Accertamento bancario, prova al contribuente
08 Agosto 2018
Massima
In tema di accertamento su operazioni in conto corrente bancario, la prova liberatoria grava sul contribuente e si commisura necessariamente alla natura e consistenza degli elementi utilizzati dall'Amministrazione finanziaria. I prelevamenti e i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi riconducibili al contribuente se questi non dimostra che sono estranei alla produzione (CTP Rieti n. 21/2018). Il caso
La controversia in esame ha origine dall'impugnativa proposta dal contribuente, esercente la professione di avvocato, avverso l'avviso di accertamento relativo all'anno di imposta 2012, con il quale l'Agenzia delle entrate competente per territorio accertava compensi non dichiarati. L'impugnato accertamento scaturiva dalla verifica eseguita dalla Guardia di Finanza mediante l'utilizzo di movimentazioni finanziarie eseguite su operazioni registrate su conti correnti bancari intestasti per € 2.100,00, per le quali non era stata fornita documentazione idonea a superare la presunzione di cui all'art. 32 del d.P.R. n. 600/1973. Il contribuente ha eccepito l'illegittimità della pretesa impositiva atteso che le somme ritenute non giustificate dall'Agenzia delle entrate non sarebbero riconducibili all'attività professionale di Avvocato, abbandonata dalla stessa nel 2011 dopo la nascita del figlio, ma a piccole donazioni di denaro effettuate a suo favore dalla madre naturale. L'ufficio delle entrate ha ritenuto, dal canto suo, che le movimentazioni bancarie sul conto corrente del contribuente siano elementi di maggior reddito e in tal caso sarebbe imputabile allo stesso la prova contraria che la maggiore disponibilità non dipende dei redditi prodotti nell'anno o da redditi tassabili o già tassati. La questione
La decisione affronta la ratio decidendi dell'accertamento eseguito per operazioni in conto corrente bancario fornendo l'ambito operativo della presunzione legale di cui all'art. 32, comma 1, del d.P.R. n. 600/1973. In tema di accertamento tale disposizione recante norme sui “Poteri degli uffici”, prevede al comma 2 che l'amministrazione finanziaria può invitare i contribuenti, specificandone i motivi, a fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti, recando la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti correnti bancari. Tale presunzione comporta che l'onere probatorio dell'Amministrazione finanziaria è soddisfatto, secondo l'art. 32 del d.P.R. n. 600/1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili. Se l'accertamento eseguito dell'Ufficio finanziario si basa su verifiche di conti correnti bancari, l'onere probatorio è a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica, ma analitica per ogni versamento bancario; pertanto qualora il contribuente si limiti a deduzioni del tutto generiche sui versamenti effettuati senza fornirne giustificazioni concrete questi non potranno che essere recuperati a reddito dall'ufficio finanziario. Il successivo comma 7 dell'art. 32 prevede, inoltre, che l'amministrazione può richiedere, previa autorizzazione del direttore dell'Agenzia delle entrate, alle banche, alle società, ecc., dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. La soluzione giuridica
Nel caso in esameil contribuente/professionista, esercente la professione di avvocato, ha impugnato l'avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle entrate. La Commissione Tributaria Provinciale ha ritenuto che, in tema di accertamento sui redditi, la presunzione legale relativa fissata dall'art. 32, comma 1, del d.P.R. n. 600/1973, vincola l'Ufficio delle entrate ad assumere per certo che i movimenti bancari eseguiti sui conti correnti intesati al contribuente siano allo stesso imputabili, senza la necessità di dover procedere all'analisi delle singole operazioni, la quale analisi è a carico del contribuente, in virtù dell'inversione dell'onere della prova, . Il citato art. 32, secondo i giudici, prevede una presunzione legale in virtù della quale le operazioni su conti correnti bancari vanno imputate a ricavi e a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo, può fornire la prova contraria anche mediante presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica del giudice; la stessa legge ritiene certo, fino a prova contraria che deve essere fornita dal contribuente, che tutti i movimenti di un conto corrente intestati allo stesso, sono al medesimo imputabili. Il legislatore, in sostanza, conferisce rilievo normativo, connotandolo quale presunzione juris tantum alla massima esperienza che le rimesse in un conto corrente di un contribuente sono normalmente riconducibili alla sua attività lavorativa. I giudici hanno ritenuto che in tema di accertamento delle imposte sui redditi in virtù della presunzione ex art. 32 d.P.R. n. 600/1973, sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi riconducibili al contribuente, se questi non dimostra di averne tenuto conto nella determinazione della base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito; sotto tale aspetto evidenziando la ricorrenza dei presupposti per il ricorso a presunzioni semplici fondate su operazioni in conto corrente bancario, la prova liberatoria che grava sul contribuente, si commisura necessariamente alla natura e consistenza degli elementi utilizzati dall'Amministrazione (cfr. Cass. civ. n. 19947/2005) Nella fattispecie in oggetto, il ricorrente ha fornito in giudizio elementi idonei al fine di superare la presunzione legale di cui al citato art. 32. I giudici hanno ritenuto, infatti, che l'entità non rilevante della somma contestata e la recente nascita del figlio, fossero elementi che rendevano verosimile la tesi prospettata dal ricorrente che riconduce i versamenti di tale entità sul cono corrente a piccole consegne di denaro corrisposte dalla madre convivente, resesi necessarie in ragione della perdita di compensi professionali derivante dal rallentamento della propria attività per la nascita del figlio.
Giurisprudenza L'Amministrazione finanziaria può procedere agli accertamenti, non essendo tenuta a motivare le indagini svolte dalla Guardia di Finanza sui movimenti sospetti del professionista. Il ricorso, ad opera dell'Agenzia delle Entrate, alle indagini bancarie non deve essere motivato, né il loro svolgimento presuppone elementi indiziari gravi, precisi e concordanti di evasione fiscale. La presunzione legale di cui dispone l'amministrazione prevista dal citato art. 32 è superabile da prova contraria del contribuente che deve dimostrare che le operazioni derivanti dai movimenti bancari non sono imponibili (Cass. civ. n. 8266/2018). L'avviso di accertamento per maggiori entrate derivanti da lavoro autonomo può basarsi su presunzioni derivanti da ingiustificati versamenti su conto corrente bancario. Infatti, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 228/2014, resta oggi invariata la presunzione legale d'imponibilità dei versamenti in conto effettuati da tali soggetti (Cass. civ. n. 2192/2018; n. 2649/2018). In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l'accertamento effettuato dall'ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l'onere dell'Amministrazione è soddisfatto, secondo l'art. 32 del d.P.R. n. 600/1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili (cfr. Cass. civ. n. 15857/2016). Ai fini dell'espletamento della presunzione legale di cui all'art. 32, comma 1, del d.P.R. n. 600/1973, il contribuente deve fornire la prova per ciascun versamento bancario effettuato, per dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili (CTR Friuli Venezia-Giulia n. 38/2018; Cass. civ. n. 15857/2016). Osservazioni
Sarebbe auspicabile l'intervento delle Sezioni Unite al fine di definite l'esatto ambito applicativo dell'art. 32, comma 1, del d.P.R. n. 600/1993, anche se emerge con chiarezza che la presunzione legale prevista normativamente è a carico del contribuente che sia titolare di conti correnti. Sul tema si rende sempre necessario il confronto in contraddittorio con il contribuente al fine dirimere dubbi e incertezze. In tema di accertamento sui redditi in virtù della presunzione di cui al citato art. 32, emerge che, data la fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall'art. 2729 del c.c. per le presunzioni semplici. |