Le pronunce della Suprema Corte in commento contribuiscono a chiarire che, per quanto attiene da un lato al tema del computo degli interessi dell’obbligazione pecuniaria, dall’altro alla determinazione del giudice competente, si applicano pianamente, anche alla prestazione professionale dell’avvocato, le regole del diritto comune e del consumatore.
Massime
Cass. 27 maggio 2024 n. 14755
Nel caso di richiesta avente ad oggetto il pagamento di compensi per prestazioni professionali rese dall'esercente la professione forense, gli interessi di cui all'art. 1224 c.c. competono a far data dalla messa in mora, coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento, e non anche dalla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice. Dalla mora conseguente all'inadempimento del cliente discende, quindi, la corresponsione degli interessi nella misura legale, salvo che l'avvocato creditore dimostri il maggior danno ai sensi dell'art. 1224 c. 2 c.c., il quale, può, peraltro, ritenersi esistente in via presuntiva, sempre che il creditore alleghi che, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali.
Cass. SU 3 giugno 2024 n. 15364
Qualora un consumatore, convenuto in giudizio da un professionista, si sia costituito in giudizio ed abbia eccepito tempestivamente la carenza di giurisdizione del giudice adito invocando la sua qualità di consumatore ed il suo domicilio in altro Stato membro, non è necessario che egli deduca espressamente ed immediatamente nelle sue difese l’eccezione relativa al fatto “che le attività del professionista siano dirette, con qualsiasi mezzo, presso lo Stato del suo domicilio” di cui all’art. 17 c. 1 lett. c Reg. UE 1215/2012, dovendo il giudice esaminare la propria competenza internazionale in base agli elementi di prova risultanti oggettivamente dal fascicolo, ivi incluse le prove costituende, che devono essere ammesse, onde assicurare una verifica circa la ricorrenza degli elementi che fondano la competenza in favore della giurisdizione del luogo di domicilio del consumatore.
I casi
Cass. 27 maggio 2024 n. 14755
La vicenda prendeva avvio dalla domanda di pagamento, proposta da un avvocato, per prestazioni professionali rese nei confronti di un cliente.
Il legale non riceveva soddisfazione né in primo grado, né in sede di gravame.
Perciò, affidava alla Cassazione la tutela delle proprie pretese.
Fra i sei motivi di doglianza aveva parziale fortuna il sesto, che coinvolgeva il tema del momento a partire dal quale computare il decorrere degli interessi.
Nei gradi precedenti del giudizio, infatti, il ricorrente aveva richiesto in primo grado la liquidazione degli interessi legali e la rivalutazione monetaria a decorrere dalla data della revoca degli incarichi o, come minimo, dalla data di notifica della domanda giudiziale.
Il Giudice di prime cure si era limitato a riconoscere gli interessi legali facendoli decorrere dalla data della sentenza di primo grado; il ricorrente non aveva miglior fortuna in grado di appello.
Cass. SU 3 giugno 2024 n. 15364
Due avvocati convenivano una loro cliente per il pagamento del compenso professionale.
In sede di prime cure il Tribunale bolzanino riconosceva la giurisdizione – nonostante la linea difensiva della convenuta la reputasse insussistente – e la condannava al pagamento degli onorari.
In secondo grado, la Corte d’Appello della medesima città respingeva il gravame proposto dalla cliente; la vicenda passava dunque alla Cassazione a Sezioni unite.
La questione
Per quanto attiene alla prima pronuncia (Cass. 14755/2024) la questione giuridica portata all’attenzione dei giudici consiste nella determinazione del giorno da cui calcolare la decorrenza degli interessi di cui all’art. 1224 c.c. e nella distribuzione dell’onere della prova sul maggior danno.
Per quanto riguarda, invece, la seconda pronuncia (Cass. SU 15364/2024) la questione di diritto sottoposta alla Cassazione consiste nella possibilità per il giudice di valutare in autonomia se le attività di un professionista siano dirette verso un altro Stato membro, anche se il consumatore abbia omesso di dedurlo tempestivamente.
Le soluzioni giuridiche
La prestazione d'opera intellettuale dell'avvocato continua a scontare, come minimo, la distribuzione dell'assetto normativo applicabile fra tre fonti.
Oltre al codice civile, infatti, si annoverano la legge professionale forense, titolata “Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense”, L. 247/2012 e il codice deontologico forense.
Essendo impossibile a queste tre fonti fornire una disciplina organica di ogni possibile evenienza afferente al rapporto professionale con l'avvocato, due recenti sentenze, ad ora inedite, riportano l'attenzione su altrettante problematiche:
il computo degli interessi (Cass. 27 maggio 2024 n. 14755);
il diritto applicabile (Cass. SU 3 giugno 2024 n. 15364).
Con riferimento alle problematiche esposte nella prima pronuncia, l'avvocato ricorrente trovava riconoscimento della propria pretesa, poiché la Corte di legittimità reputava di dare piena applicazione all'art. 1224 c.c.: nel caso di specie, il dies a quo per il computo degli interessi coincide col momento della domanda, non con quello della sentenza.
La sentenza in commento aderisce a Cass. 19 agosto 2022 n. 24973, estesa – non è irrilevante – dal dr. Mauro Criscuolo.
Così recita la massima di questa pronuncia del 2022.
Cass. 19 agosto 2022 n. 24973 - Massima
“Nel caso di richiesta avente ad oggetto il pagamento di compensi per prestazioni professionali rese dall'esercente la professione forense, gli interessi di cui all'art. 1224 c.c. competono a far data dalla messa in mora (coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento), e non anche dalla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice, eventualmente all'esito del procedimento sommario di cui all'art. 14 del D. Lgs. n. 150/2011, non potendosi escludere la mora sol perché la liquidazione sia stata effettuata dal giudice in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dal creditore.”
Già pochi mesi prima, in termini praticamente analoghi, si era pronunciata Cass. 16 marzo 2022 n. 8611, sempre relatore ed estensore dr. Criscuolo.
Questi i termini dell'altro illustre precedente.
Cass. 16 marzo 2022 n. 8611 - Massima
“Nel caso di richiesta avente ad oggetto il pagamento di compensi per prestazioni professionali rese dall'esercente la professione forense, gli interessi di cui all'art. 1224 c.c. competono a far data dalla messa in mora, coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento, e non anche dalla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice, eventualmente all'esito del procedimento sommario di cui all'art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, non potendosi escludere la mora sol perché la liquidazione sia stata effettuata dal giudice in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dal creditore.”
In tema di maggior danno, dal canto suo, si è menzionato in precedenza che il sesto motivo di doglianza ha avuto fortuna solo parziale: da un lato l'avvocato ricorrente si è visto riconoscere un criterio a lui più favorevole per il computo degli interessi moratori, dall'altro non è stato reputato raggiunto lo standard probatorio a lui favorevole in tema di dimostrazione del maggior danno.
Pur concretamente mancando la prova nel caso di specie, giova comunque valutare il problema delle regole applicabili per la dimostrazione del maggior danno. La sentenza in commento cita Cass. 30 luglio 2019 n. 20547.
Cass. 30 luglio 2019 n. 20547 - Massima
“Il credito dell'avvocato per il pagamento dei compensi professionali costituisce un credito di valuta (che non si trasforma in credito di valore per effetto dell'inadempimento del cliente) soggetto al principio nominalistico, la cui rivalutazione monetaria non può essere automaticamente riconosciuta, dovendo essere adeguatamente dimostrato il pregiudizio patrimoniale risentito a causa del ritardato pagamento del credito, senza che possa trovare applicazione la disciplina dell'art. 429 c.p.c. Dalla mora conseguente all'inadempimento del cliente discende, quindi, la corresponsione degli interessi nella misura legale, salvo che l'avvocato creditore dimostri il maggior danno ai sensi dell'art. 1224, comma 2, c.c., il quale, può, peraltro, ritenersi esistente in via presuntiva, sempre che il creditore alleghi che, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali.”
Con riferimento alla seconda pronuncia, dopo due concordi gradi di giurisdizione di merito, in Cassazione la cliente si vedeva dare ragione. Il secondo motivo di ricorso era stato assorbito nel primo e il Supremo Consesso dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice italiano, a tutto vantaggio della cliente.
Cass. SU 3 giugno 2024 n. 15364 - Massima
“Qualora un consumatore, convenuto in giudizio da un professionista, si sia costituito in giudizio ed abbia eccepito tempestivamente la carenza di giurisdizione del giudice adito invocando la sua qualità di consumatore ed il suo domicilio in altro Stato membro, non è necessario che egli deduca espressamente ed immediatamente nelle sue difese l'eccezione relativa al fatto “che le attività del professionista siano dirette, con qualsiasi mezzo, presso lo Stato del suo domicilio” di cui all'art. 17 comma 1 lett. c) Reg. UE 1215/2012, dovendo il giudice esaminare la propria competenza internazionale in base agli elementi di prova risultanti oggettivamente dal fascicolo, ivi incluse le prove costituende, che devono essere ammesse, onde assicurare una verifica circa la ricorrenza degli elementi che fondano la competenza in favore della giurisdizione del luogo di domicilio del consumatore.”
Osservazioni
Con riferimento alla prima pronuncia, la soluzione per cui ha optato il Supremo Consesso ha, come minimo, due meriti:
il primo, citato in queste stesse massime, è evitare che il debitore possa mantenere un atteggiamento attendista;
il secondo, di valenza ordinamentale, è la coerente applicazione dei principi generali in tema di obbligazioni pecuniarie e mora debendi.
Altrimenti, il debitore potrebbe indulgere in condotte di free-riding, attendendo la sentenza e godendo della garanzia che, come minimo, nulla deve in relazione all'intervallo di tempo fra domanda e pronuncia.
In tema, invece, di maggior danno - si noti, mancano precedenti in termini - all'avvocato è proposto uno strumento presuntivo piuttosto semplice, ossia la dimostrazione della superiorità del rendimento dei titoli di Stato rispetto al saggio degli interessi legali.
In mancanza di ulteriori informazioni, sembra di inferire che il legale, nel caso di specie, non se ne sia avvalso e a questo presunto errore difensivo viene imputata la negazione della maggiore tutela.
Con riferimento alla seconda pronuncia, non constano precedenti di Cassazione italiana sull'art. 17 Reg. UE 1215/2012 ma il riferimento – operato dallo stesso massimo Consesso italiano - è a C-177/22 (Wurth).
Chiaramente la pronuncia in esame alleggerisce la posizione del consumatore, esonerandolo dal dimostrare che le attività del professionista sono dirette allo Stato membro in cui si trova il domicilio.
Al contrario, spetta al giudice, in via officiosa, valutare globalmente la propria competenza internazionale.
Nel caso di specie, le pagine web relative ai due legali (bolzanini) dimostravano evidenti indizi di direzione all'estero della propria attività, fra cui esemplificativamente l'indicazione del codice di avviamento postale in formato internazionale e del numero telefonico completo di prefisso internazionale.
Su temi simili si vedano anche Cass. SU 4 marzo 2021 n. 6001.
Cass. SU 4 marzo 2021 n. 6001 - Massima
“Ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 206 del 2005, nei rapporti tra avvocato e cliente quest'ultimo riveste la qualità di consumatore, ma ciò non comporta, ai fini dell'individuazione del giudice al quale spetta la giurisdizione sulle relative controversie, l'automatica applicabilità della regola contenuta nell'art. 16 della Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007 (che individua il giudice della causa promossa contro il consumatore, in quello dello Stato in cui il consumatore è domiciliato), atteso che il precedente art. 15 distingue tra contratti con consumatori che ricadono "sic e simpliciter" nell'ambito di applicazione della convenzione (vendita a rate di beni mobili o prestiti connessi con finanziamenti per tali vendite) e contratti con consumatori per i quali è richiesto che il professionista svolga la sua attività nello Stato vincolato in cui è domiciliato il consumatore oppure che tale attività sia diretta, con qualsiasi mezzo, verso di esso, vale a dire che sia offerta alla potenziale clientela di quello Stato; pertanto, nell'ipotesi in cui non sia dedotto che l'avvocato è abilitato all'esercizio della professione nello Stato vincolato ove il cliente ha il proprio domicilio, non potendosi ritenere che egli svolga in quello Stato la sua attività o che verso di esso intenda dirigerla, residua l'applicabilità delle regole generali di cui agli artt. 2 e 5 della citata Convenzione, in base alle quali, ferma la competenza giurisdizionale del giudice dello Stato vincolato in cui la persona convenuta è domiciliata, colui che agisce nella materia contrattuale ha la facoltà di citare il convenuto anche davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita.”
In termini simili, anche Cass. 25 ottobre 2023 n. 29575
Cass. 25 ottobre 2023 n. 29575 - Massima
“La controversia avente ad oggetto la liquidazione degli onorari per l'attività di patrocinio legale, prestata nell'ambito di un giudizio svoltosi dinanzi ad un ufficio giudiziario italiano, rientra nella giurisdizione del giudice italiano, poiché, alla stregua dei criteri stabiliti dall'art. 7 del reg. (UE) n. 1215 del 2012 per le controversie in materia contrattuale, il luogo di esecuzione dell'obbligazione dedotta in giudizio si identifica con quello in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto.”
Il portato di queste pronunce è soddisfacente per l'interprete anche da un punto di vista di analisi economica del diritto, perché impone al professionista, vuoi in forma unipersonale vuoi in forma societaria, che sceglie di dirigere le proprie attività all'estero (per esempio, compilando il proprio sito web come se la maggior parte dei lettori provengano da un ordinamento differente) di assumersi le conseguenze, in particolare di accettare che le eventuali controversie siano radicate in un foro più vicino ai consumatori che a sé.
Successiva alla pronuncia in commento in questa sede, che ne delimita il campo di applicazione in modo condivisibile, è Cass. SU 2 luglio 2024 n. 18092.
Cass. SU 2 luglio 2024 n. 18092 - Massima
“In tema di contratti conclusi dal consumatore (nella specie, di mediazione immobiliare), l'inserimento dell'offerta di vendita del bene - in lingua inglese, su un sito internet accessibile in tutti gli Stati dell'Unione europea - non qualifica l'attività del mediatore come diretta verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore ai sensi dell'art. 17, comma 1, lett. c), del Regolamento UE n. 1215 del 2012 (con conseguente giurisdizione esclusiva del "forum consumatoris" ex art. 18 del citato Regolamento), perché - secondo l'interpretazione della menzionata disposizione data dalla sentenza della CGUE del 7 dicembre 2010, in cause riunite C-585/08 e C-144/09 - a tale fine è necessario l'utilizzo di forme di comunicazione o di pubblicità intenzionalmente indirizzate, con impiego di risorse finanziarie, a svolgere l'attività in un paese diverso da quello del professionista stesso, mentre deve escludersi la predetta ipotesi normativa in caso di mero svolgimento dell'attività a mezzo internet, per sua natura accessibile in tutti i paesi indipendentemente dalla volontà di rivolgersi a consumatori di altri Stati. (Nella fattispecie, in relazione ad un contratto di mediazione stipulato in Italia e riguardante un immobile ivi situato, la S.C. ha confermato la giurisdizione del giudice italiano, affermando che non costituiva attività del mediatore diretta verso l'Austria - Stato in cui era domiciliato il consumatore - la pubblicazione su un sito internet dell'avviso di vendita, nemmeno in ragione dell'uso della lingua inglese, la più diffusa in ambito internazionale e non principale idioma di detto paese).”