Disturbo alla quiete pubblica nei rapporti di vicinato condominiale: necessità di un accertamento tecnico?

06 Novembre 2018

La sentenza della Cassazione in commento affronta il tema del disturbo alla quiete pubblica nei particolari rapporti di “vicinato condominiale”, segnatamente in ordine alla necessità di un accertamento tecnico, concludendo nel senso che la verifica del superamento della soglia della normale tollerabilità delle emissioni sonore...
Massima

La verifica del superamento della soglia della normale tollerabilità delle emissioni sonore nell'àmbito dei rapporti di vicinato o condominiale non è valutazione tecnica, che richiede il necessario supporto di un sapere esperto, ma accertamento di fatto di natura etico-sociale, appartenente al senso comune, e quindi liberamente acquisibile direttamente dal giudice alla stregua di massime di esperienza e di nozioni tratte dal senso comune.

Il caso

La pronuncia in commento concerne una delle poche e residuali ipotesi di responsabilità penale ex art. 659, comma 1, c.p. Tale contravvenzione, infatti, a seguito del susseguirsi ed intrecciarsi della normativa in tema di inquinamento acustico, ritaglia il proprio àmbito di operatività quasi esclusivamente nell'àmbito dei rapporti di vicinato e nell'àmbito condominiale.

La norma punisce il «Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone», ovvero qualunque condotta, di tipo commissivo od omissivo, idonea a determinare il disturbo delle occupazioni o del riposo, elemento materiale della contravvenzione di cui di cui all'art. 659, comma 1, c.p., indifferentemente posta con dolo o con colpa. Nel caso di condotta omissiva, penalmente responsabile è colui che esercita un potere di vigilanza derivante dalla legge o da un contratto su soggetti (bambini) o cose (animali, macchinari, strumenti di lavoro) fonte di rumore. La responsabilità omissiva va quindi collegata ad una posizione di garanzia derivante dalla legge o da un contratto, o da un ordine dell'autorità pubblica.

Va chiarito che, ai fini della punibilità del soggetto agente, è necessario che la stessa sia astrattamente idonea a determinare un disturbo diffuso e generalizzato delle occupazioni e/o del riposo di una multitudine di persone, quantunque sia anche una sola persona a lamentarsene. Trattandosi di reato posto a tutela del bene superindividuale della quiete pubblica e dell'ordine pubblico, è pacifico che la contravvenzione possa configurarsi anche in assenza di offesa a soggetti determinati, purché sia posta in essere una condotta idonea ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone.

In sostanza, per la configurabilità del reato di «disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone»non è necessario che in concreto si siano lamentate più persone, atteso che è sufficiente che i rumori abbiano determinato una situazione tale, dal punto di vista oggettivo, da poter recare disturbo ad una pluralità di soggetti. Cosicché la contravvenzione di cui all'art. 659 c.p. non sussiste allorquando i rumori arrechino disturbo ai soli occupanti di un appartamento, all'interno del quale sono percepiti, e non ad altri soggetti abitanti nel condominio in cui è inserita detta abitazione ovvero nelle zone circostanti. In tale ipotesi non si produce il disturbo, effettivo o potenziale, della tranquillità di un numero indeterminato di soggetti, ma soltanto di quella di definite persone, e un fatto del genere può costituire, se del caso, illecito civile, come tale fonte di risarcimento di danno, ma non assurgere a violazione penalmente sanzionabile.

Pertanto, affinché sussista la contravvenzione in esame relativamente ad attività che si svolgono in ambito condominiale, è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell'appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio (Cass. pen., sez. III, 2 maggio 2018, n. 18521).

Tanto premesso, nel caso di specie, si contesta di non aver impedito i continui strepiti notturni di alcuni cani, custoditi presso un'abitazione in un centro abitato, impedendo così il riposto e le occupazioni delle persone residenti nelle adiacenze.

Il giudice di merito aveva ritenuto sufficientemente provata la responsabilità degli occupanti dell'abitazione avvalendosi, come fonte di prova, dei plurimi esposti presentati quasi contestualmente da più di trenta persone, nonché della prova testimoniale di due vicini di casa, non ritenendo opportuno tuttavia disporre perizia e in assenza di una consulenza tecnica.

La questione

Tra i vari motivi di ricorso, assume particolare pregio la lagnanza degli imputati di mancato raggiungimento di uno standard probatorio apprezzabile in punto di superamento della soglia della “normale tollerabilità”, non essendo stata disposta alcuna rilevazione sonora e in assenza di qualunque accertamento tecnico. I ricorrenti ritengono che, pur trattandosi di fattispecie di pericolo presunto, il giudizio di pericolosità alla quiete e al riposo pubblico debba imporre il ricorso ad un sapere scientifico extra-giuridico e quindi all'apporto di un consulente o perito.

Pertanto, in relazione a tale motivo di ricorso, la Corte affronta il tema relativo all'interpretazione della natura e al metodo di accertamento di un elemento implicito, ma di cruciale importanza: solo il superamento della soglia della “normale tollerabilità” può impedire il risposo e le occupazioni di un numero indeterminato e potenziale di persone (ad esempio i residenti nelle vicinanze o all'interno di un condominio) indiziando il disvalore penale della condotta che, altrimenti, sarebbe del tutto lecita ed immeritevole di sanzione penale.

In particolare, la questione giuridica posta all'attenzione della Suprema Corte attiene alla metodologia di accertamento del grado di pericolosità e di diffusività della condotta pericolosa. Si tratta di valutazione tecnica, che richiede il necessario supporto di un sapere esperto o di un accertamento di fatto di natura etico-sociale, appartenente al senso comune, e quindi liberamente acquisibile direttamente dal giudice? Optando per la prima soluzione, Il giudice, nel valutare l'ammissibilità e la fondatezza degli asserti scientifici introdotti dagli esperti, in quanto peritus peritorum, deve esercitare criticamente il vaglio epistemologico dei medesimi, prestando attenzione al grado di affidabilità della metodologia utilizzata. Optando la seconda, il requisito della normale tollerabilità implica una valutazione di fatto ritagliata al caso concreto, rimessa all'apprezzamento del giudice, alla stregua di massime di esperienza e di nozioni tratte dal senso comune.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione, nella pronuncia in commento, ha ribadito, in modo quasi tralatizio, un principio consolidato in materia di emissioni rumorose: «la verifica del superamento della soglia della normale tollerabilità non deve essere necessariamente effettuata mediante perizia o consulenza tecnica, ben potendo il giudice fondare il suo convincimento in ordine alla sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, occorrendo, ciò nondimeno accertare la diffusa capacità offensiva del rumore in relazione al caso concreto».

Ed invero, in altre pronunce, la giurisprudenza di legittimità ha sempre negato la natura di valutazione tecnico-scientifica all'accertamento del superamento della soglia della normale tollerabilità. Alla luce di numerosi precedenti giurisprudenziali, la Suprema Corte, nella sentenza in commento, ha ritenuto che, «nel caso in esame la prova del superamento della soglia della normale tollerabilità delle fonti sonore è stata desunta dalle deposizioni testimoniali di tre vicini di casa, nonché dell'agente di polizia municipale che effettuò il sopralluogo il 16 dicembre 2014, e del teste di polizia giudiziaria, il quale pure si recò sui luoghi, accertando non solo che gli animali abbaiavano e che in casa non vi era nessuno, ma che sul cancello dell'abitazione di era un cartello con la scritta “sono una mamma, i cani abbaiano da molto tempo”».

Si è quindi ribadito, in tema di emissioni sonore, il principio che la prova del superamento della soglia della normale tollerabilità non sia di natura tecnica e non richieda un accertamento tecnico. Questo orientamento, tuttavia, è assai distonico rispetto quello concernente altri settori relativi allo svolgimento di attività lecite ma pericolose (quale la circolazione stradale, in materia di tutela della salute nei luoghi di lavoro), ove si è affermato l'opposto principio della imprescindibilità di un accertamento di natura tecnica (non necessariamente costituito da consulenza o perizia, ma anche da accertamenti del c.d. teste esperto o da acquisizioni della polizia giudiziaria).

Osservazioni

Perché possa ritenersi integrata la fattispecie disciplinata dall'art. 659 c.p. occorre la prova di due elementi:

a) il superamento dei limiti della normale tollerabilità delle emissioni sonore;

b) la diffusività e percettibilità delle emissioni stesse da parte di un numero illimitato di persone (tutti gli occupanti il condominio o una parte di esso, parte del vicinato, etc.) a prescindere dal fatto che in concreto tali persone siano state effettivamente disturbate.

Si ripete che, trattandosi di reato di pericolo presunto posto a tutela della quiete pubblica e dell'ordine pubblico, i rumori intollerabili devono avere l'attitudine a disturbare una cerchia indeterminata di persone, poiché è solo in simile evenienza che si verifica una lesione o messa in pericolo della pubblica tranquillità che è il bene giuridico protetto dalla fattispecie incriminatrice dell'art. 659 c.p. Si può prospettare l'ipotesi che le emissioni sonore, se svolte nell'ambito di attività lavorative o in luoghi non abitati o destinati all'attività industriale, non pongano, neppure sotto il profilo astratto, in pericolo l'ordine pubblico e la quiete.

Occorre quindi distinguere concettualmente l'aspetto relativo all'accertamento dell'intollerabilità delle emissioni sonore, che individua la natura di reato di pericolo presunto, dal giudizio di diffusività e pervasività della condotta pericolosa rispetto il bene collettivo della quiete pubblica. I due aspetti vanno differenziati: una cosa è accertare che l'emissione sonora abbia superato la normale tollerabilità, altra accertare che la stessa sia ideona ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone. Mentre il primo è un accertamento di natura tecnica, ove il giudice, quale peritus peritorum, è chiamato a effettuare una valutazione in ordine alla affidabilità dell'accertamento tecnico, il secondo è di natura fattuale e non tecnica, ed è rimesso al prudente apprezzamento del giudice il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete.

Il giudizio relativo al superamento della normale tollerabilità, non può essere rimesso all'apprezzamento esclusivo del giudice o alle soggettive valutazioni dei testi, alla stregua di parametri di sensibilità troppo variabili e soggettivi o tratti dalla comune esperienza, se non a pena di trasformarsi in un giudizio inevitabilmente arbitrario e poco affidabile.

Ed infatti, correttamente, in qualche pronuncia si coglie - implicitamente - la differenziazione tra accertamento relativo alla idoneità offensiva della condotta rispetto al bene giuridico protetto, rispetto quello, di natura tecnica, della intollerabilità dei rumori, laddove si specifica che la facoltatività dell'accertamento tecnico non concerne la valutazione della tollerabilità o meno dei rumori, ma l'attitudine di essi ad arrecare disturbo: «Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 659 c.p. l'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, ma ben può il giudice fondare il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità» (Cass. pen., sez. I, 25 maggio 2011, n. 20954).

Tuttavia, la Suprema Corte, nella pronuncia in esame, sembra aver sovrapposto le due valutazioni, identificando il piano della prova della diffusività e pericolosità della condotta rispetto al bene della quiete pubblica con quello dell'accertamento dell'intollerabilità - oggettiva - delle emissioni rumorose.

Guida all'approfondimento

Gasparre, Cantiere navale sotto sequestro per aver disturbato la quiete pubblica e non osservato l'ordinanza sindacale, in Diritto & giustizia, 2016, fasc. 19, 43;

Gasparre, Discoteca: divertirsi è un diritto ma fino a un certo orario, in Diritto & giustizia, 2015, fasc. 4, 120;

Benni De Sena, Immissioni intollerabili e risarcimento del danno non patrimoniale, in Ridare.it.

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