La Corte di Cassazione ha avuto modo di riaffermare il principio secondo cui il diritto del personale docente all'indennizzo per infortuni sul lavoro sussiste solo in presenza di specifiche condizioni fattuali, da verificarsi volta per volta nel singolo caso concreto.
Il Testo Unico che disciplina gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (D.P.R. n. 1124/1965) tende infatti a coprire, nel settore della scuola, solo ed esclusivamente alcune determinate categorie (anche) di personale quali:
- gli insegnanti e gli alunni impegnati in esperienze tecnico - scientifiche od in esercitazioni pratiche, oppure ancora in esercitazioni di lavoro;
- i collaboratori, in tutti i casi in cui si trovino a dover utilizzare macchine elettriche o informatiche per l'espletamento delle proprie mansioni lavorative;
- gli ausiliari, in quanto chiamati – proprio in virtù di tale inquadramento funzionale - a svolgere normalmente attività di tipo manuale, con l'uso di attrezzature o utensili.
Milita in tal senso l'art. 4, comma 1, n. 5, D.P.R. n. 1124/1965, a mente del quale, appunto, sono ricompresi nell'assicurazione «gli insegnanti e gli alunni delle scuole o istituti di istruzione di qualsiasi ordine e grado, anche privati, che attendano ad esperienze tecnico-scientifiche od esercitazioni pratiche, o che svolgano esercitazioni di lavoro; gli istruttori e gli allievi dei corsi di qualificazione o riqualificazione professionale o di addestramento professionale anche aziendali, o dei cantieri scuola, comunque istituiti o gestiti, nonché i preparatori, gli inservienti e gli addetti alle esperienze ed esercitazioni tecnico-pratiche o di lavoro», da leggersi in combinato disposto con l'art. 1, comma 3, n. 28, D.P.R. n. 1124/1965, secondo cui «l'assicurazione è comunque obbligatoria per le persone che (…), nelle condizioni previste dal presente titolo, siano addette (…) allo svolgimento di esperienze ed esercitazioni pratiche nei casi in cui al n. 5) dell'articolo 4».
Si tratta, com'è agevole osservare, di categorie professionali disomogenee ma accomunate da un unico dato comune: il ricorso, al momento dell'infortunio, a forme di esperienze pratiche e/o manuali, eventualmente anche mediante utilizzo di accessori, strumentazioni e/o macchinari.
È proprio questo il dato oggettivo – fattuale che determina, secondo la Corte di Cassazione, l'indennizzabilità dell'infortunio degli insegnanti della scuola materna, sia pubblica che privata.
La Corte riafferma infatti al riguardo nella sentenza in commento un principio di diritto già precedentemente enunciato, secondo cui all'esito di un'interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata - alla luce della giurisprudenza costituzionale relativa agli artt. 3 e 38 Cost. - delle disposizioni sopra citate (artt.1, comma 3, n. 28; art. 4, comma 1, n. 5, D.P.R., n. 1124/1965) che disciplinano l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, questi ultimi non possono considerarsi tout court esclusi da tale tutela, in quanto non destinatari di uno specifico obbligo generale di assicurazione Inail.
Al contrario, argomenta la Corte, devono considerarsi ricompresi nella copertura assicurativa gli insegnati di scuola materna (va ripetuto: sia pubblica che privata) che svolgono attività assimilabili alle esperienze tecnico scientifiche (quali pittura, scultura, cosiddetti "lavoretti" in genere), alle esercitazioni pratiche (la totalità dei giochi attraverso i quali un bambino acquisisce consapevolezza delle attitudini mentali e fisiche), ed ai lavori stessi (quali, ad esempio, la pulizia delle spiagge) quando ricollegabili ad un progetto didattico.
È però necessario, per la relativa indennizzabilità, che l'infortunio occorso all'insegnante «a causa e nello svolgimento dell'attività lavorativa» sia strettamente correlato a quest'ultima per mezzo di un nesso di derivazione eziologica.
Da tale necessaria correlazione discende il fondamentale rilievo per cui «l'infortunio deve essere indennizzato proprio in quanto rischio particolare al quale l'insegnante si trova esposto quando l'attività didattica si sostanzia in attività pratiche, svolte con il requisito della manualità e l'uso eventuale di materiale vario e attrezzature».
In tale ultimo senso, la sentenza della Corte richiama due propri importanti precedenti nei quali ha dato luogo ad una concreta applicazione del medesimo principio di diritto.
Nel primo (Cass., 25 agosto 2005, n. 17334), è stato riconosciuto come indennizzabile un infortunio patito da un'insegnante di scuola materna impegnata ad organizzare ed a svolgere attività ludiche con i bambini, sull'assunto per cui l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro si estende – appunto - anche agli insegnanti delle scuole materne, trattandosi di soggetti, «per la natura manuale dello svolgimento di esercitazioni pratiche anche in forma ludica», esposti ad un rischio non generico, ma specifico di infortunio.
Essendo tale rischio collegato all'attività esercitata da un nesso di effettiva derivazione eziologica, e quindi non in via meramente indiretta, si è affermata l'indennizzabilità dell'infortunio venuto a concretizzarsi pur trattandosi di evento dannoso verificatosi durante dei veri e propri “giochi di classe”.
Nel secondo precedente citato dalla sentenza in esame (Cass., 10 settembre 2009, n. 19495), analogamente, è stata affermata l'indennizzabilità dell'infortunio sul lavoro patito da un'insegnante in un'aula di laboratorio, nel quale stava svolgendo la parte teorico-pratica del proprio corso didattico.
In particolare, in tale ultima vicenda la Corte, pur riconoscendo l'astratta non operatività dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni per i lavoratori intellettuali, ne ha postulato la piena invocabilità «ove gli stessi siano costretti nell'esercizio delle proprie mansioni - come accade negli istituti di istruzione che svolgano anche esperienze tecnico-scientifiche o esercitazioni pratiche o di lavoro - a frequentare ambienti in cui si svolgono attività rischiose per la presenza di macchine elettrocontabili, videoterminali, fotoriproduttori, computer ed altre attrezzature meccaniche o elettriche».
La pronuncia in esame, come visto, si pone decisamente su questo stesso percorso interpretativo.
Il motivo per cui la sentenza d'appello viene cassata, infatti, consiste proprio nel mancato accertamento da parte dei giudici di merito delle circostanze di fatto che avrebbero consentito di ritenere operante la copertura assicurativa Inail nel concreto caso in esame.
Tanto il Tribunale di Roma quanto la Corte d'Appello capitolina, al contrario, a detta della Corte di Cassazione hanno apoditticamente escluso tale possibilità sulla base della semplice natura didattica dell'attività svolta dalla danneggiata, senza dar luogo ad opportuni approfondimenti pure in presenza di motivate contestazioni da parte dell'istituto scolastico e del resistente M.I.U.R. circa la propria carenza di legittimazione passiva.
La soluzione giuridica fornita dalla Suprema Corte nella sentenza in commento si riporta quindi alla più recente e motivata linea interpretativa degli stessi giudici di legittimità sul punto.
Si tratta però, è bene sottolinearlo, di un'opzione ricostruttiva che per lungo tempo può dirsi essere stata non del tutto pacifica.
Non sono infatti mancate al riguardo risalenti pronunce di segno opposto (Cass., 17 maggio 1997, n. 4417; Cass., 17 giugno 1999, n. 6060), secondo cui alla luce del dettato dell'art. 4, comma 1, n. 5, D.P.R. n. 1124/1965 gli insegnanti e gli alunni di scuola materna non sarebbero stati in realtà in alcun modo soggetti ad assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, nonostante il riferimento contenuto in tale disposizione alle "esercitazioni pratiche" (e dovendo ovviamente escludersi la possibile configurabilità di "esperienze tecnico - scientifiche" e di "esercitazioni di lavoro", trattandosi di bambini in tenera età).
Si legge in tali pronunce, infatti, che la nozione di “esercitazione pratica” non può che fare inevitabilmente ferimento ad «un'applicazione sistematica e costante, diretta all'apprendimento», mentre – al contrario - la scuola materna sarebbe per sua stessa natura incentrata su un'attività di gioco (nella quale rientra l'attività fisica svolta dai bambini della relativa fascia d'età), ricreativa e di intrattenimento, sia pure orientata allo sviluppo delle qualità e delle predisposizioni del bambino e contemperata da una, appena accennata, disciplina educativa (Cass., 17 giugno 1999, n. 6060, cit.).
L'orientamento successivo prevalente, come già accennato, sembra però ormai registrare un sostanziale assestamento della giurisprudenza di legittimità su di una lettura più elastica e meno formalistica del dato normativo in esame.
Un apporto decisivo in tal senso, va sottolineato, è giunto dall'elaborazione della Corte Costituzionale in materia di definizione stessa degli scopi e delle connotazioni funzionali della tutela antinfortunistica.
Al riguardo basterà sinteticamente osservare come la Consulta abbia infatti nel tempo progressivamente affermato:
- che l'elencazione dei soggetti (non delle attività) tutelati dall'assicurazione infortuni, come contenuta nel D.P.R. n. 1124/1965, ha carattere esemplificativo e non tassativo (Corte Cost., n. 705/1988);
- che la tutela antinfortunistica, anche e soprattutto al di fuori del perimetro catalogativo della norma, richiede comunque come presupposto indispensabile la sottoposizione del lavoratore a un rischio specifico;
- che l'ambito di applicazione della tutela antinfortunistica continua quindi a basarsi su di un giudizio selettivo di maggiore rischio del lavoro, in relazione al quale sono definite le attività protette ed i soggetti assicurati;
- che la nozione di rischio professionale assicurato si fonda pertanto sulla distinzione tra "rischio specifico", assicurato perché grava particolarmente sul lavoratore, "rischio generico", non assicurato perché grava sul lavoratore come su qualunque altra persona, in modo identico, e "rischio generico aggravato" (o "rischio specifico indiretto"), assicurato perché, sebbene concerna anch'esso la generalità delle persone, trova nel lavoro una specifica condizione di inasprimento.
Tanto premesso, quindi, a giudizio della Corte Costituzionale – ed ancor più della Corte di Cassazione, come si legge nelle pronunce che hanno per prime stabilito il principio di diritto enunciato dalla sentenza in commento – se l'occasione di lavoro qualifica la nozione stessa di rischio assicurato (nel senso che non basta che l'infortunio sia avvenuto sul luogo di lavoro e durante l'orario di lavoro, occorrendo in più che il lavoro “abbia concretamente determinato il rischio del quale l'infortunio è conseguenza”), non si vede perché non possa darsi luogo in un'ottica interpretativa costituzionalmente orientata ex art. 38 Cost. ad un ampliamento della tutela antinfortunistica –anche al di fuori della portata letterale del T.U. del 1965 - in tutti i casi in cui un reale rischio professionale connoti il concreto svolgimento di una determinata prestazione lavorativa.
Opera infatti in tali casi il principio costituzionale per cui a parità di rischio deve corrispondere parità di tutela (art. 3 Cost.), di guisa che i principi di tutela, di razionalità e – appunto - uguaglianza (artt. 3, 38 Cost.) non possono che imporre di assoggettare ad assicurazione obbligatoria tutte le attività che comportino l'esposizione a rischi specifici anche “atipici”, purché riconducibili a quelli a suo tempo individuati per categorie dal legislatore.
Tale è per l'appunto il caso, afferma la Corte di Cassazione (anche) nella pronuncia in commento, dell'infortunio sul lavoro dell'insegnante di scuola materna impegnato in attività con i bambini che richiedano una componente manuale-pratica idonea ad integrare i già menzionati estremi del rischio specifico.