Gli strumenti di classificazione doganale delle merci e la nozione di “parte” di un prodotto

Gabriele Damascelli
30 Marzo 2023

Con sentenza n. 3532 del 6 febbraio 2023 la Corte di Cassazione, ha illustrato gli strumenti per la corretta classificazione doganale di videocamere del tipo action cam unitamente all'interpretazione della nozione di “parte” di un prodotto ai fini della classificazione della merce oggetto di importazione, escludendo che in quest'ultima, ai fini della tariffa daziaria, possano rientrare i cd accessori.
Massima

Costituisce elemento discretivo essenziale per la classificazione doganale delle fotocamere digitali con doppia funzione (registrazione video e immagini fisse) la durata (ininterrotta di almeno 30 minuti di singola sequenza video) della registrazione video, mentre, nel raffronto tra le sottovoci richiamate in sentenza, è applicabile solo quella che esprime la funzione della macchina di poter registrare file video e audio “anche da fonti diverse dall'obbiettivo della videocamera”.

Il caso

La vicenda origina da un avviso di accertamento suppletivo e di rettifica dell'Agenzia delle dogane emesso nei confronti del soggetto importatore nonché del suo dichiarante doganale in rappresentanza indiretta, con il quale, a seguito della revisione dell'accertamento della dichiarazione doganale di importazione di fotocamere digitali compatte, l'Ufficio riclassificava la merce attribuendo una differente voce di classificazione doganale, da cui scaturiva un dazio del 14% anziché la totale esenzione della merce importata, ciò sulla base delle caratteristiche dei beni, considerati come action cam in quanto apparecchi portatili a batteria per la cattura e registrazione di immagini statiche e video.

Con l'atto impositivo venivano altresì rettificate anche le voci di classificazione degli accessori (attacco per treppiede fotografico, fissaggio da casco, attacco polso collo, custodia di silicone, custodia di silicone impermeabile con fissaggio con ventosa, supporto per agganciare) che non venivano considerate come “parti” della merce importata bensì, in relazione alla materia di cui erano composte, come “Altri lavori di materie plastiche. Altre”, con l'aliquota al 6,5%, più alta di quella preventivata dall'importatore.

In sede di gravame in appello i giudici di secondo grado confermavano la bontà della classificazione operata dal dichiarante doganale, rilevando, quanto agli accessori, la loro natura di prodotti serventi, destinati esclusivamente o principalmente agli apparecchi dei quali costituivano, appunto, “parti”.

La questione

Con ricorso in Cassazione la Dogana si doleva del fatto che i giudici di seconde cure si fossero limitati a sostenere che gli apparecchi importati “altro non fossero se non delle modernefotocamere con, anche, la funzione di registrare video”, aspetto che non alterava la natura principale del prodotto quale fotocamera, dovendo in caso contrario, per poter qualificarsi come videocamere, “essere in grado di registrare filmati sia sulla memoria interna sia su supporti esterni” e di “poter utilizzare lo zoom ottico nel corso della registrazione video”, da qui l'esclusione come videocamere digitali.

Secondo la Dogana i giudici non avevano però considerato che l'apparecchio era un'action cam la quale, in base anche ai depliant illustrativi del prodotto nonché alle indicazioni della casa costruttrice, era pienamente in grado di catturare video e scattare foto, nonché di “di registrare file video da fonti diverse dall'obbiettivo della fotocamera incorporata”, funzioni che lo rendevano idoneo alla classificazione nella voce doganale NC 8525 80 99 anziché nella voce NC 8525 80 30, oltre alla circostanza che la prima delle due voci era già stata attribuita con informazioni tariffarie vincolanti (ITV), una delle quali della dogana tedesca relativa ad una delle merci oggetto di importazione.

La soluzione giuridica

La Classificazione doganale delle merci in ambito internazionale

La Classificazione doganale concorre, insieme alle caratteristiche fisiche dei prodotti, ai loro impieghi finali nonché ai gusti ed alle abitudini dei consumatori, a rappresentare quei “quattrofattori” necessari a caratterizzare e valutare la nozione di “similarità dei prodotti”, caratteristica principale della “clausola della nazione più favorita” (clausola NFP), quale strumento principale per “favorire la liberalizzazione degli scambi” (v. G. Venturini, in L'Organizzazione mondiale del commercio, Milano, 2015, p. 26 e ss.) mediante l'eliminazione dei trattamenti discriminatori tra i Paesi membri dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC).

Ai fini doganali, nell'ambito del complesso quadro giuridico del commercio internazionale, la fonte primaria è rappresentata dall'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT 1947 - General agreement on tariffs and trade), finalizzato “all'apertura progressiva dei mercati nazionali e impostato sull'integrazione “negativa” propria del divieto di discriminazioni tra merci provenienti da diversi Stati” (v. G. Morgese, in “L'accordo sull'aspetto dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPs)”, Bari, 2009, pagg. 2 e ss.), ed applicato “provvisoriamente” dagli Stati aderenti a partire dall'1.1.1948.

Con l'ultimo ciclo di negoziati tra Stati membri del Gatt 1947 (Uruguay round), si diede vita al Gatt 1994 (aggiornato) nonchè all'Accordo istitutivo dell'Organizzazione mondiale per il commercio (OMC o Agreement Establishing the World Trade Organization - WTO Agreement), Accordo incluso nel “Final Act Embodying the Results of the Uruguay Round of Multilateral Trade Negotiations”, firmato a Marrakesh il 15 aprile 1994 (approvato dalla CE con Decisione del Consiglio 94/800 del 22.12.1994, in GUCE L 336 del 23.12.1994, p. 3 ss., ratificato in Italia con L. 747/94).

Affinché possa realizzarsi un'equa “liberalizzazione degli scambi” occorre, anche, che vi sia un controllo nel movimento delle merci nell'attraversamento del territorio doganale, attività che prende corpo attraverso lo strumento dell'accertamento doganale, i cui elementi sono rappresentati dalla quantità, qualità, origine e valore delle merci, aventi un elemento di denominazione comune rappresentato dalla Classificazione doganale delle merci, strumento che serve a convertirela descrizione merceologica in un codice costituito da una sequenza numerica, articolata in più livelli” e che funge da base per l'applicazione della Tariffa doganale (v. P. Bellante, in “Il sistema doganale”, Torino, 2020, pagg. 524 e ss.).

Ad oggi il sistema di classificazione internazionale delle merci è quello contenuto nella Convenzione internazionale di designazione e codificazione delle merci (Convenzione SA del 14.6.1983 in vigore dall'1.1.1988), creato sotto gli auspici dell'Organizzazione mondiale delle dogane (OMD) il cui testo è stato approvato dalla CEE con Decisione del Consiglio 87/369 del 7 aprile 1987, al cui interno ripartisce le varie categorie merceologiche in 21 sezioni, distribuite a loro volta in complessivi 97 capitoli.

A livello comunitario il recepimento del nuovo sistema di classificazione avvenne mediante Reg. CEE n. 2658/87 istitutivo della Nomenclatura combinata delle merci (NC), la quale risponde nel contempo alle esigenze della tariffa doganale comune ed a quelle delle statistiche del commercio estero della Comunità, riprendendo a) la nomenclatura del SA (di cui riprende le voci a sei cifre, mentre la settima e l'ottava sono proprie alla NC), b) le suddivisioni comunitarie di detta nomenclatura, denominate “sottovoci NC”, e c) le disposizioni preliminari, le note complementari di sezioni o di capitoli e le note a piè di pagina relative alle sottovoci NC (v. art. 1 del Reg. cit.).

La posizione della Corte UE in tema di classificazione

Nel caso in commento la Cassazione è stata chiamata ad individuare la corretta classificazione della merce importata nella voce “Fotocamere digitali”, o “Videocamere digitali”, piuttosto che “Videocamere digitali. Altri”, in relazione alla capacità del prodotto di registrare filmati sia sulla memoria interna sia su supporti esterni nonché di poter utilizzare lo zoom ottico nel corso della registrazione video, aspetti caratterizzanti l'essenza delle videocamere.

Qui la Cassazione, condivisibilmente, richiama alcuni dei numerosi precedenti in tema di classificazione della merce ad opera della Corte UE, la quale sin suoi primi interventi in argomento ha evidenziato che il “parametro per la classificazione doganale di un prodotto è costituito, in via di principio, dalle caratteristiche e dalle proprietà oggettive del prodotto” (v. tra i tanti C-128/73, p. 3; C-396/02, p. 27; C-495/03, p. 47), quali definite nel testo della voce della nomenclatura combinata e nelle note premesse alle sezioni o ai capitoli (richiama C-42/99, p. 13; C-178/14, p. 21; C-143/15, p. 44, C-306/18, p. 36; C-810/18, p. 25), al quale si affianca un criterio di “destinazione del prodotto, valutabile in funzione delle caratteristiche e delle proprietà oggettive dello stesso, con la precisazione che, a tal fine, si devono valutare tanto l'uso cui il prodotto è destinato dal fabbricante, quanto le modalità e il luogo della sua utilizzazione” (v. C-268/18, p. 29; C‑435/15, p. 40; C‑547/13, p. 52).

Dal momento che si trattava, in concreto, di individuare per prima cosa le caratteristiche nonché l'elemento distintivo essenziale tra fotocamere digitali e videocamere digitali (action cam), anche alla luce del Reg. UE 458/2014 e del Reg. UE 876/2014 (questo dichiarato invalido da C-435/15), la Cassazione a tal fine ha altresì premesso che “la classificazione doganale di un prodotto deve essere operata tenendo conto della funzione principale di quest'ultimo, con la specifica precisazione, per le macchine che svolgano più di una funzione (come nella specie), che la nota 3 della sezione XVI della seconda parte della NC, stabilisce che occorre tenere conto della funzione principale che le caratterizza (C-58/14, p. 23), e che, a tal riguardo, è necessario prendere in considerazione che cosa appare principale o accessorio agli occhi del consumatore(C-268/18, p. 31)”.

Al riguardo, la Corte UE ha ulteriormente specificato (v. C-268/18, p. 29) l'esigenza di ricercare la destinazione di un prodotto quale possibile “criterio oggettivo di classificazione sempreché sia inerente a detto prodotto, ove l'inerenza deve potersi valutare in funzione delle caratteristiche e delle proprietà oggettive dello stesso” (v. C‑435/15, p. 40).

Così, ad esempio, nel caso C-547/13, in cui si “ricercava” la corretta voce NC di prodotti destinati al trattamento di problemi dermovascolari e dermatologici tramite il ricorso alla tecnologia laser e ci si chiedeva se questi, ai fini NC, erano strumenti o apparecchi per la medicina o apparecchi di meccanoterapia, o piuttosto apparecchi elettrici con una funzione specifica, la Corte ha concluso riferendo che “tra gli elementi pertinenti si devono valutare l'uso cui tali prodotti sono destinati dal fabbricante, nonché le modalità e il luogo di utilizzazione di questi ultimi”.

Quanto alla “destinazione dei prodotti al trattamento di una o di diverse patologie e il fatto che tale trattamento debba essere eseguito in un centro sanitario autorizzato e sotto il controllo di un medico costituiscono indizi idonei a stabilire che detti prodotti sono destinati a fini medici. Al contrario, la circostanza che i prodotti permettano principalmente miglioramenti estetici e la loro possibile manipolazione al di fuori di un ambito sanitario, ad esempio in un centro estetico e senza l'intervento di un medico, costituiscono indizi idonei a escludere che detto prodotto sia destinato a fini medici”. Le dimensioni, il peso e la tecnologia utilizzata, invece, non costituiscono elementi determinanti per la classificazione dei prodotti in questione.

Sembra opportuno ricordare che, quando la Corte UE è investita di un rinvio pregiudiziale in materia di classificazione doganale, la sua funzione consiste più nel chiarire al giudice nazionale i criteri la cui applicazione permetterà a quest'ultimo di classificare correttamente nella NC i prodotti di cui trattasi, che non nel procedere essa stessa a tale classificazione, operazione che è frutto di una valutazione unicamente in punto di fatto, non spettante alla Corte, bensì al giudice comune di rinvio alla luce degli elementi di risposta forniti dalla Corte alle questioni dal medesimo sollevate (v. tra i tanti C‑542/21, p 21; C‑340/19, p. 33; C-810/18, p. 24; C‑306/18, p. 33 e 34; C‑138/18, p. da 67 a 69, C‑670/19, p. 35).

Come puntualmente evidenziato in dottrina vi sono molteplici strumenti (v. P. Bellante, op. cit. pagg. 540 e ss.) per ricercare la corretta voce di Classificazione della merce, i cui principi di base derivano dalle Regole generali per l'interpretazione che precedono sia la Nomenclatura SA sia quella NC, a cui si aggiungono le rispettive Note interpretative (alle Sezioni ed ai Capitoli), entrambe vincolanti per l'operatore in quanto acquis comunitario direttamente derivante dalla Dec. 87/369 e dal Reg. 2658/87.

A questi si affiancano alcuni strumenti di prassi (non vincolanti) quali le Note esplicative illustrative redatte tanto dal Comitato del sistema armonizzato (CSA) interamente al Consiglio di cooperazione doganale (OMD - WCO, World custom organization) quanto dal Comitato del codice doganale (CCD) presso la Commissione europea, i quali posso altresì emettere dei Pareri di classificazione.

Nonostante l'assenza di cogenza, tali strumenti “costituiscono elementi interpretativi tanto più determinanti per il fatto che essi emanano da un'autorità incaricata dalle parti contraenti di garantire l'uniformità nell'interpretazione e nell'applicazione della nomenclatura” (C-38/75, p. 24/26), tramite i quali viene fornito “un rilevante contributo all'interpretazione della portata delle varie voci doganali, senza però essere giuridicamente vincolanti” (v. tra i tanti C‑62/20, p. 31; C‑372/17, p. 23; C‑376/07, p. 47 e 48; C-311/04, p. 27; C-280/97, p. 16; C-328/97, p. 26; C-201/96, p. 17).

Ulteriori strumenti di “indagine” sono i regolamenti di classificazione tariffaria emanati dalla Commissione europea i quali, come evidenziato ad esempio dal documento di lavoro della DG TAXUD/741/2003-definitivo (Direzione Generale Fiscalità e Unione Doganale), hanno lo scopo “di garantire l'applicazione uniforme della nomenclatura combinata della Comunità europea” (v. par. 2.1.1).

Da tale documento emerge altresì che tali regolamenti, nel settore del SA, possono avere natura meramente interpretativa, viceversa “nel quadro delle sottovoci della NC (7° e 8° cifra) la Commissione dispone di maggiore margine di manovra e può adottare sia regolamenti puramente interpretativi sia regolamenti che precisino requisiti complementari per classificare un prodotto in una determinata voce della NC. In quest'ultimo caso, il regolamento di classificazione ha carattere normativo”.

Tale potere della Commissione di emanare regolamenti di classificazione aventi lo scopo di garantire l'applicazione uniforme della NC, è stato però temperato nel tempo dalla Corte UE (v. ad es. C-435/15 che ha dichiarato l'inapplicabilità del Reg. 876/2014) la quale, in relazione all'art. 9 del Reg. CEE 2658/87, ha evidenziato come “il Consiglio ha attribuito alla Commissione, la quale agisce di concerto con gli esperti doganali degli Stati membri, un ampio potere discrezionale quanto alla precisazione del contenuto delle voci doganali di cui tener conto per la classificazione di una determinata merce. Tuttavia, il potere della Commissione di adottare misure di cui all'art. 9, n. 1, lett. a), b), ed e), del regolamento n. 2658/87 non autorizza la medesima a modificare il contenuto delle voci doganali, stabilite in base all'SA istituito dalla Convenzione, di cui la Comunità si è impegnata a non modificare la portata in forza dell'art. 3 della convenzione medesima” (v. C-15/05, p. 35-37, nonchè C-304/04, p. 22; C-495/03, p. 48; C-42/99, p. 20; C-309/98, p. 13; C-280/97, p. 23; C-267/94, p. 19 e 20), ciò alla luce del primato degli Accordi internazionali conclusi dall'UE rispetto ai testi di diritto comunitario derivato, principio che impone di interpretare questi ultimi, per quanto possibile, in conformità a tali accordi (v. C-311/04, p. 25).

Per le medesime ragioni ora esposte ma in relazione all'attività di classificazione dell'OMD, la Commissione europea, nel già citato doc. della DG TAXUD/741/2003-def., in merito alle note esplicative relative all'SA e ai pareri di classificazione che la prima pubblica regolarmente, riferisce che “In mancanza di tali pareri o quando l'interpretazione data da questi sembra inconciliabile con i termini della voce della NC, o se questi superano manifestamente il potere discrezionale concesso all'OMD, compete al legislatore comunitario interpretare, per via regolamentare e sotto il controllo della Corte di giustizia delle Comunità europee (nel seguito: "la CGCE" o "la Corte"), la nomenclatura per stabilire come deve essere applicata dalla Comunità”.

Tornando all'intervento qui in commento, al fine di differenziare le fotocamere dalle videocamere digitali in relazione a quei prodotti con più funzioni, la Cassazione riferisce che per le note esplicative NC ed SA le funzioni di registrazione di immagini fisse o video non sono necessariamente cumulative, ma è sufficiente che la registrazione avvenga su memoria interna o su un supporto esterno, potendo integrare tale requisito anche una “memoria interna volatile”, dalla quale i files sono cancellati quando l'apparecchio è spento (v. C-372/17, p. 31 e ss.).

Quanto poi alla funzione di zoom ottico, assente nelle fotocamere durante la registrazione video ma presente, invece, nelle videocamere, qui la Corte ne evidenzia la “natura non essenziale”, richiamando anche un caso della Corte UE su una merce identica (v. C-178/14), sostenendo che se i camcorder vanno classificati nella voce 8525 80 99 pur in assenza di zoom ottico quando la registrazione avvenga solo dalla videocamera, allora la funzione zoom non può costituire elemento essenziale per classificare il prodotto come videocamera.

Elemento essenziale è, invece, la modalità di registrazione (qualità e quantità, con prevalenza di quest'ultima, v. C-810/18), in relazione alla quale la medesima Corte UE (v. C-435/15, p. 57) aveva già considerato che ciò consentiva di “distinguere le fotocamere digitali dalle videocamere digitali”, concludendo nel senso che “solo la capacità di registrazione ininterrotta di almeno 30 minuti di una sequenza video con una risoluzione minima, e non quella di riproduzione ininterrotta di tale registrazione, costituisce la caratteristica che consente di escludere la classificazione di un prodotto nella sottovoce 8525 80 30 della NC”.

Ne conseguiva che la circostanza che le sequenze video di più di 30 minuti, registrate dalle videocamere, fossero archiviate in file distinti, non impediva di escludere la loro classificazione nella sottovoce 8525 80 30 della NC, dato che tale “archiviazione in diversi file non altera la continuità della registrazione della sequenza, bensì, eventualmente, solo la continuità della lettura di quest'ultima, e che la questione se l'utente percepisca o meno il passaggio da un video all'altro non è un criterio rilevante per tale classificazione”.

La Cassazione ha così concluso (cassando con rinvio) affermando il principio per cui costituisce elemento discretivo essenziale per la classificazione doganale delle fotocamere digitali con doppia funzione (registrazione video e immagini fisse) la durata (ininterrotta di almeno 30 minuti di singola sequenza video) della registrazione video, mentre, nel raffronto tra le sottovoci richiamate in sentenza, è applicabile solo quella che esprime la funzione della macchina di poter registrare file video e audio “anche da fonti diverse dall'obbiettivo della videocamera”.

Osservazioni

La nozione di “parte” di un prodotto

Con il secondo motivo di gravame la Dogana contestava l'erronea interpretazione, effettuata dalla CTR, della nozione giuridica di “parti” ai fini della classificazione tariffaria, avendo quest'ultima qualificato come tali gli accessori dei prodotti importati (in apertura elencati) “solo in quanto prodotti serventi destinati esclusivamente o principalmente agli apparecchi”, tralasciando il fatto che tale nozione, ai fini tariffari, richiede “l'indispensabilità della componente ai fini del funzionamento della macchina e non solo la sua destinazione ausiliaria”.

Dalla copiosa giurisprudenza della Corte UE, qui richiamata in parte dalla Cassazione, è emerso nel tempo che “la nozione di «parti» implica la presenza di un insieme per il cui funzionamento queste ultime sono indispensabili”, dal che consegue che per poter qualificare un articolo come «parte» “non basta dimostrare che senza tale articolo la macchina o l'apparecchio non è in grado di rispondere ai bisogni cui è destinato. Occorre altresì dimostrare che il funzionamento meccanico o elettrico della macchina o dell'apparecchio di cui trattasi è condizionato da detto articolo” (v. C-725/21, p. 33, nonché tra i tanti C-306/18, p. 43; C‑600/15, p. 48; C-297/13, p. 35; C-450/12, p. 36; C-336/11, p. 35; C-276/00, p. 30; C-339/98, p. 21).

Così ragionando, la Corte UE da ultimo (v. C-725/21), in tema di classificazione di reti per la realizzazione di tasche nella parte posteriore dei sedili delle automobili, qualificate dalle parti in giudizio rispettivamente come accessori (altri articoli a maglia e altri articoli di plastica) o come parti (non avendo il prodotto una funzione d'uso autonoma bensì una “funzionalità supplementare del sedile”, di supporto e protezione), coerentemente ha concluso escludendo la funzione di parti delle merci, in quanto nonindispensabili affinché i sedili in questione possano svolgere la loro funzione”, circostanza che, come si è appreso, spetterà al giudice del rinvio verificare per poi procedere alla “corretta” classificazione tariffaria.

In chiusura la Cassazione ha sottolineato che gli elementi qualificati erroneamente come “parti” non figurano nelle Note esplicative SA, che escludono espressamente “I monopiedi, i bipiedi, i treppiedi e gli articoli simili”, né d'altronde sono presenti nelle Note esplicative NC, secondo le quali “Questa voce non comprende: … l) i cavalletti monopiede, i bipiedi, i treppiedi e oggetti simili della voce 9620” (v. Reg n. 2658/87, Parte Seconda - Tabella dei Dazi, Sezione XVIII, Capitolo 90, Nota 1, lett. l)).