Ricorso in cassazione per nullità della sentenza o del procedimento

Francesco Bartolini
05 Agosto 2022

Il focus affronta le problematiche relative alle modalità di deduzione in sede di legittimità dei vizi di violazione della legge processuale (ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.).
Inquadramento

L'art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. consente l'impugnazione con ricorso per cassazione delle sentenze pronunciate in grado di appello nel caso di “nullità della sentenza o del procedimento”. Il motivo di gravame così succintamente indicato riguarda inosservanze di norme di natura processuale ma questa affermazione è tutto quello che può ricavarsi da una prima lettura del testo della disposizione, posto che essa non è completata da specificazioni che ne delimitino l'esatta individuazione delle fattispecie. Una nozione più precisa può ricavarsi attraverso il confronto con le restanti parti dell'art. 360 che menzionano, come motivi di ricorso, altre inosservanze a norme giuridiche: il motivo di cui al n. 3 – violazione o falsa applicazione di norme di diritto – e il motivo di cui al n. 5 – oggi divenuto “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, discusso tra le parti”, ma da considerare, per lo scopo che qui interessa, come genericamente riferito ai vizi di motivazione. La motivazione rimane pur sempre un elemento necessario e costitutivo del provvedimento-sentenza, come prevede espressamente l'art. 132 c.p.c., e la relativa omissione (nel senso che la motivazione deve graficamente sussistere e deve essere coerente con la pronuncia) integra anch'essa una inosservanza di norme processuali. Indipendentemente dalle diverse modifiche che in ordine di tempo hanno interessato le norme citate, il primo compito che resta tuttora da affrontare per l'interprete riguarda la distinzione da farsi tra le sopra ricordate situazioni contemplate dall'art. 360: inosservanza di norme di diritto; nullità della sentenza e nullità di norme procedurali; inosservanza della regola (oggi in parte mutata) che impone di motivare la sentenza.

Vizi di attività e vizi in diritto

Il cennato confronto evidenzia significative differenze.

Il motivo di violazione o falsa applicazione delle norme di diritto, di cui al n dell'art. 360, concerne, secondo le indicazioni di Cass. civ., sez. I, n. 640/2019, i due momenti nei quali si articola il giudizio di diritto: quello riguardante la ricerca e l'interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; e quello afferente l'applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata e interpretata. Per contro, il motivo ex n. 4 – nullità della sentenza o del procedimento – si sostanzia nel compimento di un'attività deviante rispetto a un modello legale rigorosamente voluto dal legislatore (così Cass. civ., sez. II, n. 134/2020). Questa caratteristica diversifica (diversificava) inoltre lo stesso motivo di cui al n. 4 da quello di vizio di motivazione, concernente la logicità delle argomentazioni esplicitate e la loro adeguatezza a dar conto delle ragioni della decisione: differenza, peraltro, ormai di principio, a fronte del mutato testo dell'art. 360, n. 5 (si pensi a quando ancora recentemente tale norma prevedeva come motivo di ricorso l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia).

Il motivo cui si riferisce il numero 4 dell'art. 360 c.p.c. ha ad oggetto uno dei vizi detti comunemente di attività, per distinguerli da quelli di interpretazione e applicazione delle norme giuridiche. La denominazione tradizionale lo conosce come vizio in procedendo, etichetta di per sé espressiva nel segnare la diversità con le irregolarità che possono riguardare non già il compimento degli atti processuali bensì l'operato squisitamente intellettuale di ricognizione della norma da calare come regola risolutiva del caso portato all'esame del giudice.

Nullità e inesistenza

Dottrina e giurisprudenza concordemente distinguono la nullità di un atto processuale dalla sua inesistenza. Si tratta di nozioni di ambito generale, in questa sede richiamabili in quanto l'inesistenza è rilevabile d'ufficio anche nel giudizio di cassazione.

L'inesistenza giuridica, detta anche nullità radicale, rende l'atto non riconoscibile come atto processuale di un determinato tipo. E tale situazione può essere fatta valere sia in ogni tempo, mediante un'azione di accertamento negativo, sia con i normali mezzi di impugnazione (in tal senso Cass. civ., sez. VI, ord., n. 3810/2022; Cass. civ., sez. III, n. 27428/2009). Si verifica una siffatta inesistenza quando l'atto è privo degli elementi necessari alla sua qualificazione come atto inquadrabile e riconoscibile in una astratta fattispecie giuridica; è invece nullo l'atto privo di un elemento costitutivo o inficiato da un vizio in un elemento che è essenziale ai fini della produzione di effetti processuali (Cass. civ., sez. III, n. 6194/2004). L'art. 360, nel n. 4 del primo comma, si riferisce alle nullità di atti processuali che la parte ricorrente intende far valere per farne risultare la mancata produzione dei loro effetti. Cass. civ., sez. VI, ord., n. 14161/2019 ha ricordato, sul punto, che le nullità delle sentenze soggette ad appello od a ricorso per cassazione possono essere fatte valere solo nei limiti e secondo le regole proprie di detti mezzi di impugnazione; e ha ribadito il principio per cui sono rilevabili d'ufficio, in qualsiasi stato e grado del processo, i vizi che integrano ipotesi di inesistenza giuridica della decisione (conf. Cass. civ., sez. III, n. 3346/1973).

Nullità della sentenza

Sentenza di primo grado

Il ricorso per cassazione è consentito avverso le sentenze pronunciate in grado di appello, quando non pronunciate in unico grado. Fatta eccezione per questo particolare caso, è quindi ovvio che con tale gravame non possa essere impugnata direttamente la sentenza di primo grado. A norma dell'art. 161 la nullità delle sentenze soggette ad appello può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie dell'appello. In questa sede il rilievo della nullità della sentenza comporta la rimessione al giudice di prime cure (art. 354) e non sorgono questioni. Se la nullità è negata si verifica, invece, una situazione del tutto particolare. In teoria il mancato riconoscimento del vizio della prima sentenza potrebbe essere dedotto come motivo di ricorso per cassazione: in appello si sarebbe dovuto dichiarare la nullità e rimettere gli atti in prime cure. Un tipico motivo di ricorso per nullità in procedendo. E tuttavia la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione diretto ad ottenere, riproponendo censure già svolte in sede di appello, la declaratoria di nullità della sentenza di primo grado, giacchè una decisione di accoglimento comporterebbe null'altro che la trattazione nel merito della causa da parte del giudice di appello (Cass. civ., sez. II, ord., n. 21943/2020; Cass. civ., n. 12642/2014). Dispone infatti l'art. 383 che la Corte di cassazione, se accoglie il ricorso, rinvia la causa ad altro giudice di pari grado a quello che ha pronunciato la sentenza cassata. Il cui compito è precisamente quello di pronunciare una nuova decisione, dopo aver conosciuto del merito, compito che nel caso di specie sarebbe inutilmente ripetitivo.

Se questo è il principio, ne segue che, una volta esclusa dal giudice d'appello la nullità eccepita della pronuncia di primo grado, la relativa questione è definitivamente chiusa, perché, se anche fosse riproposta con il ricorso successivo, il gravame sarebbe inammissibile.

Le nullità della sentenza d'appello

Il motivo di impugnazione per nullità della sentenza d'appello deve fare riferimento essenzialmente al disposto dell'art. 132, che indica il contenuto dell'atto e di questo elenca gli elementi essenziali. Né la disposizione citata né l'art. 161 indicano in modo esplicito le fattispecie nelle quali il difetto o l'insufficienza di taluno di questi elementi essenziali cagiona la nullità dell'atto. In proposito occorre rifarsi alla regola generale secondo cui, ove non sia comminata dalla legge, la nullità può essere pronunciata quando l'atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo (art. 156). Pertanto, e per seguire l'elencazione di cui all'art. 132:

- le irregolarità riguardanti l'indicazione del giudice o dei giudici che hanno pronunciato la sentenza producono la nullità quando determinano l'assoluta incertezza sull'identificazione delle persone fisiche dei singoli magistrati (Cass. civ., sez. I, n. 24585/2019 con riguardo a uno dei componenti del collegio; Cass. civ., sez. VI n. 3877/2019 relativamente all'esatta collocazione gerarchica e territoriale nella struttura organizzativa giudiziaria del giudice decidente). La non corrispondenza del collegio indicato in epigrafe con quello innanzi al quale furono precisate le conclusioni cagiona la nullità solo in caso di effettivo mutamento del collegio (Cass. civ., sez. II, n. 24951/2016). E' affetta da mero errore materiale la sentenza nella cui intestazione risulta il nominativo di un magistrato non tenuto alla sottoscrizione diverso da quello indicato nel verbale d'udienza (Cass. civ., sez. lav., n. 26372/2007; Cass. civ., sez. I, n. 19662/2006; Cass. civ., sez. II, n. 6564/2006) nonché la sentenza nella cui intestazione è omessa l'indicazione di un componente del collegio se comunque risulta che la decisione è stata adottata dal collegio regolarmente costituito (Cass. civ., sez. lav., n. 7486/1998; Cass. civ., sez. lav., n. 68/1995).

- le irregolarità riguardanti le identità delle parti e dei difensori producono la nullità se generano incertezza circa l'osservanza del contraddittorio e i soggetti ai quali si riferisce la decisione; costituiscono mero errore materiale se dal contesto della decisione, dagli atti processuali e dai provvedimenti richiamati o compiuti nel corso del processo è inequivocabilmente individuabile la parte pretermessa o inesattamente indicata (Cass. civ., sez. VI, n. 16195/2019; Cass. civ., sez. III, n. 16535/2012);

- l'omessa o erronea trascrizione delle conclusioni delle parti comporta la nullità della sentenza solo quando le conclusioni formulate non sono state prese in esame; mentre se dalla motivazione risulta che le conclusioni, nonostante l'omessa trascrizione, sono state esaminate e decise, si verifica una semplice e irrilevante irregolarità formale (Cass. civ., sez. III, n. 12864/2015; Cass. civ., sez. III, n. 5/2010; Cass. civ., sez. II, n. 13785/2004);

- la concisa esposizione delle ragioni in fatto e in diritto della decisione non impone al giudice di dar conto dell'esame di tutte le prove acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo sufficiente che egli esponga gli elementi posti a fondamento della decisione, dovendosi considerare per implicito disattesi gli argomenti incompatibili con essa (Cass. civ., sez. II, n. 7058/2003);

- la data di deliberazione della sentenza (a differenza dall'indicazione della data di pubblicazione) non è elemento essenziale dell'atto e la sua mancanza non integra alcuna nullità ma mero errore materiale (Cass. civ., sez. III, n. 4208/2007; Cass. civ., sez. II, n. 13505/1999);

- la sentenza priva di sottoscrizione è inesistente; è, peraltro, nulla se la sottoscrizione è insufficiente, come avviene quando è illeggibile (Cass. II, n. 7546/2017). La sottoscrizione di una sentenza emessa da un organo collegiale ad opera di un magistrato che non componeva il collegio giudicante, in luogo del magistrato (nella specie, il presidente) che ne faceva parte e che avrebbe dovuto sottoscriverla, integra l'ipotesi della mancanza della sottoscrizione della sentenza da parte del giudice, disciplinata dagli artt. 132 e 161, comma 2, c.p.c. (Cass. civ., sez. lav., n. 6494/2021). Altrettanto avviene nel caso di sentenza sottoscritta dal solo presidente che non ne risulta relatore o estensore (Cass. civ.,, sez. VI, ord. n. 26914/2020).

Nullità del procedimento

Interesse al ricorso

Anche per quanto concerne la deducibilità di nullità del procedimento come motivo di ricorso per cassazione vige la regola generalissima dell'interesse ad agire: più precisamente, l'interesse ad avere di quella nullità l'accertamento e la conseguente declaratoria. Il principio contenuto nell'art. 100 c.p.c., secondo il quale per proporre una domanda o per resistervi è necessario avervi interesse, si applica anche al giudizio di impugnazione, in cui l'interesse ad impugnare una data sentenza o un capo di essa va desunto dall'utilità giuridica che dall'eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone e non può consistere nella sola correzione della motivazione della sentenza impugnata ovvero di una sua parte. Per la giurisprudenza (Cass. civ., sez. VI, n. 3991/2020), l'interesse all'impugnazione deve essere individuato in un interesse giuridicamente tutelabile, identificabile nella concreta utilità derivante dalla rimozione della pronuncia censurata; non essendo sufficienti un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica – quale l'assunto dell'ingiustizia della pronuncia, Cass. civ., sez. III, 13070/2007 - né la deduzione di una avvenuta erronea applicazione di una regola processuale (Cass. civ., sez. III, ord., n. 26419/2020; Cass. civ., n. 26831/2014).

Ne consegue che deve considerarsi inammissibile per difetto di interesse l'impugnazione proposta ove non sussista la possibilità, per la parte proponente, di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile (Cass. civ., sez. II, n. 1236/2012; Cass. civ., sez. un., n. 12637/2008; Cass. cvi., sez. I, n. 17234/2006). E ne consegue, ancora, che la parte ha l‘onere di indicare nel ricorso il concreto pregiudizio subito (Cass. civ., sez. III, ord., n. 17905/2016; Cass. civ., sez. VI, ord., n. 15676/2014); e, a pena di inammissibilità per violazione del principio di autosufficienza sancito dall'art. 366 c.p.c., di formulare una indicazione specifica e precisa (Cass. civ., sez. VI, ord., n. 10430/2020; Cass. civ., sez. III, n. 26157/2014; Cass. civ., sez. VI, n. 20811/2010).

Le nullità del procedimento

Quanto alle nullità del procedimento, non è disponibile un riferimento più specifico che consenta di riportarle ad una categoria di precisa individuazione e che eviti di dover affrontare una nutrita casistica.

La giurisprudenza ha ricondotto alle violazioni di norme procedimentali deducibili come motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4: i vizi di costituzione del giudice (artt. 158 e 161 c.p.c.: Cass. civ., sez. III, n. 26938/2013; Cass. civ., sez. VI, n. 17834/2013; Cass. civ., sez. II, n. 4410/2011) e di inosservanza del principio di immodificabilità della composizione del collegio giudicante (Cass. III, n. 13963/2019); i vizi di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. (Cass. civ., sez. un., n. 7930/2008; Cass. civ., sez. V, n. 32023/2019; Cass. civ., sez. VI, n. 16170/2018) e di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato (Cass. civ., sez. III, n. 17664/2019); le nullità degli atti compiuti dopo l'interruzione del processo (Cass. civ., sez. VI, ord., n. 21359/2020; Cass. civ., sez. III, n. 1574/2020); e la violazione dei principi regolatori del giusto processo (Cass. civ., sez. lav., n. 26087/2019).

Il vizio di omissione di pronuncia non è configurabile su questioni processuali (Cass. civ., sez. I, n. 22083/2013; Cass. civ., sez. III, n. 1701/2009) e neppure con riguardo a ordinanze istruttorie (Cass. civ., sez. VI, ord., n. 13716/2016).

Poteri di accertamento della Corte di cassazione

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno enunciato un principio che può dirsi pacificamente seguito in giurisprudenza: “La Corte di cassazione, allorquando debba accertare se il giudice di merito sia incorso in "error in procedendo", è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa” (sent. n. 20181/2019). Nello stesso senso, ad esempio, Cass. civ., sez. II, n. 134/2020; Cass. civ., sez. VI, n. 30684/2017; Cass. civ., sez. I, n. 16164/2015; Cass. civ., sez. VI, n. 25308/2014; Cass. civ., sez. I, n. 15071/2012; Cass. civ., sez. un., n. 8077/2012. Il potere così rivendicato incontra, tuttavia, un limite, evidenziato dalle stesse Sezioni Unite: poiché il predetto vizio non è rilevabile "ex officio", né potendo la Corte ricercare e verificare autonomamente i documenti interessati dall'accertamento, è necessario che la parte ricorrente non solo indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il "fatto processuale" di cui richiede il riesame, ma anche che illustri la corretta soluzione rispetto a quella erronea praticata dai giudici di merito, in modo da consentire alla Corte investita della questione, secondo la prospettazione alternativa del ricorrente, la verifica della sua esistenza e l'emenda dell'errore denunciato.

Effetti della dichiarazione di nullità

L'art. 383 c.p.c. distingue due fattispecie:

- nullità della sentenza d'appello: Il rilievo, anche d'ufficio, nel giudizio di cassazione di un vizio comportante la nullità della sentenza impugnata comporta la dichiarazione della nullità ed il rinvio della causa, ai sensi degli artt. 354, comma 1, 360, comma 1, n. 4, e 383 c.p.c., al medesimo giudice che ha emesso la sentenza carente viziata, il quale viene investito del potere-dovere di riesaminare il merito della causa stessa e non può limitarsi alla mera rinnovazione della sentenza (Cass. civ., sez. lav., n. 6494/2021, fattispecie di difetto di sottoscrizione del giudice; Cass. civ., sez. II, n. 3161/2006; Cass. civ., sez. lav., n. 4948/1986).

- nullità nel giudizio di primo grado: quando risulta una nullità non rilevata dal giudice di primo grado né da quello di appello, che non ha provveduto a rimettere la causa al primo giudice ai sensi dell'art. 354, comma 1, c.p.c., resta viziato l'intero processo e s'impone, in sede di giudizio di cassazione, l'annullamento, anche d'ufficio, delle pronunce emesse ed il conseguente rinvio della causa al giudice di prime cure, a norma dell'art. 383, comma 3, c.p.c. (Cass. civ., sez. III, ord., n. 4665/2021: fattispecie in tema violazione del litisconsorzio necessario; Cass. civ., sez. II, n. 23315/2020).

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