La nozione di strumento scientifico ai fini dell’inclusione nella franchigia doganale
12 Novembre 2024
Massima L'articolo 46, lettera a), del regolamento n. 1186/2009/CE , relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali, deve essere interpretato nel senso che etichette rivestite di materia plastica o realizzate con astine di polietilene e che, in base alla loro progettazione tecnica e al loro funzionamento, servono, in quanto tali, da strumento di ricerca scientifica, essendo applicate a pesci vivi per monitorarne la migrazione e la crescita, non rientrano nella nozione di «strumenti scientifici», ai sensi di tale disposizione. Il caso Un istituto scientifico lettone per la sicurezza alimentare, la salute animale e l'ambiente, dichiarava ai fini dell'immissione in libera pratica nel territorio doganale UE alcune merci, quali marcatori di materia plastica a scopi di ricerca per le specie alieutiche, assegnando alle stesse un determinato codice della Nomenclatura Combinata delle merci (NC), indicando contemporaneamente il codice addizionale C13 (oggetti a carattere educativo, scientifico o culturale; strumenti e apparecchi scientifici, importati esclusivamente per scopi non commerciali) in relazione a tali merci. Oggetto di discussione erano alcune etichette per la ricerca sulle specie marine, oggetto di attività di pesca, rivestite di materia plastica o realizzate con fascette di polietilene e destinate alla loro marcatura, al fine di monitorarne la migrazione e la crescita. Tali etichette venivano importate per scopi non commerciali, al fine della raccolta dei dati informativi per tali attività di ricerca. Di conseguenza veniva applicata alle merci l'aliquota ordinaria daziaria pari allo 0%, per via della franchigia all'importazione prevista in relazione agli artt. 42 e ss. del Reg. UE 1186/2009 relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali. Ciò sulla base della considerazione, da parte dell'importatore, che le merci oggetto di immissione in libera pratica in UE rientrassero nella nozione unionale di “strumenti” o “apparecchi” e che potessero essere definiti “scientifici” ai sensi della norma citata. Con successiva rettifica della Dogana, venivano accertati a carico dell'importatore dazi doganali unitamente all'IVA ed alle conseguenti sanzioni per ritardato pagamento. Nello specifico, l'importatore riteneva applicabile la franchigia daziaria, assegnando alle merci il codice TARIC 3926 90 92 90, oltre al codice addizionale C13 su richiamato, mentre i verificatori applicavano il differente codice TARIC 3926 90 97 90, che prevedeva un'aliquota di dazi all'importazione pari al 6,5%. La Dogana argomentava il recupero sulla base degli artt. 44 e 46, lett. a), del Reg. 1186/2009 (inserito nel Capo XI, titolato “Oggetti a carattere educativo, scientifico o culturale, strumenti e apparecchi scientifici”). Per effetto del primo, sono ammessi in franchigia dai dazi all'importazione gli strumenti e gli apparecchi scientifici, importati esclusivamente per scopi non commerciali, destinati: a) agli istituti pubblici o di pubblica utilità aventi come attività principale l'insegnamento o la ricerca scientifica; b) agli istituti privati aventi come attività principale l'insegnamento o la ricerca scientifica, autorizzati dalle autorità competenti degli Stati membri a ricevere tali oggetti in franchigia. La nozione di strumento o apparecchio scientifico è contenuta invece nella lett. a) dell'art. 46, secondo il quale “si intende uno strumento o un apparecchio che, per le sue caratteristiche tecniche oggettive e i risultati che consente di ottenere, è esclusivamente o principalmente atto allo svolgimento di attività scientifiche”. Nel seguente ricorso innanzi alla Cassazione (quale giudice del rinvio), la Dogana contestava la lettura del giudice di merito in ordine alla qualificazione della merce importata, per avere questo dilatato erroneamente la nozione di “strumento scientifico” (e quindi la portata della franchigia dai dazi), ricomprendendo al suo interno anche le “etichette” in discussione, usate per rilievi meramente informativi. Ci si doleva del fatto che per quanto i marcatori (o etichette) per specie alieutiche potessero essere considerati un oggetto scientifico, un accessorio, o altro (aventi “rilievo meramente informativo”), di contro non possedevano le caratteristiche di uno “strumento”, come definito dalla norma UE, discrimine che ha poi trovato conferma nella lettura della Corte UE. La questione Oggetto della questione è verificare se tali etichette possano o meno rientrare nella nozione di “strumento o apparecchio scientifico”, ai sensi dell'art. 46, lett. a), del Reg. 1186/2009. La vicenda ruota intorno alla corretta interpretazione, da un lato, degli artt. 46, lett. a), del Reg. CE 1186/2009 e 5 del suo Reg. di esecuzione 1225/2011 (che determina le disposizioni di applicazione degli artt. da 42 a 52, 57 e 58 del Reg. 1186/2009) e, dall'altro, delle sottovoci tariffarie 3926 90 92 90 e 3926 90 97 90 della NC di cui all'allegato I del Reg. CEE 2658/87 (nella versione vigente ratione temporis), relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune. A tali fini è necessaria l'interpretazione ed applicazione dalla Classificazione delle merci (elemento dell'accertamento doganale), quale strumento per rappresentare, mediante una sequenza numerica, la descrizione merceologica di una merce ai fini della successiva applicazione della Tariffa doganale unionale con cui si attribuisce l'aliquota daziaria. La CEE individuò la propria tariffa doganale comune con il Reg. 2658/87 citato, sviluppato sulla base della Convenzione internazionale sul sistema armonizzato di designazione e di codificazione delle merci del 14 giugno 1983 (la Convenzione SA adottata dal Consiglio di cooperazione doganale, attuale OMD), il quale “risponde nel contempo alle esigenze della tariffa doganale comune, delle statistiche del commercio estero della Comunità e di altre politiche comunitarie relative all'importazione o all'esportazione di merci” (v. art. 1). La Convenzione SA, la cui adozione da parte dei firmatari obbliga questi a conformare la propria nomenclatura a quella pattizia, definisce la nomenclatura armonizzata delle merci con un codice a sei cifre, comprendente le voci, le sottovoci ed i relativi codici numerici, le note di sezioni, di capitoli e di sottovoci, le regole generali per l'interpretazione del SA, unitamente alle note interpretative. Quanto al merito, il giudice del rinvio richiamava alcuni precedenti della Corte, intervenuti nella vigenza del Reg. 1798/75 (abrogato e sostituito dal Reg. 918/83, a sua volta sostituito dall'attuale Reg. 1186/2009) laddove si evidenziava che per “caratteristiche tecniche oggettive” (v. lett. a) art. 46 cit.) di uno “strumento si intendono quelle che, risultanti dalla fabbricazione di tale strumento o dagli adattamenti che ad esso sono stati apportati rispetto ad uno strumento di tipo corrente, gli consentono di realizzare prestazioni superiori a quelle normalmente richieste per usi industriali o commerciali” (v. C-203/85, p. 21, nonché art. 5 del Reg. 1225/2011). Da un'ulteriore giurisprudenza della Corte emergerebbe, inoltre, che per poter sostenere che lo strumento o apparecchio è “esclusivamente o principalmente atto allo svolgimento di attività scientifiche”, questo dovrebbe essere “prima di tutto adatto allo svolgimento di attività scientifiche”, senza che tale caratteristica venga meno a motivo che l'utensile sia anche, “ancorché in modo secondario, idoneo ad altri scopi, come lo sfruttamento industriale” (rich. C-72/77, p. 15; C-234/83, p. 27; C-13/84, p. 16; C-300/82, p. 15; C-45/83, p. 11, 12 e 14). Da ultimo il giudice del rinvio osservava, condivisibilmente, che si sarebbe potuto porre un problema relativo al significato abituale nel linguaggio corrente dei termini “apparecchio” e “strumento”, dati i loro significati differenti nelle lingue tedesca, inglese, francese e lettone, alla luce dell'assenza di una definizione unionale della nozione di tali termini, nonché della correlata necessità di fornire una lettura uniforme di questi a livello unionale. Il termine “apparecchio” potrebbe essere definito come un dispositivo tecnico, un utensile o un'attrezzatura che svolge una funzione o piuttosto come un insieme di elementi tecnici, di utensili o di parti di attrezzatura che svolge una siffatta funzione. Dall'altro, il termine “strumento” potrebbe essere interpretato in modo estensivo in quanto utensile o mezzo che può essere utilizzato per svolgere un lavoro o un compito specifico, o in modo restrittivo imponendo l'ulteriore requisito che tale utensile o tale mezzo deve servire a svolgere operazioni concrete normalmente eseguite con strumenti. Le soluzioni giuridiche In primo luogo la Corte indaga sulla possibilità di qualificare le etichette quali “strumenti” o “apparecchi” ai sensi dell'art. 46 del regolamento, a fronte dell'assenza di una nozione “dedicata” nel Reg. 1186/2009 e nel suo Reg. di esecuzione 1225/2011 e della mancanza di un rinvio in tal senso al diritto nazionale. Quanto al Reg. 1225/2011, il suo art. 5 dispone che le “caratteristiche tecniche oggettive” di uno strumento o apparecchio scientifico sono quelle risultanti dalla fabbricazione di tale strumento o apparecchio o dagli adattamenti ad esso apportati, che “gli consentono di realizzare prestazioni di alto livello, superiori a quelle normalmente richieste per usi industriali o commerciali”. In assenza, occorre accertare l'uso dello strumento o apparecchio di cui è chiesta l'importazione in franchigia, qualificandolo a carattere scientifico “se da tale verifica risulta che detto strumento o apparecchio è utilizzato per scopi scientifici”. Al riguardo, per giurisprudenza costante della Corte, la determinazione del significato e della portata dei termini per i quali il diritto dell'Unione non fornisce alcuna definizione e non effettua alcun rinvio al diritto degli Stati membri, va operata conformemente al loro senso abituale nel linguaggio comune, tenendo conto del contesto nel quale vengono utilizzati e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essi fanno parte (v. in sentenza p. 40, nonché tra i tanti C‑649/22, p. 41; C-788/21, p. 46; C‑218/21 p. 29; C‑656/19, p. 42; C‑182/19, p. 48; C‑716/18, p. 30; C‑471/17, p. 39; C‑34/10, p. 31). Così, ad esempio, in C-182/19, si discuteva circa la corretta classificazione doganale di alcuni presidi medici, importati nel Regno Unito, rappresentati da cerotti monouso applicabili su varie parti del corpo e che producono calore, utilizzati ai fini di termoterapia terapeutica per apportare benefici quali l'analgesia, la riduzione della rigidità muscolare e la facilitazione della guarigione dei tessuti danneggiati. A tali fini la Corte, richiamando alcuni precedenti in argomento (v. C‑547/13, p. 51 e 52 nonché C-37/82, p. 11), ricordava che “per accertare se un prodotto sia destinato a fini medici, si deve tener conto di tutti gli elementi pertinenti della fattispecie, nella misura in cui si tratti di caratteristiche e proprietà oggettive inerenti a tale prodotto. Tra gli elementi pertinenti, si devono valutare l'uso cui il prodotto considerato è destinato dal fabbricante, nonché le modalità e il luogo di utilizzazione di quest'ultimo”, verificando in particolare che il prodotto interessato sia concepito “specificamente per essere usato a tali fini”. Lì la Corte concludeva nel senso di dichiarare l'invalidità del regolamento di esecuzionedella Commissione relativo alla classificazione di tali merci nella NC, affermando che, nella misura in cui l'aggettivo “medico” si riferisce al termine “medicina” e quest'ultimo può generalmente essere inteso come la scienza della prevenzione, della rilevazione e del trattamento delle malattie o delle lesioni, si deve ritenere che un prodotto concepito specificamente per prevenire, individuare o trattare malattie o lesioni, riguardi “usi medici”, ai sensi della voce della NC lì in discussione. Da tali premesse la Corte, in C-344/23, argomenta nel senso che, secondo il suo significato abituale nel linguaggio corrente, la nozione di “apparecchio” dovrebbe essere intesa come un “assemblaggio di pezzidestinati a funzionare insieme o un insieme di elementi tecnici organizzati in un insieme più completo di un utensile e che ha una funzione”. Di qui la naturale esclusione delle etichette da tale nozione. Osservazioni Riguardo, invece, la nozione di “strumento”, dato che questo designa a sua volta “un utensile o un manufatto che consente di eseguire un'operazione o un lavoro”, l'ampiezza della sua nozione sarebbe tale da poter comprendere le etichette in discussione, quali “utensili o manufatti che servono a marcare pesci vivi”. Allo stesso tempo, però, vi è la necessità di interpretare “restrittivamente” i termini utilizzati per designare le esenzioni, data la loro funzione di deroga al principio generale di tassazione per ogni cessione di beni e prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo (v. C‑250/11, p. 35 nonché C-540/09, p. 20). Di qui, richiamando dei precedenti nei quali si analizzava la possibile interpretazione estensiva della nozione di oggetti di carattere scientifico, aventi “una funzione essenziale come strumento indispensabile per giungere a taluni risultati nel campo della ricerca scientifica a lungo termine” (v. C-300/82, p. 7), la Corte ha concluso, in maniera che si ritiene poco convincente, dichiarando che la nozione di “strumento scientifico” vada interpretata nel senso di includere esclusivamente quel materiale che serve non già come oggetto, bensì come strumento di ricerca scientifica. Tale dissociazione semantica tra “oggetto” e “strumento” sembra qui reggersi sull'inclusione della merce importata, nella nozione in oggetto, solo qualora “la ricerca viene svolta per mezzo di tale materiale, in modo che il ruolo di detto materiale nell'ambito del processo di ricerca non sia puramente passivo” (v. p. 46 in sentenza, che rich. C-300/82, p. 15, nonché C-45/83, p. 11). La Corte, poi, conclude evidenziando che per poter essere definite “strumenti scientifici”, le etichette, date le loro caratteristiche tecniche oggettive richiamate dall'art 5 su citato, “dovrebbero essere esclusivamente o principalmente atte allo svolgimento di attività scientifiche”. Tale aspetto è stato ritenuto assente, a motivo della loro inutilizzabilità di fatto per “prestazioni di alto livello superiori a quelle richieste per usi industriali o commerciali”, quanto piuttosto utile solo per un loro “uso appropriato anche nell'ambito dell'acquacoltura o della pesca sportiva, a fini industriali o commerciali”. |