Decorso del termine triennale per la domanda di indennizzo da epatite post-trasfusionale

Mariateresa De Grandis
31 Maggio 2017

Il termine triennale per la presentazione dell'istanza in sede amministrativa decorre dal momento della conoscenza della correlazione tra l'epatite e l'intervento terapeutico praticato, da intendersi quale elemento costitutivo del diritto al beneficio indennitario.
Massima

Il soggetto interessato ad ottenere l'indennizzo ex art. 3, comma 1, l. 25 febbraio 1992, n. 210, è tenuto a presentare la domanda entro il termine perentorio di tre anni, che decorre dal momento in cui l'avente diritto abbia avuto conoscenza del danno. Ai fini della conoscenza del danno non può attribuirsi rilievo al mero dato dell'epoca della diagnosi, ma occorre far riferimento al momento in cui il soggetto abbia acquisito consapevolezza del nesso eziologico tra l'insorta patologia e la precedente trasfusione.

Il caso

A distanza di vent'anni dalla diagnosi di leucemia mieloide acuta, che richiedeva una lunga degenza nosocomiale presso strutture pubbliche e la sottoposizione a diverse emotrasfusioni, Mevio scopriva di aver contratto un'infezione cronica da HCV.

In data successiva alla scoperta della patologia, Mevio si sottoponeva ad approfondimenti clinici, nonché a visita medico-legale presso un professionista del settore, il quale lo rendeva edotto circa l'elevata probabilità che l'epatite contratta fosse di origine post-trasfusionale e, in pari tempo, lo indirizzava verso i benefici di legge, id est verso l'indennizzo di cui alla l. 25 febbraio 1992, n. 210.

Previa presentazione della domanda amministrativa al Dipartimento di Prevenzione della competente ASL locale, la visita specialistica presso la competente Commissione Medica Ospedaliera riconosceva la riconduzione causale della infermità ai risalenti episodi emotrasfusionali, determinando l'ascrivibilità della patologia all'ottava categoria della Tabella A, allegata al d.P.R. 30 dicembre 1981 n. 834.

Pur tuttavia, la prefata CMO riteneva la domanda intempestiva in quanto proposta oltre il triennio dalla data di conoscibilità della epatopatia da HCV, di tal guisa quindi il danneggiato proponeva ricorso gerarchico al Ministero della Salute.

Avverso la pronuncia di rigetto del Ministero della Salute, vertente sul medesimo presupposto della intempestività dell'azionata domanda, il sig. Mevio ricorreva al Tribunale di Bari – Sezione Lavoro.

La questione

Da quale momento decorre il termine triennale per la presentazione della domanda di indennizzo da epatite post-trasfusionale?

Le soluzioni giuridiche

Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Bari, Sez. Lavoro, ha inteso porre l'accento sulla decorrenza del termine per l'accesso ai benefici amministrativi di cui all'art. 3, l. 25 febbraio 1992, n. 210, escludendo che, a tal fine, debba venire in rilievo il momento della conoscibilità della epatopatia, ma occorrendo, invece, aver riguardo al momento in cui l'avente diritto abbia avuto conoscenza del danno.

Segnatamente, la semplice diagnosi della malattia, come risultante dagli accertamenti clinici, non è idonea a far decorrere il termine triennale per l'indennizzo amministrativo, poiché il danneggiato, all'epoca della conoscenza della patologia, non è ancora in grado di comprendere se essa sia il risultato di un processo naturale o sia frutto dell'azione lesiva occasionata dall'emotrasfusione subìta.

È necessario che la parte assuma piena e sicura consapevolezza del nesso eziologico tra la patologia e la trasfusione, alla quale, anche in epoca risalente, sia stato sottoposto.

E di questa correlazione egli può avere sicura conoscenza solo a partire dalla data della visita medico-legale presso uno specialista.

In altre parole, il termine perentorio entro il quale presentare la domanda amministrativa non decorre dalla scoperta della malattia, ma dal momento in cui i competenti organi clinici attestano l'esistenza del nesso di causalità tra la malattia epatica e l'emotrasfusione subìta.

Alla stregua dei predetti principi, dunque, non è la semplice conoscenza dell'epatite a far decorrere il termine triennale, bensì occorre una conoscenza qualificata, da improntarsi sulla consapevolezza del soggetto circa la derivazione causale degli effetti dannosi agli eventi di cui alla Legge in argomento.

Nella fattispecie sottoposta al vaglio giudiziale, il Tribunale di Bari ha appurato che il ricorrente aveva scoperto la malattia nel mese di novembre 2007 e che solo dopo approfondimenti clinici e visite specialistiche, nel mese di marzo 2012 era giunto a conoscenza, per il tramite di un medico-legale, della stretta correlazione tra l'insorta infermità e le politrasfusioni effettuate ben vent'anni prima.

Pertanto, ricostruito l'iter fattuale e cronologico della vicenda, il Giudice adito ha ritenuto la domanda amministrativa, presentata ad aprile 2012, tempestiva, in quanto «è chiaro che nel 2007 il ricorrente ha avuto contezza dell'infezione cronica da HCV, ma non può dirsi certo che da questa stessa data egli abbia acquisito consapevolezza anche del nesso causale tra patologia ed emotrasfusione. Di questa correlazione, invero, egli può aver avuto sicura conoscenza a partire dalla data della visita medico-legale eseguita da OMISSIS (quindi dal marzo 2012), ma non certo prima di tale momento, non essendovi agli atti documenti idonei a dimostrare il contrario. È quindi senz'altro da escludere che il ricorrente sia incorso nella decadenza stabilita dall'art. 3, comma 1, cit., dovendosi al contrario reputare che la domanda amministrativa sia stata presentata nel termine di tre anni stabilito dalla citata norma».

In buona sostanza, quindi, in tema di indennizzo spettante ai soggetti danneggiati da emotrasfusioni infette, il termine triennale per la presentazione dell'istanza in sede amministrativa decorre dal momento della conoscenza della correlazione tra l'epatite e l'intervento terapeutico praticato, da intendersi quale elemento costitutivo del diritto al beneficio indennitario (Cass. civ., 15 dicembre 2015, n. 25265).

Osservazioni

La questione affrontata dal Tribunale di Bari è degna di nota perché sottolinea l'esatta formulazione dell'art. 3, l. 25 febbraio 1992, n. 210.

A dispetto delle considerazioni sottese alla reiezione dell'indennizzo da parte della CMO e del Ministero della Salute, il citato art. 3 prevede espressamente che i termini per la presentazione della domanda amministrativa “decorrono dal momento in cui l'avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno”.

La “conoscenza del danno” non si identifica sic et simpliciter con la scoperta della malattia, ma investe il momento in cui risulta possibile, anche solo in via astratta, ascrivere l'infermità all'episodio trasfusionale.

La ratio di simile previsione risiede nel dato, pressoché pacifico, che gli effetti dannosi correlabili alla legge in argomento non sono sempre percettibili immediatamente, ben potendo verificarsi invece il processo morboso a distanza di tempo, anche notevole, dalla sottoposizione ad emotrasfusioni.

Il principio caratterizzante la previsione normativa, recepito anche dagli arresti giurisprudenziali menzionati nel presente lavoro (cfr. sentenza commentata ed estremi conformi), consiste nel riconoscimento della lungolatenza di alcune patologie, quali per l'appunto l'epatite cronica, che può verosimilmente conclamarsi addirittura dopo un ventennio, come nella vicenda analizzata dalla pronuncia in commento.

Pertanto, ai fini della riconoscibilità di un danno da epatite post-trasfusionale occorre, in primo luogo, affidarsi ad una circostanziata indagine specialistica, che evidenzi la stretta correlazione tra l'insorta infermità e l'evento (o gli eventi) di derivazione trasfusionale.

Assunta piena e sicura consapevolezza del nesso eziologico, come innanzi precisato, è possibile presentare la domanda di indennizzo entro e non oltre il termine perentorio di decadenza di tre anni.

Per dovere di completezza espositiva, corre l'obbligo di evidenziare, in ultima analisi, come il termine triennale in argomento sia stato introdotto dalla l. 25 luglio 1997, n. 238, non essendovi in precedenza, e precisamente sotto l'originaria formulazione della l. 25 febbraio 1992, n. 210, puntuale regolamentazione per le infezioni da emotrasfusioni.

L'art. 3, comma 1, l. 25 febbraio 1992, n. 210, nel testo previgente infatti, disponeva che, ai fini del conseguimento dell'indennizzo, la domanda dovesse essere inoltrata al Ministro della Sanità nel termine perentorio di tre anni nel caso di vaccinazioni, o di dieci anni nei casi di infezioni da HIV.

Il termine decorreva, in entrambi i casi, dal momento in cui l'avente diritto aveva avuto conoscenza del danno, sulla base della documentazione medica di cui ai commi 2 e 3 della citata legge.

Rispetto, invece, alle epatiti post-trasfusionali, non era previsto alcun termine di decadenza.

La l. n. 238 del 1997, art. 1, comma 9, ha sostituito il testo dell'art. 3, comma 1, l. 25 febbraio 1992, n. 210 stabilendo che i soggetti interessati a ottenere l'indennizzo di cui all'art. 1, comma 1, sono tenuti a presentare alla ASL (ex USL) territorialmente competente le relative domande, indirizzate al Ministro della Sanità, entro il termine perentorio di tre anni nel caso di vaccinazioni o di epatiti post trasfusionali o di 10 anni nei casi di pensioni da HIV.

I termini decorrono dal momento in cui l'avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno.

Sanato il vulnus legislativo, non può sottacersi, tuttavia, come l'introduzione di un termine ad hoc per le ipotesi de quibus non poteva che comportare contrasti interpretativi e difficoltà attuative, ponendo serio il sospetto che si potesse assistere ad una sperequazione a discapito dei soggetti affetti da epatite già in epoca precedente alla novella del 1997.

Sul punto, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito che il termine triennale di decadenza per il conseguimento della prestazione indennitaria per epatite post- trasfusionale, contratta in epoca antecedente all'entrata in vigore della l. 25 luglio 1997, n. 238, decorre dal 28 luglio 1997, data di entrata in vigore della nuova disciplina, dovendosi ritenere, conformemente ai principi generali dell'ordinamento in materia di termini, che, ove una modifica normativa introduca un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applichi anche alle situazioni soggettive già in essere, ma la decorrenza del termine viene fissata con riferimento all'entrata in vigore della modifica legislativa (Cass. civ., Sez. Un., 22 luglio 2015, n. 15352, con nota di A. Paganini, Danni da emotrasfusione: Le Sezioni Unite decidono sull'applicazione retroattiva dei termini decadenziali, in Diritto&Giustizia, fasc. 29, 2015, pag. 58).

Atteso quanto innanzi, la proposizione della domanda amministrativa per il conseguimento dell'indennizzo da epatite post-trasfusionale, anche se contratta precedentemente alle disposizioni legislative del 1992 e del 1997, come verificatosi nella fattispecie decisa dal Tribunale di Bari, è soggetta al termine perentorio di tre anni, decorrente non dall'epoca della diagnosi ma dal momento in cui il soggetto acquista consapevolezza, usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche, del nesso eziologico tra patologia e trasfusione (Cass. civ., Sez. Lav., 14 ottobre 2014, n. 21649).