L'amministratore è legittimato a liberare l'alloggio dell'ex portiere, e lo sfratto per finita locazione è soggetto alla mediazione obbligatoria

Adriana Nicoletti
16 Aprile 2019

Il giudice di merito capitolino ha risolto in modo chiaro e convincente quelle problematiche che spesso trovano spazio negli edifici in condominio allorché l'appartamento di proprietà comune, destinato ad alloggio del portiere, al termine del rapporto lavorativo, non venga restituito al legittimo proprietario...
Massima

Ai sensi dell'art. 5, comma 4, lett.b), del d.lgs. n. 28/2010 le disposizioni dei commi 1-bis e 2 (obbligatorietà della mediazione e sanzione della improcedibilità) non si applicano “…b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'art. 667 c.p.c. La mediazione diventa obbligatoria dopo il provvedimento di mutamento del rito e la improcedibilità della domanda per il mancato esperimento della mediazione ex art. 5 del d.lgs. n. 28/2010, può essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza che in questo caso sarà l'udienza di discussione ex art. 420 c.p.c. fissata dal giudice con l'ordinanza ex artt. 667 e 426 c.p.c. L'amministratore del condominio è pienamente legittimato ad agire per ottenere il rilascio di un immobile condominiale, attesa la natura personale dell'azione, essendo il recupero del bene essenziale per l'ulteriore fruizione dello stesso bene da parte di tutti i condomini, ma non per la domanda di risarcimento dei danni conseguenti al deprezzamento delle parti comuni dell'immobile che, non essendo diretta alla conservazione dell'immobile, resta nella esclusiva disponibilità dei singoli condomini.

Il caso

Un supercondominio citava in giudizio il proprio ex portiere al quale, come componente retributiva, era stato assegnato in godimento l'alloggio condominiale. Cessato il rapporto lavorativo per raggiunti limiti di età, il supercondominio aveva inutilmente richiesto all'ex portiere la riconsegna dell'immobile nonché, in caso di opposizione allo sfratto per finita locazione, la condanna dello stesso al risarcimento dei danni da occupazione senza titolo. Il convenuto intimato, in sede di memoria integrativa, eccepiva - tra l'altro - sia l'improponibilità della domanda per essere stata presentata tardivamente l'istanza di mediazione obbligatoria, sia la carenza di legittimazione attiva dell'amministratore per assenza della necessaria delibera assembleare di autorizzazione al conferimento all'incarico del difensore dell'ente condominiale nonché alla proposizione della domanda risarcitoria.

Il Tribunale respingeva l'eccezione di improcedibilità della domanda ed accoglieva parzialmente quella di carenza di legittimazione attiva dell'amministratore del supercondominio con riferimento alla sola domanda risarcitoria.

La questione

Si trattava di risolvere due questioni: da un lato, il rispetto dei termini di applicabilità della normativa sull'obbligatorietà della mediazione per non incorrere nella sanzione di improcedibilità del relativo giudizio e, dall'altro, i limiti della legittimazione dell'amministratore nei confronti dell'azione stessa.

Le soluzioni giuridiche

Sotto il primo profilo (termini per promuovere la mediazione obbligatoria), il giudicante evidenziava, sostanzialmente, che l'eccezione di mancato esperimento della mediazione non può che essere sollevata alla prima udienza di discussione, dissentendo dall'impostazione di alcuni giudici di merito (Trib. Rimini 24maggio 2016; Trib. Mantova 15 gennaio 2015) secondo i quali il termine di giorni 15 per avviare la mediazione deve essere contenuto nello stesso provvedimento di mutamento del rito, per poi, alla prima udienza di discussione ex art. 420 c.p.c., dichiarare l'improcedibilità della domanda in caso di inottemperanza a tale disposizione. Soluzione, questa, ritenuta dal giudice capitolino non conforme allo spirito della legge poiché con essa si pretende la sussistenza di una condizione di procedibilità ante tempus e contra legem”.

Per altro verso, ribadito il pacifico orientamento della giurisprudenza in merito alla piena legittimazione dell'amministratore a promuovere azione di rilascio di un bene condominiale (Cass. civ., sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1768), nonché a nominare direttamente il difensore del condominio (Cass. civ., sez. II, 25 maggio 2016, n. 10865), il Tribunale dichiarava la carenza di detta legittimazione con riferimento alla proposizione della domanda risarcitoria, senza esserne stato autorizzato dall'assemblea condominiale (Cass. civ., sez.II, 16 aprile 1992, n. 4679), trattandosi di azione estranea dalle attribuzioni previste dall'art. 1130 c.c.

Osservazioni

Risultano giuridicamente corrette le soluzioni adottate dal Tribunale.

L'art. 5, commi 1-bis e2 del d.lgs. n. 28/2010 (come modificato dal d.l. n. 69/2013, convertito nella l. n. 98/2013) prevede che, se la mediazione sia già iniziata, ma non ancora conclusa, il giudice deve fissare una successiva udienza posteriore alla conclusione del relativo procedimento, mentre, ove la mediazione non sia stata esperita, il Tribunale deve (non oltre la prima udienza) assegnare alle parti, contestualmente, un termine di 15 giorni per la presentazione della stessa domanda di mediazione. La norma, tuttavia, nulla dispone in termine di attribuzione delle spese processuali nel caso in cui la domanda sia stata dichiarata improcedibile per mancanza di avvio della mediazione obbligatoria nei termini a momenti indicati.

A tale proposito, va rilevato che sussiste una differenza tra il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo e quello di opposizione allo sfratto per finita locazione, entrambi sottoposti all'applicabilità del d.lgs. n. 28/2010. Mentre nella prima ipotesi è stato affermato che l'obbligo di instaurare il procedimento di mediazione è posto a carico dell'opponente, avendo questi interesse ad instaurare e proseguire il giudizio di cognizione ordinaria pena, in caso contrario, l'irrevocabilità del decreto (Cass. civ., sez. III, 3 dicembre 2015, n. 24629), in materia di locazioni, secondo un profilo strettamente logico, l'onere di avviare il procedimento dovrebbe ricadere sul locatore, in quanto soggetto interessato a coltivare la domanda al fine di ottenere una sentenza che accerti e dichiari l'intervenuta risoluzione del contratto. Da ciò dovrebbe conseguire la condanna dell'intimante alle spese del giudizio non coltivato.

Non ci si può esimere, tuttavia, dal rilevare che, ai fini della liquidazione delle spese a seguito di domanda improcedibile, occorre considerare la differente posizione dei contendenti in relazione all'emissione o meno di ordinanza di rilascio dell'immobile ex art. 665 c.p.c. Nel primo caso (concessione del provvedimento di rilascio), appare presumibile ritenere che la decisione del giudice lasci già intravedere uno spiraglio di prognosi in favore dell'attore, per cui in caso di non ottemperanza di ambo le parti all'ordine del giudice, essendo il conduttore il soggetto più interessato a non incorrere in una pronuncia di improcedibilità, questi dovrebbe essere condannato a rifondere le spese processuali ove non abbia dato seguito al provvedimento del giudice. Diversamente, qualora il Tribunale non dovesse emettere, motivatamente, la predetta ordinanza l'interesse a procedere alla mediazione ricadrebbe interamente sul locatore con conseguente sua condanna al pagamento delle spese di lite in caso di inadempimento.

Ma vi è anche un'altra possibilità che si può verificare allorché il giudice, ricorrendo gravi motivi ostativi all'emissione di ordinanza provvisoria di rilascio (ad esempio allorché la situazione prospettata dalle parti sia incerta ed indefinita), fissi il termine per l'introduzione della procedura obbligatoria di mediazione e nessuno dei contendenti vi provveda. In tal caso, con sentenza di merito, è stato stabilito è il locatore, a seguito di declaratoria di improcedibilità della domanda, a dover essere condannato (Trib. Roma 18 giugno 2015). Questi, infatti, è il soggetto interessato alla prosecuzione del giudizio.

Riguardo alla seconda eccezione, attinente al difetto di legittimazione attiva per le cause risarcitorie, si ricorda che l'amministratore, privo dell'autorizzazione espressa dell'assemblea condominiale, può sempre superare l'eccezione fino al momento della precisazione delle conclusioni (ed anche in fase di appello) producendo in giudizio il verbale assembleare di ratifica che sana, ex tunc, il proprio operato. Promossa tale eccezione il giudice assegnerà, ai sensi dell'art. 182 c.p.c., all'amministratore iI termine per regolarizzare il difetto di rappresentanza (Cass. civ., sez. II, 21 maggio 2018, n. 12525).

Guida all'approfondimento

Stella, La natura del termine per dare inizio alla mediazione e le conseguenze del mancato rispetto; in Corr. giur., 2018, 98;

Ferraris, Mediazione civile e giurisprudenza: storia di un rapporto controverso, in Contratti, 2017, 709;

Masoni, Improcedibilità per omessa mediazione e sorte dell'ordinanza di rilascio nella prima giurisprudenza; in Arch. loc. e cond., 2017, 396;

Cirulli, Questioni in tema di mediazione obbligatoria nell'opposizione a decreto ingiuntivo, in P.Q.M., 2015, fasc. 1, 113;

Monegat, Legittimazione attiva dell'amministratore, in Immob. & proprietà, 2014, 188;

Nucera, Mediazione obbligatoria e controversie lato sensu locatizie, in Arch. loc. e cond., 2012, 79;

Poli, Limiti della legittimazione processuale dell'amministratore condominiale nelle cause che non potrebbe autonomamente proporre, in Riv. dir. proc., 2012, 504.

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