Liquidazione del danno da lesione della capacità lavorativa a favore del minore anche in caso di invalidità permanente rimediabile mediante l’applicazione di protesi

Paolo Mariotti
Raffaella Caminiti
17 Novembre 2015

L'accertamento in un minore in età infantile che lo stato di invalidità permanente alla persona (nella specie sordità causata da non tempestiva diagnosi di meningite), cagionato da responsabilità medica, sia rimediabile e sia stato in concreto rimediato tramite l'applicazione di una protesi, non è ragione sufficiente a giustificare l'esclusione dell'esistenza, in ragione della invalidità, e sulla base di una valutazione prognostica, di un danno patrimoniale da lesione della capacità lavorativa del minore, atteso che il dover svolgersi la vita del minore con la percezione della costante applicazione della protesi necessaria per sopperire al deficit derivante dalla invalidità è circostanza che di per sé contraddice e si oppone a quella esclusione.
Massima

L'accertamento in un minore in età infantile che lo stato di invalidità permanente alla persona (nella specie sordità causata da non tempestiva diagnosi di meningite, stimata come determinativa di invalidità nella misura del 30% derivante da cofosi bilaterale), cagionato da responsabilità medica, sia rimediabile e sia stato in concreto rimediato tramite l'applicazione di una protesi (nella specie un impianto cocleare), non è ragione sufficiente - per vizio di violazione dell'art. 1223 c.c. sotto il profilo della mancata sussunzione dello stato invalidante come evidenziatore di un danno conseguenza patrimoniale futuro da c.d. perdita - a giustificare l'esclusione dell'esistenza, in ragione della invalidità, e sulla base di una valutazione prognostica, di un danno patrimoniale da lesione della capacità lavorativa del minore, atteso che il dover svolgersi la vita del minore con la percezione della costante applicazione della protesi necessaria per sopperire al deficit derivante dalla invalidità è circostanza che di per sé - ed a maggior ragione quando come nella specie si accompagni ad elementi desunti come sintomatici nello stesso senso dalle modalità di vita del minore nel momento in cui si compie l'accertamento - contraddice e si oppone a quella esclusione.

Il caso

La Corte d'Appello di Roma respingeva il gravame proposto, in via incidentale, dai genitori di una bambina affetta da sordomutismo, in proprio e in qualità di esercenti la potestà genitoriale sulla minore, per aver il giudice di prime cure riconosciuto a loro favore un danno non patrimoniale troppo esiguo in rapporto ai danni sofferti dalla figlia per la tardiva diagnosi di meningite batterica, dalla quale era derivata come esito finale la perdita completa della funzione uditiva; e, inoltre, per aver negato il riconoscimento di un danno patrimoniale futuro da lesione della capacità lavorativa della minore, per l'incidenza che avrà tale patologia quando la stessa raggiungerà l'età lavorativa.

Secondo la Corte territoriale, la premessa sulla quale si fondava l'appello incidentale, ovvero che la minore fosse affetta da sordomutismo, come documentato da certificazione della commissione invalidi civili, non teneva conto di un elemento essenziale già risultante dalla sentenza impugnata, ovvero la correzione della suddetta patologia mediante un ausilio protesico (impianto cocleare) in grado di ripristinare un livello uditivo sostanzialmente sovrapponibile a quello dei normoudenti.

La Corte d'Appello non riteneva pronosticabile un pregiudizio patrimoniale futuro, essendo il deficit funzionale compensato mediante l'applicazione della protesi artificiale, con conseguente esclusione di una ricaduta dello stato invalidante permanente, così corretto, sulla capacità lavorativa futura della minore.

La Corte di legittimità ha accolto il ricorso proposto dai genitori della bambina, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma comunque in diversa composizione, cui ha rimesso anche la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

La Suprema Corte ha ritenuto che la correzione del deficit funzionale tramite l'impianto cocleare non è, di per sè, idonea ad escludere il riverberarsi dello stato invalidante permanente sulla capacità lavorativa della minore, formulando il seguente principio di diritto:

«L'accertamento in un minore in età infantile che lo stato di invalidità permanente alla persona (nella specie sordità causata da non tempestiva diagnosi di meningite, stimata come determinativa di invalidità nella misura del 30% derivante da cofosi bilaterale), cagionato da responsabilità medica, sia rimediabile e sia stato in concreto rimediato tramite l'applicazione di una protesi (nella specie un impianto cocleare), non è ragione sufficiente - per vizio di violazione dell'art. 1223 c.c. sotto il profilo della mancata sussunzione dello stato invalidante come evidenziatore di un danno conseguenza patrimoniale futuro da c.d. perdita - a giustificare l'esclusione dell'esistenza, in ragione della invalidità, e sulla base di una valutazione prognostica, di un danno patrimoniale da lesione della capacità lavorativa del minore, atteso che il dover svolgersi la vita del minore con la percezione della costante applicazione della protesi necessaria per sopperire al deficit derivante dalla invalidità è circostanza che di per sè - ed a maggior ragione quando come nella specie si accompagni ad elementi desunti come sintomatici nello stesso senso dalle modalità di vita del minore nel momento in cui si compie l'accertamento - contraddice e si oppone a quella esclusione».

Secondo gli Ermellini, dunque, la Corte territoriale ha errato nell'apprezzamento delle risultanze fattuali acquisite nel giudizio di merito idonee, di per sé, a determinare in iure un'incidenza della patologia della minore (cagionatale con riconosciuta responsabilità della struttura sanitaria) sulla sua futura capacità lavorativa una volta raggiunta l'età lavorativa.

Così in motivazione:

«(…) chi sopporta l'applicazione di un impianto cocleare, sebbene da esso riceva la correzione del deficit uditivo, è costretto (come chi sopporta qualsiasi protesi diretta a rimediare ad uno stato invalidante) a convivere con la sua invasiva presenza ed a costantemente percepirla e tanto si presta ad essere apprezzato come condizione che sarà rilevante negativamente quando egli dovrà cercare lavoro e quanto, una volta trovatolo, dovrà competere per progredire in carriera.

Si vuol dire che la percezione e sopportazione di una protesi correttiva di un deficit psico-fisico, sebbene essa lo corregga pienamente, costituisce elemento che, quando si deve apprezzare la capacità lavorativa della persona non può essere ignorata a questo scopo semplicemente perchè la protesi è idonea a correggere il deficit. E ciò tanto più quando, come nella specie si debba stimare la capacità lavorativa futura di una minore, la quale sarà costretta a vivere con l'impianto, con la protesi, fin dall'età infantile e, quindi, per un lungo periodo prima di mettersi in giuoco sul mercato del lavoro, subendo l'incidenza negativa della percezione di sè come soggetto che ha una protesi durante l'infanzia, durante adolescenza e durante l'età giovanile. La percezione della condizione di soggetto che è costretto a ricorrere ad una protesi e che, quindi, è in una condizione diversa dalle persone “normali” è, già durante tali fasi della vita circostanza idonea ad esser apprezzata secondo l'id quod plerumque accidit come determinativa di una condizione della persona che certamente influenzerà la sua futura capacità lavorativa.

Per intendersi: una minore che dovrà convivere e, quindi, sentirsi diversa dai coetanei durante l'infanzia, dovrà fare la stessa cosa quando sarà adolescente, e la medesima quando sarà in età giovanile, per il fatto stesso di sentirsi “diversa” per tutte queste tre fasi della sua vita, è più che ragionevole reputare che da tale percezione risentirà durante la sua evoluzione attraverso di essa conseguenze che si riveleranno incidenti quando dovrà entrare nel mercato del lavoro. (…)».

In conclusione, secondo la Corte di legittimità, la capacità lavorativa della minore è negativamente influenzata dall'applicazione dell'impianto protesico, che la penalizza rispetto a coloro che non presentano il deficit funzionale derivante dall'invalidità permanente.

La questione

Accertato lo stato di invalidità permanente del minore, rimediabile e concretamente rimediato attraverso l'applicazione di una protesi artificiale, può essere riconosciuto il danno patrimoniale futuro da lesione della capacità lavorativa?

Le soluzioni giuridiche

Secondo la sentenza in commento (Cass. civ., sez. III, 18 settembre 2015, n. 18305, in D&G 2015, 21 settembre, nota di PAGANINI A., Una protesi, anche se ‛sana' il deficit fisico, è comunque invalidante e riduce la capacità lavorativa del danneggiato), la correzione del deficit funzionale (nella specie, uditivo) del minore, connesso allo stato di invalidità permanente derivante da responsabilità sanitaria, attraverso l'applicazione di una protesi artificiale (impianto cocleare) che consente al minore di raggiungere un livello uditivo sostanzialmente normale, non è di per sè idonea ad escludere il ripercuotersi di tale stato invalidante sulla sua capacità lavorativa futura, con conseguente configurabilità del relativo danno patrimoniale.

Ciò in quanto il minore dovrà vivere costantemente con la percezione e la sopportazione dell'applicazione di una protesi («entità esterna alla propria persona, anche se in parte inserita nella sua fisicità»), necessaria per sopperire al deficit funzionale.

Nella disamina delle difese dei ricorrenti, si evidenzia il richiamo dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di risarcimento di danno patrimoniale subito da una persona minore o comunque in età giovanile, occorre anzitutto considerare la percentuale di invalidità permanente medicalmente riscontrata e, laddove accertata in misura rilevante, non è possibile escludere una sua ripercussione sulle comuni attività esistenziali e, dunque, sulla capacità lavorativa (Cass. civ., sez. III, 30 settembre 2009, n. 20943).

Il soggetto al quale è applicata la protesi sarà, infatti, costretto a convivere con tale impianto artificiale, che costituisce, pur sempre, una condizione di svantaggio, a maggior ragione nel caso del minore che dovrà sopportare psicologicamente tale handicap durante l'età infantile e adolescenziale, percependo la propria “diversità” rispetto ai coetanei cd “normodotati”, esplicando un'influenza negativa anche sulla ricerca del lavoro e, successivamente, sulla progressione in carriera.

Osservazioni

In caso di accertata invalidità permanente del minore conseguente a responsabilità sanitaria, sarà possibile invocare il risarcimento del danno patrimoniale futuro conseguente alla lesione della capacità lavorativa anche qualora il deficit funzionale connesso a tale stato di invalidità sia rimediabile e concretamente rimeditato tramite l'applicazione di una protesi artificiale. Ciò in quanto siffatta compensazione del deficit funzionale non esclude che il minore dovrà, in ogni caso, convivere con tale invasivo impianto protesico, percepito come condizione di “diversità” rispetto ai soggetti non portatori di protesi.

Inoltre, la percezione e la sopportazione della protesi, anche se correttiva del deficit funzionale e non impeditiva dello svolgimento in futuro di un'attività lavorativa, renderà tuttavia più difficoltosa la ricerca di tale attività, sia in termini di esecuzione, che di sofferenza soggettiva (così si legge nella sentenza in commento: «la condizione di chi deve lavorare senza un impianto di tal genere è diversa da quella di chi debba lavorare con un impianto se non altro perchè il secondo lavorerà con la consapevolezza del proprio handicap, della propria minorata condizione, che è percezione che la presenza dell'impianto non potrà certo eliminare con l'effetto compensativo»).

Nel liquidare tale danno, il giudice, con giudizio prognostico fondato su basi probabilistiche, dovrà valutare in quale misura i postumi permanenti, medicalmente accertati, ridurranno la futura capacità di guadagno del minore.

È risarcibile il danno patrimoniale futuro da lesione della capacità lavorativa del minore che, attraverso l'applicazione di una protesi artificiale, abbia corretto il deficit funzionale derivante dall'invalidità permanente, poiché la sua vita dovrà, comunque, svolgersi con la percezione della costante applicazione della protesi necessaria per sopperire a tale deficit.

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