Lavori su fossa biologica: l’amministratore committente risponde di lesioni aggravate
14 Giugno 2018
Massima
In tema di infortuni nei luoghi di lavoro, l'amministratore di condominio committente di opere risponde penalmente per le lesioni aggravate cagionate ai lavoratori di una ditta edile e a terzi, i quali, privi di misure di protezione da rischio tossico e misure salvavita, si erano introdotti in una fossa biologica allo scopo di effettuare lavori urgenti di straordinaria amministrazione. Il caso
La pronuncia in commento concerne una tipica ipotesi di responsabilità penale dell'amministratore di condominio quale committente di opere concernenti la cosa comune per le lesioni colpose aggravate (artt. 590 e 583 c.p.) cagionate in violazione delle norme in tema di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro. In particolare, i dipendenti delle imprese incaricate e altri due lavoratori estranei venivano ricoverati in stato di coma per intossicazione da acido solfidrico, con pericolo di vita, cagionate dall'emissione di gas tossici dalla fossa biologica posta al servizio del condominio durante l'esecuzione di opere di pulizia e manutenzione straordinaria della fossa biologica medesima, resesi necessarie a seguito di infiltrazioni nei vani cantina. A questo scopo, l'amministratore del condominio aveva stipulato separatamente due contratti di appalto con due diverse imprese: la prima, specializzata in spurghi di fosse biologiche, adibita appunto allo svuotamento della fossa biologica condominiale; la seconda, un'impresa edile, preposta alla individuazione delle cause e alla realizzazione delle opere di riparazione delle perdite provenienti dalla fossa condominiale. Le due imprese operavano nel medesimo cantiere, senza tuttavia essere coordinate tra loro e l'una in assenza dell'altra. L'impresa di spurgo ha effettuato le opere di pulizia presso il pozzo nero, il quale era composto di due camere. Tali opere, tuttavia, avevano riguardato solo la prima camera di decantazione delle acque chiare, mentre la fossa biologica vera e propria non veniva svuotata, in quanto gli operai non erano dotati delle attrezzature necessarie per effettuare un completo svuotamento. Si fa presente che la fossa biologica condominiale verteva in pessimo stato di manutenzione, non essendo pulita da oltre trenta anni e che l'impresa di pulizia, finite le opere, non aveva provveduto a segnalare la situazione di tossicità, né veniva risanata l'atmosfera mediante ventilazione. La consulenza tecnica nominata dal P.M. che ha provveduto all'analisi di campioni di aria ha constatato che nel pozzo nero, ancora piena di liquami e solidi stagnati, erano in atto processi biochimici anossici che portavano alla formazione di acido solfidrico. Espletate le operazioni di spurgo, senza che nessuno avesse informato l'impresa edile della presenza ancora massiccia di liquame, nonostante il forte odore di gas promanasse dal pozzo, gli operai della ditta edile, che non avevano assistito alle operazioni di spurgo del pozzo nero, né erano stati informati dei possibili rischi specifici, uno alla volta, si erano calati all'interno della fossa biologica per poter individuare la causa della perdita e realizzare le opere edilizie necessarie. Tali operai, privi di maschere e bombole di ossigeno, protetti da sole mascherine antipolvere, non appena scesi nella fossa biologica, venivano immediatamente colti da malore e nell'arco di pochi minuti perdevano conoscenza, non riuscendo a mettersi in salvo. Attirati dalle grida di aiuto, giungevano per prestare soccorso, altri due operari addetti a lavori di edilizia presso altro edificio limitrofo, ma anche costoro venivano colti da malore non appena scendevano nella fossa settica, a causa dei gas tossici ed asfissianti promanavano dal liquame residuo non completamente asportato. A seguito dell'esalazione di acido solfidrico le vittime venivano ricoverate per intossicazione acuta. La questione
Si contesta all'amministratore di condominio l'omessa nomina del coordinatore per l'esecuzione dei lavori, obbligatoria quando operano più imprese nel medesimo cantiere edile, nonché la mancata verifica dell'idoneità tecnico-professionale di entrambe le imprese esecutrici dei lavori, sia quella preposta allo spurgo del pozzo nero che quella edile, in relazione alle funzioni e ai lavori loro affidati nelle aree condominiali. Essenzialmente si contesta all'amministratore di aver affidato con condotta imprudente e imperita lavori pericolosi per la salute e la sicurezza all'interno di fosse settiche, ove è altamente prevedibile la formazione di gas tossici, causa di gravi infortuni. In particolare, all'amministratore committente delle opere si contesta di aver conferito l'incarico senza aver previamente verificato l'idoneità e competenza tecnico-professionale della ditta incaricata e delle attrezzature di lavoro utilizzate (culpa in eligendo), in violazione dell'art. 90, comma 9. lett. a) e dell'All. XVII del d.lgs. n. 81/2008, non avendo inoltre acquisito la documentazione relativa alla conformità alla normativa antinfortunistica delle attrezzature usate e dei dispositivi di protezione, né gli attestati inerenti la formazione dell'appaltatore in ordine a lavori effettuati in fosse biologiche e neppure il suo documento di regolarità contributiva (DURC). In secondo luogo, si contesta al committente di non aver nominato un coordinatore responsabile della sicurezza nella fase esecutiva, compito che grava sul committente delle opere, in qualunque situazione, compresa quella di urgenza e di modestia delle lavorazioni, situazione addotta dall'amministratore, ma priva di ogni efficacia scusante, soprattutto quando si è in presenza di più imprese esecutrici operanti nel medesimo cantiere, anche non contemporaneamente (art. 90, comma 4, del d.lgs. n. 81/2008). Viene, inoltre, tratta a giudizio per responsabilità amministrativa da reato ex d.lgs. n. 231/2001 anche la ditta edile che aveva omesso di dotare i lavoratori dei dispositivi idonei di protezione delle vie respiratorie e di un idoneo sistema di salvataggio che avrebbe dovuto essere tenuto dal personale addetto alla sorveglianza; la ditta aveva anche omesso di redigere il piano operativo di sicurezza in relazione alla valutazione del rischio biologico connesso a lavori in fosse settiche e ambienti confinati, non rientrando questi ultimi nella tipologia degli ordinari lavori edilizi. L'amministratore committente contesta, con missiva comunicata alla ASL ben cinque giorni dopo l'infortunio, che la nomina del coordinatore per la sicurezza dell'esecuzione dei lavori non era avvenuta a causa dell'urgenza e della modestia dei lavori in questione. Inoltre, con riferimento alla verifica della idoneità tecnica dell'impresa edile, egli riferisce di non aver effettuato questo controllo a causa dei pregressi rapporti con la ditta edile, che aveva già in altre occasioni prestato attività presso il condominio. Pertanto, essendo già a conoscenza delle capacità tecniche dell'impresa, l'amministratore aveva ritenuto superfluo effettuare nuovamente un controllo formale sul documento di valutazione dei rischi. La ditta edile invece contesta di aver già in altre occasioni prestato attività all'interno di fosse biologiche con le medesime attrezzature e i medesimi presidi di sicurezza senza che si fosse verificato alcun infortunio, addossando le responsabilità alle pessime condizioni di manutenzione del pozzo nero condominiale. La soluzione giuridica
Il tribunale di Firenze ha ritenuto di affermare la penale responsabilità a carico dell'amministratore di condominio committente di opere per aver cagionato le lesioni personali ai dipendenti della ditta edile e di due operari estranei al cantiere accorsi in soccorso. È giurisprudenza consolidata che l'amministratore che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell'interesse del condominio, assume, ove la delibera assembleare gli riconosca autonomia di azione e concreti poteri decisionali, la posizione di “committente” ai sensi dell'art. 89 del d.lgs. n.81/2008, come tale è tenuto all'osservanza degli obblighi di verifica della idoneità tecnico professionale della impresa appaltatrice, di informazione sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro e di cooperazione e coordinamento nella attuazione delle misure di prevenzione e protezione. In particolare, il committente ha l'obbligo di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati: «in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione di opera, il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, rimane comunque obbligato a verificare l'idoneità tecnico - professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati». Si badi che questa responsabilità nella scelta della ditta prescinde dal perfezionamento di contratto di appalto, «essendo sufficiente che nella fase di progettazione dell'opera, intervengano accordi per una mera prestazione d'opera, atteso il carattere negoziale degli stessi» (Cass. pen., sez. III, 6 dicembre 2016, n.10014; Cass. pen., sez. III, 18 settembre 2013, n. 42347; Cass. pen., sez. IV, 15 luglio 2015, n. 44131). Ebbene, in ordine ad entrambe le contestazioni, emerge dall'istruttoria dibattimentale che gli operai si erano calati immediatamente dopo i lavori di spurgo nel pozzo nero, senza attendere e verificare la completa pulizia del sito; che tali operai per di più erano dotati di sole mascherine antipolvere e non disponevano di alcun presidio salvavita; che la ditta preposta allo spurgo della fossa biologica non aveva eseguito il completo svuotamento della camera di decantazione del liquido organico contenuto nella fossa vera e propria in quanto gli operai non disponevano delle attrezzature idonee; che dalla fossa biologica fuoriusciva un forte cattivo odore; che la fossa era in pessimo stato di manutenzione, non essendo stata svuotata da quasi trent'anni; che la presenza di coordinatore. La negligenza dell'amministratore del condominio è, infatti, palese: egli non ha verificato se l'impresa edile fosse dotata di documento di valutazione del rischio tossico connesso ad opere edilizie nell'àmbito di fosse settiche; non ha nominato un soggetto che coordinasse l'attività delle due ditte operanti nel medesimo cantiere, ad esempio, verificando la completa depurazione del sito tossico; stabilendo tempi di attesa tra l'operatività della prima ditta di spurgo e la seconda impresa edile; allertando gli operai della prevedibile presenza di gas tossici all'interno del sito; verificando la dotazione di idonei dispositivi di sicurezza (maschere antigas); verificando al presenza di dispositivi di sicurezza salvavita, in modo da evitare che, al malore del primo operario, seguisse a catena quello di tutti gli altri operari, anche estranei al cantiere, accorsi per soccorrere il primo. Inoltre, effettuando il giudizio controfattuale, al fine di accertare il nesso di causalità tra condotta in violazione delle norme antinfortunistiche ed evento dannoso, il Tribunale ha evidenziato che, qualora l'amministratore avesse acquisito il documento di valutazione dei rischi della ditta edile, avrebbe notato che la stesso non faceva alcun riferimento al rischio biologico legato ad opere in fosse settiche, non prevedevano alcuna misura di prevenzione, ivi compresa la disponibilità di idonee attrezzature. Allo stesso modo, qualora l'amministratore di condominio committente avesse nominato il coordinatore per la sicurezza nella fase esecutiva, avrebbe a tale soggetto trasferito lo svolgimento di una funzione tecnica di alta vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, il loro coordinamento, la verifica della sussistenza di presidi salvavita e delle opportune cautele in relazione al rischio. Tuttavia, anche in caso di nomina del coordinatore della sicurezza, può residuare in capo al committente una culpa in vigilando, limitatamente alla verifica che il tecnico nominato adempia al suo compito ed eccetto il caso in cui l'impresa, che in astratto presenti tutti i requisiti di idoneità tecnica, realizzi evidenti violazioni della normativa antinfortuni. Se fosse stato nominato il responsabile o fosse stato visionato il documento di valutazione dei rischi delle due imprese, l'amministratore ben avrebbe potuto verificare l'idoneità tecnica dell'impresa e scongiurare l'infortunio. Il responsabile della sicurezza avrebbe coordinato meglio le operazioni di pulizia e di manutenzione del pozzo, quantomeno disponendo l'uso di attrezzature idonee.
Osservazioni
L'imputazione a titolo di colpa dei reati di lesioni colpose aggravate richiede l'approfondimento di un importante aspetto, attinente all'accertamento del nesso causale tra condotta colposa omissiva (in violazione delle prescrizioni contenute nel d.lgs. n. 81/2008) ed evento lesivo. Non basta infatti aver acquisto ampio riscontro probatorio in ordine alla negligenza ed imprudenza dell'amministratore di condominio committente di opere. Occorre accertare anche che tale condotta omissiva abbia costituito la condizione necessaria di verificazione dell'evento. Nel caso di specie, il giudice di merito si è posto l'interrogativo controfattuale consistente nel chiedersi se, anche in assenza della condotta colposa, l'accadimento lesivo si sarebbe ugualmente prodotto. Il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica - universale o statistica- si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell'evento hic et nunc, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva (Cass. pen., sez. un., 10 luglio 2002, n. 3643). Il tribunale di Firenze ha, quindi, ampiamente motivato in ordine all'accertamento se tale incolpevole inerzia, abbia effettivamente sortito un ruolo causalmente incidente nella produzione dell'evento lesivo, ovvero se, supponendo teoricamente l'idoneità tecnica dell'impresa edile ad effettuare lavori edilizi all'interno di fosse biologiche e la nomina di un altro garante, ovvero il coordinatore per la sicurezza, l'evento lesivo si sarebbe ugualmente verificato. Sussiste dunque il nesso di causalitàtra l'omessa nomina del responsabile per sicurezza e l'omessa verifica della idoneità professionale, in quanto risulta accertato, secondo il principio di controfattualità condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza,che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente quantomeno sull'evoluzione dell'evento, nel senso che questo non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato con minore intensità lesiva, qualora fossero state adottate le cautele del caso. In assenza del giudizio controfattuale, la responsabilità penale sarebbe stata ricollegata direttamente alla violazione dei doveri inerenti alla posizione di garanzia, o meglio, si sarebbe incentrato sulla verifica dell'aumento o della mancata diminuzione del rischio che l'omesso intervento dell'agente ha determinato, con violazione del principio, costituzionalmente garantito, di personalità della responsabilità penale. Blaiotta,Causalità giuridica, Torino, 2010; Brusco, Il rapporto di causalità, Milano, 2012; Di Salvo, Causalità e responsabilità penale, Torino, 2007; Cadoppi - Canestrari - Manna - Papa, Trattato di diritto penale. Diritto penale del lavoro. Legislazione complementare, Torino, 2015; Castronovo - Curi - Tordini - Cagli - Torre - Valentini, Diritto penale della sicurezza del lavoro, Bononia University Press, 2015.
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