconto o di imposta sulle somme pagate.

Questa disciplina era stata, poi, novellata dal d.l. n. 83/1991, convertito, con modificazioni, nella l. n. 154/1991, che ha mantenuto ferma la previsione dell'omessa dichiarazione annuale del sostituto di imposta, quale illecito penale di natura contravvenzionale, disciplinando l'omesso versamento delle ritenute secondo due distinte fattispecie incriminatrici (una di natura contravvenzionale e l'altra di natura delittuosa).

Su tale assetto sanzionatorio è, poi, intervenuto il d.lgs. n. 74/2000, che ha, in via generale, limitato la rilevanza penale delle fattispecie in materia tributaria alle sole condotte caratterizzate da un comportamento fraudolento, richiedendo un quid pluris rispetto al semplice sottrarsi all'obbligazione tributaria. In particolare, le nuove fattispecie incriminatrici non hanno riguardato comportamenti del sostituto di imposta e, quindi, il comportamento consistente nell'omesso versamento delle ritenute è risultato depenalizzato, rimanendo sanzionato sul solo piano amministrativo. Tale più mite disciplina, per gli illeciti commessi dal sostituto di imposta, è rimasta inalterata fino a quando il legislatore è tornato a prevedere la sanzione penale con la l. n. 311/2004, che ha, in sostanza, reintrodotto, sia pure con alcune modifiche, il delitto di omesso versamento di ritenute certificate, lasciando però immuni da sanzione penale i casi di mancato versamento all'erario di ritenute che non fossero state certificate.

Successivamente, con la l. n. 23/2014, il Parlamento ha conferito un'ampia delega al Governo finalizzata a ridisegnare l'ordinamento tributario per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita.

I princìpi ed i criteri direttivi della delega. La legge delega ha, quindi, delegato il Governo a riformare il sistema sanzionatorio penale tributario secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti, prevedendo: la punibilità con la pena detentiva per i comportamenti fraudolenti, simulatori o finalizzati alla creazione e all'utilizzo di documentazione falsa, tenuto conto di adeguate soglie di punibilità; l'individuazione dei confini tra le fattispecie di elusione e quelle di evasione fiscale e delle relative conseguenze sanzionatorie; l'efficacia attenuante o esimente dell'adesione alle forme di comunicazione e di cooperazione rafforzata; la revisione del regime della dichiarazione infedele e del sistema sanzionatorio amministrativo al fine di meglio correlare le sanzioni all'effettiva gravità dei comportamenti; la possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anziché penali.

In attuazione della legge delega, il d.lgs. n. 158/2015 ha modificato la previsione di cui all'art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000, punendo con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versi entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta.

Reato di omesso versamento delle ritenute sulla base della dichiarazione annuale di sostituto di imposta: norma incostituzionale

Il giudice delle leggi osserva che, per un verso, la delega legislativa comporta una discrezionalità del legislatore delegato, più o meno ampia in relazione al grado di specificità dei principi e criteri direttivi determinati nella legge delega, tenendo anche conto della sua ratio e della finalità da quest'ultima perseguita (cfr., ex plurimis, Corte Cost., n. 142/2020, n. 96/2020 e n. 10/2018); per l'altro, in particolare, il legislatore delegante deve adottare, nella materia penale, criteri direttivi e principi configurati in modo assai preciso, sia definendo la specie e l'entità massima delle pene, sia dettando il criterio, in sé restrittivo, del ricorso alla sanzione penale solo per la tutela di determinati interessi rilevanti (Corte Cost., n. 134/2003, n. 49/1999 e n. 53/1997).

Infatti, nella materia penale è più elevato il grado di determinatezza richiesto per le regole fissate nella legge delega; ciò perché il controllo del rispetto, da parte del Governo, dei principi e criteri direttivi, è anche strumento di garanzia della riserva di legge e del rispetto del principio di stretta legalità, spettando al Parlamento l'individuazione dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni loro applicabili (cfr. Corte Cost., n. 174/2021, n. 127/2017 e n. 5/2014).

La disciplina censurata ha, per l'appunto, introdotto una nuova fattispecie di reato, nel senso che ha previsto come condotta penalmente perseguibile ciò che prima costituiva un illecito amministrativo tributario: l'omesso versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, delle ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione per un ammontare superiore a una determinata soglia di punibilità (fissata in 150.000 euro per ciascun periodo d'imposta).

La Consulta, quindi, dichiara l'illegittimità costituzionale della disposizione impugnata, ritenendola lesiva dei princìpi e dei criteri direttivi della legge delega, nonché del principio di legalità.

Fonte: Diritto e Giustizia.it

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