Incidente stradale: criteri di calcolo per la liquidazione del danno patrimoniale da perdita della capacità di guadagno

Paolo Mariotti
Raffaella Caminiti
12 Novembre 2018

Come va intesa la nozione di “reddito netto” contenuta nell'art. 137 cod. ass. da utilizzarsi quale parametro per la liquidazione del danno patrimoniale da perdita della capacità di guadagno?
Massima

L'art. 4 del d.l. n. 857 del 1976, come modificato dalla legge di conversione n. 39 del 1977 nel disporre che in caso di danno alle persone (nella specie, da sinistro stradale), quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l'incidenza dell'inabilità temporanea o dell'invalidità permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito si determina, per il lavoro dipendente, sulla base del reddito da lavoro maggiorato dei redditi esenti e delle detrazioni di legge e, per il lavoro autonomo, sulla base del reddito netto risultante più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche degli ultimi tre anni, attribuisce rilievo, alla stregua della sua testuale formulazione, al reddito da lavoro netto dichiarato dal lavoratore autonomo ai fini dell'applicazione della sopraindicata imposta ed ha riguardo, quindi, non al reddito che residua dopo l'applicazione dell'imposta stessa ma alla base imponibile di cui all'art. 3 del d.P.R. n. 597 del 1973 e cioè all'importo che il contribuente è tenuto a dichiarare ai fini dell'imposta sopraindicata, dovendo inoltre intendersi per reddito dichiarato dal danneggiato quello risultante dalla differenza fra il totale dei compensi conseguiti (al lordo delle ritenute d'acconto) ed il totale dei costi inerenti all'esercizio professionale - analiticamente specificati o, se consentito dalla legge, forfettariamente conteggiati - senza possibilità di ulteriore decurtazione dell'importo risultante da tale differenza, per effetto del conteggio delle ritenute d'imposta sofferte dal professionista.

Il caso

La Corte d'appello di Trento, in riforma parziale della sentenza di primo grado, rideterminava gli importi posti a carico dell'assicuratore della RCA a titolo di risarcimento dei danni sofferti dalla vittima di un sinistro stradale, lavoratore autonomo.

A fondamento della decisione assunta, la Corte territoriale rilevava come, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale derivante dalla perdita della capacità di guadagno, dovesse utilizzarsi, quale parametro di riferimento, il reddito al netto del prelievo fiscale.

Avverso la sentenza d'appello proponeva ricorso per cassazione il danneggiato. L'assicuratore della r.c.a. resisteva con controricorso.

La questione

Come va intesa la nozione di “reddito netto” contenuta nell'art. 137 cod. ass. da utilizzarsi quale parametro per la liquidazione del danno patrimoniale da perdita della capacità di guadagno?

Le soluzioni giuridiche

Il Supremo Collegio, nell'accogliere il ricorso, cassa con rinvio la sentenza impugnata, ritenendo fondata la censura per violazione dell'art. 137 cod. ass. per avere la Corte territoriale erroneamente utilizzato, quale parametro per il calcolo della perdita della capacità di guadagno del danneggiato, il reddito al netto del prelievo fiscale, dovendo al contrario ritenersi che il riferimento al reddito netto, contenuto nella predetta norma, vada inteso alla stregua del reddito al netto dei costi di produzione, e non già al netto delle imposte dovute al fisco.

Sono richiamati in sentenza i criteri da adottarsi con riguardo ai casi di lavoro, rispettivamente, autonomo e subordinato, previsti dall'art. 4 del d.l. n. 857 del 1976 così come modificato dalla legge di conversione n. 39 del 1977 secondo il quale per il lavoro autonomo il reddito che occorre considerare agli effetti del risarcimento è quello netto risultante più elevato tra i redditi dichiarati dal danneggiato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) negli ultimi tre anni.

Viene, quindi, evocato il principio di diritto già enunciato dalla Suprema Corte (Cass. civ., sez. III, 9 luglio 2008, n. 18855), per cui tale norma, stante la sua inequivoca formulazione, attribuisce rilievo al reddito netto dichiarato dal lavoratore autonomo ai fini dell'applicazione dell'Irpef, e non consente, quindi, di fare riferimento al reddito che residua dopo l'applicazione dell'imposta.

Tale “reddito netto” da attività professionale si identifica, dunque, con la base imponibile di cui all'art. 3 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, ovverosia all'importo che il contribuente è tenuto a dichiarare ai fini dell'Irpef.

Per reddito dichiarato dal danneggiato ai fini dell'imposta sopraindicata, deve intendersi quello risultante dalla differenza tra il totale dei compensi conseguiti (al lordo dalle ritenute di acconto) e il totale dei costi inerenti all'esercizio professionale - analiticamente specificati o, se per legge consentito, forfettariamente conteggiati - senza che l'importo risultante da tale differenza possa essere ulteriormente decurtato dall'ammontare delle ritenute d'imposta sofferte dal professionista (Cass. civ., sez. III, 23 marzo 1994, n. 2822).

Ritiene la Corte nomofilattica di dover dare continuità a questo consolidato orientamento, che condivide integralmente e fa proprio (Cass. civ., sez. III, 20 giugno 1996, n. 5680; Cass. civ., sez. III, 9 novembre 2006, n. 23917).

Osservazioni

La Corte di cassazione torna, dopo diverso tempo, a pronunciarsi sulla corretta interpretazione della nozione di “reddito netto”, contenuta nell'art. 137 cod. ass.

Richiamando la propria costante giurisprudenza, i Giudici di Piazza Cavour chiariscono quale sia il criterio da applicare come base di calcolo per procedere alla liquidazione del danno patrimoniale da perdita della capacità di guadagno, subito a seguito di sinistro stradale.

L'inabilità temporanea e l'invalidità permanente vengono qui in rilievo per gli effetti che ne derivano sulla sfera economica della vittima, ovvero per la loro incidenza sul reddito da lavoro.

Mentre “in tutti gli altri casi”, ai sensi del terzo comma dell'art. 137, cod. ass. il reddito da considerare ai fini risarcitori non può essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale (oggi “assegno sociale”), nel caso di soggetto percettore di reddito da lavoro è proprio di quest'ultimo che occorre tener conto nella quantificazione della posta risarcibile.

La norma individua i parametri per procedere alla liquidazione delle conseguenze patrimoniali subite dalla vittima di un sinistro stradale, prevedendo un sistema che, alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. VI, 4 maggio 2016, n. 8896), può riassumersi nelle tre seguenti ipotesi:

(a) se la vittima ha un reddito da lavoro, è quest'ultimo che va posto a base del calcolo;

(b) se la vittima non ha un reddito da lavoro, è il triplo della pensione sociale che va posto a base del calcolo;

(c) se la vittima ha un reddito da lavoro saltuario, è il triplo della pensione sociale che va posto a base del calcolo.

In particolare, per il lavoro dipendente, il danno da riduzione della capacità di guadagno va calcolato sulla base del reddito di lavoro, maggiorato dei redditi esenti e al lordo delle detrazioni e delle ritenute di legge, che risulta il più elevato tra quelli degli ultimi tre anni.

Per il lavoro autonomo, tale danno va individuato sulla base del reddito da lavoro netto che risulta il più elevato tra quelli dichiarati dal lavoratore danneggiato ai fini Irpef negli ultimi tre anni, avendo riguardo non al reddito che residua dopo l'applicazione dell'imposta stessa, ma all'importo che il contribuente è tenuto a dichiarare ai fini della suddetta imposta.

Nei casi previsti dalla legge, fa fede l'apposita certificazione rilasciata dal datore di lavoro ai sensi delle norme di legge (art. 137, comma 1 cod. ass.).

È, comunque, ammessa la prova contraria, ma quando dalla stessa si evince che il reddito è superiore di oltre un quinto rispetto a quello risultante dagli atti indicati nel comma 1 della norma in esame, il giudice ne fa segnalazione al competente ufficio dell'Agenzia delle entrate (art. 137, comma 2 cod. ass.).

Secondo un orientamento giurisprudenziale minoritario, il danno patrimoniale può essere liquidato dal giudice ponendo a base del calcolo il triplo della prensione sociale anche quando il danneggiato dimostri di essere un lavoratore ma non provi l'entità del reddito perduto, costituendo tale criterio una soglia minima di risarcimento prevista ex lege (Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2012, n. 7531, Cass. civ., sez. III, 6 agosto 2007, n. 17179).

Di diverso avviso è il prevalente orientamento della Corte di cassazione (ex pluribus, Cass. civ., sez. III, 25 maggio 2004, n. 10026), secondo cui, laddove la vittima sia percettore di reddito, la liquidazione del danno in esame deve avvenire senza ricorrere ad alcun automatismo, ma in base al reddito perduto (Cass. civ., sez. III, 7 marzo 1994, n. 2203; Cass. civ., sez. III, 30 maggio 1995, n. 6074; Cass. civ., sez. III,29 ottobre 2001, n. 13409; Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 2006, n. 1120).

Nella liquidazione del danno patrimoniale il criterio del triplo della pensione sociale può, peraltro, essere utilizzato per quantificare il pregiudizio patito da un soggetto percettore di reddito, quando il giudice di merito accerti, con valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità, che la vittima al momento del sinistro stradale godeva sì di un reddito, ma questo era talmente modesto o sporadico da rendere la stessa sostanzialmente equiparabile a un disoccupato (Cass. civ., n. 8896/2016, cit.).

Sempre secondo la Suprema Corte, la probabilità che il reddito goduto dalla vittima al momento dell'incidente stradale sarebbe aumentato in futuro, qualora non si fosse verificato il sinistro, va tenuta presente dal giudice al momento della liquidazione del danno, opportunamente aumentando il reddito da porre a base del calcolo (ex multis, Cass. civ., sez. III, 6 ottobre 1994, n. 8177).

In altri termini, se tale reddito, al momento del sinistro, non esprime le reali capacità lavorative della vittima e, pertanto, sia ragionevole ritenere che esso negli anni a venire sarebbe verosimilmente cresciuto, allora il giudice potrà disporre un risarcimento superiore rispetto al reddito concretamente percepito.

Anche in tal caso non è, tuttavia, ammissibile alcun automatismo, atteso che un reddito per quanto modesto può essere stabile e permanente, e costituire effettivamente il massimo frutto possibile delle potenzialità produttive del danneggiato (Cass. civ., n. 8896/2016, cit.).

Stabilire nel caso concreto se il reddito della vittima fosse o meno destinato a crescere, ovvero fosse o meno saltuario oppure occasionale, costituisce oggetto d'un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, sulla base di elementi oggettivi che spetta al danneggiato allegare e provare.