Legittimazione passiva e prova liberatoria nel danno cagionato dalla fauna selvatica

Antonio Salvati
13 Giugno 2014

La Regione, in quanto obbligata ad adottare tutte le misure idonee ad evitare che la fauna selvatica arrechi danni a terzi, è responsabile ex art. 2043 c.c. dei danni cagionati da un animale selvatico a persone o cose il cui risarcimento non sia previsto da specifiche norme.
Massima

Cass.civ.sez. III, 26febbraio 2013, n. 4806

La Regione, in quanto obbligata ad adottare tutte le misure idonee ad evitare che la fauna selvatica arrechi danni a terzi, è responsabile ex art. 2043 c.c. dei danni cagionati da un animale selvatico a persone o cose il cui risarcimento non sia previsto da specifiche norme.

Sintesi del fatto

Nel percorrere una via extraurbana, un automobilista si vede improvvisamente tagliare la strada da un cinghiale. L'autovettura, a seguito del forte impatto con l'animale in corsa, riporta diversi danni.

Il proprietario del veicolo evoca in giudizio la Regione per sentirla condannare al risarcimento dei danni, postulando una sua responsabilità ex art.2043 c.c. per non aver adottato le opportune cautele per impedire il verificarsi di un siffatto evento: quanto mai prevedibile, a detta del danneggiato, dato che l'arteria stradale ove si è verificato il sinistro attraversava una zona boschiva di ripopolamento di tali animali.

Costituendosi in giudizio la Regione contesta la propria legittimazione passiva, sostenendo non essere l'ente territoriale di riferimento in fattispecie come quella in esame.

La legittimazione passiva dell'ente territoriale regionale viene invece affermata tanto dal Giudice di pace (ove la domanda viene integralmente accolta) quanto dal Tribunale adito in appello (che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riduce del 25% l'entità del risarcimento dovuto postulando un concorso di colpa del danneggiato a causa dell'eccessiva velocità tenuto da quest'ultimo).

E' dunque la Regione a proporre ricorso per Cassazione, essenzialmente contestando la declaratoria di sussistenza della sua legittimazione passiva per i danni arrecati a terzi dalla fauna selvatica presente sul suo territorio.

La Corte, con la sentenza in commento, conferma la valutazione data sul punto dai giudici di merito rigettando il ricorso.

La questione

La sentenza in questione affronta una tematica di particolare rilevanza ed attualità: l'individuazione del soggetto pubblico legittimato passivo di fronte ad un'azione di risarcimento ex art.2043 c.c. per i danni arrecati dalla fauna selvatica.

Si tratta di una fattispecie sempre più frequentemente oggetto di valutazione nelle aule dei tribunali, fonte di diverse – e talvolta contrapposte – opzioni interpretative.

Il nodo principale della questione è costituito dal concreto riparto di competenze tra Regione e Provincia, non essendo al riguardo mancate infatti pronunce di merito che hanno postulato la legittimazione passiva di quest'ultima e non dell'ente regionale.

Da un punto di vista più eminentemente pratico, la sentenza oggetto di commento contribuisce poi a delineare in modo quanto mai chiaro il thema probandum proprio di controversie come in esame.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione delinea, nella sentenza in esame, i passaggi logico – giuridici essenziali per la corretta individuazione del soggetto tenuto al risarcimento del danno: non prima, tuttavia, di aver nuovamente evidenziato – richiamando al riguardo la propria giurisprudenza sul punto – trattarsi di ordinaria ipotesi di responsabilità aquiliana ex art.2043 c.c. stante l'inapplicabilità dell'art.2052 c.c. a specie animali per definizione insuscettibili di custodia e/o gestione, come appunto la fauna selvatica.

La normativa primaria di riferimento è costituita dalla l. 11 febbraio 1992, n.157, recante la disciplina in materia di protezione della fauna selvatica omeoterma e di prelievo venatorio.

Secondo la Corte, sebbene la fauna selvatica rientri nel patrimonio indisponibile dello Stato e sia tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale alla luce della normativa in questione devono considerarsi attribuite alle Regioni a statuto ordinario l'emanazione di norme relative al controllo e alla protezione di tutte le specie della fauna selvatica (art.1 comma 3, l.n. 157/1992).

Da ciò discende l'attribuzione ai medesimi enti territoriali regionali dei connessi - e necessari - poteri gestori.

Devono quindi in tale ottica ritenersi riservati alle Province le sole funzioni amministrative ad esse delegate ai sensi del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (e precedentemente ai sensi della l. 8 giugno1990, n. 142).

Non va del resto dimenticato in proposito, sottolinea la Corte, il principio generale del nostro ordinamento secondo cui le Regioni, laddove non vi si oppongano esigenze di carattere unitario, organizzano l'esercizio dei compiti amministrativi a livello locale attraverso i Comuni e le Province (art. 118 Cost.; art. 4d.lgs. n. 267/2000).

In virtù di tale riparto di poteri, afferma quindi in definitiva la Corte di Cassazione, spetta alle Regioni adottare tutte le misure idonee a evitare che la fauna selvatica provochi danni a persone e cose: e ciò non solo impartendo le opportune disposizioni alle Province e agli altri enti gestori di riserve, oasi e parchi naturali, ma anche verificando la corretta esecuzione delle misure prescritte e attuando gli interventi sostitutivi richiesti per il caso di perdurante inerzia degli enti gestori.

Da ciò discende un importante corollario diretto: la responsabilità diretta ex art.2043 c.c. delle Regioni nelle fattispecie in esame permane anche in caso di delega di funzioni amministrative alle Province.

Tale delega, infatti, deve considerarsi - come appena evidenziato – pienamente coerente con il riparto di funzioni dettato tanto dalla Carta Costituzionale quanto dalla normativa primaria di settore.

La ricostruzione interpretativa così offerta dalla Corte di Cassazione incontra però una rilevante eccezione, più volte espressa anche in precedenti pronunce.

La responsabilità delle Province si afferma infatti in luogo di quella delle Regioni in tutti i casi in cui la delega funzionale ed amministrativa attribuisca a queste ultime un'autonomia decisionale ed operativa così piena da consentire loro di svolgere l'attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi e da poter adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni.

Tale affermazione di principio ha una rilevanza fondamentale dal punto di vista pratico.

Non basterà infatti evocare in giudizio la Regione sulla scorta della ricostruzione del quadro normativo effettuata dalla Corte di Cassazione nella sentenza in commento, imponendosi al contrario un attento esame – da effettuarsi caso per caso – della normativa regionale e delle disposizioni amministrative in materia di delega funzionale dalle Regioni alle Province.

E' infatti evidente che solo all'esito di tale accorta valutazione sarà possibile individuare con precisione il soggetto tenuto ex art.2043 c.c. al risarcimento del danno provocato dalla fauna selvatica.

Una volta effettuata tale valutazione, particolare attenzione andrà prestata alla corretta individuazione del thema probandum.

Traspare infatti dalla pronuncia in esame la necessità che venga fornita la prova concreta ed esaustiva di una condotta negligente della P.A. da porsi quale antecedente causale necessario del sinistro, e quindi del danno.

Il danneggiato dovrà quindi provare, in buona sostanza, che il luogo dove si è verificato l'incidente causato dall'animale selvatico era concretamente “a rischio” in tal senso (per essere all'interno di aree espressamente dedicate alla ripopolazione delle specie selvatiche, come nella vicenda in esame, od anche semplicemente per essersi verificati fatti analoghi nel recente passato) e che, nonostante ciò, la P.A. di riferimento non ha inteso prendere alcun valido provvedimento per impedire siffatti accadimenti.

Osservazioni e suggerimenti pratici

Il riparto di funzioni delineato dalla Corte di Cassazione come criterio di individuazione del legittimato passivo in ipotesi di responsabilità ex art.2043 c.c. come quella in esame è solo apparentemente lineare.

Pur potendo l'attribuzione in linea generale ed astratta di detta legittimazione passiva alle Regioni dirsi in effetti chiaramente affermata, la necessità di verificare in concreto e caso per caso: a) se vi sia stata delega di funzioni amministrative alle Province in subjecta materia; b) in che termini sia stata predisposta siffatta delega muta però, e non di poco, i termini di valutazione della singola fattispecie.

Conclusioni

La responsabilità per danno da fauna selvatica è ipotesi che rientra nel generale alveo della responsabilità aquiliana ex art.2043 c.c., non potendo trovare applicazione l'art.2052 c.c. in materia di custodia di animali: e ciò per l'evidente impossibilità di ipotizzare un possibile controllo e/o gestione della fauna in questione.

La legittimazione passiva spetta in linea di principio alle Regioni, ma si impone un'analisi concreta, caso per caso, della normativa regionale e dell'attività amministrativa connessa onde verificare se vi sia stata una delega di gestione all'ente provinciale così ampia da determinare il passaggio in capo a quest'ultimo dell'obbligo di rispondere degli eventuali danni.

L'attore dovrà comunque provare, qual che sia la P.A. tenuta al risarcimento, un comportamento negligente di quest'ultima – sub species di mancata adozione di efficienti presidi di sicurezza nei luoghi ove era ragionevolmente possibile presumere il verificarsi di danni a terzi causati dalla fauna selvatica – da porsi in relazione di valido antecedente causale rispetto al sinistro oggetto di causa.

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