Natura prevalentemente risarcitoria dell'indennità sostitutiva delle ferie non godute: regime della prescrizione e presupposti del diritto
13 Aprile 2016
Massima
Attesa la natura mista, tanto risarcitoria quanto retributiva, propria dell'indennità sostitutiva delle ferie non godute, ai fini della verifica della prescrizione, è necessario che il diritto che l'indennità in esame tende a soddisfare possa essere esercitato in maniera ampia, per cui non può che considerarsi prevalente a tale scopo, la natura risarcitoria della stessa, per la quale è prevista la durata ordinaria decennale della prescrizione. Nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato, al fine di garantire il recupero delle energie fisiche e psichiche del lavoratore, è stato affermato il diritto dello stesso di godere delle ferie annuali entro l'anno di lavoro e non successivamente. Dunque, una volta decorso l'anno di competenza, il datore di lavoro non può imporre al lavoratore di godere effettivamente delle ferie, né può stabilire il periodo nel quale lo stesso deve goderle, ma è tenuto a risarcire il danno; poiché il diritto alle ferie è irrinunciabile, ai sensi dell'art. 36 Cost. e, nel caso in cui non siano in concreto godute, anche senza responsabilità del datore di lavoro, il lavoratore ha diritto all'indennità sostitutiva. Il caso
A un dipendente RAI, ormai in procinto di andare in pensione, viene comunicato dall'azienda che nell'attesa del collocamento a riposo, programmato di lì a cinque mesi, potrà tranquillamente restarsene a casa e così godere del cospicuo monte ferie accumulatosi nel corso degli anni fin dal lontano 2000. Il lavoratore non ci sta e si rivolge al Tribunale del lavoro chiedendo il risarcimento per il mancato godimento delle ferie entro l'anno di rispettiva maturazione. Il giudice accoglie il ricorso del dipendente e condanna il datore al pagamento di un importo di € 6.000,00 a titolo di indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi non goduti dal ricorrente. L'azienda radiotelevisiva impugna la decisione deducendo, tra l'altro, l'intervenuta prescrizione del diritto rivendicato dal lavoratore. E difatti la pretesa in questione, secondo la prospettazione dell'appellante, avrebbe in ogni caso natura retributiva e, in quanto tale, sarebbe soggetta alla più breve prescrizione quinquennale propria di tali trattamenti. La Corte di merito respinge la ricostruzione datoriale e conferma la pronuncia del Tribunale. Il credito azionato dal dipendente ha invero natura risarcitoria, sicché gode del più ampio termine decennale proprio della prescrizione ordinaria. I giudici del gravame disattendono anche l'ulteriore tema difensivo fatto valere dall'appellante: il mancato godimento non sarebbe in realtà dipeso da una condotta attribuibile a fatto e colpa dell'impresa e il dipendente avrebbe potuto, benché tardivamente, comunque godere del “monte ferie” arretrato. Controargomentano sul punto i secondi giudici che a fondare il diritto dell'appellato basterebbe invero l'inadempimento in sé dell'azienda che, anche a prescindere da una sua effettiva colpa, non aveva comunque assicurato al lavoratore, attraverso una corretta programmazione del lavoro ed un efficace dimensionamento degli organici, la fruizione dell'irrinunciabile diritto alle ferie nei periodi di rispettiva maturazione. L'ente decide quindi di portare la vicenda all'attenzione dei giudici di legittimità. La Corte regolatrice convalida integralmente l'iter argomentativo della decisione gravata. Con il dictum in commento, viene infatti, per un verso, consacrata la natura prevalentemente risarcitoria dell'indennità sostitutiva delle ferie e dunque nuovamente enunciato il relativo regime prescrizionale decennale. Per altro verso i giudici di piazza Cavour, confermando un loro precedente orientamento, chiariscono altresì che il sorgere del diritto risarcitorio consegue direttamente al mancato godimento delle ferie entro l'anno di maturazione e ciò anche a prescindere da una responsabilità del datore di lavoro (nel caso di specie, peraltro, positivamente accertato), essendo connesso - il diritto alle ferie - alla funzione primaria e irrinunciabile di recupero delle energie psico-fisiche e di godimento della dimensione sociale, familiare e ricreativa del lavoratore. La questione
Che natura riveste la c.d. indennità sostitutiva di ferie e riposi non goduti negli anni precedenti e dunque, a quale regime prescrizionale è soggetto il relativo diritto del lavoratore ? Una volta decorso l'anno di competenza, il datore di lavoro può imporre al dipendente di godere delle ferie? Perché sorga il diritto risarcitorio del prestatore è anche necessaria una responsabilità del datore di lavoro? Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte con la decisione in commento affronta in modo articolato e in parte innovativo la dibattuta questione relativa al carattere e ai presupposti dell'indennità sostitutiva delle ferie non godute. Le soluzioni proposte in questo caso sono riconducibili a tre assunti tematici principali. Il primo di essi verte sulla stessa natura del diritto. Al riguardo gli Ermellini ribadiscono l'orientamento già espresso in altri precedenti di legittimità (v., da ultimo, Cass. civ., sez. lav., 11 settembre 2013, n. 20836) alla stregua dei quali l'indennità in questione avrebbe in effetti una natura mista, al tempo stesso risarcitoria e retributiva. Ciò posto, i giudici della Cassazione sono però anche chiamati a pronunciarsi - più in particolare - sul meno frequentato tema del regime prescrizionale applicabile (cfr., sul punto, Cass. civ. sez. lav., 11 maggio 2011, n. 10341), questo in astratto duplice, in coerenza con il carattere bifronte del diritto presupposto. In relazione al primo profilo dell'indennità sostitutiva, vale a dire quello risarcitorio, la prescrizione maturerebbe infatti nei più ampi termini ordinari, decennali. Ove invece si avesse riguardo al secondo carattere dello stesso diritto all'indennità, in questo caso a quello retributivo, esso sarebbe a rigore soggetto al più breve termine di prescrizione quinquennale. I supremi giudici escono dall'impasse attuando un'analisi in termini di prevalenza teleologica dell'istituto. In quest'ottica, se pure non si può negare che l'indennità di cui si tratta, abbia anche un carattere retributivo (a fini contributivi, ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto e così via), si deve tuttavia ritenere “prevalente” in essa la natura risarcitoria; in particolare con riferimento all'operatività della prescrizione. E difatti, diversamente opinando, lo scopo fondamentale a cui è preordinato il riposo feriale, in sede di esercizio dell'azione per il suo riequilibrio in termini risarcitori, subirebbe una inevitabile quanto inaccettabile limitazione. Laddove, secondo la Corte di legittimità, è invece necessario che il diritto in questione, accedendo strettamente a prerogative della persona del lavoratore (predicate come “primarie” fin dalla sentenza della Corte Cost., 19 dicembre 1990, n. 543) e in funzione della sua qualità di vita, possa essere esercitato in “maniera ampia”. In riferimento alle ulteriori questioni esaminate nella decisione, la Cassazione richiama nella sostanza e mette a punto i propri precedenti approdi interpretativi. In primo luogo, dunque, viene ribadito che le ferie annuali devono essere godute entro l'anno di competenza; in caso contrario il datore è direttamente tenuto a pagare al dipendente l'indennità sostitutiva. Il fine delle ferie è infatti quello, non solo di permettere al prestatore il recupero delle proprie energie psico-fisiche, ma anche quello di consentirgli di coltivare i propri interessi personali, familiari e relazionali e, più in generale, i diritti correlati alla sua sfera personale. L'impossibilità di conseguire tali obiettivi nei suoi termini naturali, genera dunque un'obbligazione risarcitoria che non può essere surrogata da un godimento “forzato” e cumulativo del periodo. Una tale conseguenza, e passiamo alla terza delle questioni affrontate dalla Corte, prescinde inoltre da una responsabilità datoriale (v., negli stessi termini, Cass. civ., sez. lav., 9 luglio 2012, n. 11462); sicché ove in concreto le ferie non siano fruite, sorge in ogni caso il diritto del dipendente a pretendere l'indennità sostitutiva. Se tale soluzione non integra una vera e propria ipotesi di responsabilità oggettiva, molto comunque le si avvicina, dando con ciò adeguato conto del primario rilievo che la Corte regolatrice assegna all'istituto e alla sua ratio di tutela. Osservazioni
Anche in questo caso, come in altre aree, converge sulle prerogative fondamentali della persona una forte tensione adeguatrice del diritto vivente, diretta a garantirne nei termini più ampi possibili l'effettivo godimento, sia pure in una prospettiva di riequilibrio risarcitorio. La dimensione personalistica ed esistenziale dell'individuo conquista dunque anche nell'ambito giuslavoristico uno spazio di tutela sempre più esteso, che - come evidenzia la stessa Cassazione con la pronuncia in esame - va regolato più in funzione della qualità della vita del dipendente che del rispetto formale di equilibri contrattuali, singoli o collettivi che siano. Il lavoratore è dunque prima di tutto persona e come tale va riguardato, anche garantendogli un efficace e tempestivo godimento del proprio tempo libero; è del resto la nostra stessa Carta fondamentale a prescriverlo (art. 36, terzo comma) laddove consacra il carattere fondamentale e irrinunciabile del diritto. Sicché il datore di lavoro, nella gestione del proprio rischio d'impresa, dovrà porre speciale cura anche a tale aspetto, programmando in modo adeguato le proprie dinamiche organizzative e contrattuali in modo concretamente rispettoso del principio e dunque consentendo in modo pieno ed efficace al dipendente anche l'esercizio delle attività extralavorative realizzatrici della propria persona. |