Condominio e locazione

Regolamento condominiale: quando è “titolo contrario” alla presunzione di condominialità?

11 Marzo 2025

Prendendo le mosse dallo scrutinio di una “classica” azione condominiale, volta ad ottenere il risarcimento dei danni causati dalle infiltrazioni provenienti dalla terrazza sovrastante, la Cassazione ha cassato la sentenza impugnata perché, dichiarando il difetto di legittimazione passiva del condominio, aveva ritenuto erroneamente che tale terrazza fosse di proprietà esclusiva del condomino che ne aveva accesso, e ciò sulla base del regolamento condominiale, il quale si limitava a porre le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria delle terrazze a carico del proprietario dell'appartamento di cui costituiva proiezione, senza costituire, però, una vera e propria riserva di proprietà esclusiva in capo a quest'ultimo.

Massima

In tema di condominio negli edifici, la presunzione di condominialità prevista dall'art. 1117 c.c. opera riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, non sono destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari; essa può essere superata soltanto dalle contrarie risultanze dell'atto costitutivo del condominio, purché quest'ultimo contenga elementi tali da escludere, in modo chiaro ed inequivoco, l'alienazione del diritto di condominio.

Il caso

La causa - giunta all'esame del Supremo Collegio - traeva le mosse da un'azione intentata dal condomino Tizio, proprietario dell'appartamento ubicato al sesto piano, nei confronti del Condominio e del condomino Caio, proprietario dell'appartamento sito al settimo piano, lamentando la presenza di infiltrazioni provenienti dalla sovrastante terrazza costituente copertura condominiale, e chiedendo, quindi, accertarsi la responsabilità dei convenuti e la condanna all'eliminazione delle infiltrazioni, oltre al risarcimento dei danni, compresi quelli derivanti dalla mancata utilizzazione dell'immobile.

Il Condominio si era costituito, chiedendo il rigetto della domanda rivolta nei suoi confronti e ponendo a fondamento l'art. 2, lett. c), del regolamento condominiale, che accollava l'onere della manutenzione ordinaria e straordinaria della suddetta terrazza al proprietario dell'appartamento di cui erano proiezione.

Si costituiva, altresì, il condomino Caio, deducendo di aver eliminato le infiltrazioni, eseguendo quanto disposto dal Tribunale in sede di procedimento cautelare.

Il Tribunale adìto aveva accolto, per quanto di ragione, la domanda attorea, condannando i convenuti, in solido tra loro, al risarcimento dei danni nella misura di € 12.400,00.

La Corte d'Appello, in parziale riforma della decisione del giudice di prime cure - per quel che qui rileva - aveva rigettato la domanda proposta dall'attore nei confronti del Condominio, dichiarando la carenza di legittimazione passiva del Condominio medesimo sulla base del citato art. 2, lett. c), del regolamento condominiale il quale, in deroga all'art. 1126 c.c., in tema di ripartizione delle spese di riparazione e manutenzione del lastrico solare, prevedeva che i lastrici solari fossero di proprietà esclusiva dei singoli appartamenti dai quali avevano accesso, sicchè l'onere di manutenzione ordinaria e straordinaria era totalmente a carico dei proprietari dei relativi appartamenti; si aggiungeva che tale regolamento aveva natura contrattuale e, benchè non trascritto, era vincolante in quanto richiamato nei singoli atti di acquisto, per cui le spese di riparazione del lastrico solare dovevano gravare interamente sul condomino Caio e non sul Condominio.

L'originario attore, soccombente nel giudizio di secondo grado riguardo alla declaratoria di cui sopra, proponeva quindi ricorso per cassazione.

La questione

Si trattava di verificare se la Corte territoriale avesse fatto corretta applicazione, al caso concreto, del disposto dell'art. 1117 c.c., avendo accertato, in particolare, la proprietà esclusiva del lastrico solare sulla base del regolamento condominiale, sebbene il regolamento potesse derogare ai criteri di ripartizione delle spese ma non al principio di comproprietà stabilito dall'art. 1117 c.c.

In buona sostanza, il ricorrente rimproverava al giudice distrettuale di aver errato nel dichiarare la carenza di legittimazione passiva del Condominio, per non essere quest'ultimo proprietario del lastrico solare, non potendo la norma regolamentare modificare il regime della proprietà condominiale, con esonero dello stesso Condominio, quale ente gestore dell'edificio condominiale, dall'obbligo di assicurare la manutenzione del bene.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto fondate le doglianze del ricorrente.

Invero, secondo l'insegnamento della magistratura di vertice, in tema di condominio negli edifici, l'individuazione delle parti comuni, come le terrazze di copertura, risultante dall'art. 1117 c.c. può essere superata soltanto dalle opposte risultanze di un determinato titolo e non opera riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari (v., tra le altre, Cass. civ., sez. II, 8 settembre 2021, n. 24189).

L'art. 1117 c.c. non introduce una presunzione di appartenenza comune di determinati beni a tutti i condomini, ma fissa un criterio di attribuzione della proprietà del bene (“sono oggetto di proprietà comune [...]”), che è suscettibile di essere superato mediante la produzione di un titolo che dimostri la proprietà esclusiva di quel bene in capo ad un condomino, o a terzi, oppure attraverso la dimostrazione che, per le sue caratteristiche strutturali, la res sia materialmente asservita a beneficio esclusivo di una o più unità immobiliari.

Con particolare riferimento ai lastrici, si è ritenuto che, qualora non intervenga una volontà derogatoria degli interessati sul regime di appartenenza, i beni e i servizi elencati dall'art. 1117 c.c., in virtù della relazione di accessorietà o di collegamento strumentale con le singole unità immobiliari, sono attribuiti ex lege in proprietà comune per effetto dell'acquisto della proprietà dei piani o porzioni di piano.

Pertanto, il lastrico solare è oggetto di proprietà comune se il contrario non risulta dal titolo, per tale intendendosi gli atti di acquisto delle altre unità immobiliari nonché il regolamento di condominio accettato dai singoli condomini (Cass. civ., sez. II, 8 ottobre 2021, n. 27363; Cass. civ., sez. II, 16 luglio 2004, n. 13279).

Gli ermellini hanno precisato, inoltre, che l'individuazione delle parti comuni, come i lastrici solari, emergente dall'art. 1117 c.c., ed operante con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, non siano destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari, può essere superata soltanto dalle contrarie risultanze dell'atto costitutivo del condominio, ove questo contenga in modo chiaro e inequivoco elementi tali da escludere l'alienazione del diritto di condominio (Cass. civ., sez. II, 6 luglio 2022, n. 21440; Cass. civ., sez. II, 7 aprile 1995, n. 4060).

Sul punto, al fine di escludere la previsione di condominialità di cui all'art. 1117 c.c., si richiede un'espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio (v., ad esempio, in tema di cortili, e, successivamente all'entrata in vigore della l. n. 220/2012, anche con riferimento alle aree destinate a parcheggio, Cass. civ., sez. II, 14 giugno 2019, n. 16070, e Cass. civ., sez. VI/II, 8 marzo 2017, n. 5831, ma la regola vale, ovviamente, anche per gli altri beni indicati nell'art. 1117 c.c.).

In definitiva, il lastrico assolve alla primaria funzione di copertura dell'edificio e rientra, dunque, nel novero delle parti comuni, salva la prova contraria che però - sottolineano i magistrati del Palazzaccio - deve essere “fornita in modo chiaro ed univoco, attraverso un'espressa riserva di proprietà”.

Osservazioni

A ben vedere, la Corte territoriale aveva errato nel trarre la prova della proprietà esclusiva del lastrico solare dall'art. 2, lett. c) del regolamento condominiale, laddove quest'ultimo si limitava a porre le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria delle terrazze a carico del proprietario dell'appartamento di cui costituisce proiezione.

Invece, la prova della proprietà del suddetto lastrico doveva avvenire attraverso un titolo idoneo a dimostrare il superamento della presunzione di condominialità del lastrico solare di cui all'art. 1117 c.c., laddove per “titolo” non si intendeva, evidentemente, il titolo che individua il soggetto destinatario dei costi della manutenzione, ordinaria e straordinaria, della terrazza, ma doveva intendersi l'atto costitutivo dello stesso condominio, ossia il primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare dell'originario proprietario ad altro soggetto, con conseguente frazionamento dell'edificio in più proprietà individuali.

Il suddetto atto, poi, doveva contenere “in modo chiaro ed inequivoco” elementi tali da includere l'alienazione del diritto di condominio, non rilevando, a tal fine, quanto stabilito nel regolamento condominiale, ove non si tratti di regolamento allegato come parte integrante al primo atto d'acquisto trascritto, oppure di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato con il consenso individuale dei singoli condomini e “volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condomini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni” (così Cass. n. 21440/2022, cit.; analogamente, v. anche Cass. n. 27363/2021, cit.; Cass. n. 13279/2004, cit.; Cass. n. 4060/1995, cit.).

Nel caso di specie, peraltro, il giudice distrettuale aveva accertato la proprietà esclusiva del lastrico solare sulla base del regolamento del 1953 depositato presso il notaio, che non era intellegibile, né trascritto nei registri immobiliari; inoltre, il suddetto regolamento, al momento della vendita delle singole proprietà, era stato solo richiamato per relationem, mentre avrebbe dovuto essere allegato come parte integrante al primo atto di acquisto trascritto e contenere in modo chiaro e inequivoco elementi tali da includere l'alienazione del diritto di condominio.

Sembra, dunque, che la presunzione di condominio possa essere vinta non solo dal “titolo contrario” nel senso sopra delineato, ma anche dalla particolare destinazione del bene.

Invero, i medesimi giudici di legittimità - v., tra le altre, Cass. civ., sez. II, 19 gennaio 2015, n. 1680; Cass. civ., sez. II, 25 settembre 2012, n. 16306; Cass. civ., sez. II, 2 agosto 2011, n. 16914; Cass. civ., sez. II, 10 gennaio 2011, n. 346; Cass. civ., sez. II, 2 agosto 2010, n. 17993; Cass. civ., sez. II, 9 giugno 2000, n. 7889; Cass. civ., sez. II, 7 giugno 2000, n. 7730 - hanno avuto più volte modo di chiarire che la presunzione di comunione enunciata dall'art. 1117 c.c. non è assoluta e viene meno quando una delle parti in essa considerate serve, per obiettive caratteristiche strutturali e funzionali, in modo esclusivo all'uso o al godimento di una porzione dell'immobile formante oggetto di autonomo e separato diritto di proprietà, in quanto “la destinazione particolare vince la presunzione legale di comunione alla stessa stregua di un titolo contrario”, sottolineando che deve trattarsi di una destinazione oggettiva della cosa, non essendo decisivo al riguardo il saltuario non uso da parte di alcuni condomini o, al contrario, un utilizzo maggiore o più intenso rispetto agli altri.

Tali concetti sono stati espressi in una pronuncia del massimo organo di nomofilachia, nel senso che l'individuazione delle parti comuni, come le terrazze di copertura, risultante dall'art. 1117 c.c. - il quale non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria - può essere superata soltanto dalle opposte risultanze di un determinato titolo e non opera con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari (Cass. civ., sez. un., 7 luglio 1993, n. 7449).

Per completezza, va registrato un altro filone interpretativo - non troppo seguito, v., isolate, Cass. civ., sez. II, 26 gennaio 1998, n. 714, e Cass. civ., sez. II, 25 marzo 2004, n. 5975, cui sembra indirettamente aderire, più di recente, Cass. civ., sez. II, 14 luglio 2015, n. 14697 - che enuclea un nuovo tipo di esclusione della presunzione di condominialità.

Invero, nel caso in cui una clausola del regolamento condominiale preveda l'esenzione, in via preventiva, in favore di alcuni condomini, dall'onere di contribuire a qualsiasi tipo di spese, comprese quelle di conservazione, in ordine a determinate cose comuni, detta categoria di partecipanti è esclusa dalla comproprietà su quelle parti del fabbricato (conseguendone, tra l'altro, che, ai fini della validità delle decisioni che interessino queste parti, nella formazione del quorum, costitutivo e deliberativo, non potranno computarsi detti condomini).

Il ragionamento si sviluppa partendo dal disposto di cui all'art. 1118, comma 2, c.c., che non consente ai condomini di rinunciare al diritto di comproprietà sulle cose comuni al fine di sottrarsi all'obbligo di contribuzione alle spese per la loro conservazione; stante che tale obbligo trova il suo presupposto nella comproprietà delle cose comuni, l'averlo eliminato a priori comporta che la presunzione di condominialità, relativamente a quei beni contemplati dalla clausola (nella specie, i cortili), deve considerarsi, implicitamente, superata per coloro che sul punto sono esentati (nel caso concreto, i proprietari dei negozi il cui ingresso si affaccia unicamente sul fronte strada).

Riferimenti

Cappai, La “presunzione di comunione” ex art. 1117 c.c.: ambito applicativo, titolo contrario e natura giuridica della regola, in Riv. giur. sarda, 2013, I, 560;

De Tilla, Presunzione di comunione e titolo contrario, in Arch. loc. e cond., 2012, 297;

Garufi, Condominio e parti comuni: quando è applicabile (e quando no) la presunzione di comproprietà di cui all'art. 1117 c.c., in Dirittoegiustizia.it, 2010;

Bottoni, In tema di condominio, presunzione di comproprietà e vincoli di destinazione, in Nuova giur. civ. comm., 2006, I, 341;

Celeste, Il c.d. condominio parziale tra presunzione di comunione, titolo contrario e destinazione particolare del bene, in Rass. loc. e cond., 2003, 469;

Maienza, Le Sezioni Unite “cancellano” la presunzione legale di comunione ex ex art. 1117 c.c., in Corr. giur., 1993, 1186;

Maglia, La presunzione di comunione ex art. 1117 c.c. non esiste?, in Arch. loc. e cond., 1993, 711;

Terzago, In tema di presunzione legale ex art. 1117 c.c., in Vita notar., 1985, 161.

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