Il danno da fermo tecnico è risarcibile se c'è dimostrazione della spesa sostenuta per trovare un mezzo sostitutivo

Barbara Rossi
19 Aprile 2016

In tema di risarcimento del danno a seguito di sinistro stradale, nel riconoscimento dei danni patiti dal danneggiato, il danno da fermo tecnico non può essere considerato in re ipsa, quale conseguenza automatica dell'incidente.
Massima

In tema di risarcimento del danno a seguito di sinistro stradale, nel riconoscimento dei danni patiti dal danneggiato, il danno da fermo tecnico non può essere considerato in re ipsa, quale conseguenza automatica dell'incidente, e sussistente per il solo fatto che il veicolo non abbia circolato perché in riparazione, occorrendo, al contrario, la prova specifica della durata del fermo e del danno, posto che, al pari di qualsiasi altro danno, esso va allegato e provato.

Il caso

Tizio rimaneva coinvolto in un incidente stradale riportando danni. Il Giudice di Pace accoglieva la domanda di risarcimento avanzata nei confronti del conducente, del proprietario e dell'assicuratore r.c.a., ritenendo una responsabilità pari al 50%. La sentenza veniva appellata in via incidentale dalla Compagnia. Il Tribunale accoglieva l'appello incidentale riducendo il risarcimento: in particolare riteneva non dovuto il danno da fermo tecnico. Avverso questa sentenza Tizio proponeva ricorso in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, che il Tribunale avrebbe rigettato il suddetto risarcimento senza motivazione.

La questione

Il danno da fermo tecnico derivato al proprietario di un veicolo danneggiato a seguito di sinistro stradale a causa del mancato utilizzo dello stesso durante il periodo necessario alle riparazioni, deve essere sempre liquidato anche in assenza di prova specifica?

Le soluzioni giuridiche

La Terza Sezione Civile della Suprema Corte ha ritenuto il motivo di ricorso infondato avendo il Tribunale motivato che il danno da fermo tecnico deve essere allegato e provato, sia pure in via presuntiva. Tale posta di danno non può, quindi, considerarsi in re ipsa per il solo fatto che il veicolo è stato danneggiato in quanto il danno per indisponibilità del mezzo durante il tempo necessario alle riparazioni deve essere allegato e dimostrato, prova che non può constare nella mera indisponibilità del veicolo, bensì consistere nella dimostrazione della spesa sostenuta per procacciarsi un mezzo sostitutivo ovvero nella dimostrazione della perdita subita per avere dovuto rinunciare ai proventi ricavati dall'uso del mezzo. La Cassazione, dopo aver chiarito che tale decisione è conforme all'orientamento attualmente prevalente, richiama la pronuncia Cass., n. 20620/2015, sempre emessa dalla Terza Sezione. Con tale sentenza i Giudici di Piazza Cavour hanno, di fatto, effettuato una inversione rispetto ai precedenti orientamenti. Secondo un primo e più antico orientamento, (inaugurato dalla sentenza Cass., sez. III, 23 giugno 1972, n. 2109, cui hanno fatto seguito Cass., sez. III, 8 maggio 2012, n. 6907, non massimata; Cass., sez. III, 19 aprile 2013, n. 9626; Cass., Sez. III, 26 giugno 2015, n. 13215, non massimata), il danno da fermo tecnico andava liquidato anche in assenza di prova specifica. Il suddetto orientamento si fondava sul fatto che il proprietario del veicolo a motore sopportava necessariamente una perdita economica pari:

  • al pagamento della tassa di circolazione anche durante il periodo di sosta forzata;
  • al pagamento del premio assicurativo nello stesso periodo;
  • al deprezzamento del mezzo.

Nello stesso senso era la più recente ordinanza Cass., n. 22687/2013, che così statuiva: «è possibile la liquidazione equitativa del danno da fermo tecnico del veicolo a seguito di sinistro stradale anche in assenza di prova specifica, rilevando a tal fine la sola circostanza che il danneggiato sia stato privato del veicolo per un certo tempo, anche a prescindere dall'uso a cui esso era destinato. L'autoveicolo è, difatti, anche durante la sosta forzata, fonte di spesa (tassa di circolazione, premio di assicurazione) comunque sopportata dal proprietario, ed è altresì soggetto a un naturale deprezzamento di valore». Tale danno veniva, pertanto, ritenuto liquidabile anche in assenza di prova specifica, rilevando la sola privazione del veicolo per un certo tempo, prescindendo anche dall'uso a cui esso era destinato. La pronuncia del 2013 non mancava di richiamare i numerosi precedenti giurisprudenziali conformi e concludeva sul fatto che doveva ritenersi ormai superato il divergente orientamento, rappresentato principalmente dalle sentenze n. 12820/1999 e n. 17135/2011 della Suprema Corte, alla stregua del quale, l'inutilizzabilità del veicolo non costituiva prova in re ipsa del danno da fermo tecnico, dal momento che questo, al pari di qualsiasi altro danno, andava allegato e provato. Secondo l'orientamento favorevole al danneggiato, l'autoveicolo, difatti, veniva ritenuto una fonte di spesa (rappresentata da tassa di circolazione e premio di assicurazione) comunque sopportata dal proprietario anche durante la sosta forzata per le riparazioni, e soggetto ad un naturale deprezzamento di valore (Cass. n. 6907/2012 e n. 1688/20120). Con la pronuncia n. 20620/15, richiamata dalla sentenza in commento, invece, la Cassazione non ha più ritenuto condivisibile una simile tesi, considerando, in primo luogo, che nel nostro ordinamento non esistono danni in rebus ipsis e nessun risarcimento è mai esigibile in assenza di un concreto pregiudizio patrimoniale o non patrimoniale. L'estensore della decisione rileva che è erroneo ritenere che il danno possa essere liquidato in via equitativa ex art. 1226 c.c., una volta dimostrato semplicemente che il veicolo sia stato inutilizzato per un certo numero di giorni: una simile interpretazione costituirebbe una falsa applicazione dell'art. 1226 c.c., posto che tale norma non può rappresentare un commodus discessus per l'attore che non provi l'esistenza del danno, essendo la liquidazione equitativa consentita solamente quando il danno sia certo nella sua esistenza ma indimostrabile nel suo ammontare. Parimenti erroneo viene ritenuto l'assunto (di cui alla sentenza n. 20620/2015) secondo cui la sosta forzosa del veicolo comporta necessariamente un danno pari alla spesa sostenuta dal proprietario per la tassa di circolazione: tale tassa è stata trasformata dall'art. 5, comma 29, del d.l. 30 dicembre 1982, n. 953 (convertito nella l. 28 febbraio 1983, n. 53) in tassa sulla proprietà, ed è pertanto dovuta per il solo fatto dell'iscrizione del veicolo nel pubblico registro automobilistico (dunque a prescindere dalla sua circolazione). Erronea, ancora, viene ritenuta l'affermazione circa il danno rappresentato dalla spesa per il premio assicurativo “inutilmente pagato”, non solo in quanto il rischio che il veicolo possa causare danni a terzi non viene meno neanche durante il periodo delle riparazioni (come ad es. nel caso di incendio o danni causati a terzi durante il collaudo), ma anche in quanto rientra nelle possibilità del danneggiato chiedere all'assicuratore la sospensione dell'efficacia della polizza. Anche per quanto attiene il lamentato deprezzamento del veicolo, la sentenza n. 20620 del 2015 nega che il pregiudizio possa essere collegato necessariamente alla riparazione, potendo questa anche comportare un incremento di valore, come nel caso, ad es., di un veicolo obsoleto e malandato. Infine, viene riconosciuta “inaccettabilmente erronea” l'affermazione secondo cui l'indisponibilità del veicolo costituirebbe un danno patrimoniale a prescindere dall'uso a cui esso era destinato: «non potere utilizzare un veicolo per svago o diporto non costituisce una perdita patrimoniale, ma un pregiudizio d'affezione, come tale non risarcibile ai sensi dell'art. 2059 c.c., mancando la lesione d'un interesse della persona costituzionalmente garantito». La recente sentenza Cass., n. 124/2016 fa, quindi, proprie tutte le argomentazioni svolte nella richiamata pronuncia del 2015, ritenendo, quale orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, il fatto che il danno da fermo tecnico debba essere allegato e documentato e che la prova non possa avere ad oggetto la mera indisponibilità del mezzo bensì debba concretizzarsi nella dimostrazione della spesa sostenuta per acquistare/prendere in prestito un mezzo sostitutivo.

Osservazioni

Il danno da fermo tecnico, pertanto, non può più considerarsi quale «conseguenza automatica» dell'incidente, bensì il suo risarcimento dovrà essere sottoposto ad una «esplicita prova» non solo del fatto che il mezzo non potesse essere utilizzato durante il periodo delle riparazioni, ma anche del fatto che il proprietario avesse davvero necessità di servirsene e sia, però, dovuto ricorrere a mezzi sostitutivi, ovvero abbia perso l'utilità economica che ritraeva dall'uso del veicolo. Pertanto, attualmente, secondo il prevalente orientamento, così come seguito dalla sentenza n. 124 del 2016, il cd. danno da fermo tecnico non potrà essere ritenuto sussistente in re ipsa e, quindi, liquidato anche in assenza di rigorosi riscontri probatori, posto che nel nostro ordinamento giuridico non esistono danni in rebus ipsis. Il danno in senso giuridico, infatti, non può dirsi esistente solamente perché è stato leso un diritto, tenuto conto che la lesione del diritto è il presupposto del danno e quest'ultimo sussiste solo se dalla suddetta lesione sia derivata un perdita, patrimoniale o non patrimoniale. Appare, quindi, evidente che l'attuale giurisprudenza abbia abbandonato il favor nei confronti del proprietario danneggiato, privilegiando, invece, la necessità di assolvere all'onere probatorio incombente sulla parte istante

Detto orientamento appare condivisibile, anche se, per certi versi, restrittivo per il proprietario danneggiato. Appare, infatti, meno persuasiva l'ipotesi teorizzata di sospensione della garanzia assicurativa durante il tempo occorrente per le riparazioni: la facoltà di sospensione della garanzia, infatti, è normalmente accordata per periodi non frazionabili e ben più estesi dei pochi giorni occorrenti per riparare un veicolo mediamente incidentato. Si tenga conto, inoltre, che i tempi di espletamento generalmente necessari per le procedure connesse alla richiesta di sospensione dell'efficacia della polizza lasciano ipotizzare che possano già esaurire il periodo della sosta forzata rendendo, quindi, vana tale sorta di precauzione. Tanto basta per escludere che possa imputarsi al danneggiato, che non adotti una simile cautela, la tenuta di un comportamento negligente rilevabile ai sensi dell'art. 1227 c.c., così come, invece, ipotizzato nella sentenza n. 20620/2015. Relativamente al deprezzamento del veicolo è, anzi, convincente l'argomentazione secondo cui non è da considerarsi quale conseguenza necessaria del fermo tecnico, ma bensì danno eventuale da accertare caso per caso: esso è causato, infatti, dalla necessità della riparazione e non dalla durata di questa.