Inammissibilità dell'azione del singolo condomino nei confronti dell'amministratore in caso di inerzia nell'esecuzione di atti conservativi
25 Ottobre 2018
Massima
È inammissibile l'azione del singolo condomino, nei confronti dell'amministratore, diretta ad ottenerne la condanna a porre in essere atti conservativi ed al risarcimento del danno. Il contratto di mandato sorge tra l'amministratore ed il condominio, per cui il singolo condomino non è legittimato ad agire, in sede contenziosa, per lo scioglimento del rapporto e, di conseguenza, per sopperire all'inerzia dell'amministratore nel compimento di atti di ordinaria amministrazione non potendo, il giudice, sostituirsi alla volontà dei condòmini ed agli organi del condominio.
Il caso
Il proprietario di un'unità immobiliare aveva convenuto in giudizio l'amministratore del condominio descrivendo, nel dettaglio, una serie di mancanze di quest'ultimo nella gestione della cosa comune; in particolare, si doleva dell'omissione dall'aver posto in essere i dovuti atti conservativi e chiedeva la condanna dell'amministratore ad eseguire quanto di sua competenza e al risarcimento del danno per la perdita di valore della proprietà. Il Tribunale respingeva la domanda; innanzitutto, il rapporto di mandato sorge tra amministratore e condominio, con esclusione, per il singolo condomino, di poter agire nei confronti dell'amministratore; inoltre, il giudice non può sostituirsi alla volontà dei condòmini disponendo, in via contenziosa, l'esecuzione di attività discrezionali degli organi del condominio, in quanto è contemplato il ricorso all'assemblea e, solo in caso di inerzia di quest'ultima, il ricorso ex art. 1105 c.c., in via non contenziosa. All'inammissibilità della domanda di condanna a porre in essere gli atti conservativi seguiva l'inammissibilità della domanda di risarcimento del danno per deprezzamento della proprietà. La questione
La controversia tocca tre questioni: 1) la natura giuridica del condominio, quale entità autonoma, con “personalità giuridica attenuata”; 2) il difetto di giurisdizione nell'azione contenziosa volta a sopperire all'inerzia dell'amministratore di condominio; 3) l'inammissibilità della richiesta di risarcimento danni per omissione, da parte dell'amministratore, di esecuzione degli “atti conservativi” di cui all'art. 1130 c.c. Le soluzioni giuridiche
La prima questione concerne la possibilità, per il singolo condomino, di agire nei confronti dell'amministratore. Secondo il giudicante, il rapporto di mandato sorge tra amministratore e “condominio”, per cui non costituisce un contratto collettivo tra i singoli condòmini e l'amministratore. La questione porta al dibattito sulla natura del condominio quale “entità di diritto”. Secondo autorevole dottrina (Scarpa), la pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. civ., sez.un., 18 settembre 2014, n. 19663), in materia di legittimazione dell'amministratore nei procedimenti per indennizzo per eccessiva durata del processo, avrebbe riconosciuto una «sia pur attenuata personalità giuridica» o, comunque, una «soggettività giuridica autonoma» tale da modificare i principi, sino ad oggi largamente condivisi in giurisprudenza, sulla rappresentanza dell'amministratore in giudizio; secondo l'autore, la decisione della Suprema Corte sarebbe incompatibile con l'assunto secondo il quale, nel corso di un giudizio nel quale è presente l'amministratore, sarebbero costituiti anche i singoli condòmini mentre, al contrario, il singolo condomino sarebbe considerato parte solo se intervenuto autonomamente, in quanto la rappresentanza dell'amministratore coprirebbe esclusivamente la comunità condominiale nel suo insieme. L'autore riconosce, peraltro, come la successiva giurisprudenza di legittimità abbia disatteso il suddetto principio: si veda, da ultimo, Cass. n. 26557/2017, la quale ha ribadito che il condominio non possieda alcuna personalità giuridica per cui il singolo condomino è legittimato all'autonoma impugnazione del provvedimento negativo emesso a carico del condominio. La sentenza del Tribunale di Napoli, pertanto, appare aver condiviso l'orientamento innovativo, arrivando a stabilire che il contratto di mandato sorga tra amministratore e condominio e, con ciò, escludendo la possibilità di azione del singolo nei confronti dell'amministratore e, per quanto riguarda il caso in specie, anche in ipotesi di domanda risarcitoria; seguendo l'orientamento alternativo l'azione per il risarcimento del danno sarebbe risultata ammissibile; di fatto, la pronuncia in esame, lega la collettivizzazione dell'ente con l'attività dei suoi organi, descrivendo un sistema ove la discrezionalità dell'azione coincide, nei suoi effetti, con l'autonomia dell'ente condominio nei confronti dei singoli condòmini. La seconda questione trattata appare decisa in linea con la giurisprudenza maggioritaria. In materia condominiale, vige il principio della discrezionalità dell'assemblea nell'assumere decisioni al riguardo della gestione dell'amministrazione; tale considerazione postula l'inammissibilità di azione, in sede contenziosa, diretta a sopperire all'inerzia degli organi del condominio a meno che l'inerzia non si risolva in un danno diretto alla proprietà esclusiva (ad esempio, in ipotesi di infiltrazioni provenienti da parti comuni); qualora, pertanto, la proprietà comune rischi gravi danni per inerzia degli organi condominiali il condomino dovrà, in primis, sollecitare l'intervento dell'assemblea, quindi procedere con ricorso ex art. 1105 c.c. in sede di volontaria giurisdizione, atteso che non sussiste giurisdizione in sede contenziosa. La pronuncia in esame segue, di conseguenza, l'orientamento, per lo più uniforme, della giurisprudenza corrente. Osservazioni
Il provvedimento del Tribunale di Napoli, peraltro, definisce la controversia con una declaratoria di inammissibilità anche della domanda di risarcimento del danno quale conseguenza dell'inammissibilità della domanda di condanna ad eseguire gli atti conservativi. La decisione presta il fianco a critiche. L'impossibilità, infatti, per il giudice, di intervenire nella gestione del condominio non esclude affatto che lo stesso possa, comunque, conoscere di eventuali mancanze dell'amministratore e, di conseguenza, condannarlo al risarcimento del danno; quale mandatario l'amministratore assume obblighi ad agire con diligenza che, se violati, comportano una responsabilità contrattuale; ciò non ha nulla a che vedere con il difetto di giurisdizione, visto che si tratta di violazioni contrattuali e di conseguenti oneri risarcitori. La motivazione, con un obiter dictum, pare escludere la responsabilità dell'amministratore anche in forza della circostanza che, in realtà, l'inerzia fosse imputabile, per lo più, all'assemblea; invero, è da rilevare che, qualora un amministratore ometta di eseguire un suo preciso obbligo, magari di agire in sede possessoria entro il termine nei confronti di un terzo per occupazione di parte comune, se è vero che il singolo condomino in nessun modo potrà influire sulla mancata azione, è anche vero che gli rimarrà l'arma del risarcimento del danno e ciò in quanto l'atto conservativo rientri tra le obbligazioni dell'amministratore nei confronti dei condòmini, sempre che non si intenda escludere ciò sulla base del principio che solo la collettività condominiale (espressa in un entità condominiale autonoma) possa avere l'esclusiva legittimazione attiva. La pronuncia esaminata tocca diversi punti critici della normativa condominiale, in particolare per quanto concerne la soggettività del condominio e la legittimazione dei singoli ad agire nei confronti dell'amministratore negligente, e per quanto concerne il difetto di giurisdizione nella discrezionalità degli organi, nonché sul risarcimento del danno. In particolare, l'ultimo punto è quello che pone maggiori problemi in relazione alla pronuncia delle Sezioni Unite sulla “personalità giuridica attenuata”. A ben vedere, peraltro, le poche modifiche della l. n. 220/2012 in particolare, per quanto concerne eventuale patrimonio destinato, non appaiono sufficienti a modificare il sistema che vede, nel condominio, un semplice mandato collettivo, senza alcuna separazione soggettiva tra singoli e collettività; nessuna norma particolare ha modificato l'originaria struttura del condominio che risulta essere, ancora oggi, un mandato collettivo di singoli ad un amministratore, persona fisica esterna, che ne rappresenta gli interessi senza privare i condòmini della loro particolare e concorrente legittimazione ad agire sia nei confronti di terzi, che dell'amministratore stesso. |