La rendita vitalizia: nuove applicazioni da parte della giurisprudenza in tema di danno patrimoniale futuro
14 Giugno 2017
Massima
Lo strumento della costituzione di una rendita, nonostante la sua scarsissima applicazione pratica (come già affermato dalla Suprema Corte, cfr. Cass. civ., n. 24451/2005) offre un importante criterio di liquidazione del lucro cessante, consentendo al giudice, d'ufficio (e dunque senza la necessità di una specifica domanda in tal senso), di valutare la particolare condizione della parte danneggiata e la natura del danno, con tutte le sue conseguenze. Il caso
Le due decisioni hanno ad oggetto due vicende di medical malpractice. Nella decisione n. 4681/2017 tre strutture sanitarie sono state ritenute responsabili dei gravissimi danni riportati dal un paziente e quantificati nella misura del 90% di postumi permanenti a titolo di danno biologico, con completa abolizione della capacità lavorativa di agente di commercio (professione che egli svolgeva prima dei fatti per cui è causa), e comunque totale incapacità di svolgere qualsiasi proficuo lavoro. Per quello che interessa ai fini del presente commento, il paziente si trova ora ricoverato presso una struttura di lungodegenza, in quanto non più direttamente gestibile in ambiente domiciliare: si tratta, infatti, di un soggetto con una grave compromissione neuro-cognitiva e disturbi psichici, che richiede adeguato trattamento terapeutico e, soprattutto, sorveglianza, nonché terapia neurocognitiva e fisica di mantenimento. Orbene, al momento di procedere alla liquidazione del danno patrimoniale futuro, e quindi al riconoscimento delle spese di assistenza necessarie per il resto della sua vita, nonché del danno patrimoniale da lucro cessante per la perdita della capacità lavorativa specifica, il Tribunale ha provveduto a disporre, in favore del danneggiato, la costituzione di una rendita vitalizia a far data dalla decisione. Nella decisione n. 4690/2017, invece, una struttura sanitaria è stata considerata responsabile per non aver optato per procedere con il taglio cesareo in un parto gemellare, in condizioni particolari, quali la prematura rottura delle membrane, la gemellarità monocoriale biamniotica e la posizione non cefalica del secondo gemello. La programmazione di un taglio cesareo elettivo, secondo la CTU espletata avrebbe consentito di evitare, secondo un criterio di preponderanza dell'evidenza, i gravi danni subiti dal piccolo gemello. Sempre per quello che interessa ai fini del presente commento, la condizione attuale del piccolo gemello rappresenta una compromissione permanente dell'integrità psicofisica (danno biologico), nella misura del 55% con in pratica la perdita della sua capacità lavorativa (la CTU ha accertato che «la capacità lavorativa del piccolo … sarà grandemente ridotta, essendo prospettabili, in ragione delle proprie disabilità conseguenti alle vicende per cui è causa, impieghi occupazionali nelle fasce protette e con il collocamento obbligatorio. Facendo riferimento alle professioni dei genitori (assistente alla poltrona la madre e metalmeccanico il padre) è altamente probabile che la patologia allo stato in essere non permetterà in modo assoluto, sia dal punto di vista formativo che applicativo, lo svolgimento di tali mansioni)». Anche in questo caso, al momento di procedere alla liquidazione del danno patrimoniale futuro, e quindi al riconoscimento delle spese di assistenza necessarie per il resto della sua vita, nonché del danno patrimoniale da lucro cessante per la perdita della capacità lavorativa specifica, il Tribunale ha provveduto a disporre, in favore del piccolo (o meglio dei genitori che agivano in suo nome), la costituzione di una rendita vitalizia a far data dalla decisione.
La questione
La questione giuridica rilevante ai nostri fini è la seguente: quando e come è possibile procedere alla liquidazione del danno alla persona sotto forma di rendita vitalizia?
Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Milano ha deciso, in due vicende molto simili, di procedere con la liquidazione sotto forma di rendita vitalizia, ex art. 2057 c.c., dei danni patrimoniali subiti dalle vittime di un illecito (in entrambe le ipotesi si trattava di responsabilità sanitaria). Il Magistrato, correttamente, ha dapprima ricordato quelli che sono i principi fondamentali dettati dalla Suprema Corte in tema di risarcibilità del danno futuro. In particolare, la Corte di Cassazione ha precisato che «se non basta la mera eventualità di un pregiudizio futuro per giustificare condanna al risarcimento, per dirlo immediatamente risarcibile è invece sufficiente la fondata attendibilità che esso si verifichi secondo la normalità e la regolarità dello sviluppo causale» (ex multis, Cass. civ., n. 1637/2000; Cass. civ., n. 1336/1999; Cass. civ., n. 495/1987; Cass. civ., n. 2302/1965) e che «la rilevante probabilità di conseguenze pregiudizievoli è configurabile come danno futuro immediatamente risarcibile quante volte l'effettiva diminuzione patrimoniale appaia come il naturale sviluppo di fatti concretamente accertati ed inequivocamente sintomatici di quella probabilità, secondo un criterio di normalità fondato sulle circostanze del caso concreto» (Cass. civ., sez. III, 27 aprile 2010 n. 10072). Fatta questa premessa, Il Tribunale è passato ad esaminare le vicende oggetto dei due giudizi.
Nella prima ipotesi la consulenza tecnica medico-legale aveva consentito di dimostrare la “grave compromissione neuro-cognitiva” del paziente danneggiato ed “i disturbi psichici” che richiedevano un “adeguato trattamento terapeutico” ed una “continua sorveglianza”. Questi sono stati dunque gli elementi che hanno indotto il Tribunale a costituire una rendita vitalizia (ex art. 1872 c.c.) per il danno patrimoniale futuro relativo alla spese di assistenza: - oggettiva gravità della situazione; - il carattere permanente del danno; - l'impossibilità di stabilire, in modo oggettivo, una durata presumibile della vita del danneggiato. La rendita in questo primo caso è stata quantificata in euro 11.040,00 annui – da versarsi in via anticipata all'inizio di ciascun anno a far data dalla sentenza - per tutta la durata della vita del beneficiario e con rivalutazione annuale secondo l'indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi membri dell'Unione europea (IPCA). Il Tribunale ha altresì provveduto a liquidare anche il danno da perdita totale della capacità lavorativa specifica (accertato a mezzo CTU medico-legale) mediante la costituzione di una rendita vitalizia, questa volta dalla data del fatto fino al raggiungimento dell'età pensionabile (65 anni). L'importo di detta rendita – al netto di quanto percepito a titolo di pensione di invalidità – è stato calcolato in euro 4.050,00 annui, da corrispondersi in via anticipata all'inizio di ciascun anno; tale somma andrà aggiornata annualmente (in relazione alle determinazioni INPS sul triplo della pensione sociale minima) e rivaluta annualmente, secondo l'indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi membri dell'Unione europea (IPCA). A garanzia della predetta rendita vitalizia (ed in ossequio a quanto previsto dall'art. 2057 c.c., in merito alle cautele), il Giudicante ha disposto che le tre strutture convenute fossero: “obbligate a stipulare una polizza fideiussoria con garanzia “a prima richiesta”.
Passando alla seconda ipotesi, il Tribunale di Milano ha ricordato come l'espletata consulenza tecnica ha consentito di accertare che le alterazioni neuropsichiche da cui era affetto il minore: «richiedono assistenza continuativa attesa la necessità di praticare in modo stabile fisioterapia, di avere un supporto da parte di una logopedista e per l'apprendimento scolastico»; e che anche per la vita quotidiana: «il bimbo necessita di attenzione particolari, in ragione delle difficoltà motorie e di quelle legate alla parola, che obbligheranno i tutori ad accompagnare nello sviluppo personale e sociale il piccolo». Le predette necessità possono essere coperte dal SSN o con insegnanti di sostegno dalla scuola, ma è concretamente da attendersi che, sul piano squisitamente assistenziale, molto graverà sulla famiglia, essendo i servizi di territorio di sovente insufficiente a coprire la totalità delle esigenze e non in grado di offrire quanto realmente richiesto. Orbene, unitamente ai predetti elementi deve essere considerato che, in Lombardia, luogo di residenza del minore, l'assistenza domiciliare costituisce oggetto di un complesso sistema normativo, bastato in primo luogo sulla l.R. Lombardia 30 dicembre 2009, n. 33, art. 26, comma 5, lett. (c), (d) ed (e), (recante "Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità"), il quale individua nell'assistenza domiciliare uno degli obiettivi primari del servizio sanitario regionale (norma che ha ricevuto attuazione con delibere di giunta regionale che hanno introdotto il sistema dei cc.dd. "voucher socio-sanitari"). I predetti elementi consentono di ritenere che: «i servizi erogati dalla Regione del luogo di residenza del minore consentano di supplire – alla luce delle indicazioni fornite dalla CTU – alla metà (percentuale che si stima in via equitativa ed in assenza di specifiche indicazioni che neanche la parte convenuta ha allegato) –delle spese di assistenza che il minore dovrà affrontare». In ogni caso: - l'oggettiva gravità della situazione del minore; - il carattere permanente del danno; - l'impossibilità di stabilire, in modo oggettivo, una durata presumibile della vita del minore, sono stati elementi che hanno indotto il Tribunale: «a provvedere, ai sensi dell'art. 2057 c.c., mediante la costituzione di una rendita vitalizia (art. 1872 c.c.) che, tenendo conto della possibilità di usufruire dei servizi prestati dal SSN – nei limiti sopra indicati – e del contributo fornito dagli insegnanti di sostegno, deve essere limitato ad una generica attività di assistenza, per la quale si stima congruo un contributo mensile di euro 500,00 – somma indicata nella metà dell'importo mensile previsto per un infermiere, come risulta dal Tariffario della Federazione Nazionale Collegi Infermieri, prodotto dalla difesa di parte attrice - , pari ad euro 6.000,00 annui», per tutta la durata della vita del beneficiario, da versarsi in via anticipata (cioè all'inizio di ogni anno) e con rivalutazione annuale, secondo l'indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi membri dell'Unione europea (IPCA). A garanzia della predetta rendita vitalizia (ed in ossequio a quanto previsto dall'art. 2057 c.c., in merito alle cautele), la convenuta azienda ospedaliera è stata condannata: «a stipulare una polizza sulla vita, a premio unico, a vita intera ed in forma di rendita a beneficio» del minore.
Il Tribunale ha altresì provveduto a liquidare anche il danno da riduzione della capacità lavorativa specifica (accertato a mezzo CTU medico-legale) mediante la costituzione di una rendita vitalizia, calcolata quindi in euro 17.475,00 annui (pari al triplo della pensione sociale, quantificata per il 2017 in euro 448,07, moltiplicata per 13 mensilità), dalla data del compimento del 25esimo anno di età (età presumibile nella quale inizierà l'attività lavorativa) fino al raggiungimento dell'età pensionabile (65 anni). Tale somma andrà aggiornata annualmente (in relazione alle determinazioni INPS sul triplo della pensione sociale minima) e rivaluta annualmente, secondo l'indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi membri dell'Unione europea (IPCA).
Osservazioni
Le due decisioni del Tribunale di Milano sono perfettamente conformi a quanto già statuito dal medesimo Giudicante (vedi Trib. Milano 27 gennaio 2015 n. 1141 (Dott.ssa Flamini)) nonché dalla Corte d'Appello di Milano, che ha di recente confermato proprio la statuizione n. 1141/2015, affermando che: «Il Collegio ritiene, in punto, sufficiente evidenziare come l'applicazione dell'istituto della rendita vitalizia, sia maggiormente aderente alla finalità propria del risarcimento della voce di danno in questione». «In considerazione dell'andamento delle condizioni cliniche e della conseguente impossibilità di stabilire in modo oggettivo una durata presumibile della vita della giovane donna, tenuto altresì conto del carattere permanente del danno […] La rendita vitalizia risulta meglio garantire per tutta l'effettiva durata della vita della danneggiata il percepimento di quanto liquidato annualmente per tale danno futuro nella misura e nel tempo che sarà necessario» (App. Milano, sez. II, Sent. 17 gennaio 2017 n. 165). A dire il vero, a nostro sommesso avviso, le due decisioni qui commentate sono ancora più analitiche, avendo avuto modo di specificare, in modo chiaro ed incontestabile, la data di decorrenza della rendita e le forme di garanzia a tutela del danneggiato. La rendita relativa alle spese di assistenza è stata fatta giustamente decorrere solo a far data dalla decisione, atteso che, per le spese relative al periodo nel quale il soggetto leso era già ricoverato nella struttura non può parlarsi di danno futuro, bensì di danno già maturato (danno patrimoniale emergente). Le domande in esame, pertanto, hanno potuto trovare accoglimento limitatamente alle somme rispetto alle quali le difese dei danneggiati hanno prodotto i documenti attestanti l'avvenuto pagamento (non potendosi trattare di prova che può fornirsi per presunzioni). Il ragionamento svolto dal Tribunale circa questo particolare modo di procedere al risarcimento di alcune componenti del danno alla persona, d'altro canto, non si può che condividere. Come giustamente ha sottolineato il Giudicante: «nonostante la sua scarsissima applicazione pratica», lo strumento della rendita vitalizia, previsto da una norma del Codice Civile (art. 2057 c.c.): «offre un importante criterio di liquidazione del lucro cessante, consentendo al giudice, d'ufficio (e dunque senza la necessità di una specifica domanda in tal senso), di valutare la particolare condizione della parte danneggiata e la natura del danno, con tutte le sue conseguenze». La stessa Suprema Corte del resto, ha statuito in passato che: «Ai fini della valutazione del danno patrimoniale da lucro cessante per perdita della capacità lavorativa specifica, sono applicabili i criteri indicati dall'art. 2057 c.c., in base ai quali, quando il danno alla persona ha carattere permanente, la liquidazione può essere fatta dal giudice sotto forma di rendita vitalizia, valutando d'ufficio le particolari condizioni della parte danneggiata e la natura del danno»(Cass. civ., sez. III, 18 novembre 2005 n. 24451). Ed ancora più di recente, è stata ricordata la possibilità di procedere alla liquidazione del danno patrimoniale futuro per le spese di assistenza in forma di rendita ex art. 2057 c.c. anche da Cass. civ., 20 aprile 2016, n. 7774. La verità è che per certe tipologie di danno (in particolare per il danno patrimoniale futuro per spese di assistenza ed il danno patrimoniale per riduzione della capacità lavorativa), e quando ricorrono determinati presupposti (estrema gravità della situazione del danneggiato; carattere permanente del danno ed impossibilità di stabilire, in modo oggettivo, una durata presumibile della vita del soggetto leso), appare davvero più corretto e conforme a quelli che sono i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico, sia per il danneggiato per il danneggiante, procedere alla costituzione di una rendita vitalizia che consente di risarcire il danno effettivamente cagionato da un sinistro (né di più né di meno). Possiamo ipotizzare che in futuro decisioni in tal senso saranno sempre più numerose nell'ambito della giurisprudenza (vedi anche, Trib. Bergamo, 23 febbraio 2016 n. 679 con rendita di circa € 36.000 annui in favore di 32enne), tenendo conto delle esigenze primarie di assistenza e di presa in carico del macroleso. In definitiva, è possibile affermare che è opportuno che la liquidazione del danno alla persona venga effettuata sotto forma di rendita vitalizia nei casi di danno patrimoniale (ed in particolare di danno patrimoniale futuro da riduzione della capacità lavorativa specifica e per spese sanitarie e di assistenza) piuttosto che in quelli di danno non patrimoniale, laddove il danneggiato abbia riportato lesioni di rilevante entità e non sia possibile stabilire una durata presumibile della sua vita. Sarà altresì importante prevedere, come ha fatto il Tribunale, tale forma risarcitoria solo qualora sussistano “opportune garanzie”, e quindi soltanto qualora sia parte del giudizio una Compagnia assicuratrice (o altri soggetti dotati di analoga solvibilità) o comunque venga adottata una particolare forma di garanzia (ad esempio garanzie ipotecarie, fideiussorie o comunque assicurative). |