È illegittimo il patto di c.d. buona entrata anche se stipulato da un terzo diverso dal conduttore

Alberto Celeste
01 Marzo 2023

La legittimazione all'esercizio dell'azione di restituzione spetta al terzo o alla Società, poi diventata conduttrice? In secondo luogo, è legittimo il patto di buona entrata concluso tra tale terzo ed il locatore?
Massima

Nell'ipotesi in cui l'accordo avente ad oggetto un pagamento indebito, per violazione delle norme imperative della l. 392/1978, intervenga - non direttamente tra il locatore e il conduttore, bensì - tra il locatore ed un terzo, quest'ultimo è legittimato ad invocare la nullità del patto nonché a ripetere le somme indebitamente corrisposte, sempre che risulti accertato il collegamento funzionale tra il menzionato accordo ed il contratto di locazione e, quindi, l'inerenza del pagamento al regolamento economico del rapporto di locazione (nella specie, si trattava del pagamento di somme a titolo di c.d. buona entrata, in relazione ad una locazione non abitativa).

Il caso

La causa posta all'esame del Supremo Collegio originava da una domanda di un terzo - estraneo al rapporto locatizio - proposta nei confronti del locatore, volta, in via principale, alla restituzione della somma versata come “diritto di buona entrata” per la locazione di un vano terraneo e dell'annesso locale deposito, in occasione della stipula del contratto di locazione commerciale, o, in via subordinata, alla compensazione del credito vantato dal convenuto-locatore per i canoni mensili dovuti per i mesi successivi alla notifica dell'atto di citazione, sino alla concorrenza della somma versata per il suddetto titolo.

La somma chiesta in restituzione - secondo la prospettazione attorea - risultava versata in occasione della successiva stipulazione del contratto di locazione tra una Società, all'epoca del versamento neppure costituita, ed il convenuto, ma illegittimamente, perché sulla scorta di una pattuizione nulla, ai sensi dell'art. 79 della l. n. 392/1978, in quanto il pagamento delle somme ivi previste era privo di giustificazione sinallagmatica.

La stipulazione del suddetto contratto era stata preceduta da un preliminare di locazione per persona da nominare e, solo con l'electio amici, la Società di cui sopra era stata indicata come parte del contratto di locazione.

Il Tribunale aveva ritenuto il terzo legittimato ad agire, perché l'accordo, sulla scorta del quale era stato effettuato quel pagamento, doveva ritenersi collegato al contratto di locazione intercorso con la Società, e perché la ripetizione dell'indebito oggettivo poteva essere chiesta dal soggetto cui era legalmente riferibile il pagamento.

La Corte d'Appello aveva condiviso l'assunto del primo giudice, precisando che - diversamente da quanto ritenuto dal locatore - attribuire al terzo, in presenza delle condizioni indicate, la facoltà di agire per far valere la nullità della pattuizione volta ad ottenere il pagamento della c.d. buona entrata non significava farlo diventare parte del contratto di locazione.

Il locatore, soccombente in entrambi i gradi di giudizio, proponeva ricorso per cassazione.

La questione

Si trattava di verificare, in primo luogo, se la legittimazione all'esercizio dell'azione di restituzione spettasse al terzo o alla Società, poi diventata conduttrice, e, in secondo luogo, se fosse legittimo il patto di buona entrata concluso tra tale terzo ed il locatore.

Le soluzioni giuridiche

Il ricorrente censurava la sentenza impugnata - denunciando la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 79 della l. n. 392/1978, dell'art. 2033, degli artt. 1401 ss. c.c. - per avere ritenuto sussistente la legittimazione del terzo a ripetere le somme pagate a titolo di buona entrata per la stipula del contratto di locazione.

La gravata sentenza sarebbe errata, perché: a) non avrebbe tenuto conto che l'azione di ripetizione di cui all'art. 79 della l. n. 392/1978 si differenziava dalla comune azione di ripetizione dell'indebito, trovando titolo nel rapporto di locazione, sicché la relativa legittimazione spettava unicamente al conduttore, anche se il pagamento fosse stato effettuato da un terzo; b) avrebbe considerato terzo rispetto al contratto di locazione l'originario attore, il quale, invece, avendo pagato l'importo a titolo di buona entrata in favore del locatore, aveva trasferito ad un soggetto nuovo, attraverso l'electio amici, tutti gli obblighi, gli oneri e i diritti derivanti dal contratto di locazione e da tutti i patti e gli accordi ad esso connessi; c) avrebbe individuato la fonte della pretesa restitutoria nella nullità di un accordo diverso dal contratto di locazione, sebbene a questo collegato, che aveva fatto nascere diritti ed obblighi in capo alla Società in conseguenza dell'electio amici.

I giudici di Piazza Cavour hanno considerato infondate le censure del locatore.

Invero, la Corte territoriale aveva correttamente applicato il principio di diritto, secondo cui è fatto divieto al locatore di immobili ad uso non abitativo di pretendere il pagamento di somme, diverse dal canone o dal deposito cauzionale, a fondo perduto o a titolo di “buona entrata”, prive di ogni giustificazione nel sinallagma contrattuale, ed il relativo patto è nullo ai sensi dell'art. 79 della l. n. 392/1978 - perché diretto ad attribuire al locatore un vantaggio in contrasto con le disposizioni in materia - anche se stipulato dal locatore non con il conduttore, ma con un terzo, il quale, ai sensi degli artt. 1421 e 2033 c.c., potrà far valere la nullità del patto e pretendere la restituzione delle somme indebitamente pagate, purché sia accertato un collegamento tra l'accordo ed il contratto di locazione, la cui conclusione era condizionata all'attribuzione patrimoniale non giustificata ad altro titolo (Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 1998, n. 1418; Cass. civ., sez. III, 9 ottobre 1996, n. 8815).

Da tali precedenti non sono emerse ragioni che convincessero a discostarsi, non persuadendo, in tal senso, la laconica affermazione di un precedente degli stessi ermellini (Cass. civ., sez. III, 13 gennaio 1997, n. 353, ripresa da Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2011, n. 2965), che, comunque, riguardava il pagamento del canone da parte di un terzo e non già una fattispecie dai profili complessi come quella per cui era causa.

La censura mossa dal ricorrente sub c) muoveva dalla premessa che il patto, avente ad oggetto il pagamento del diritto di buona entrata, non fosse collegato al successivo contratto di locazione, ma ne costituisse parte integrante, essendo stato stipulato unitamente e contestualmente al contratto di locazione: i patti intervenuti tra le parti sarebbero stati inseriti in un unico negozio complesso, “e se pure dovessero essere tenuti distinti, resterebbero interdipendenti, sia soggettivamente che funzionalmente, per il raggiungimento di un fine ulteriore, che supera gli effetti tipici di ciascun patto, per dare luogo ad un unico regolamento di interessi, che assume propria rilevanza causale”.

In realtà, la sentenza impugnata aveva, nondimeno, affermato che vi era una connessione tra la pattuizione relativa al pagamento della buona entrata ed il contratto di locazione, accertata dal giudice di prime cure in base alle emergenze processuali (interrogatorio formale e prova testimoniale), e non formante oggetto di gravame; in particolare, il giudice di prime cure, al fine di accertare la legittimazione del terzo, aveva ritenuto necessario accertare la sussistenza di un collegamento tra tale pagamento ed il contratto di locazione o la strumentalità del primo rispetto al secondo, ed aveva escluso che la Società, per effetto dell'atto di designazione, fosse divenuta parte anche dell'accordo avente ad oggetto il pagamento della c.d. buona entrata, proprio per l'autonomia del patto rispetto al contratto di locazione, sebbene allo stesso collegato.

Pertanto, una volta ritenuto sussistente il collegamento tra il patto ed il contratto di locazione, perdevano di rilievo - ad avviso dei magistrati del Palazzaccio - le suddette censure, non essendo mai stato messo in dubbio dalla sentenza impugnata che il tratto peculiare del contratto per persona da nominare fosse dato dal subentrare nel contratto di un terzo - per effetto della nomina e della sua contestuale accettazione - che, prendendo il posto del contraente originario (lo stipulante), acquistava i diritti ed assumeva gli obblighi correlativi nei rapporti con l'altro contraente (promittente), determinando, inoltre, la contemporanea fuoriuscita dal contratto dello stipulante, con effetto retroattivo, per cui il terzo si considerava, fin dall'origine, unica parte contraente contrapposta al promittente.

Osservazioni

Nell'àmbito del regime del c.d. equo canone per le locazioni abitative, si era dell'opinione che, non trovando alcuna giustificazione nel sinallagma contrattuale, erano nulle le pattuizioni che prevedevano il versamento, da parte del conduttore, di ulteriori somme una tantum, a qualunque titolo, ad esempio, per “buona entrata, per “buon ingresso”, a “fondo perduto”, per “buona permanenza”, cioè per rimanere nella disponibilità dell'appartamento attraverso la previa rinuncia del locatore a dare disdetta (v., in particolare, Cass. civ., sez. III, 1° aprile 1993, n. 3896, specificando che trattavasi di pattuizioni volte a costituire un vantaggio per il locatore mediante l'acquisizione immediata di una somma di denaro, per le potenzialità di investimento che siffatta disponibilità gli offriva sul piano economico).

A titolo esemplificativo, si era stabilito che il conduttore aveva diritto a ripetere, stante la nullità del relativo accordo ai sensi dell'art. 79 della l. n. 392/1978, la somma da lui versata al locatore, apparentemente a titolo di espromissione di un debito lasciato insoluto dal precedente inquilino, ma in realtà pretesa dal locatore stesso quale condicio sine qua non per poter ottenere in locazione l'appartamento (Trib. Milano 19 novembre 1998).

Al contrario, era stata esclusa la nullità del patto che prevedeva la corresponsione al locatore di un corrispettivo per il consenso di questo all'anticipata risoluzione del contratto locativo con il conduttore che intendeva alienare l'azienda esercitata nell'immobile, trattandosi di accordo utile anche per quest'ultimo, dato che, in mancanza, la proposta di alienazione dell'azienda non sarebbe stata accettata dall'acquirente, che aveva interesse a stipulare un nuovo contratto locativo, piuttosto che a subentrare nel contratto in corso, prossimo alla scadenza (Cass. civ., sez. III, 23 febbraio 1995, n. 2069).

Parimenti, è stato reputato valido il patto con il quale veniva scomputata mensilmente a titolo di canone la somma dovuta dal locatore per versamenti effettuati dalla controparte extra legem, puntualizzando che le parti, lungi dal violare la normativa prevista dalla l. n. 392/1978, nel dare un assetto definitivo al rapporto contrattuale relativo al godimento dell'immobile, avevano previsto, in favore del locatore, il diritto di ritenere le somme percepite in più dell'equo canone fino alla data di riconsegna del bene, diritto che, non incidendo sull'entità del rapporto locativo bensì sul termine di adempimento dell'obbligazione di ripetizione, doveva ritenersi legittimo, non solo perché frutto dell'incontro della volontà delle parti, ma anche perché non comportante il conseguimento da parte del locatore di un canone maggiore di quello dovuto (Trib. Milano 18 marzo 1991).

Nella stessa lunghezza d'onda - per quel che maggiormente interessa in questa sede - si è posta la dottrina riguardo all'inammissibilità della c.d. buona entrata nel regime introdotto dalla l. n. 431/1998; anzi, l'art. 13, comma 4, di tale legge sembra avere inteso rafforzare il principio affermato dal giudice di legittimità secondo il quale, anche nei casi in cui il canone può essere liberamente determinato dai contraenti, non è consentito al locatore di pretendere ulteriori somme.

Per quanto riguarda, poi, i contratti di locazione di immobili adibiti ad uso non abitativo - oggetto della sentenza in commento - anche se, ai sensi della l. n. 392/1978, il canone può essere liberamente determinato dai contraenti, si è ritenuto che non sia consentito al locatore pretendere il versamento di ulteriori somme che, non avendo giustificazione nel sinallagma contrattuale - ad esempio, pagamenti a fondo perduto - incorrono nella sanzione di nullità prevista dall'art. 79 della legge citata (v., tra le altre, Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 1987, n. 1936).

Tuttavia, la convenzione negoziale diretta ad attribuire al conduttore uscente una somma a titolo di “buona uscita”, ed intervenuta tra questi ed il conduttore subentrante nello stesso immobile, di proprietà di un terzo locatore estraneo alla pattuizione (ed al giudizio ad essa conseguente), non integra gli estremi della violazione dell'art. 79 della l. n. 392/1978, non risultando tale pattuizione (diversamente dalla previsione normativa) diretta a limitare la durata dei successivi contratti di locazione aventi ad oggetto il medesimo immobile, o volta ad attribuire al locatore un canone maggiore o altro vantaggio non dovutogli, unico beneficiario della buona uscita essendo il conduttore uscente (Cass. civ., sez. III, 13 novembre 1997, n. 11232).

Riferimenti

Rota, Azione di ripetizione dell'indebito del conduttore, in Arch. loc. e cond., 2017, 142;

Di Marzio, Le nullità del contratto di locazione, in Immob. & proprietà, 2014, 37;

Ballerini, Ripetizione di somme pagate in eccedenza dal conduttore d'immobile urbano, in Nuova giur. civ. comm., 2012, II, 289;

Ferrari, L'azione di ripetizione del conduttore per il canone indebitamente pagato, in Il Civilista, 2008, fasc. 2, 77;

Winkler, Aggiornamento del canone e patti contrari alla legge, in Nuova giur. civ. comm., 2007, I, 333;

Cuffaro, Patti contrari alla legge (contratto di locazione e nullità speciali), in Riv. dir. civ., 1999, I, 466;

Izzo, Libera determinazione del canone di locazione e nullità delle clausole di “buona entrata”, di doppio aggiornamento o di corresponsione anticipata dell'intero corrispettivo, in Giust. civ., 1996, I, 3157.