Responsabilità civile
RIDARE

La messa in mora non è necessaria per l’esercizio dell’azione di risoluzione

02 Gennaio 2025

La costituzione in mora del debitore è un atto formale mediante il quale il creditore intima al debitore di adempiere la propria obbligazione. Si tratta di uno strumento giuridico importante per tutelare i diritti del creditore in caso di inadempimento del debitore. Tuttavia, non è un requisito indispensabile per la risoluzione del contratto. 

Massima

La formale costituzione in mora del debitore è prescritta dalla legge per determinati effetti, tra cui preminente è quello dell'attribuzione al debitore medesimo del rischio della sopravvenuta impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile, ma non già al fine della risoluzione del contratto per inadempimento, essendo sufficiente per ciò il fatto obiettivo dell'inadempimento di non scarsa importanza.

Il caso

A seguito dell'instaurazione di un procedimento di sfratto per morosità relativo ad una locazione di immobile commerciale, il Tribunale adito lo dichiarava inammissibile, condannando la parte locatrice al pagamento delle spese giudiziali.

La Corte di appello, decidendo sul gravame formulato dalla parte soccombente, riformava la pronuncia di primo grado e, accertato l'inadempimento della parte conduttrice, dichiarava la risoluzione del contratto per colpa di quest'ultima, la quale veniva condannata al rilascio dell'immobile e alla rifusione, in via prevalente, delle spese processuali di entrambi i gradi.

L'appellata avanzava ricorso per cassazione sulla base di otto motivi, tra cui – in particolare – quello denunciante la “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione all'art. 1219 c.c.”, deducendo l'illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui aveva dichiarato la risoluzione del contratto di locazione di essa conduttrice (in ordine all'apertura o voltura dell'utenza idrica), senza che la locatrice l'avesse preventivamente messa in mora, con apposito atto di costituzione.

La Corte di cassazione, con la segnalata ordinanza, rigettava questa censura, come, del resto, tutti gli altri motivi di ricorso.     

La questione

L’aspetto controverso involto dal richiamato ottavo motivo riguardava la valutazione sulla necessità o meno della preventiva costituzione in mora della conduttrice inadempiente ai fini della declaratoria di risoluzione del contratto.

La soluzione giuridica

La Corte di cassazione, in linea con l'orientamento precedente pressoché consolidato della stessa giurisprudenza di legittimità, ha risposto in senso negativo, negando, cioè, sul piano generale che sia indispensabile – ai fini della risoluzione (essendo sufficiente, in sé, che sia venuto a verificarsi il fatto obiettivo dell'inadempimento di non scarsa importanza) – un'antecedente intimazione o richiesta per iscritto come prevista dall'art. 1219 c. 1 c.c.

Nella specie, pertanto, la Corte di appello aveva correttamente accolto la domanda di risoluzione per inadempimento prescindendosi dal fatto che l'appellante (originaria attrice) non avesse provveduto a mettere in mora la convenuta-intimata, dovendo solo verificare se, in relazione alla natura del rapporto ed alle finalità avute di mira dalle parti, l'inadempimento della conduttrice dovesse o meno considerarsi di non scarsa importanza.

Osservazioni

Con la pronuncia in esame, la Corte di legittimità ha, quindi, ribadito il principio alla stregua del quale la formale costituzione in mora del debitore è prescritta dalla legge per determinati effetti, tra cui preminente è quello dell'attribuzione al debitore medesimo del rischio della sopravvenuta impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile, ma non già al fine della risoluzione del contratto per inadempimento, essendo sufficiente per ciò il fatto obiettivo dell'inadempimento di non scarsa importanza.

E' pacifico che, a questo fine, il giudice, per valutarne la gravità dell'inadempimento, deve tener conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l'alterazione dell'equilibrio contrattuale.

E' opportuno anche evidenziare che, in materia di contratti a prestazioni corrispettive, l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. opera su un piano differente dal criterio dell'importanza dell'inadempimento rilevante ex art. 1455 c.c. ai fini della risoluzione del contratto, atteso che la prima involge una valutazione di confronto tra i due inadempimenti mentre l'art. 1455 c.c. importa la oggettiva considerazione del singolo inadempimento, apprezzato non comparatisticamente ma nel suo significato di impedimento alla realizzazione del sinallagma.

In modo ancora più specifico, va affermato che la formale costituzione in mora del debitore deve ritenersi prescritta dalla legge soltanto per la produzione di determinati effetti (perpetuatio obligationis, decorrenza di interessi moratori, responsabilità per danni, interruzione della prescrizione), ma non come necessario presupposto dell'inadempimento (ovvero per la configurazione in concreto dello stesso), il quale, prescindendo dalla mora debendi, sorge e rileva di per sé.

Occorre, tuttavia, precisare che – fermo il detto principio secondo cui la costituzione in mora di regola non è necessaria ai fini della risoluzione per inadempimento – fa eccezione a tale regola generale l'ipotesi in cui  la risoluzione si basi sulla mora in senso stretto, cioè su di un inadempimento non definitivo relativo ad una prestazione da eseguire al domicilio del debitore; in tali casi la mancata costituzione in mora prima del giudizio di risoluzione non impedisce l'esecuzione della prestazione, in deroga al principio generale dettato dall'art. 1453 u.c. c.c. (cfr., ad es., Cass. 18 giugno 2018 n. 15993, con la quale la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in un giudizio instaurato da un professionista per il pagamento dell'onorario, aveva ritenuto sufficiente l'eccezione di inadempimento della cliente in mancanza della costituzione in mora e di una dichiarazione scritta del debitore di non volere adempiere, trattandosi di una prestazione da eseguire al domicilio del debitore).

Si è meglio puntualizzato che, al fine della risoluzione del contratto a norma del citato art. 1453 c.c., la costituzione in mora della parte inadempiente, mentre può essere necessaria, in presenza di un inadempimento temporaneo, per escludere una presunzione di tolleranza della controparte a fronte dell'inosservanza di un termine non essenziale, non è richiesta nel caso di inadempimento di tipo definitivo (salva la sua rilevanza al diverso scopo, oltre che del risarcimento del danno, dell'assunzione del rischio per la sopravvenuta impossibilità della prestazione, ai sensi dell'art. 1221 c.c.).

Nella giurisprudenza di legittimità è stato anche specificato che, in caso di azione di recesso ai sensi dell'art. 1385 c.c., non è necessaria la formale costituzione in mora del debitore, la quale è prescritta dalla legge per l'effetto preminente dell'attribuzione al debitore medesimo del rischio riguardante la sopravvenuta impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile, basandosi, viceversa, l'azione menzionata sulla sola obiettiva esistenza dell'inadempimento di non scarsa importanza di una delle parti (v. Cass. 12 ottobre 2012 n. 17489).

E' interessante anche sottolineare che, in tema di interpretazione di un atto di costituzione in mora (laddove necessario), la sua natura di atto giuridico in senso stretto (nonché recettizio) non consente l'applicabilità diretta ed immediata dei principi sui vizi del volere e della capacità dettati in tema di atti negoziali, ma legittima il ricorso, in via analogica, alle regole di ermeneutica, in quanto compatibili, degli atti negoziali stessi, con la conseguenza che tale attività interpretativa si traduce in un'indagine di fatto istituzionalmente affidata al giudice di merito, censurabile in sede di legittimità nei soli casi di inadeguatezza della motivazione - tale, cioè, da non consentire la ricostruzione dell' "iter" logico seguito dal giudice per giungere all'attribuzione di un certo contenuto (e di una certa significazione) all'atto in esame - ovvero di inosservanza delle norme ermeneutiche compatibili con gli atti giuridici in senso stretto.

L'atto di costituzione in mora - per sortire gli effetti giuridici che l'ordinamento che gli conferisce - deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, che - sebbene non richieda l'uso di formule solenni né l'osservanza di particolari adempimenti - sia idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora.

Guida all'approfondimento

DOTTRINA

  • Amendolagine V., La valutazione della gravità dell'inadempimento contrattuale tra obbligazioni costitutive del sinallagma ed accessorie, in I Contratti, 2021, 6, 620 e segg.
  • Iorio G., La sorte del contratto di fronte a contrapposte domande di risoluzione per inadempimento, in I Contratti, 2015, 6, 569 e segg.
  • Rende F., Obblighi di informazione e giudizio di gravità dell'inadempimento, in I Contratti, 2014, 5, 457 e segg.
  • Crisi G., La mora debendi nel sistema della responsabilità per inadempimento, in Riv. dir. civ., 2010, n. 1, I, 69 e ss.

GIURISPRUDENZA

  • Cass. 20 luglio 1987 n. 6362
  • Cass. 23 luglio 1991 n. 8199
  • Cass. 23 dicembre 2011 n. 28647.

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