Intorno ai poteri del giudice nell'ambito del giudizio di ottemperanza

11 Settembre 2018

Nel giudizio di ottemperanza dinnanzi alle commissioni tributarie, ai sensi dell'art. 70 del D.Lgs. n. 546/1992, il potere del giudice sul comando definitivo inevaso deve essere esercitato entro i confini invalicabili dell'oggetto della controversia definita con il giudicato, atteso che non possono essere attribuiti alle parti diritti nuovi ed ulteriori rispetto a quelli riconosciuti con la sentenza da eseguire, ma solo enucleati e precisati gli obblighi scaturenti dalla sentenza da eseguire, chiarendone il reale significato.
Massima

Nel giudizio di ottemperanza dinnanzi alle commissioni tributarie, ai sensi dell'art. 70 del D.Lgs. n. 546/1992, il potere del giudice sul comando definitivo inevaso deve essere esercitato entro i confini invalicabili dell'oggetto della controversia definita con il giudicato, atteso che non possono essere attribuiti alle parti diritti nuovi ed ulteriori rispetto a quelli riconosciuti con la sentenza da eseguire, ma solo enucleati e precisati gli obblighi scaturenti dalla sentenza da eseguire, chiarendone il reale significato.

Il caso

Il contribuente adiva la Corte di Cassazione contro la decisione della Commissione tributaria regionale che, in sede di ottemperanza, aveva negato il diritto al rimborso richiesto dallo stesso, rispetto al quale l'Amministrazione non si era spontaneamente conformata al comando giuridico contenuto nella pronuncia di condanna a carico della medesima.

Lamentava in particolare il ricorrente che la sentenza impugnata aveva erroneamente negato l'invocato diritto al rimborso della differenza fra quanto versato all'Erario dal sostituto d'imposta e quanto effettivamente dovuto dal contribuente, ritenendo, sebbene la decisione da eseguire avesse riconosciuto tale diritto, che non fosse stata fornita da esso creditore istante la prova del rendimento derivante da investimenti sul mercato del capitale accantonato, dovendo applicarsi la ritenuta del 12,50% anche ai rendimenti derivanti dalla capitalizzazione dei versamenti.

La questione

La problematica processuale esaminata dalla S.C. nella decisione in commento attiene alla delimitazione dei poteri del giudice tributario adito in sede di ottemperanza al giudicato con riferimento al comando giuridico dettato dallo stesso.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione accoglie il ricorso proposto richiamando il generale principio in virtù del quale nel giudizio di ottemperanza dinanzi alle commissioni tributarie, il potere del giudice adito non può “travalicare” i confini invalicabili dell'oggetto della controversia definita con il giudicato, avendo quale scopo soltanto quello di enucleare e precisare gli obblighi scaturenti da essa, al fine di chiarirne il reale significato (cfr. Cass. civ., sez. T, n. 15827/2016).

Invero, applicando tale assunto nella fattispecie processuale sottoposta alla propria attenzione, la S.C. rileva che la pronuncia resa in sede di ottemperanza, nel ritenere che la decisione della Corte di legittimità da eseguire non faceva riferimento a rendimenti derivanti da investimenti sul mercato finanziario del capitale accantonato, per i quali reputare applicabile l'aliquota del 12,50%, non aveva considerato che la predetta decisione aveva rigettato il ricorso dell'Amministrazione finanziaria, confermando la pronuncia integralmente favorevole alle richieste spiegate dal contribuente con il ricorso contro il diniego di rimborso sin dal primo grado di giudizio.

Osservazioni

La decisione in commento deve essere sostanzialmente condivisa laddove intende, peraltro in linea di continuità con la pregressa giurisprudenza della S.C., i poteri del giudice tributario nell'ambito del giudizio ottemperanza quali limitati all'interpretazione della pronuncia oggetto di tale giudizio, senza poter escludere o ampliare diritti ed obblighi delle parti rispetto al comando giuridico contenuto nella sentenza da eseguire.

Nella medesima prospettiva si colloca l'assunto per il quale il giudice adito per l'ottemperanza di una sentenza con la quale era stato accolto il ricorso avverso il silenzio-rifiuto formatosi su di un'istanza di rimborso non ha il potere di escludere parzialmente il rimborso medesimo, avendo accertato che la ritenuta che si chiedeva di restituire non era, in realtà, mai stata operata (Cass. civ., sez. trib., n. 646/2012).

Né si pone in contrasto con i limitati poteri del giudice dell'ottemperanza la statuizione per la quale la domanda di corresponsione degli interessi ad un tasso maggiore di quello applicato dal commissario "ad acta" deve ritenersi attinente all'esecuzione del giudicato, ove questo si sia formato su una domanda avente ad oggetto, oltre che la restituzione di somme indebitamente versate, il pagamento degli interessi legali maturati e maturandi, atteso che scopo del giudizio di ottemperanza non è quello di ottenere l'esecuzione coattiva del comando contenuto nella decisione passata in giudicato, ma quello di rendere effettivo quel comando, compiendo tutti gli accertamenti indispensabili a delimitare l'effettiva portata precettiva della sentenza di cui si chiede l'esecuzione (Cass. civ., sez. trib., n. 15246/2012).

Infatti, come precisato dalla stessa S.C., in tema di contenzioso tributario, il giudizio di ottemperanza, ammissibile ogni qualvolta debba farsi valere l'inerzia dell'Amministrazione rispetto al giudicato o la difformità specifica dell'atto posto in essere dalla medesima rispetto all'obbligo processuale di attenersi all'accertamento contenuto nella sentenza da eseguire, si differenzia dal concorrente giudizio esecutivo civile, perché il suo scopo non è quello di ottenere l'esecuzione coattiva del comando contenuto nel giudicato, ma di rendere effettivo quel comando, anche e specialmente se privo dei caratteri di puntualità e precisione tipici del titolo esecutivo (Cass. civ., sez. trib., n. 20202/2010).

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