Le “ganasce fiscali” non bloccano la tassa

Andrea Lazzaron
21 Aprile 2017

È infondata la questione di legittimità costituzionale della legge regionale che escluda la sospensione dell'obbligo di pagamento della tassa automobilistica durante il periodo di fermo della vettura disposto dall'agente della riscossione.
Massima

È infondata la questione di legittimità costituzionale della legge regionale che escluda la sospensione dell'obbligo di pagamento della tassa automobilistica durante il periodo di fermo della vettura disposto dall'agente della riscossione. La debenza della tassa automobilistica relativamente a vettura sottoposta a fermo amministrativo da parte dell'agente della riscossione (nel caso di specie, Equitalia Centro S.p.A), infatti, non contrasta con l'esenzione dal tributo (nella diversa ipotesi di fermo disposto dall'autorità amministrativa o da quella giudiziaria) prevista, in via di eccezione, dal D.L. 30 dicembre 1982, n. 953, e rientra, invece, nella regola – innovativamente introdotta dallo stesso – che vuole quel tributo correlato non più alla circolazione, ma alla proprietà del mezzo.

Il caso

Nel corso di un giudizio promosso contro la Regione Toscana ed Equitalia Centro S.p.A. per l'annullamento di una cartella esattoriale emessa per mancato pagamento della tassa automobilistica che la ricorrente assumeva da lei non dovuta in quanto relativa a periodo in cui l'autovettura di sua proprietà era gravata da fermo amministrativo, la Commissione tributaria provinciale di Firenze sollevava questione di legittimità costituzionale della disposizione di legge regionale (art. 8-quater della Legge della Regione Toscana 22 settembre 2003, n. 49) a tenore della quale “La trascrizione presso il PRA del provvedimento di fermo derivante dalla procedura di riscossione coattiva di crediti di natura pubblicistica non esplica effetti ai fini della interruzione e sospensione dell'obbligo tributario”.

La remittente denunciava il contrasto di tale disposizione con l'art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione, in relazione all'art. 5, comma 36, del D.L. n. 953/1982 (convertito, con modificazioni, nella Legge 28 febbraio 1983, n. 53) secondo il quale “La perdita del possesso del veicolo o dell'autoscafo per forza maggiore o per fatto di terzo o la indisponibilità conseguente a provvedimento dell'autorità giudiziaria o della Pubblica Amministrazione, annotate nei registri indicati nel trentaduesimo comma, fanno venir meno l'obbligo del pagamento del tributo per i periodi d'imposta successivi a quello in cui è stata effettuata l'annotazione”.

Veniva inoltre denunciato il contrasto della disposizione della legge della Regione Toscana con l'art. 119, secondo comma, della Costituzione.

In altro successivo giudizio, proposto per l'annullamento di tassa automobilistica del pari relativa a vettura gravata da fermo amministrativo, altra sezione della Commissione tributaria provinciale di Firenze sollevava la medesima questione di legittimità costituzionale in riferimento agli stessi parametri come sopra evocati.

Infine, anche la Commissione tributaria provinciale di Bologna – nell'ambito di controversia in cui veniva analogamente in contestazione la debenza della tassa automobilistica relativamente a vettura sottoposta, nel periodo di riferimento, a fermo amministrativo da parte di Equitalia Centro S.p.A. – sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 della legge della Regione Emilia-Romagna 21 dicembre 2012, n. 15, secondo il quale il fermo del veicolo disposto dall'agente della riscossione, ai sensi dell'art. 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, “non rientra tra le fattispecie che fanno venir meno l'obbligo del pagamento della tassa automobilistica”, in riferimento, ancora una volta, all'art. 117, secondo comma, lett. e) della Costituzione, in relazione al citato art. 5, comma 36, del D.L. n. 953/1982, ed all'art. 119, comma secondo, oltre che agli artt. 120 e 3 Cost.

La questione

Al fine di comprendere la questione oggetto della presente pronuncia, è imprescindibile un rinvio alla sentenza della Corte Costituzionale 19 dicembre 2012, n. 288, con la quale era stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 10 della legge della Regione Marche 28 dicembre 2011, n. 28. Tale ultima disposizione così stabiliva: “A decorrere dall'anno di imposta 2012, la disposizione del fermo amministrativo o giudiziario di beni mobili registrati non esenta dall'obbligo del pagamento della tassa automobilistica regionale”.

In quell'occasione, la Corte Costituzionale aveva giudicato la legge della Regione Marche contrastante con l'art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione, in relazione all'art. 5, comma 36, del D.L. n. 953/1982, e con l'art. 119, secondo comma, della Costituzione. In particolare la Corte – esaminati i vari interventi del Legislatore (d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39; D.L. 30 dicembre 1982, n. 953; D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504; L. 27 dicembre 1997, n. 449; L. 5 maggio 2009, n.42; D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68) – aveva concluso nel senso della qualificazione della tassa automobilistica regionale come tributo proprio derivato della Regione, ossia come uno di quei tributi istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle Regioni, le quali possono modificarne le aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti e secondo i criteri fissati dalla legislazione statale e nel rispetto della normativa comunitaria.

Di conseguenza, la Regione Marche, nell'escludere l'esenzione dall'obbligo del pagamento della tassa automobilistica regionale in caso di fermo amministrativo o giudiziario di beni mobili registrati, aveva violato la competenza esclusiva dello Stato in materia di tributi erariali.

Nel caso di specie, le Commissioni tributarie rimettenti hanno ritenuto che le leggi delle Regioni Toscana ed Emilia-Romagna fossero assimilabili a quella della Regione Marche già dichiarata incostituzionale nel 2012 ed hanno conseguentemente proposto questione di legittimità costituzionale.

Le soluzioni giuridiche

Nel caso di specie, tuttavia, la Corte Costituzionale ha ritenuto di adottare una soluzione apparentemente contrastante con quella del 2012, dichiarando di fatto costituzionalmente legittime le disposizioni delle leggi regionali della Toscana e dell'Emilia-Romagna.

In evidenza:

Nonostante il “fermo amministrativo” in generale sia stato nel tempo oggetto di ampio dibattito, vista anche la diffusione pratica del fenomeno, la specifica questione oggetto della pronuncia in commento non sembra aver avuto particolari precedenti giurisprudenziali, salvo quello deciso con la sentenza della Corte Costituzionale 19 dicembre 2012, n. 288.

In tale occasione, la Corte Costituzionale aveva giudicato incostituzionale la legge della Regione Marche per violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tributi erariali.

Ad avviso della Corte, infatti, con riguardo ai tributi propri derivati della Regione, come la tassa automobilistica regionale, le Regioni non possono escludere esenzioni, detrazioni e deduzioni già previste dalla legge statale.

In realtà, i Giudici hanno opportunamente operato una distinzione all'interno della categoria del c.d. fermo amministrativo di beni mobili iscritti in pubblici registri.

Come didascalicamente ricostruito dai Giudici, infatti, il “fermo amministrativo” – al quale è correlata l'esenzione prevista dal citato art. 5, comma 36 (recte: trentasettesimo) del D.L. n. 953/1982 (e cui identicamente si riferiva la caducata disposizione della Regione Marche, per escludere invece l'esenzione stessa) – è propriamente “il fermo del veicolo disposto dall'Autorità di pubblica sicurezza ovvero dalla Polizia stradale o comunale. Ai sensi dell'art. 214 (Fermo amministrativo del veicolo), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) esso consegue ora quale misura accessoria, unitamente ad altre sanzioni, a gravi violazioni di norme dello stesso codice. Si tratta di misura che comporta la cessazione della circolazione del veicolo con l'obbligo di custodia in luogo non sottoposto a pubblico passaggio ed apposizione su di esso di apposito sigillo; il trattenimento del documento di circolazione presso l'organo di polizia; l'obbligo di rimozione e trasporto in un apposito luogo di custodia, ove si tratti di ciclomotori e motocicli; e la confisca, oltre all'applicazione di sanzioni penali ed amministrative, in caso di circolazione del mezzo con elusione del provvedimento di fermo”.

Diverso è, invece, il fermo cosiddetto fiscale, “al quale non poteva evidentemente riferirsi la norma di esenzione del 1982, in quanto solo successivamente il decreto-legge 31 dicembre1996, n. 669 (…), convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 febbraio 1997, n. 30, ha introdotto detta diversa ipotesi di fermo, all'interno dell'art. 91-bis, poi rifluito nell'art. 86, del d.P.R. n. 602/1973, come misura di garanzia del credito di enti pubblici e non come sanzione conseguente a violazione di norme del codice della strada”.

Più propriamente si tratta in questo caso di una “misura cautelativa provvisoria, con effetti indiretti di conservazione della garanzia patrimoniale, che l'agente incaricato della riscossione di crediti di enti pubblici può adottare, a sua discrezione, in alternativa alla immediata attivazione delle procedure esecutive, allo scopo di indurre il debitore ad un adempimento spontaneo, che gli consenta di ottenere la rimozione del fermo. Fermo, quest'ultimo, che comunque non comporta la materiale sottrazione della vettura alla disponibilità del proprietario; non gli impedisce di trasferirla a terzi con atto di alienazione (con traslazione, ovviamente, del vincolo); e, in caso di elusione del divieto di circolazione, dà luogo all'applicazione di una sanzione pecuniaria al proprietario, ma non anche al sequestro del mezzo”.

La Corte Costituzionale ha dichiarato infondate anche le censure di violazione dell'art. 120 Cost. (in quanto richiamato, senza motivazione alcuna, solo in dispositivo della ordinanza di rimessione della Commissione tributaria di Bologna) e dell'art. 3 Cost.

Con riguardo a quest'ultima disposizione, la Corte Costituzionale ha rilevato che la caducazione (a seguito di sentenza n. 288/2012) dell'art. 10 della Legge n. 28/2011 della Regione Marche non aveva comportato un trattamento di favore al cittadino di questa Regione, ma aveva semplicemente ripristinato, anche all'interno della Regione Marche, l'esenzione dal tributo automobilistico – in caso di fermo della vettura disposto dall'autorità amministrativa o giudiziaria – quale operante su tutto il territorio nazionale.

Osservazioni

La pronuncia fa chiarezza su una questione di particolare interesse pratico e deve essere valutata favorevolmente per il corretto utilizzo da parte dei Giudici costituzionali dell'interpretazione storica e di quella sistematica.

Tali criteri ermeneutici hanno consentito alla Corte di pervenire ad una soluzione rispettosa sia della propria precedente decisione che dell'ordinamento nel suo complesso. Ciò è stato reso possibile illustrando la precisa distinzione tra fermo disposto dall'Autorità di pubblica sicurezza e fermo disposto dall'agente della riscossione. Tali istituti – pure accomunati nella prassi dalla comune denominazione di “fermo amministrativo” – presentano tuttavia rilevanti differenze sia nei presupposti che negli effetti. Nel primo caso (art. 214 c.d.s), infatti, si tratta di sanzione amministrativa accessoria ad una sanzione amministrativa pecuniaria, nel secondo caso (art. 86 del d.P.R. n. 602/1973), invece, di misura cautelativa provvisoria, con effetti indiretti di conservazione della garanzia patrimoniale.

Dal punto di vista storico, appare pertinente il rilievo che la norma di esenzione introdotta dal D.L. n. 953 del 1982 non poteva evidentemente riferirsi al fermo disposto dall'agente della riscossione, dato che tale ipotesi di fermo era stata introdotta solo con il decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 febbraio 1997, n. 30.

Interessante anche il richiamo all'evoluzione della natura della tassa automobilistica, che aveva, originariamente, quale presupposto la circolazione del mezzo (art. 1, d.P.R. n. 39/1953) e che è successivamente divenuta (per effetto dell'art. 5, D.L. n. 953/1982), tassa sulla proprietà del veicolo. In altri termini, la tassa automobilistica regionale rimane dovuta fino a che non venga perduta la disponibilità del mezzo.

In conclusione, una sentenza chiara e ben argomentata, di cui si sentiva la necessità e che potrà fungere da riferimento interpretativo per il futuro.