I termini per la rettifica pro contribuente della dichiarazione

25 Gennaio 2016

Con l'ordinanza del 3 novembre 2015, n. 22443, la Corte di Cassazione ha riaffermato la possibilità di presentare una dichiarazione integrativa a favore del contribuente entro i termini per effettuare l'accertamento (quindi, entro i quattro anni successivi a quello di presentazione della dichiarazione originaria) e non entro il termine annuale, come sostenuto dall'Agenzia delle Entrate. Tale ordinanza si allinea a quanto già sancito da altre pronunce della Corte (cfr. Cass. civ. 27 febbraio 2015, n. 4049, id. 1° aprile 2015, n. 6665), che hanno stabilito che il termine di un anno si applichi solo nel caso in cui dalla nuova dichiarazione emerga un credito da utilizzare in compensazione.
Massima

In tema d'imposte sui redditi, la dichiarazione affetta da errori di fatto o di diritto da cui possa derivare, in contrasto con l'art. 53 Cost., l'assoggettamento del contribuente a tributi più gravosi di quelli previsti per legge é emendabile entro i termini previsti per la notifica degli avvisi di accertamento ed anche in sede contenziosa, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui all'art. 2, comma 8-bis, del D.P.R. n. 322 del 1998 sia circoscritto ai fini dell'utilizzabilità in compensazione, ai sensi dell'art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997, dell'eventuale credito risultante dalla rettifica.

Il caso

Il caso di specie trae origine da un accertamento da studi di settore emesso nei confronti di una società cooperativa. Il giudice di primo grado confermava la legittimità della cartella di pagamento nella parte in cui aveva escluso la possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi in sede contenziosa.

La CTR aggiungeva che la dichiarazione integrativa ai sensi dell'art. 8-bis, D.P.R. n. 322/1998, tesa ad emendare eventuali errori commessi nella compilazione del modello unico, per produrre effetti in favore del contribuente, doveva intervenire entro il termine di presentazione della dichiarazione per il periodo d'imposta successivo.

Le questioni

Le questioni fondamentali che emergono dalla pronuncia in commento sono:

  • i termini per la presentazione di una dichiarazione integrativa a favore del contribuente;
  • l'emendabilità della dichiarazione anche in corso di giudizio.

Le soluzioni giuridiche

La normativa relativa alle dichiarazioni integrative

Come previsto dalla normativa attualmente in vigore, i termini per presentare una dichiarazione dei redditi integrativa sono diversi a seconda che gli errori o omissioni commessi abbiano comportato originariamente la determinazione di un minore reddito e quindi di una minore imposta dovuta (c.d. dichiarazione integrativa sfavorevole al contribuente), ovvero abbiano determinato l'indicazione di un maggior reddito o comunque di maggior debito d'imposta o di un minore credito (c.d. dichiarazione integrativa favorevole al contribuente).

Nel primo caso, la dichiarazione integrativa può essere presentata entro i termini previsti per la notifica degli avvisi di accertamento e, quindi, generalmente, entro i quattro anni successivi al termine di presentazione della dichiarazione originaria (art. 2, comma 8, del D.P.R. 322/1998).

Nel secondo caso, invece, il termine sembrerebbe essere quello prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo (art. 2, comma 8-bis, del D.P.R. 322/1998). In realtà, la questione non sembra essere così scontata come di seguito esposto.

I termini per la presentazione di una dichiarazione integrativa a favore del contribuente

Nel caso della presentazione di una dichiarazione a favore, è necessario distinguere la fattispecie in cui, a seguito della presentazione dichiarativa, emerga un credito da utilizzare per compensare imposte di diversa tipologia (compensazione c.d.orizzontale” ai sensi dell'art. 17 D.Lgs. n. 241/1997), da quella in cui il credito venga utilizzato in altro modo.

Nella prima ipotesi, il termine sarebbe quello breve, mentre, se il maggior credito emerso non venisse utilizzato per la compensazione, perché, ad esempio, chiesto a rimborso, si dovrebbero considerare i termini previsti per la notifica degli avvisi di accertamento. Infatti, il secondo periodo del suddetto comma 8-bis sancisce che: “l'eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del Decreto legislativo n. 241/1997”. Da questo inciso normativo, emerge che il comma 8-bis dell'art. 2 del D.P.R. n. 322/1998 detta una speciale disciplina, in base alla quale il contribuente può rettificare la propria dichiarazione dei redditi entro il termine per la presentazione di quella successiva, con la possibilità di utilizzare in compensazione il credito che ne deriva; ciò, tuttavia, non esclude che il contribuente possa integrare a proprio favore la dichiarazione, ai sensi del comma 8 dello stesso articolo, entro il termine, più lungo, di decadenza dell'attività accertatrice da parte del Fisco, senza, però, in tal caso, potersi avvalere della possibilità di utilizzare in compensazione il credito eventualmente risultante, così come sostenuto anche dalla giurisprudenza di merito (così, ex multis, CTR Toscana, 18 gennaio 2011, n. 8, CTP Modena 5 maggio 2009, n. 66, CTP Mantova del 5 marzo 2012, n. 75/02/12, e CTP Mantova del 31 ottobre 2014, n. 314/2014).

Ciò è stato confermato anche dalla Corte di Cassazione, con altre pronunce (cfr. Cass. civ. 31 gennaio 2011, n. 2226, id. 14 maggio 2013, n. 11500).

Di diverso avviso, invece, sembrerebbe essere un'isolata pronuncia della stessa Cassazione (cfr. Cass. civ., 24 giugno 2014, n. 14294), la quale, a seguito di una dichiarazione integrativa presentata da un contribuente per richiedere il riconoscimento di detrazioni relative a spese per il recupero del patrimonio edilizio, ha ritenuto applicabile il termine breve. Dalla lettura del testo di quest'ultima pronuncia, però, non si capisce che tipologia di detrazioni fossero quelle oggetto del contendere e, soprattutto, come fossero state utilizzate. Inoltre, si evidenzia come, per giustificare la propria decisione, la Corte ha citato l'ordinanza n. 11500/2013, già citata, che, invece, come già visto, ritiene applicabile il termine breve solo nel caso in cui dalla dichiarazione dei redditi emerga un credito da utilizzare in compensazione.

A conferma dell'emendabilità di una dichiarazione a favore del contribuente oltre l'anno e sempre nell'ipotesi in cui l'eventuale credito risultante dall'integrativa non venga utilizzato in compensazione, si cita anche un'altra sentenza della Corte di Cassazione (cfr. 30 maggio 2014, n. 12149), con la quale è stata affermata la possibilità dell'emendabilità della dichiarazione in giudizio. In particolare è stato sancito dai giudici di legittimità che “è invero ius receptum che, per opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria espressa in atto impositivo, il contribuente, alla luce dei principi costituzionali di capacità contributiva e di buona amministrazione, può emendare, anche in sede contenziosa, la propria dichiarazione fiscale (che sia dichiarazione di scienza), allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella relativa redazione ed incidenti sull'obbligazione tributaria”.

È evidente che la Corte di Cassazione, prendendo in esame il caso di alcuni eredi che aveva commesso errori nel compilare la dichiarazione del de cuius, da cui, se predisposta correttamente, sarebbe emerso un maggiore credito da chiedere a rimborso, e statuendo che la presentazione delle dichiarazione correttiva è possibile anche nel corso di un contenzioso tributario, ha ritenuto applicabile il termine lungo, anche se ciò può comportare dei benefici al contribuente. Del resto, nel caso esaminato dai giudici di legittimità, è inimmaginabile che il contenzioso sia stato instaurato entro un anno dalla presentazione della dichiarazione originaria.

È necessario comunque evidenziare che anche l'Agenzia delle Entrate, a commento di alcuni istituti, si è conformata a questa interpretazione. Infatti, in un documento di prassi, ha previsto esplicitamente la possibilità per il contribuente di indicare i costi cosiddetti “black list”, precedentemente non indicati, presentando una dichiarazione integrativa entro i termini per la decadenza dei controlli (cfr. Circolare del 3 novembre 2009, n. 46/E, tabella riepilogativa, terza allinea, quinta colonna, del paragrafo 5).

Recentemente, invece, l'Agenzia delle Entrate, pur ritenendo possibile la possibilità per il contribuente di riliquidare le dichiarazioni dei redditi, ha affermato che quella integrativa a favore deve essere presentata comunque entro il termine di un anno, a prescindere se viene richiesto o meno l'utilizzo del credito.

In particolare, con una circolare (24 settembre 2013, n. 31) è stata di fatto avvalorata la tesi secondo la quale, in caso di errori favorevoli al contribuente, si possono presentare dichiarazioni integrative. Infatti, l'Agenzia ha sostenuto che, se il risultato dell'esercizio in cui è stato commesso l'errore è a favore del contribuente, è necessario riliquidare tutte le dichiarazioni fino a quella rispetto alla quale è ancora possibile la presentazione. Quest'ultima deve tenere conto delle varie modifiche effettuate nelle precedenti dichiarazioni, le quali, anche se riliquidate, devono restare a disposizione per giustificare le correzioni.

In altri termini, l'Agenzia delle Entrate, pur non ritenendo esplicitamente applicabile l'art. 2, co. 8 anche alle dichiarazioni a favore del contribuente, conferma di fatto la tesi sostenuta fino ad ora, ovvero che anche per le correzioni favorevoli al contribuente è sempre possibile presentare delle dichiarazioni integrative che tengano conto di tali circostanze.

La suddetta procedura, però, essendo stata prevista per la correzione di errori contabili, potrebbe non essere utilizzabile in altri casi, come in quello in cui un contribuente abbia dichiarato erroneamente una base imponibile pari ad Euro 1 milione, invece di Euro 100 mila. Di fronte a tale fattispecie e trascorso l'anno di cui sopra, il contribuente, non dovendo riliquidare le dichiarazioni precedenti, avrebbe come unica possibilità quella di dichiarare correttamente, presentando un'integrativa a proprio favore. Qualora tale proceduta dovesse essergli preclusa, avendo lo stesso contribuente versato le imposte, facendo riferimento ad alla base imponibile corretta, pari ad Euro 100 mila, anziché a quella maggiore erroneamente indicata in dichiarazione, potrebbe subire ingiustamente una riscossione forzata. Infatti, gli Uffici, prendendo riferimento quanto erroneamente dichiarato nella dichiarazione originaria e non riconoscendo la dichiarazione integrativa presentato oltre l'anno, procederebbero alla liquidazione di maggiori imposte rispetto a quelle versate, con tutte le conseguenze del caso.

Osservazioni

Come si è cercato di esporre precedentemente, la giurisprudenza è unanime nel ritenere possibile la presentazione di una dichiarazione a favore del contribuente entro i termini previsti per effettuare gli accertamenti, a meno che dalla stessa non emerga un credito, il cui utilizzo venga richiesto in compensazione.

Questa interpretazione della norma permette così al contribuente di procedere a rettificare errori che lo hanno penalizzato nella determinazione delle imposte dovute, utilizzando i termini più lunghi previsti dal legislatore.

In caso contrario, lo stesso contribuente sarebbe assoggettato ad un prelievo forzato indebito non compatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva - art. 53 Cost., comma 1 - e dell'oggettiva correttezza dell'azione amministrativa - art. 97 Cost., co.1 (vedi anche Cass. civ., 31 gennaio 2011, n. 2226).

In particolare, la maggiore base imponibile determinata non sarebbe coerente con la reale situazione fiscale del contribuente; e questo in completo spregio del principio di capacità contributiva, costituzionalmente garantito. Infatti, la regola posta dall'art. 53 Cost. impone di privilegiare l'interpretazione favorevole al contribuente che non può essere soggetto al pagamento di tributi non dovuti. Non è superfluo rilevare che in uno Stato di diritto non deve essere consentito ad un'Amministrazione pubblica di legittimare, in qualsiasi forma, la propria pretesa, allorquando il pagamento dell'imposta sia dovuto ad un errore del contribuente (cfr. CTP Varese, 20 gennaio 2014, n. 32/5/14).

Inoltre, non va dimenticato che gli interessi dell'Erario sarebbero comunque salvaguardati dal momento che i termini per l'accertamento verrebbero riaperti.

Come chiarito dalla stessa Agenzia delle Entrate, in caso di presentazione di una dichiarazione integrativa, i termini per l'accertamento e, quindi, per la valutazione dell'applicazione delle disposizioni al caso concreto, vengono ricalcolati: “a partire dall'anno di presentazione della dichiarazione integrativa, in relazione e nei limiti degli elementi “rigenerati” in tale dichiarazione” (cfr. Agenzia delle Entrate, Circolare 24 settembre 2013, n. 31/E, par. 8).

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