La cartella di pagamento nel concordato preventivo

13 Giugno 2019

L'agente della riscossione, qualora il contribuente sia ammesso alla procedura di concordato preventivo, compie sulla base del ruolo l'attività necessaria all'inserimento dell'obbligazione fiscale nell'elenco dei crediti della procedura, ai fini dell'esercizio del diritto di voto. La notifica della cartella di pagamento al contribuente in concordato preventivo rappresenta un'azione non necessaria, considerato il divieto delle azioni individuali, anche esattoriali.
Massima

L'agente della riscossione, qualora il contribuente sia ammesso alla procedura di concordato preventivo, compie sulla base del ruolo l'attività necessaria all'inserimento dell'obbligazione fiscale nell'elenco dei crediti della procedura, ai fini dell'esercizio del diritto di voto. La notifica della cartella di pagamento al contribuente in concordato preventivo rappresenta un'azione non necessaria, considerato il divieto delle azioni individuali, anche esattoriali.

(fonte: IlFallimentarista)

Il caso

Una società di capitali operante nella raccolta e smaltimento dei rifiuti, dopo essere stata ammessa alla procedura di concordato preventivo avanti al Tribunale di Milano nel dicembre 2017, riceveva la notifica di una cartella di pagamento da parte dell'agente della riscossione.

Tale cartella era relativa all'iscrizione a ruolo di tributi diretti – e relativi “accessori” (sanzioni, interessi, oneri di riscossione) –, indicati dalla società nella propria dichiarazione dei redditi per il periodo d'imposta 2014.

Trattavasi, dunque, di tributi dichiarati e non versati.

La società impugnava la cartella di pagamento, eccependone la illegittimità per una serie di motivi.

In primo luogo, per effetto del combinato disposto degli artt. 90, D.P.R. n. 602/1973 e 33, D.Lgs. n. 112/1999, ove il contribuente acceda al concordato preventivo, l'agente della riscossione deve compiere, sulla base del (solo) ruolo formato dall'ente impositore, ogni attività necessaria all'inserimento dell'obbligazione fiscale nell'elenco dei crediti della procedura, ai fini dell'esercizio del diritto di voto nell'interesse dell'Amministrazione finanziaria.

Secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, l'inserimento della pretesa tributaria nell'elenco dei crediti non richiede l'emissione della cartella di pagamento, essendo sufficiente la semplice iscrizione a ruolo del carico fiscale da parte dell'ente titolare del diritto al tributo (Cass., civ. sez. un., 15 marzo 2012, n. 4126).

Sotto un profilo di legalità sostanziale, l'emissione della cartella di pagamento – atto munito di esecutività ex lege (art. 25, D.P.R. n. 602/1973) risulta un'attività “ultronea”, non adeguata, né proporzionata alla finalità della partecipazione erariale al concorso.

Dalla data di pubblicazione del ricorso, e sino a quando la procedura non sia definitivamente omologata, i creditori per titolo/causa anteriore non possono iniziare né proseguire azioni esecutive e/o cautelari sul patrimonio del debitore, a pena di nullità (art. 168, comma 1, l. fall.).

Per questo motivo, la cartella di pagamento perde la propria funzione di atto prodromico all'esecuzione: si verifica quindi, in caso di concordato preventivo, un'evidente divergenza fra lo scopo dell'atto (agire in executivis) e la finalità dell'azione erariale (partecipare al concorso).

Sotto questo profilo, è ravvisabile una violazione del principio di proporzionalità dell'attività amministrativa, che impone ai pubblici uffici di assicurare il buon andamento dell'amministrazione, nonché la propria imparzialità (art. 97 Cost.).

Del resto, la mancata emissione della cartella di pagamento durante la procedura di concordato non determina alcuna decadenza dall'azione da parte dell'Amministrazione finanziaria, ex art. 25, comma 1-bis, D.P.R. n. 602/1973.

Dal divieto di azioni esecutive consegue che nessun credito a titolo di aggio possa essere opposto alla massa, mancando la causa giuridica che legittimi tale pretesa creditoria.

D'altra parte, l'aggio non ha natura tributaria, rappresentando il corrispettivo spettante all'agente per il servizio esattivo dallo stesso posto in essere (C. Cost., 19 gennaio 1993, n. 7; Cass., civ. sez. I, 29 settembre 2004, n. 19533).

Poiché tale credito sorge al momento dell'espletamento dell'azione di riscossione, lo stesso – nel caso in esame – risultava in ogni caso carente del profilo di concorsualità.

Fra l'altro, l'entità dell'aggio varia a seconda che il contribuente assolva o meno il carico intimato nel termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella, ex art. 17, D.Lgs. n. 112/1999.

E siccome una volta ammesso al concordato il contribuente non può pagare alcun debito di natura concorsuale (salve le ipotesi previste in caso di concordato in continuità), si verifica un'evidente disparità di trattamento fra il debitore in procedura ed il debitore in bonis.

Secondo l'agente della riscossione, al contrario, la notifica della cartella di pagamento doveva ritenersi pienamente legittima, assolvendo ad una funzione ricognitiva dell'obbligazione fiscale, ed insieme permettendo al contribuente di esercitare il proprio legittimo diritto di difesa in relazione al rapporto tributario sottostante.

Rilevava, poi, il titolare del servizio di riscossione che una volta avviato l'iter esattivo l'aggio si genera in via “automatica”, ex art. 17, D.Lgs. n. 112/1999.

Tale credito spetta dunque all'agente della riscossione a prescindere dal fatto che la cartella non possa svolgere, in concreto, alcuna funzione esecutiva in ambito concorsuale.

L'agente ha mosso anche un rilievo in ordine al profilo della giurisdizione: competente a decidere sulla “debenza” del credito a titolo di aggio è il giudice ordinario, e non il giudice tributario.

Qualora al concordato conseguisse il fallimento, una volta chiusa tale ultima procedura, sarebbe infatti precluso al concessionario l'agire verso il contribuente per la riscossione dell'aggio laddove, sul medesimo, si fosse impropriamente pronunziato il giudice tributario.

La Commissione tributaria di Milano ha accolto il ricorso proposto dalla società debitrice, rilevando come l'agente della riscossione, considerati gli effetti dell'apertura del concordato preventivo, non avrebbe dovuto notificare alla ricorrente alcuna cartella di pagamento.

Era infatti sufficiente che il concessionario agisse in base alla (sola) iscrizione a ruolo al fine di ottenere l'inserimento del credito fiscale nell'elenco dei crediti della procedura.

D'altra parte, la cartella non svolge alcuna funzione di garanzia per il contribuente, perseguendo uno scopo ulteriore e diverso rispetto al ruolo, ovvero quello di avviare l'azione esecutiva.

La quale, però, ove il soggetto passivo d'imposta sia stato ammesso al concordato, è destinata ad arrestarsi, ex art. 168, comma 1, l. fall.

I giudici tributari hanno poi confermato che la mancata emissione della cartella di pagamento in ambito di concordato non determina alcuna decadenza dall'azione amministrativa.

Quanto, infine, all'aggio, lo stesso non spetta, essendo pertinente ad un atto emesso senza alcuna causa giuridica che, nel concreto, lo giustifichi.

Del resto, per effetto dell'apertura del concorso il contribuente non può optare per il pagamento del carico iscritto a ruolo (impossibilità giuridica ad adempiere), non potendo così beneficiare di alcuna riduzione in ordine all'entità dell'aggio esattoriale, ex art. 17, D.Lgs. n. 112/1999.

Osservazioni

Dalla lettura della sentenza in commento si rileva che la cartella di pagamento si riferiva ad imposte dirette indicate dalla società ricorrente nella dichiarazione dei redditi relativa ad un periodo d'imposta precedente a quello di apertura del concordato.

Prima della notifica della cartella da parte dell'agente della riscossione, l'ente impositore aveva provveduto ad iscrivere a ruolo l'importo delle imposte dichiarate (ma non versate) dalla società ricorrente, maggiorate delle sanzioni e degli interessi, ai sensi di legge.

Dal tenore della sentenza si rileva, altresì, che la società ricorrente non contestò, nel merito, la sussistenza dell'obbligazione fiscale iscritta a ruolo (imposte dichiarate ma non versate), bensì – unicamente – la pretesa creditoria spettante all'agente della riscossione a titolo di aggio.

In effetti, sotto un profilo sostanziale, una volta che il soggetto passivo d'imposta acceda al concordato preventivo, la cartella di pagamento non può svolgere all'interno della procedura la propria tipica funzione di atto prodromico all'esecuzione.

Ciò in quanto, ai sensi dell'art. 168, comma 1, l. fall., dalla data di pubblicazione al registro imprese del ricorso per l'ammissione al concordato, sino a quando il decreto di omologazione non diventi definitivo, i creditori per titolo/causa anteriore non possono iniziare né proseguire azioni esecutive e/o cautelari sul patrimonio del debitore, a pena di nullità.

Sotto questo profilo, condivisibile appare la riconosciuta violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, ex art. 97, comma 2, Cost., dal momento che ai fini dell'inserimento nell'elenco dei crediti è sufficiente la semplice iscrizione a ruolo del carico fiscale da parte dell'ente impositore.

Considerato che il divieto delle azioni individuali riguarda tutti i creditori concorsuali, con l'apertura della procedura l'azione esattoriale viene a perdere la propria efficacia esecutiva.

Al pari, condivisibile è l'assunto in base al quale la mancata emissione della cartella di pagamento non determina, per l'Amministrazione, alcuna decadenza dall'azione fiscale.

In effetti, il citato art. 168 l. fall., al secondo comma, dispone che le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti esecutivi – fra i quali pur rientra la cartella di pagamento, rivestendo funzione prodromica e funzionale all'esecuzione esattoriale – rimangono sospese nel corso della procedura concorsuale, così come le decadenze non si verificano.

Del resto, l'art. 25, comma 1-bis, D.P.R. n. 602/1973, come introdotto con D.Lgs. n. 159/2015, prevede che ove il contribuente sia ammesso al concordato, la notifica della cartella relativa a crediti concorsuali debba essere effettuata entro il 31 dicembre del terzo anno successivo alla pubblicazione del decreto di revoca o di mancata approvazione del concordato, ovvero dalla pubblicazione della sentenza che dichiari la risoluzione o l'annullamento del concordato.

Il fatto che tale norma preveda la notifica della cartella solo qualora la procedura non sia andata a buon fine – per revoca, mancata approvazione, risoluzione ovvero annullamento – fa ritenere che per la fase fisiologica, post ammissione, l'agente non debba procedere con la notifica della cartella, atteso il divieto delle azioni individuali, anche esattoriali.

Pertanto, a mente dell'art. 90, D.P.R. n. 602/1973, ove il contribuente acceda alla procedura di concordato preventivo l'agente della riscossione si limita a compiere, sulla base del ruolo, l'attività strettamente necessaria all'inserimento della pretesa tributaria nell'elenco dei crediti.

Qualora sulle somme iscritte a ruolo sorgano contestazioni, il credito fiscale vi è inserito in via provvisoria, ai sensi e per gli effetti dell'art. 176, comma 1, l. fall.

Peraltro, ove il contribuente intenda contestare l'originaria iscrizione a ruolo ovvero la cartella di pagamento, qualora quest'ultima rappresenti un autonomo atto impositivo, come nel caso dei controlli delle dichiarazioni ex artt. 36-bis e 36-ter, D.P.R. n. 600/1973 ed art. 54-bis, D.P.R. n. 633/1972, avrà l'onere di proporre ricorso avanti la competente commissione tributaria nel termine di sessanta giorni dalla relativa notifica.

Appare altresì opportuno che il contribuente proceda ad impugnare presso il giudice tributario la cartella di pagamento ove anche la stessa sia stata preceduta da un avviso di accertamento notificato dall'ente impositore alla società debitrice, e da questa ritualmente impugnato, ex D.Lgs. n. 546/1992.

Quanto sopra affinché la cartella di pagamento – correlata ad una pretesa fiscale già oggetto di rituale contestazione – non si renda definitiva.

Annotazione critica

Il divieto dell'azione esattoriale in ambito di concordato preventivo opera ex lege, ovvero per effetto di quanto disposto dall'art. 168, comma 1, l. fall.

Quanto sopra – a nostro avviso –, senza che debba intervenire una sentenza da parte del giudice tributario che dichiari l'inammissibilità/improcedibilità dell'azione esattoriale.

Competente ad accertare l'inefficacia della cartella rispetto alla massa, sotto il profilo della perdita della esecutività del titolo, è il giudice ordinario, non già il giudice tributario.

Il giudice tributario, per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, è competente a decidere in ordine ad ogni profilo che attenga all'an ed al quantum dell'obbligazione fiscale (Cass., civ. sez. un., 19 novembre 2007, n. 23832), ma non ai profili e/o agli effetti “civilistici” o “fallimentaristici” del rapporto giuridico tributario in funzione della procedura concorsuale.

Fra quest'ultimi, si ricordano l'elemento della concorsualità del credito (se l'obbligazione fiscale sia sorta prima dell'apertura del concorso), la sussistenza delle cause di prelazione (se l'obbligazione fiscale sia assistita dal privilegio/prelazione ipotecaria esattoriale), la prova del credito (se sia opponibile alla massa dei creditori il titolo che legittimi la pretesa fiscale).

Nel caso in esame, consta che la società non avesse contestato, nel merito, l'obbligazione fiscale (imposte dichiarate e non versate), avendo eccepito avanti al giudice tributario la sola inopponibilità alla massa della cartella di pagamento e, per l'effetto, l'insussistenza dell'obbligazione riconducibile all'aggio esattoriale.

Ad avviso di chi scrive, competente a decidere su tali profili è il giudice ordinario, non quello tributario, e ciò per un duplice ordine di motivi.

In primo luogo, si tratta di dichiarare operante – e prevalente – il precetto ex art. 168, comma 1, l. fall. (divieto delle azioni individuali in ambito concordatario), norma speciale di carattere sostanziale e procedimentale, rispetto alla norma tributaria che attribuisce alla cartella di pagamento effetti d'esecutività o, meglio, di “monito” in funzione dell'eventuale successiva esecuzione, a mo' di precetto.

Tale norma è l'art. 25, comma 2, D.P.R. n. 602/1973: “la cartella di pagamento, redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze, contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata”.

In secondo luogo, l'aggio non ha natura di credito tributario, rappresentando il corrispettivo spettante all'agente della riscossione per l'attività esattiva dallo stesso posta in essere.

Prova ne è che l'aggio, ove il contribuente non assolva il carico intimato nei sessanta giorni dalla notifica della cartella, è posto in parte a carico del debitore ed in parte a carico dell'ente impositore, gravando invece interamente sul primo in caso di mancato pagamento nel termine di cui sopra (art. 17, D.Lgs. n. 112/1999, rubricato “Remunerazione del servizio”).

Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione l'aggio non ha natura tributaria e, dunque, il relativo credito trova, nel concorso, collocazione chirografaria: l'aggio “altro non è che il compenso che spetta al concessionario per l'attività svolta per incarico e su mandato dell'ente impositore” (Cass., civ. sez. I, 10 maggio 2013, n. 11230; in senso conforme, v. anche Cass., civ. sez. I, 3 aprile 2014, n. 7868).

Del resto, depone per la natura non tributaria dell'aggio il fatto che in base all'art. 11, D.P.R. n. 602/1973 sono iscritte a ruolo le sole imposte, sanzioni ed interessi – e non anche gli oneri “cartellizzati” (né le spese d'esecuzione, né l'aggio esattoriale), che non avrebbero dunque alcun nesso di accessorietà rispetto all'obbligazione tributaria.

Non avendo l'aggio natura tributaria, competente a decidere sulla sua spettanza è (recte, dovrebbe essere) il giudice ordinario, non già quello tributario.

Del resto, la cartella di pagamento non è un atto tributario “in sé”, potendo ben recare crediti di titolarità di enti pubblici non aventi natura fiscale, come nel caso dei contributi previdenziali e/o assistenziali, in relazione ai quali competente è – pacificamente – il giudice ordinario.

La cartella è dunque impugnabile avanti alla giurisdizione esclusiva delle commissioni tributarie solo qualora rechi una pretesa di natura tributaria, ex art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992 (“Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati […]”).

Peraltro, in relazione al caso concreto, il credito a titolo di aggio era sorto al momento dell'espletamento del servizio di riscossione, successivamente all'apertura del concorso, risultando così carente del requisito di concorsualità, il cui accertamento pur rientra nell'ambito della giurisdizione ordinaria.

Conclusioni

Qualora il soggetto passivo d'imposta ammesso alla procedura di concordato preventivo riceva la notifica di una cartella di pagamento recante l'iscrizione a ruolo di tributi ed accessori maturati in un periodo d'imposta anteriore a quello di apertura del concorso provvede ad impugnare la cartella avanti al giudice tributario qualora intenda contestare la sussistenza della relativa obbligazione (an e quantum della pretesa fiscale).

Quanto sopra sia che la cartella di pagamento rappresenti il primo atto impositivo del procedimento tributario, sia che la stessa segua una precedente iscrizione a ruolo notificata alla società debitrice e da questa già impugnata avanti al giudice tributario – e ciò per non rendere definitivo un atto amministrativo – la cartella – che sia correlato ad una pretesa fiscale già contestata.

In tali casi, il credito oggetto di contenzioso tributario è inserito, in via provvisoria, nell'elenco dei crediti ai fini del legittimo esercizio del diritto di voto da parte dell'Amministrazione finanziaria e/o dell'agente della riscossione, ex art. 176, comma 1, l. fall.

Ove il contribuente non intenda contestare il merito della pretesa tributaria portata dalla cartella di pagamento, bensì, esclusivamente, la sussistenza del credito dell'agente della riscossione a titolo di remunerazione del servizio esattivo (aggio), svolgerà tali eccezioni avanti al giudice ordinario, non avendo l'aggio esattoriale natura di credito tributario (corrispettivo sinallagmatico di un servizio svolto in regime di concessione).

Così come avanti al giudice ordinario la società debitrice che non intenda contestare, nel merito, l'obbligazione tributaria, farà valere l'inefficacia degli atti esecutivi che l'agente della riscossione ritenesse, impropriamente, di avviare dopo la notifica della cartella di pagamento, derivando il divieto di azioni esecutive dall'applicazione di una norma – l'art. 168, comma 1, l. fall. –, efficace erga omnes, vertente sui profili di impignorabilità dei beni sottoposti a vincolo concordatario.

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