È possibile la revoca giudiziaria dell’amministratore in prorogatio? Una questione ancora non risolta

04 Aprile 2024

Ancora una volta un Tribunale, in formazione collegiale essendo la controversia inquadrabile nell'ambito della volontaria giurisdizione, si è trovato ad un bivio: scegliere se l'amministratore del condominio, che versi in prorogatio imperii, possa essere revocato giudiziariamente, oppure se a tale fine non sussistano le condizioni per tale rimozione. Questa volta la decisione ha fatto pendere la bilancia dalla parte che ammette la prima possibilità, ma permane tuttora un evidente contrasto giurisprudenziale che, dopo l'entrata in vigore della riforma del condominio, potrà essere risolto solo con l'intervento della Corte di Cassazione.

Massima

La circostanza per cui l'amministratore operi in regime di prorogatio non è di ostacolo alla pronuncia di revoca giudiziale dell'amministratore, discendendo da essa precisi effetti (art. 1129, comma 13, c.c.): invero, in siffatti casi, l'amministratore potrebbe essere nuovamente nominato dall'assemblea, possibilità che viene meno a seguito della sua revoca giudiziale.

Il caso

Alcuni condomini ricorrevano dinanzi al Tribunale barese del luogo per ivi sentire dichiarare la revoca dell'amministratore per gravi irregolarità e inadempimenti nella gestione del condominio.

Il convenuto, che - secondo gli attori - all'epoca in cui si era incardinato il giudizio era nel pieno delle sue funzioni, si costituiva in giudizio eccependo l'inammissibilità dell'azione per trovarsi egli stesso in regime di prorogatio. Nel merito, lo stesso contestava gli assunti avversari come infondati. In particolare, per quanto concerneva la mancata convocazione dell'assemblea il convenuto dichiarava di non averla potuta indire essendo pendente, dinanzi all'Organismo di mediazione, una procedura avente ad oggetto l'impugnativa di una delibera assembleare immediatamente precedente a quella che avrebbe determinato gli inadempimenti dell'amministratore lamentati dai ricorrenti.

Nel corso del giudizio, in conseguenza della sostituzione dell'amministratore, i ricorrenti chiedevano che venisse dichiarata la cessazione della materia del contendere con condanna di controparte al pagamento delle spese di lite.

Il Tribunale respingeva, in via preliminare, l'eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla parte resistente e nel merito, in accoglimento della domanda dei ricorrenti, dichiarava cessata la materia del contendere, condannando il convenuto alla rifusione delle spese di lite.

La questione

Il nocciolo della questione concerne se l'amministratore in prorogatio possa essere soggetto alla revoca giudiziaria.

Le soluzioni giuridiche

Sull'eccezione di inammissibilità della domanda di revoca giudiziaria nei confronti dell'amministratore che si trovi in regime di prorogatio, il Tribunale ha rilevato che non vi sono ostacoli in questo senso, considerando che il medesimo potrebbe essere reintegrato nell'incarico dalla stessa assemblea.

Quanto al merito del giudizio, ad avviso del Collegio, dagli atti di causa risultava provato che l'amministratore non aveva convocato l'assemblea per l'approvazione del bilancio consuntivo nei termini di cui al combinato disposto degli artt. 1129, comma 12, n. 1, e 1130, n. 10, c.c., mentre era del tutto irrilevante, al fine di escludere la sussistenza di un comportamento inadempiente dell'amministratore stesso, il fatto che pendesse tra le parti un procedimento di mediazione obbligatoria, introdotto nell'ambito di impugnativa della delibera di approvazione del bilancio consuntivo relativo ad altra annualità estranea a quella per cui era causa.

La richiesta iniziale dei ricorrenti di revoca giudiziaria dell'amministratore veniva ritenuta pienamente fondata, per cui l'amministratore doveva essere condannato, in forza del principio della soccombenza virtuale, al pagamento delle spese di lite in favore dei ricorrenti.

Osservazioni

La motivazione del decreto in esame ha messo in luce un problema attualmente ancora di dubbia soluzione: ovvero se l'amministratore, che svolga il suo incarico in regime di prorogatio, possa essere revocato dall'autorità giudiziaria

Sulla c.d. prorogatio occorre fare un sommario parallelo tra la situazione ante riforma ed il dettato legislativo post riforma. Prima del 2012, secondo una prassi consolidata, l'amministratore dimissionario, non più in carica per decorrenza dei termini del mandato oppure non riconfermato dall'assemblea rimaneva in carica per inerzia fino al momento in cui l'assemblea non raggiungeva il quorum di cui all'art. 1136, comma 2, c.c. per nominare un nuovo rappresentante. Accadeva, quindi, che una situazione provvisoria si protraesse nel tempo, con l'effetto che l'amministratore, c.d. in prorogatio, continuava ad esercitare tutti i suoi poteri, senza limiti.

La mancanza di decisioni da parte dell'assemblea nella nomina del nuovo amministratore trovava giustificazione nella considerazione che tale passività, che si concretizzava nell'attesa di poter individuare il soggetto giusto cui conferire il nuovo incarico, corrispondeva ad una volontà implicita dei condomini e del condominio stesso, interessati ad assicurare una continuità nella gestione. In questo senso, infatti, si era espressa la Suprema Corte, che aveva affermato che, “in tema di condominio negli edifici, la prorogatio imperii dell'amministratore - che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell'interesse del condominio alla continuità dell'amministrazione - si applica in ogni caso in cui il condominio rimanga privo dell'opera dell'amministratore e, quindi, non solo nelle ipotesi di scadenza del termine di cui all'art. 1129, comma 2, c.c. o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o annullamento per illegittimità della delibera di nomina; ne consegue che l'amministratore condominiale, la cui nomina sia stata dichiarata invalida, continua ad esercitare legittimamente, fino all'avvenuta sostituzione, i poteri di rappresentanza, anche processuale, dei comproprietari, rimanendo l'accertamento di detta prorogatio rimesso al controllo d'ufficio del giudice e non soggetto ad eccezione di parte, in quanto sia inerente alla regolare costituzione del rapporto processuale” (Cass. civ., sez. II, 30 ottobre 2012, n. 18660).

La nuova formulazione dell'art. 1129, comma 8, c.c., invece, pone dei limiti all'attività che l'amministratore cessato dalla carica può svolgere ponendo un duplice obbligo: consegnare tutta la documentazione in suo possesso, concernente il condominio ed i singoli condomini, al proprio avente causa ed eseguire solo attività urgenti allo scopo di evitare pregiudizi agli interessi della comunità. Incarico che non dà diritto ad un ulteriore compenso. Il carattere imperativo della norma, che non ha trovato un richiamo specifico nel successivo comma 12, sembra avere lo scopo di spingere condominio ed amministratore a non far decorrere troppo tempo per la nomina del nuovo rappresentante condominiale, talchè in sostanza la nota prorogatio imperii sembrerebbe essere stata svuotata dei precedenti contenuti.

Detto questo, la questione inerente alla possibilità di ottenere dal giudice la revoca dell'amministratore che resti operativo oltre il termine della cessazione dall'incarico, ad oggi, sembra non avere ancora trovato una soluzione univoca da parte della giurisprudenza, che è equamente suddivisa sul punto.

Da un lato, vi è chi nega tale possibilità (Trib. Foggia 6 novembre 2020), rilevando che l'inerzia dell'assemblea rispetto alle sollecitazioni di/dei condomini non impedisce a questo/questi di attivare la procedura di nomina giudiziale del nuovo amministratore. Se, poi, durante l'esercizio in prorogatio l'amministratore sia inadempiente, gli stessi condomini potranno avviare nei suoi confronti un'azione risarcitoria per i danni subiti ingiustamente dal suo comportamento. Ed ancora, ove l'assemblea nomini nuovamente l'amministratore cessato dall'incarico, si instaurerà con questi un nuovo rapporto di mandato, che sarà sempre sottoposto ad un controllo in relazione alla sua corretta esecuzione. Quindi, le varie circostanze permetterebbero di affermare che nel sistema individuato non vi sono vuoti di tutela nei confronti dei condomini.

Sempre in senso negativo troviamo un provvedimento successivo (App. Lecce 10 gennaio 2022, n. 15) che, con diverse motivazioni, arriva pur sempre alla stessa soluzione. La Corte salentina è partita da un presupposto che sembra essere ancorato alla disciplina anteriore alla riforma del condominio del 2012, visto che il giudizio era stato incardinato in tempi ad essa antecedenti: ovvero che “l'amministratore di condominio uscente, quale che sia il motivo della cessazione - scadenza del mandato, revoca, dimissioni - rimane in carica fino a quando non venga nominato un sostituto; l'obbligo giuridico dell'amministratore postula quindi che, in mancanza di nomina o in presenza di conferma avvenuta con maggioranza insufficiente, l'amministratore rimanga in carica con tutti i poteri”. Il giudicante, poi, ha proseguito osservando che l'estinzione del mandato per legge (per scadenza del termine) comporta una provvisoria prosecuzione nell'esercizio dei suoi poteri, con la conseguenza che non si può revocare per via giudiziale l'amministratore non più in carica, mentre si può agire in giudizio per ottenere la nomina del nuovo rappresentante del condominio. Il fatto che sia scaduto il termine per la durata dell'incarico comparta il venir meno del presupposto in forza del quale può essere esercitata la domanda di revoca (Trib. Roma 26 novembre 2018).

Ancora più interessante, infine, è quanto deciso dal Tribunale di Roma (decreto 13 settembre 2022) allorché ha affermato che la prorogatio imperii determina una mancanza formale dell'amministratore in carica rendendo, quindi, non ammissibile la revoca giudiziale che consiste in uno strumento previsto dal legislatore per determinare la rimozione dall'incarico dell'amministratore che sia incorso in gravi irregolarità di gestione, ma non anche per precostituire uno status di futura ineleggibilità.

Tra i tanti provvedimenti che, invece, propendono per una soluzione positiva della questione se ne richiamano due, in particolare. Con il primo (App. Palermo 17 maggio 2023), è stato ritenuto che la cessazione dell'incarico dell'amministratore non faccia venire meno l'interesse dei condomini ad ottenere una pronuncia alla sua revoca giudiziale, poiché un provvedimento in questo senso configurerebbe una declaratoria di risoluzione contrattuale per grave inadempimento del mandatario. Peraltro, non si può neppure ignorare che solo tramite la revoca giudiziaria si può impedire che lo stesso soggetto sia nuovamente chiamato ad amministrare il condominio come disposto dall'art. 1129, comma 13, c.c. e questo rappresenterebbe un ulteriore punto di tutela dei condomini.

Con il secondo provvedimento (App. Bari 27 giugno 2019) è stato precisato che non ammettere la revoca giudiziale dell'amministratore in prorogatio farebbe “venire meno la possibilità di qualsiasi controllo giudiziale sul suo operato, a discapito delle minoranze dell'assemblea condominiale o di singoli condomini dissenzienti, la cui tutela dovrebbe essere il perno della disciplina legislativa inerente alla funzione assembleare”. Seguendo tale orientamento, pertanto, assumerebbe rilevanza il dato letterale dell'art. 1129, comma 8, c.c. secondo il quale l'amministratore cessato dalla carica prosegue, senza diritto al compenso, nell'espletamento delle attività urgenti per evitare pregiudizi ai condomini.

Aldilà della obiettiva genericità della norma, dalla quale si ricava che l'amministratore “decaduto” non si può più occupare di attività ordinaria o straordinaria, resta il dubbio di comprendere quali siano le attività urgenti e, soprattutto, chi sia legittimato a qualificarle tali. Ciò posto, se il legislatore ha conferito all'amministratore il potere/dovere di proseguire in una gestione momentanea e caratterizzabile dalla improrogabilità della situazione, la logica conseguenza dovrebbe essere quella di consentire ai condomini di ricorrere all'autorità giudiziaria per chiederne la revoca nel caso in cui, a fronte di un'obiettiva urgenza, l'amministratore in proroga abbia violato il dettato dell'art. 1129 citato.

A ben vedere, quindi, le varie posizioni che emergono dalle decisioni qui richiamate, che rappresentano solo una piccola parte degli opposti orientamenti, presentano argomentazioni valide per entrambe le soluzioni, ma alimentano incertezze che dovrebbero essere risolte per dare una risposta interpretativa univoca.

Riferimenti

Bordolli, Revocare l'amministratore in prorogatio imperii è possibile?, in Condominioweb.com, 20 luglio 2022;

Zicconi, La revoca assembleare e giudiziaria dell'amministratore di condominio, in Altalex.com, 14 giugno 2022;

Tarantino, Revoca giudiziale dell'amministratore in prorogatio: contrapposti orientamenti di un problema sempre più attuale, in IUS Condominio e locazione, 11 agosto 2021.