L’affidamento dei lavori non priva il Comune della qualità di custode della strada
18 Ottobre 2018
Massima
L'ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito ha l'obbligo di provvedere alla relativa manutenzione (artt. 16 e 28, l. n. 2248/1865, all. F; art. 14, d.lgs. n. 285/1992; per i Comuni, art. 5, r.d. n. 2506/1923) nonché di prevenire e, se del caso, segnalare qualsiasi situazione di pericolo o di insidia inerente non solo alla sede stradale ma anche alla zona non asfaltata sussistente ai limiti della medesima, posta a livello tra i margini della carreggiata e i limiti della sede stradale (banchina), tenuto conto che essa fa parte della struttura della strada, e che la relativa utilizzabilità, anche per sole manovre saltuarie di breve durata, comporta esigenze di sicurezza e prevenzione analoghe a quelle che valgono per la carreggiata. Nella specie la S.C. ha ritenuto responsabile il Comune per i danni riportati da un motociclista a causa dell'impatto con l'imprevedibile ostacolo costituito da una rete in plastica posta a recinzione dell'area di un cantiere stradale, rilevando che la realizzazione di quest'ultimo non priva l'ente proprietario della qualità di custode della porzione di strada rimasta percorribile (www.foroeuropeo.it). Il caso
Alfa, a causa di una caduta dal ciclomotore dovuta all'impatto contro una rete di plastica posta a recinzione di un cantiere stradale, aperto su commissione degli uffici comunali, a seguito della quale aveva riportato lesioni personali, citava in giudizio il Comune Beta, chiedendo il risarcimento del danno. Il Comune costituito negava di essere custode dell'area di cantiere, poiché la stessa era stata affidata ad un appaltatore. Quindi, chiamava in causa la società Zeta, con la quale si era assicurato per la responsabilità civile, che, a sua volta, chiamava in causa l'appaltatore dei lavori quale responsabile dell'evento dannoso, che restava contumace. Il Tribunale dichiarava improcedibile la domanda nei confronti dell'appaltatore, in quanto fallito, e rigettava la richiesta di parte attrice. Avverso la sentenza di primo grado Alfa proponeva appello, che si concludeva con una pronuncia di rigetto, motivata sul fatto che il Comune Beta non fosse custode dell'area appaltata, né che fosse ravvisabile responsabilità extracontrattuale, poiché la difettosa installazione della rete di recinzione non era imputabile ad errori progettuali comunque ascrivibili al Comune, né che la strada percorsa dalla vittima fosse comunale, in quanto priva di difetti. Dunque, Alfa presentava ricorso in Cassazione, fondandolo su quattro motivi. La società assicuratrice Zeta resisteva con un controricorso e il Comune Beta non si difendeva. La Suprema Corte, nel caso di specie, accogliendo i primi due motivi del ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa alla Corte d'appello, in diversa composizione, cui demandava di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità e di applicare due principi di diritto.
La questione
Con l'affidamento di lavori l'Amministrazione appaltante perde la qualità di custode? Il contratto di appalto trasferisce in capo all'appaltatore gli obblighi di custodia dell'area sulla quale insistono i lavori? Sussiste la responsabilità dell'Amministrazione nell'ipotesi di esternalizzazione dei lavori di manutenzione stradale? È risarcibile il danno arrecato a terzi per difettosa manutenzione dell'area di cantiere? Nel caso di specie sussistono i presupposti per l'applicazione dell'art. 2051 c.c.? Le soluzioni giuridiche
La qualità di custode
La Corte di Cassazione afferma che la qualità di custode abbia natura fattuale e non giuridica, poiché «coincide con la possibilità di esercitare sulla cosa fonte di danno un potere di fatto». Dunque, il contratto di appalto non determina ipso iure la perdita della qualità di custode ex art. 2051 c.c. L'obbligo di custodia permane in via esclusiva in capo all'appaltatore soltanto quando l'area di cantiere sia completamente «enucleata, delimitata ed affidata all'esclusiva custodia dell'appaltatore, con conseguente assoluto divieto su di essa del traffico veicolare e pedonale». Diversamente, quando l'area sulla quale insiste il cantiere è adibita al traffico permane tale obbligo in capo al Comune appaltante (Cass. civ., sez. III, sent. n. 15882/2013).
Gli obblighi di manutenzione, vigilanza e controllo a carico dell'ente locale proprietario
Il giudice di ultime cure rileva che il Comune proprietario di una strada ha l'obbligo di effettuarne la manutenzione, al fine di prevenire qualsivoglia situazione di pericolo in capo all'utenza, ai sensi dell'art. 14 cod. strad. e dell'art. 5 R.D. n. 2506/1923.
La configurazione della responsabilità e l'onere della prova
La presenza di un ostacolo proveniente da un'area esterna alla sede stradale non è sufficiente a escludere la responsabilità per custodia del Comune Beta, tranne nel caso in cui l'Amministrazione non riesca a provare che l'evento si sia verificato per caso fortuito. Nel caso si specie, l'Ente dovrebbe dimostrare che l'evento sia stato determinato da cause esterne ed estemporanee create da terzi, non conoscibili, né eliminabili con immediatezza, neanche con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da un fattore di pericolo, qualificabile come fortuito, poiché ha esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l'intervento riparatore dell'ente custode (Cass. civ., sez. VI-3, ord. 19 marzo 2018, n. 6703). La Corte di Cassazione evidenzia che è correlato all'obbligo di manutenzione delle strade aperte al pubblico transito, quello di prevenire e segnalare eventuali situazioni di pericolo o di insidia esistenti sia sulla rete stradale, sia sulla banchina, ovvero la zona non asfaltata tra la carreggiata e la sede stradale, poiché essa rientra nella struttura della strada stessa.
La condotta omissiva dell'ente locale
La Suprema Corte sancisce che la Corte d'appello in sede di riesame dovrà applicare due principi di diritto, tra i quali il seguente: «la realizzazione di un cantiere stradale su parte di una strada che continui, nella parte non occupata, ad essere aperta al pubblico transito, non priva l'ente proprietario della qualità di custode della porzione di strada rimasta percorribile». Ciò posto, poiché la responsabilità del custode è connessa alla possibilità di un intervento tempestivo per rimuovere la situazione di pericolo cagionata da terzi o da eventi eccezionali, nel caso di specie la condotta omissiva del Comune Beta ha determinato una violazione degli obblighi ex art. 2051 c.c.
I profili risarcitori
L'altro principio di diritto: «la stipula, da parte dell'amministrazione comunale, di un contratto di appalto avente ad oggetto l'esecuzione di lavori sulla pubblica via, non priva l'amministrazione committente della qualità di custode, ai sensi dell'art. 2051 c.c., sino a quando l'area di cantiere non sia stata completamente enucleata e delimitata, e sia stato vietato su di essa il traffico veicolare e pedonale, con conseguente affidamento all'esclusiva custodia dell'appaltatore» evidenzia che il Comune Beta può essere chiamato a rispondere del danno, che ha subito la parte attrice.
Osservazioni
Con l'ordinanza in esame la Corte di Cassazione fissa i principi di diritto sopra citati, dall'analisi dei quali si rileva che il rapporto di custodia consiste in una relazione di fatto tra il soggetto e la cosa, tale da consentirne un potere di governo, ovvero la facoltà di esercitare un controllo per eliminare le situazioni di pericolo insorte e da escludere i terzi dal contatto con la cosa, ove essa sia fonte di pericolo (Cass. civ., sez. III, sent. 18 aprile 2012, n. 6065). L'art. 2051 c.c. attribuisce la responsabilità delle cose in custodia a colui che esplica sulla cosa un potere non solo giuridico, ma anche fattuale, ossia eserciti su di essa un reale controllo sulle modalità di uso, sulla conservazione, nonché sui rischi ad essa connessi, che gli consenta di intervenire tempestivamente in caso di pericolo. Quindi, la ratio della predetta responsabilità si ravvisa nel rapporto tra persona e res, quale potere del soggetto sulla cosa, mentre la disponibilità di fatto e giuridica sulla cosa ne diventa il criterio di imputazione (M. FRATINI, Diritto civile, Neldiritto editore 2014). Con riguardo alla natura della responsabilità la tesi prevalente configura la responsabilità ex art. 2051 c.c. come responsabilità oggettiva, basata sul criterio del «dominio del rischio» (A. PLAISANT, Dal diritto civile al diritto amministrativo, Forumlibri 2017), a nulla rilevando la valutazione della condotta del custode. Pertanto, grava sul danneggiato l'onere di provare il danno e il nesso causale tra esso e la cosa in custodia. Il custode, invece, dispone di una sola prova liberatoria, costituita dal caso fortuito, ovvero un evento esterno imprevedibile e inevitabile, tale da incidere sul nesso causale tra la cosa che ha cagionato il pregiudizio e l'evento dannoso. La Corte di Cassazione, con i principi di diritto sanciti dall'ordinanza in esame, statuisce che la custodia della strada comprende anche la zona non asfaltata tra la carreggiata e la sede stradale, poiché essa rientra nella struttura della strada stessa. Stabilisce, altresì, che la sottoscrizione di un contratto di appalto di manutenzione di un'area stradale non determina il venir meno del dovere di custodia in capo all'Amministrazione committente, che perdura «sino a quando l'area di cantiere non sia stata completamente enucleata e delimitata, e sia stato vietato su di essa il traffico veicolare e pedonale, con conseguente affidamento all'esclusiva custodia dell'appaltatore». Dunque, la stipula di un contratto di appalto non comporta di per sé il trasferimento all'appaltatore del potere di fatto sulla cosa e il relativo obbligo di custodia.
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