La riscossione a seguito di mancata riassunzione nel processo tributario
13 Agosto 2018
Massima
La pronuncia di estinzione del giudizio comporta il venir meno dell'intero processo e la definitività dell'avviso di accertamento. In caso di estinzione del processo, per omessa riassunzione da rinvio, il termine di prescrizione, come quello di decadenza, va riferito alla data di acquisita definitività dell'atto impositivo e cioè al passaggio in giudicato della sentenza della Cassazione che ha disposto il rinvio. Il caso
La Corte di Cassazione, con sentenza del 15 giugno 2018, n. 15874, ha chiarito alcuni rilevanti aspetti in tema di interesse alla riassunzione nel processo tributario. La controversia concerneva l'impugnazione di una cartella esattoriale emessa dall'Agenzia delle Entrate, la quale aveva provveduto ad iscrivere a ruolo, a titolo definitivo, a carico del contribuente, quanto dovuto relativamente ad IRPEF per gli anni 1989 e 1990. Gli avvisi di accertamento a cui faceva riferimento la cartella erano stati impugnati dal contribuente, il quale, soccombente in primo grado, aveva poi proposto appello davanti alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, che lo aveva accolto con sentenza poi successivamente riformata, in accoglimento del ricorso erariale, dalla Corte di Cassazione, che aveva cassato con rinvio, a cui però non aveva fatto seguito la riassunzione del giudizio. Nel giudizio ora all'esame della Suprema Corte, ad avviso della CTR, era decorso il termine di prescrizione del credito tributario. La questione
Avverso tale sentenza proponeva quindi ricorso per cassazione l'Agenzia delle Entrate, denunciando la violazione dell'art. 25, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 602/1973. Deduceva infatti l'Amministrazione finanziaria che, a seguito della modifica legislativa del suddetto articolo, che aveva abrogato l'art. 17 del d.P.R. citato, il nuovo art. 25 prevedeva che la notifica della cartella di pagamento dovesse avvenire, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'avviso di accertamento era divenuto definitivo.
E, secondo la ricorrente, nel caso in esame, in cui la cartella era stata notificata al contribuente in data 1/8/2008, non era in dubbio che il suddetto termine fosse stato rispettato, in quanto l'accertamento era divenuto definitivo il 18/5/2008 (un anno e 46 giorni dalla pubblicazione della sentenza della cassazione), a seguito della mancata riassunzione.
L'Agenzia delle Entrate denunciava poi anche la violazione degli articoli 63 D.Lgs. n. 546/1992, 14, comma 1, lett. b) d.P.R. n. 602/1973 e 2935 c.c., per avere la Commissione Tributaria Regionale omesso di considerare che solo l'estinzione del giudizio comportava la definitività dell'atto impositivo, stante la natura impugnatoria del giudizio stesso ed il carattere amministrativo e non processuale dell'atto impositivo, e che la prescrizione doveva pertanto farsi decorrere dalla definitività di quest'ultimo, coincidente appunto con l'estinzione del giudizio, in quanto titolo ormai inoppugnabile del credito tributario.
Le soluzioni giuridiche
Entrambi i motivi, secondo la Suprema Corte, erano fondati. Le questioni poste dall'Agenzia ricorrente, secondo i giudici di legittimità, potevano essere agevolmente risolte alla luce della giurisprudenza della Cassazione, secondo cui, in tema di contenzioso tributario, "l'estinzione del processo all'esito della cassazione con rinvio della sentenza di merito e dell'omessa riassunzione del giudizio è rilevata anche d'ufficio ex artt. 45, comma 3, e 63 del D.Lgs. n. 546/1992, e si estende non soltanto al grado in cui viene pronunziata, ma all'intero giudizio, con il conseguente effetto di consolidamento dell'atto impositivo" (Cass. civ., n. 23922/2016). E ancora, "la pronuncia di estinzione del giudizio comporta, ex artt. 393 c.p.c., e D.L.gs. n. 516/1992, art. 63, comma 2, il venir meno dell'intero processo ed, in forza dei principi in materia di impugnazione dell'atto tributario, la definitività dell'avviso di accertamento" (Cass. civ., n. 23922/2016, n. 21143/2015, n. 16689/2013, n. 5044/2012, n. 3040/2008). Evidenziava ancora la Corte che, inoltre, è stato precisato che, "in ipotesi di estinzione del processo, per omessa riassunzione, il termine di prescrizione (come di quello di decadenza) va ancorato, a prescindere dalla previsione di cui all'art. 2945, comma 3, c.c., alla data di scadenza del termine utile per la (non attuata) riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio, posto che solo da tale data, per effetto dell'acquisita definitività dell'atto impositivo, l'Amministrazione può, ai sensi degli artt. 68 D.Lgs. n. 546/1992, 14 e 15 d.P.R. n. 602/1973, far valere in modo definitivo e compiuto il proprio credito attivando la relativa procedura di riscossione" (Cass. civ., nn. 556/2016, 9521/2017 e 9215/18).
In altre decisioni (Cass. civ., nn. 16689/2013; 5044/2012; 3040/2008), rese in fattispecie di estinzione del giudizio conseguente alla cassazione con rinvio di altra sentenza, la Corte aveva del resto altresì osservato che "la pretesa tributaria vive di forza propria, in virtù dell'atto impositivo in cui è stata formalizzata, e che l'estinzione del processo travolge la sentenza impugnata, ma non l'atto amministrativo, che non è atto processuale bensì l'oggetto dell'impugnazione", laddove "la riassunzione della causa in sede di rinvio può essere fatta da una qualunque delle parti; tuttavia, dominando, anche in questa fase, il principio dell'interesse (art. 100 c.p.c.), la riassunzione verrà operata da quella delle parti che ha interesse ad ottenere una pronuncia conclusiva, non certo da quella per la quale l'estinzione dell'intero processo possa essere di vantaggio" (Cass. n. 1252/1968 e n. 23922/2016 citata).
E, attesa la natura impugnatoria del processo tributario, era chiaro che è solo il contribuente ad avere interesse alla riassunzione per evitare la definitività che l'atto impositivo assume per effetto dell'estinzione del giudizio in caso di mancata riassunzione (Cass. sent. n. 23502/2016).
Alla luce delle citate sentenze, condivise anche dal Collegio giudicante, il ricorso andava pertanto accolto, posto che la cartella di pagamento era stata notificata in data 1/8/2008 e l'accertamento era divenuto definitivo il 18/5/2008 (un anno e 46 giorni dopo la pubblicazione della sentenza della Cassazione) a seguito della mancata riassunzione da parte del contribuente (che sarebbe stato interessato alla prosecuzione del giudizio), ben prima quindi della scadenza del termine di decadenza di cui all'art. 25, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 602/1973 o del decorso del termine prescrizionale della pretesa tributaria.
Osservazioni
La domanda che si deve porre in fattispecie come quella in esame è dunque la seguente: a seguito delle sentenze della Cassazione che dispongono il rinvio alle Commissioni Tributarie, sussiste o meno la necessità (o l'opportunità) per l'Ufficio di procedere alla tempestiva riassunzione in giudizio, o è sempre e comunque interesse del contribuente? La risposta, in realtà, necessita di distinguere i vari casi ed aver presente le problematiche sottese.
L'interesse a procedere alla riassunzione da parte dell'Ufficio potrebbe per esempio sussistere nel caso di contenzioso relativo al silenzio-rifiuto sulle istanze di rimborso. In base all'art. 2945, comma 3, c.c., l'estinzione del processo elimina infatti l'effetto permanente dell'interruzione della prescrizione prodotto dalla proposizione del ricorso, ma non incide sull'effetto interruttivo istantaneo della medesima, con la conseguenza che la prescrizione ricomincia a decorrere dalla data di detta domanda.
L'Ufficio potrebbe allora avere interesse alla riassunzione del giudizio quando, non essendo decorso il termine di prescrizione decennale ed avendo pertanto il contribuente la possibilità di riproporre ancora la domanda, lo stesso contribuente, grazie alla mancata riassunzione, potrebbe riproporre un nuovo ricorso, privo dei vizi o delle carenze difensive eventualmente riscontrate nel primo giudizio. Un altro profilo da valutare attiene poi alla eventuale prescrizione del diritto di riscossione. In definitiva, la riattivazione del giudizio potrebbe consentire di procurarsi una sentenza che costituisca titolo per la riscossione, in particolare laddove l'atto impugnato, pur divenendo definitivo a seguito dell'estinzione del giudizio, potrebbe non essere più eseguibile per intervenuta prescrizione. Tutto dipende, comunque, da quale sia il corretto metodo di computo del termine di prescrizione. Come visto, infatti, la pronuncia di estinzione del giudizio comporta il venir meno dell'intero processo ed in forza dei principi in materia di impugnazione dell'atto tributario la definitività dell'avviso di accertamento. E l'estinzione del processo travolge le sentenze di merito, ma non l'atto amministrativo.
Un tale orientamento trova peraltro un precedente di prassi nella Circolare n. 8 del 20 giugno 2007 dell'Agenzia del Territorio, la quale evidenziavaa come l'eventuale interesse alla riassunzione del giudizio sia riferibile “di norma” in capo al contribuente/ricorrente e non agli uffici, i quali possono giovarsi, piuttosto, della mancata riassunzione e, quindi, del consolidamento dell'atto originariamente impugnato che consegue all'estinzione del processo, evitando altresì gli incerti esiti di un nuovo giudizio. La citata Circolare n. 8/T del 2007, comunque, pur avendo osservato che "può dunque desumersi, in linea generale, che l'interesse a riassumere è ravvisabile in capo alla parte nei cui confronti l'atto stesso produce effetti, vale a dire il contribuente-ricorrente, tendendo conto, tra l'altro, che lo stesso, nel giudizio tributario, è sempre parte attrice del primo grado (cosiddetto 'attore necessario')”, sottolineava poi che ciò vale solo di norma. La stessa Circolare faceva del resto più volte intendere che la carenza di ragioni per la riassunzione della parte pubblica è una regola, cui possono però opporsi delle eccezioni ed affermava il normale disinteresse dell'Amministrazione "pur non potendosi escludere, in assoluto, che … possa avere l'interesse ad assumere tale iniziativa, in presenza di una utilità concreta ed attuale, comunque connessa all'accoglimento del gravame da parte del giudice di rinvio o di una pronuncia conclusiva sulla controversia".
Se, quindi, in linea generale, per quanto detto, è pacifico che la mancata riassunzione del giudizio di rinvio estingua l'intero processo e che ciò determini il consolidamento dell'atto originariamente impugnato (con conseguente disinteresse dell'Amministrazione alla riassunzione), il problema è stabilire poi la data in cui l'atto impugnato si considera effettivamente definito, ovvero da quando decorre il termine per l'iscrizione a ruolo da parte dell'Ufficio, laddove, come stabilito anche nel caso in esame, tale termine dovrebbe decorrere una volta trascorso un anno e 46 giorni dal deposito della sentenza della Corte di Cassazione che ha disposto il rinvio, in quanto l'estinzione, ai sensi dell'art. 307, ultimo comma, c.p.c., opera di diritto. Una tale posizione sembra del resto senz'altro da preferire a quella che, al contrario, ritiene che la decorrenza del termine di iscrizione a ruolo, conseguente al consolidarsi dell'avviso di accertamento impugnato, retroagisca al momento di notificazione dell'atto originario (con possibile prescrizione del diritto), anche perché, nel corso del processo, vista l'impossibilità legale dell'esercizio del diritto, dovrebbe ritenersi esclusa la decorrenza dei termini, dovendosi ritenere che i termini decorrano invece dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, ossia dall'estinzione del giudizio. La prescrizione decennale deve pertanto farsi decorrere dalla definitività dell'atto impositivo, coincidente con l'estinzione del giudizio (cfr. Cass. civ., 18 novembre 2016, n. 23502).
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