Contraddittorio preventivo: tra valutazione ed esplicitazioni delle memorie difensive del contribuente
18 Gennaio 2019
Massima
Si verifica la lesione del diritto al contraddittorio endo-procedimentale previsto dall'art. 12, comma 7, dello Statuto del Contribuente, ove l'ufficio manifesta in modo espresso di non aver considerato, ovvero valutato, le deduzioni difensive del contribuente nel termine dilatorio – previsto dalla predetta norma – anche se la ragione di siffatta violazione derivi dall'imminente scadenza del termine per emettere l'avviso di accertamento.
Dunque, l'imminente scadenza del termine per l'esercizio dell'azione accertativa non è motivo idoneo ad aggirare l'obbligo di valutazione delle osservazioni del contribuente; per l'effetto l'avviso di accertamento deve essere annullato. Il caso
Una società a fronte del p.v.c. presentava tempestive memorie difensive, che, pur tuttavia, non venivano valutate dall'Ufficio accertatore, il quale nell'avviso di accertamento dava atto del fatto che tale mancata valutazione era ascrivibile all'imminente la scadenza del termine di decadenza dell'azione accertativa. La società ricorrente eccepiva, sin dal ricorso introduttivo - tra gli altri motivi – la violazione e falsa applicazione dell'art. 12, comma 7, L. n. 212/2000, in quanto l'Amministrazione finanziaria nell'aver espressamente ammesso nell'avviso di accertamento di non aver valutato le memorie presentate dal contribuente, aveva violato l'obbligo di contraddittorio preventivo, previsto a pena di nullità.
Nonostante il rigetto del ricorso da parte dei primi giudici, la società contribuente impugnava la sentenza trovando il conforto dei giudici di gravame su detta argomentazione. L'Agenzia delle Entrate, a sua volta proponeva ricorso per Cassazione trovando la censura dei giudici di legittimità. La Suprema Corte di Cassazione, sezione tributaria, investita della controversia, sposa e conferma la decisione dei giudici di appello, chiarendo i termini della questione sottoposta alla sua attenzione, ovvero evidenziando il discrimen tra valutazione delle osservazioni del contribuente ed esplicitazione delle valutazioni delle osservazioni dell'atto accertativo.
La questione
La questione trae origine dalla mancata valutazione delle memorie difensive presentate da una società, a fronte del p.v.c., da parte dell'Ufficio accertatore, il quale dava atto nell'accertamento di non averle valutate per l'imminente la scadenza del termine di decadenza dell'azione accertativa. A parere della società contribuente e dei giudici di appello, dunque, tale omissione aveva violato l'art. 12, comma 7, L. n. 212/2000, per effetto della mancata attuazione da parte dell'Ufficio del contraddittorio preventivo, previsto a pena di nullità dalla norma richiamata. Ai giudici di legittimità veniva, dunque, rimessa la decisione circa il corretto inquadramento o corretta interpretazione dell'obbligo di attivazione del contraddittorio endo-procedimentale, sancito a pena di nullità dall'art. 12 cit.
Invero, stando al tenore letterale della norma nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono “valutate” dagli uffici impositori.
Orbene, vexata quaestio – riferivano già i giudici di gravame - risiede nella corretta interpretazione della volutan legis del dettato normativo nella parte in cui stabilisce che le osservazioni e le richieste avanzate dal contribuente nell'arco dei sessanta giorni dal rilascio del processo verbale di constatazione "sono valutate dagli uffici impositori". E, dunque, se ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio preventivo, ispirato al supremo principio di leale cooperazione tra fisco e contribuente, è necessaria una semplice valutazione delle osservazioni presentate, o se l'Ufficio sia onerato di esplicitare le valutazioni delle osservazioni nell'atto accertativo. A latere a questa principale questione, i Supremi Giudici venivano chiamati a pronunciarsi circa l'idoneità della giustificazione addotta dall'Ufficio di imminente scadenza del termine per l'esercizio dell'azione accertativa.
Le soluzioni giuridiche
La questione giuridica, nei termini testé rappresentati, è al centro di un dibattito giurisprudenziale in seno alla Suprema Corte che è animato da una serie di casi concreti che ogni volta aggiungono un quid pluris al corretto inquadramento dell'obbligo di previo contraddittorio tra fisco e contribuente.
I giudici della Suprema Corte nel caso da essi deciso sono pervenuti alla conclusione che “la lesione del contraddittorio endoprocedimentale sussiste le sole volte in cui l'ufficio ha manifestato apertamente di non avere considerato le deduzioni difensive esposte dal contribuente nel termine dilatorio - com'è avvenuto nel caso di specie, posto che l'obbligo dell'amministrazione finanziaria di "valutare" le osservazioni del contribuente cui l'imposizione del termine dilatorio, a pena di nullità, è strumentale- e non quando lo stesso ufficio le ha, anche implicitamente, considerate e disattesa all'atto di emanare l'accertamento. Orbene, nel caso di specie la CTR ha preso atto che l'amministrazione fiscale, benché notiziata delle difese esposte dalla parte contribuente nel rispetto del termine dilatorio, non le ha esaminate in ragione dell'imminente scadenza del termine. È dunque palese, nel caso di specie, la ritenuta violazione del contraddittorio che, in definitiva, si desume dal tentativo dell'ufficio di aggirare siffatto obbligo rilevando l'imminente scadenza del termine di decadenza dell'azione accertativa. Ragione, quest'ultima, che, com'è noto, nemmeno costituisce idoneo motivo d'urgenza per giustificare il mancato rispetto del termine dilatorio - cfr. Cass. Civ., n. 22786/2015, Cass. Civ., n. 5149/2016“.
I giudici di legittimità, quindi, aderiscono all'orientamento per cui l'obbligo che incombe sull'Amministrazione finanziaria è relativo alla sola valutazione delle memorie o osservazioni presentate dal contribuente e non si estende alla esplicitazione delle ragioni di non condivisione delle stesse nell'avviso di accertamento. Partendo da tale presupposto, è evidente che avendo l'Ufficio, nel caso in esame, dichiarato di non aver considerato le memorie difensive si è realizzata comunque la violazione del dettato normativo di cui all'art. 12 cit. Tanto più in considerazione del fatto che la “scriminante” della imminenza della scadenza del termine di decadenza dell'azione accertativa non è stata ritenuta dagli Ermellini idoneo motivo di urgenza per giustificare il mancato rispetto del termine dilatorio, ma, addirittura, un tentativo di aggirare l'obbligo su di esso incombente.
A tal proposito si evidenzia che, anche in tale fattispecie, il “motivo di urgenza” addotto dall'Ufficio per giustificare il suo operato è stato censurato, risultando perfettamente in linea con predenti giurisprudenziali in tema di emissione dell'accertamento prima dello scadere dei sessanta giorni per “motivi di urgenza”.
Riferiscono, infatti, gli Ermellini proprio nella sentenza citata di rifarsi all'orientamento della sentenza n. 5149 del 2016, per cui la circostanza di «particolare e motivata urgenza», addotta dagli Uffici per non aver potuto rispettare il termine dilatorio di sessanta giorni allegando giustappunto l'imminente scadenza del termini previsti per l'azione di accertamento, non è di per se sufficiente se non si da prova della oggettiva impossibilità di adempimento dell'obbligo, traducendosi nella deduzione che l'imminente scadenza del termine di decadenza, che non ha consentito di adempiere l'obbligo di legge, sia dipesa da fatti o condotte all'ufficio non imputabili a titolo di incuria, negligenza o inefficienza.
Detto in altri termini, i Supremi Giudici hanno ritenuto che la giustificazione di imminenza della scadenza del termine di decadenza dell'azione accertativa, che ha determinato la mancata valutazione delle memorie da parte dell'Ufficio, non poteva essere un “motivo di urgenza” idoneo a “bay passare” l'obbligo del contraddittorio preventivo, tanto quanto è inidoneo a giustificare l'emissione dell'accertamento prima dei termini di sessanta giorni previsti ex articolo 12 cit. Orbene, chiarito tanto, l'orientamento giurisprudenziale nella fattispecie che ci occupa e condiviso da questi Giudici, fa eco ad un filone di recente confermato anche della Suprema Corte di Cassazione con l'ordinanza del 2 luglio 2018, n. 17210 (preceduta a sua volta dalla pronunzia del 15 settembre 2017, n. 21408), la quale ha ribadito che: “il problema non è quello della mancata motivazione su atti che avrebbero comunque dovuto costituire oggetto di valutazione, ma è piuttosto quello di aver omesso un preciso adempimento fissato per legge, ossia di prendere visione delle memorie”; per cui ha espresso il seguente principio di diritto: “in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, ai sensi dell'art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000, la nullità consegue alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto nonché al mancato obbligo di (almeno) valutare le osservazioni del contribuente, pur senza esplicitare detta valutazione nell'atto impositivo (Sez. VI-T, n. 8378 del 31 marzo 2017)”.
Pur tuttavia, va dato atto del fatto che altro filone giurisprudenziale ritiene di dare peso alle osservazioni presentate dal contribuente, ovvero che gli Uffici impositori non sono solo onerati di valutare sic et simpliciter le deduzioni del contribuente, ma devono altresì esplicitare le valutazioni delle osservazioni nell'avviso di accertamento ai fini della corretta applicazione dell'articolo 12, comma 7 dello Statuto del Contribuente. Infatti, la Corte di Cassazione, con la sentenza dell'8 aprile 2015, n. 6971, ha riferito che la motivazione dell'atto di accertamento deve essere integrata con l'indicazione delle ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. Gli Ermellini, dunque, accoglievano le doglianze del contribuente sull'assunto che: “l'Ufficio non ha tenuto in alcun conto, nel motivare tale atto, né le ragioni dal medesimo fatto valere con la relazione illustrativa, né la documentazione ad essa allegata, l'una e l'altra inviata all'Amministrazione. (…) È di chiara evidenza, infatti, che la suddetta documentazione non è stata assolutamente considerata dall'Amministrazione, posto che, non soltanto di essa l'avviso di accertamento non fa menzione alcuna, ma addirittura si spinge ad affermare – contrariamente al vero – che il contribuente non avrebbe neppure partecipato al contraddittorio. (…) Se ne deve necessariamente inferire che, dovendo ritenersi – per le ragioni suesposte – affetto da nullità l'avviso di accertamento emesso senza preventivo contraddittorio con il L., la censura in esame non può che essere accolta.”.
Ebbene, a parere dei Supremi giudici che aderiscono ad un orientamento diverso da quello più recente – di cui si è detto in apertura – le memorie illustrative non solo vanno valutate, ma è necessario, ai fini del corretto spiegarsi del contraddittorio preventivo, che gli Uffici debbano dare atto nell'accertamento delle ragioni per cui non le abbiano condivise in concreto.
Osservazioni
Come ampiamente argomentato, con l'ordinanza in commento, i Supremi Giudici confermano l'orientamento per cui le memorie del contribuente presentate a fronte di un p.v.c. devono essere (semplicemente) valutate dagli Uffici impositori ai fini dell'assolvimento dell'obbligo del contraddittorio preventivo previsto a pena di nullità dall'art. 12, co. 7 dello Statuto del Contribuente.
Ebbene, se i Giudici impongono certamente agli Uffici la valutazione delle memorie difensive del contribuente, di fatto finiscono per interpretare la norma in argomento nel senso di obbligare alla “mera” lettura delle memorie, dal momento che non la ritengono violata ove manchi l'esplicitazione delle ragioni della non condivisione delle osservazioni difensive. Per l'effetto, in tutti gli altri casi in cui manchi del tutto l'ammissione da parte degli organi accertatori di non aver preso visione delle memorie, v'è da prendere atto che l'obbligo di corretto assolvimento del contraddittorio endo-procedimentale verrà ritenuto assolto correttamente. Nel constatare gli arresti cui sta prevenendo la Suprema Corte di Cassazione appare, però, a parere di chi scrive, il frutto di una valutazione improntata sull'aspetto formale del dato normativo piuttosto che di quello sostanziale. Infatti, come anticipato, la violazione dell'obbligo del contraddittorio preventivo emergerebbe, di fatto, solo nel momento in cui l'Ufficio o nell'avviso di accertamento o in sede processuale riferisce in modo espresso di non aver valutato le memorie (come nel caso deciso), diversamente, ovvero quando l'Ufficio nulla riferisce nell'accertamento con riguardo alle memorie difensive (ipotesi frequente nella prassi) nessuna violazione vi sarebbe dal momento che si dovrebbe dedurre che le memorie sono state “lette” e che per l'effetto dell'emissione dell'atto accertativo non sono state condivise, senza che sia necessaria l'esplicitazione delle ragioni che hanno portato l'Ufficio a disattenderle e ad emettere l'atto spiegando le relative motivazioni logico – giuridiche. Va da sé che tale risultato lascia al momento perplessi, in quanto avendo il legislatore tributario espressamente inteso prevedere un momento ad hoc di cooperazione difensiva tra contribuente e fisco al termine dell'attività di verifica e prima dell'emissione dell'atto impositivo, sollecita ad confronto attivo tra le parti che si inserisce nel più ampio quadro di garanzia del diritto della difesa tutelato dall'art. 24 Cost. e in ossequio al principio di uguaglianza delle parti.
Sta di fatto che il contraddittorio preventivo di cui all'articolo 12 cit., stando ai pronunciamenti recenti, diviene un'attività meramente formale, ovvero limitato alla lettura delle osservazioni, dalle quali l'Ufficio può (anche) sottrarsi qualora ometta di riferirlo, senza che ne consegua censura alcuna.
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