Leasing immobiliare a mezzo contratto di appalto e detassazione del reddito di impresa

Mauro Tortorelli
19 Gennaio 2016

Con sentenza n. 22480, depositata in data 4 novembre 2015, la Cassazione stabilisce che, ai fini dell'applicazione dell'agevolazione contemplata dall'art. 4 della c.d. Legge Tremonti bis, non vi è alcuna differenza tra contratto di leasing finanziario e contratto di leasing di immobile realizzato in appalto. In tale ultimo contesto, è evidente come non rilevi l'ordinario criterio della determinazione del reddito di impresa secondo il principio di competenza economica, e di conseguenza il criterio dello stato di avanzamento lavori, bensì il costo complessivo dell'investimento.
Massima

Dalla previsione normativa di cui all'art. 4, L. 18 ottobre 2001, n. 383 (c.d. Tremonti bis), non è dato evincere alcuna differenziazione tra contratto di leasing finanziario e contratto di leasing di immobile realizzato in appalto. Sul piano del computo dell'agevolazione prevista a favore dell'utilizzatore, ne consegue il rilievo del costo complessivo dell'investimento sostenuto dalla società concedente e non dei corrispettivi liquidati in base allo stato di avanzamento lavori.

Il caso

Una società stipulava un contratto di leasing finanziario per l'edificazione di un capannone industriale. In forza di quanto previsto dall'art. 4, L. n. 383/2001, la società godeva dell'agevolazione relativa alla parziale detassazione del reddito di impresa.

Muovendo dalla premessa secondo cui la costruzione dell'immobile, posta a carico della società di leasing concedente, era avvenuta in forza di un contratto di appalto a porzioni o consegne differite, l'Agenzia delle entrate riteneva di dover determinare il beneficio fiscale sulla base del valore parziale dell'investimento riconducibile agli stati di avanzamento lavori (v. artt. 1660 e 1666 c.c.), in ragione del fatto che il pagamento delle singole opere realizzate doveva ritenersi espressione dell'accettazione della porzione di opera realizzata e, quindi, dell'investimento effettuato.

La questione

Il quadro normativo

La Legge 18 ottobre 2001, n. 383 (“Primi interventi per il rilancio dell'economia“) all'art. 4 (“Detassazione del reddito di impresa e di lavoro autonomo reinvestito”), per quanto qui rileva, recita:

“1. È escluso dall'imposizione del reddito di impresa e di lavoro autonomo il 50 per cento del volume degli investimenti in beni strumentali realizzati nel periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge successivamente al 30 giugno e nell'intero periodo di imposta successivo, in eccedenza rispetto alla media degli investimenti realizzati nei cinque periodi di imposta precedenti, con facoltà di escludere dal calcolo della media il periodo in cui l'investimento è stato maggiore.

[…]

4. Per investimento si intende la realizzazione nel territorio dello Stato di nuovi impianti, il completamento di opere sospese, l'ampliamento, la riattivazione, l'ammodernamento di impianti esistenti e l'acquisto di beni strumentali nuovi anche mediante contratti di locazione finanziaria. L'investimento immobiliare è limitato ai beni strumentali per natura.

[…]

8. Le modalità di applicazione dell'incentivo fiscale sono, per il resto, le stesse disposte con l'articolo 3 del decreto legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489.”.

Dal quadro normativo di riferimento emerge che l'agevolazione compete sia in caso di acquisto in proprietà del bene nuovo, sia in caso di acquisizione tramite contratto di locazione finanziaria.

Riguardo al computo della quota di costo sostenuto da detassare, in caso di acquisto della proprietà del bene rileva il costo sostenuto dall'acquirente; in caso di acquisizione tramite contratto di leasing rileva il costo di acquisto sostenuto dalla società concedente (v. Agenzia delle Entrate, Circolare 17 ottobre 2001, n. 90/E, nonché artt. 75 e 76 – ora 109 e 110 TUIR).

Nella diversa ipotesi di investimento realizzato attraverso un contratto di appalto a terzi, sia in caso di acquisto diretto sia attraverso il ricorso al contratto di leasing, per l'Agenzia delle entrate l'importo dell'investimento che rileva in ciascun periodo agevolato è dato dall'ammontare dei corrispettivi liquidati in base allo stato di avanzamento lavori, indipendentemente dalla durata infrannuale o ultrannuale del contratto di appalto. Alla luce degli articoli 1655 e ss. c.c., infatti, la somma liquidata sulla base dello stato di avanzamento lavori permette di individuare con certezza la porzione di opera realizzata e agevolabile in seno a ciascun periodo d'imposta.

L'interpretazione dell'Agenzia delle entrate non è condivisa dalla giurisprudenza di legittimità che, anche con la sentenza in esame, nega ogni rilievo alla valenza del costo parziale corrisposto in sede di stato di avanzamento lavori, privilegiando il costo complessivo dell'investimento.

Le soluzioni giuridiche

La prassi amministrativa

Il disposto normativo che ci occupa è stato oggetto di un documento di prassi dell'Agenzia delle entrate ove, per quanto qui rileva, si esaminano i casi di investimenti in beni, mobili e immobili, acquisiti mediante contratto di locazione finanziaria e di investimento in beni immobili acquisiti tramite locazione finanziaria e realizzati in appalto (v. Circ. 17 ottobre 2001, n. 90/E, par. 3.2 e par. 3.2.1).

Per l'Agenzia delle entrate, in via generale, in caso di investimento in beni agevolabili acquisiti tramite contratto di leasing, il riconoscimento a favore dell'utilizzatore del diritto al beneficio della detassazione del reddito di impresa riposa nella volontà del legislatore di:

  • non interferire nelle scelte aziendali tra acquisizione dei beni in proprietà o in leasing al fine di assicurarne la neutralità fiscale (cfr. relazioni ministeriali ai D.L. n. 414/1989 e n. 90/1990, recanti modifiche all'art. 67, ora 102 del TUIR);
  • privilegiare la sostanza economico-finanziaria del contratto di leasing rispetto alla sua forma giuridica, come statuito in tema di contratto di leasing dai principi contabili internazionali (v. IAS n. 17).

In caso di investimenti in beni, mobili e immobili, acquisiti mediante contratto di locazione finanziaria (non in appalto), l'Agenzia afferma che l'agevolazione spetta unicamente all'utilizzatore con riferimento al periodo di imposta nel corso del quale il bene è consegnato. Ai fini del computo dell'agevolazione, il costo corrisponde a quello sostenuto dal concedente per l'acquisto dei beni, al netto delle spese di manutenzione. Non rileva il prezzo corrispettivo pattuito per il riscatto (circ. citata, par. 3.2).

Nel prosieguo, l'Agenzia afferma che l'agevolazione spetta anche nell'ipotesi in cui la società di leasing realizzi, in appalto, un immobile allo scopo di concederlo in locazione finanziaria all'utilizzatore che assume l'obbligo di corrispondere importi una tantum e canoni periodici, con possibilità di opzione di acquisto alla scadenza del contratto (par. 3.2.1). Al fine del godimento del beneficio, il contratto di leasing immobiliare deve prevedere, a favore dell'utilizzatore, il diritto di controllo dell'esecuzione del contratto di appalto e il diritto di approvazione dei pagamenti degli stati di avanzamento lavori.

A tale proposito, l'Agenzia conclude affermando che l'importo del valore dell'investimento dell'utilizzatore, da assumere a base del calcolo per la parziale detassazione del reddito di impresa, corrisponde al valore dei corrispettivi che la società di leasing concedente risulta aver liquidato all'appaltatore, in ciascun periodo d'imposta agevolato, in base agli stati d'avanzamento lavori pattuiti nel contratto di appalto a terzi.

La giurisprudenza di legittimità

Chiamata a pronunciarsi sull'agevolazione di legge in argomento, la giurisprudenza di legittimità, da un lato, ha ritenuto che il legislatore abbia voluto assicurare all'imprenditore il medesimo trattamento premiale in caso di acquisto del bene o di sua acquisizione mediante contratto di leasing finanziario.

Dall'altro lato, sul piano del computo dell'agevolazione, al pari di quanto affermato dall'Agenzia nel documento di prassi, la Suprema Corte ha ritenuto che, in caso di acquisizione del bene in leasing, l'equiparazione fiscale doveva assicurarsi riconoscendo all'utilizzatore il beneficio calcolato sul costo sostenuto dalla società concedente (Cass. civ., sez. trib., 27 febbraio 2015, n. 4028; id. 4 settembre 2013, n. 20274 e 6 giugno 2012, n. 9096).

Sennonché, in caso di acquisizione di immobile tramite leasing immobiliare a mezzo contratto di appalto, la giurisprudenza di legittimità ha poi precisato che anche in tal caso la base del calcolo della detassazione del reddito di impresa era costituita dal costo di acquisizione del bene da parte della società di leasing, a nulla rilevando l'importo dei corrispettivi liquidati all'appaltatore in base agli stati d'avanzamento lavori pattuiti nel contratto di appalto a terzi,come ritenuto dall'Agenzia delle entrate.

Osservazioni

La sentenza in esame si pone nel solco tracciato dai precedenti della Suprema Corte. Nel rigettare l'interpretazione dell'Amministrazione finanziaria, a sostegno della decisione assunta, la Suprema Corte (ri)afferma, seppure genericamente, l'inconferenza del principio di competenza economica di cui all'art. 75 (ora art. 109) del TUIR, avanzato nel ricorso dall'Agenzia a sostegno della riconducibilità del valore dell'investimento ai pagamenti eseguiti in relazione agli stati di avanzamento lavori (v. circ. n. 90/E/2001, punto 3.2.1).

Per comprenderne la sottesa ragione, occorre considerare che, in estrema sintesi, il principio di competenza assolve la sola funzione di individuare l'esercizio in cui i componenti positivi e negativi del redditopossono ritenersirealizzatisecondo i criteri di legge previsti dal legislatore tributario. Esso rileva, quindi, ai fini della giusta determinazione del reddito di impresa, considerata l'espressa previsione normativa dell'autonomia di ogni singolo periodo d'imposta (v. art. 7, ai fini IRPEF, e art. 76, ai fini IRES, del TUIR; cfr. Cass. civ., sez. trib., 21 dicembre 2007, n. 27008 e ancora CTP, Matera 14 aprile 2015, n. 213).

L'art. 4, Legge n. 383/2001, viceversa, è una norma speciale che regola esclusivamente un'agevolazione fiscale concepita come una detassazione del reddito di impresa.

La relativa disciplina è volta, quindi, solo ad agevolare gli investimenti in elementi patrimoniali nuovi. A tal uopo, si è già precisato che in capo al beneficiario la norma premiale presuppone una necessitata equivalenza tra (il costo per) l'acquisizione o la realizzazione in proprio del bene e (il costo per) l'acquisizione tramite contratto di leasing. All'evidente scopo di assicurare la neutralità fiscale del tipo di acquisizione, senza condizionare la scelta dell'imprenditore beneficiario.

In tale contesto, è evidente come non rilevi l'ordinario criterio della determinazione del reddito di impresa secondo il principio di competenza economica, e di conseguenza il criterio dello stato di avanzamento lavori, invocato in giudizio dall'Agenzia delle entrate.

Proseguendo nell'analisi, la sentenza in commento appare condivisibile anche perché il computo del beneficio secondo il criterio dei corrispettivi riconosciuti in base agli stati di avanzamento potrebbe portare a risultati abnormi per il beneficiario che, in alcuni casi, potrebbe vedersi negata una parte dell'agevolazione.

Si consideri l'esempio che segue.

Esempio: investimenti agevolati ai sensi dell'art. 4, L. n. 383/2001

[Periodi interessati: 1 luglio/31 dicembre 2001 e anno 2002]

  • Stupula contratto di leasing immobiliare a mezzo di appalto: 1 gennaio 2002;
  • Accettazione del primo SAL: 31 ottobre 2002
  • Accettazione del secondo SAL: 31 marzo 2003.

Applicando il criterio dello stato di avanzamento lavori, l'importo agevolabile sarebbe pari a quello accettato il 31 ottobre. La parte dei lavori relativa al periodo novembre-dicembre, seppure eseguita nel periodo d'imposta agevolabile, nel calcolo della detassazione del reddito andrebbe persa perché l'investimento risulterebbe realizzato con lo stato di avanzamento lavori concluso e accettato nell'esercizio successivo a quello ultimo (2002) previsto dalla legge.

In tal caso, si realizzerebbe una disparità di trattamento rispetto all'ipotesi di acquisto diretto della proprietà del bene oggetto dell'investimento, laddove il beneficiario godrebbe appieno della norma premiale. Con conseguente violazione della neutralità fiscale della scelta della forma di acquisizione del bene pretesa dal legislatore.

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