È responsabile la Banca per l’incasso dell’assegno da soggetti diversi dagli effettivi beneficiari
19 Giugno 2015
Massima
Va affermata la responsabilità della Banca che ha consentito l'incasso di assegni bancari a soggetti che non erano gli effettivi beneficiari per la violazione dell'obbligo di protezione nei confronti dei soggetti interessati al regolare pagamento del titolo, in conformità alle regole che ne disciplinano la circolazione e l'incasso, posto a suo carico ex lege dall'art. 43 R.D. n. 1736/1933. Sintesi del fatto
La Milano Assicurazioni S.p.a. intentava azione di risarcimento del danno subito nei confronti della Banca Popolare di Milano, che aveva negoziato tre assegni bancari non trasferibili emessi dalla Banca SAI S.p.a. in violazione dell'art. 43 R.D. 31 dicembre 1933, n.1736 (Disposizioni sull'assegno bancario) e senza la dovuta diligenza professionale, consentendone l'incasso a soggetti che non erano gli effettivi beneficiari. In primo grado il Tribunale rigettava la domanda e la Milano Assicurazioni S.p.a. impugnava la sentenza di primo grado deducendo che il Tribunale di prime cure: a) non aveva considerato che l'art. 43 della legge assegni deroga alla normativa dettata dagli artt. 1189 e 1192 c.c.; b) non aveva ritenuto rilevante la colpa della Banca Popolare di Milano nell'identificazione del beneficiario, nel ritenere che i soggetti che avevano incassato gli assegni fossero già titolari di rapporti di c/c con l'istituto di credito, nell'attribuire rilevanza alla corrispondenza delle firme di traenza con lo specimen depositato all'apertura dei c/c, all'apparente autenticità della carta di identità e della tessera relativa al codice fiscale; c) aveva ritenuto di modesta entità gli importi degli assegni; d) non aveva considerato la data di presentazione delle querele. La Banca Popolare di Milano si costituiva chiedendo il rigetto del gravame, opponendo che la speciale disciplina del citato art. 43 R.D. 31 dicembre 1933, n. 1736 sostenendo che l'istituto di credito, alla presentazione del titolo, deve limitarsi a controllare l'identità personale del portatore e verificare la regolarità del trasferimento del titolo con attento esame dello stesso, precisando che nella specie la verifica della regolarità era stata effettuata con esito positivo.
In motivazione «la Cassazione già con la sentenza n. 1098/1999 aveva negato l'efficacia liberatoria del pagamento dell'assegno bancario non trasferibile effettuato a soggetto non legittimato, rilevando che il citato art. 43 R.D. n. 1736/1933 "pone come norma primaria la esclusività del pagamento a favore del prenditore e disciplina appunto le relative modalità ... e anche là dove ... ammette l'unica ipotesi di girata - al banchiere per l'incasso regola appunto una speciale modalità di riscossione. Sicché ... la specialità della norma di cui all'art. 43 l.a. deve cogliersi nella disciplina autonoma (rispetto ad altri tipi di assegno a legittimazione variabile) dei modi di adempimento, piuttosto che nella intrasferibilità che vi è prevista come funzione della indefettibilità del pagamento a favore dell'unico legittimato, nel senso che il titolo non può circolare perché deve essere pagato al solo prenditore ... con la sanzione ... che il pagamento eseguito ad altri non è liberatorio. Il divieto di circolazione, insomma, in luogo di costituire la ragione stessa dell'obbligo di pagare il titolo alla sola persona del prenditore, di quell'obbligo è la conseguenza». «La inversa proposizione secondo la quale il titolo deve essere pagato al solo prenditore perché … non può circolare è contraddetta dalla constatazione che nel sistema dell'assegno la clausola ''non all'ordine" (art. 17 comma 2 R.D. n. 1736/1933) impedisce sì la circolazione del titolo, ma consente la trasmissione del credito nelle forme e con gli effetti della cessione ordinaria, sicché il titolo recante tale clausola può essere pagato a persona diversa dal prenditore. (…) Il confronto tra le due clausole offre per altro la conferma di una più piena tutela del prenditore dell'assegno non trasferibile, dovendo intendersi come significativa di una diversa volontà del legislatore la formulazione dell'art. 17, ultimo comma, R.D. n. 1736/1933 che si limita a porre il divieto nei confronti del prenditore (cui è inibita la girata come mezzo di trasferimento del titolo), ma non introduce nessuna disposizione che regoli i modi dell'adempimento, nè pone sanzioni a carico del banchiere debitore». «La caratteristica dell'art. 43 l.a. consiste nella speciale disciplina dell'adempimento con esso introdotta, non può dirsi arbitrario cogliere la ratio della norma nella esigenza di tutela del prenditore ... contro il rischio di smarrimento, distruzione e sottrazione, essendo in tal senso intesa la funzione pratica della clausola ''non trasferibile" nella comune opinione di chi la utilizza». « Se non è arbitrario identificare l'interesse protetto dell'art. 43 R.D. n. 1736/1933 in quello di presidiare la sicurezza del pagamento degli assegni non trasferibili, ponendo il prenditore al riparo dagli effetti dello spossamento e impedendo la riscossione a chi sia venuto in possesso del titolo a seguito dello smarrimento o attraverso la sottrazione, si deve riconoscere che l'unico effettivo rischio che compromette l'interesse protetto è quello che deriva non già da fatti inerenti alla inammissibile circolazione cartolare, ma dalla falsità personale del presentatore, venuto indebitamente in possesso del titolo e sostituitosi alla persona del prenditore» «Il principio che, per il carattere derogatorio dell'art. 43 R.D. n. 1736/1933 alla disciplina codicistica, nega la liberazione della banca, che effettua il pagamento in favore di persona diversa dal legittimato, dalla propria obbligazione finché non paghi nuovamente l'importo dell'assegno non trasferibile al prenditore esattamente individuato, a prescindere dalla sussistenza dell'elemento della colpa nell'errore sulla identificazione di quest'ultimo, è stato poi costantemente affermato dal giudice di legittimità (Cass. n. 3654/2003; Cass. n. 7653/2003; Cass. n. 12698/2003; Cass. n. 10118/2005; Cass. n. 18543/2006) e ulteriormente ribadito con la sentenza Cass., S.U., n. 14712/2007». La questione
La questione in esame è la seguente: esiste responsabilità a carico della banca per violazione dell'art. 43 R.D. n. 1736/1933, nel caso in cui alla presentazione dell'assegno non trasferibile per l'incasso si limita a controllare l'identità personale del portatore, non osserva l'obbligo di protezione dei soggetti interessati al regolare pagamento dell'assegno non trasferibile in conformità alle regole che ne disciplinano la circolazione e l'incasso e, nella fattispecie in causa, la banca ha agito con la dovuta diligenza professionale? Le soluzioni giuridiche
La giurisprudenza ha sempre affermato la responsabilità della banca che effettua il pagamento di un assegno non trasferibile a persona diversa dal beneficiario del titolo, in violazione delle specifiche regole poste dall'art. 43 R.D. n. 1736/1933, precisando che tale obbligo ha natura contrattuale a favore dei soggetti interessati al buon fine del pagamento e che la banca non si libera dall'obbligazione se non effettua il pagamento dell'assegno non trasferibile al prenditore esattamente individuato. Nel caso in esame correttamente il giudice ha effettuato attenta analisi della fattispecie nell'accertare la effettiva responsabilità dell'istituto di credito, emersa in relazione alla mancata tutela del prenditore indicato nell'assegno non trasferibile e nella violazione delle regole dettate dall'art. 43 R.D. n. 1736/1933 ha analizzato ed affermato la specialità della norma – l'art. 43 R.D. n. 1736/1933, precisando che è incompatibile con il principio di cui all'art. 1189 c.c., prevalendo su quest'ultimo in relazione alla specifica tutela del titolo non trasferibile. Ancora, l'organo giudicante precisa che l'unico effettivo rischio che compromette la tutela del beneficiario del titolo di credito non trasferibile è quello che deriva dalla falsità personale del presentatore. Conclude infine ritenendo che la diligenza professionale della banca non è desumibile, posto che due titoli sono stati negoziati lo stesso giorno in cui il conto corrente è stato aperto ed il terzo è stato negoziato il giorno successivo all'apertura del conto, dal che si desume che non può affermarsi che i soggetti che hanno riscosso gli assegni fossero noti alla Banca perché «già titolari di un regolare rapporto di conto corrente», che la conformità allo specimen della firma di girata è priva di rilevanza, dal momento che la firma di traenza sui titoli era stata apposta da chi aveva aperto i conti per poter incassare gli assegni, che il controllo dell'identità del presentatore tramite la carta di identità e il tesserino del codice fiscale, apparentemente regolari, non risponde alla prassi operativa suggerita dall'ABI per la corretta identificazione del presentatore del titolo al fine di prevenire illeciti analoghi a quello in esame. Osservazioni
Per un corretto accertamento della violazione di legge da parte dell'istituto di credito che effettua il pagamento di assegno non trasferibile a favore di persona diversa da quella registrata nel titolo di credito, ovvero la violazione della norma dettata dall'art. 43 R.D. n. 1736/1933, è necessario che nel corso del giudizio venga esaminato e valutato il comportamento tenuto dall'istituto di credito e la sua diligenza professionale nell'esaminare ed accettare il titolo presentato per l'incasso, con particolare attenzione alla individuazione della corrispondenza della persona beneficiaria dell'assegno e della persona che presenta il titolo all'incasso. Incombe quindi sull'avvocato l'onere di allegare, documentare e provare, in particolare, che l'attività svolta dall'istituto di credito non si sia svolta nel pieno rispetto delle regole dettate dall'art. 43 R.D. n. 1736/1933, e che il pagamento dell'assegno non sia stato effettuato a favore dell'effettivo beneficiario della somma; il suo incarico sarà supportato dalla citata giurisprudenza; incombe sull'avvocato di controparte l'onere di tempestivamente contestare tali assunti. La decisione definitiva spetta comunque solo al giudice, il quale dovrà tenere anche conto delle altre possibili circostanze che possano essere causa o concausa dei comportamenti tenuti dalla banca che ha provveduto al pagamento dell'assegno. È di tutta evidenza il fatto che, a fronte delle recenti norme di legge sulla tracciabilità dei pagamenti ed al possibile incremento dei trasferimenti di somme mediante pagamenti disposti direttamente sui conti correnti bancari dei beneficiari, si potrà assistere ad una possibile riduzione del contenzioso in casi analoghi, anche a fronte dell'interesse dei debitori alla riduzione dei tempi di gestione elettronica dei pagamenti rispetto alla tradizionale procedura cartacea. |