Rilascio dell'immobile ad uso diverso e diritto alla restituzione degli oneri accessori indebitamente pagati
16 Luglio 2019
Massima
Il pagamento delle spese svincolato dall'effettivo godimento dei servizi fondato sulla volontà delle parti non è legittimo nell'àmbito del contratto di locazione degli immobili urbani per il principio di cui all'art. 9, l. n. 392/1978, applicabile anche alle locazioni di immobili adibiti ad uso non abitativo. Ne consegue che un'eventuale contraria pattuizione - ai sensi del combinato disposto degli artt. 9 e 41 della citata legge, per il quale non è dovuto un onere accessorio per una fornitura se la stessa non è effettivamente prestata - è nulla a norma del successivo art. 79, e detta nullità è rilevabile anche d'ufficio. Pertanto, in tema di oneri accessori, nonostante la previsione contrattuale, se le forniture dei servizi non esistono, non è dovuto alcun corrispettivo. Il caso
La ditta beta, conduttrice di un immobile utilizzato per attività di ristorazione, chiedeva al giudice adito la condanna della locatrice alla restituzione delle somme corrisposte a titolo di oneri accessori dal primo trimestre dell'anno 2003 fino a luglio 2012 indebitamente percepite e pari a circa 13 mila euro. In particolare, la conduttrice eccepiva che non sussistevano dei servizi comuni nello stabile di Sempronia (locatrice e unica proprietaria dello stabile), e che l'acconto versato annualmente per spese e servizi salvo conguaglio, quale determinato in contratto e sempre corrisposto, era stato dapprima imputato al rimborso della tassa rifiuti pagato dalla proprietaria con conguagli a fine anno; tuttavia, successivamente, la tassa rifiuti era stata pagata direttamente al Comune dalla conduttrice e non più dalla proprietaria che aveva introitato e trattenuto gli acconti spese senza erogare alcun servizio. Costituendosi in giudizio, la convenuta locatrice eccepiva che il contratto locatizio era cessato alla data del 29 giugno 2003 per invio di regolare disdetta e che, quindi, nessun diritto a rimanere nell'immobile sussisteva permaneva in capo alla conduttrice; inoltre, la locatrice precisava che l'immobile era stato rilasciato solo a seguito dell'accesso della forza pubblica il 9 luglio 2012 e che solo a distanza di sette mesi dallo sgombero, la conduttrice, per la prima volta, aveva reclamato la restituzione delle somme a suo dire indebitamente pagate. Per i motivi esposti, la locatrice chiedeva al giudice l'indennità di occupazione per il periodo di protratta occupazione con contestuale maggiore danno economico ex art. 1591 c.c.; infine, è stata eccepita l'intervenuta prescrizione del diritto vantato dalla conduttrice. La questione
Le questioni in esame sono le seguenti: in caso di acquiescenza nei confronti della conduttrice, la locatrice può chiedere al giudice l'indennità di occupazione? Nel contratto ad uso diverso, è valida la clausola contrattuale che obbliga il conduttore al pagamento degli oneri accessori anticipatamente determinati in modo forfettario? Le soluzioni giuridiche
La vicenda in esame riguarda il rilascio dell'immobile dopo la cessazione contrattuale e l'azione di ripetizione degli oneri accessori. Quanto al primo aspetto, il giudicante ha evidenziato che, in generale, anche per il periodo di occupazione senza titolo, il conduttore è tenuto a versare sempre i canoni e rimborsare gli oneri condominiali ove effettivamente sostenuti secondo gli ordinari criteri valevoli nel corso della locazione, salvo l'eventuale maggior danno. Tuttavia, in tema di responsabilità del conduttore per ritardato rilascio dell'immobile locato, il maggior danno ex art. 1591 c.c. deve essere però provato in concreto dal locatore. A tal proposito, nella vicenda in esame, era emersa una sostanziale acquiescenza della locatrice che aveva procrastinato ogni iniziativa per liberare l'immobile. Per meglio dire, la diatriba tra le parti aveva avuto per oggetto la durata della locazione, in particolare, al sostanziale accordo di consentire la permanenza nei locali della conduttrice fino a quando non fosse stata ultimata la ristrutturazione dei locali adiacenti per ritrasferirvi l'attività di ristorazione (accordo che non ha mai trovato formale riscontro giudiziale). Peraltro, nello svolgimento concorde delle trattative finalizzate a far trasferire il ristorante nello stabile adiacente, anche dopo la disdettata scadenza del contratto il 29 giugno 2003, la conduttrice aveva continuato ad occupare i locali esercitando l'attività di ristorazione senza alcuna attività ostruzionistica; tanto è vero che, dopo ben quattro anni, la locatrice aveva notificato l'intimazione di sfratto. Ed anche nel corso della citata procedura, era stato documentalmente provato che le parti avevano concordemente chiesto rinvii in pendenza di trattative per circa due anni. Di conseguenza, secondo il giudicante, a fronte del consenso implicito della locatrice (acquiescenza), non sussistevano i presupposti per addebitare alla conduttrice alcun danno per il ritardato rilascio dalla cessazione contrattuale del 2003. Quanto alla questione della ripetizione degli oneri accessori, il Tribunale adìto ha osservato che la facoltà delle parti di prevedere a carico del conduttore il pagamento di oneri accessori è legata alla circostanza che tali oneri siano effettivi; né l'apprezzamento della fattispecie muta ove si valuti che le somme per inesistenti oneri accessori sono state corrisposte nel periodo di protratta occupazione successiva alla scadenza contrattuale. Invero, per detto periodo, non consta affatto che le parti si siano accordate diversamente dalle originai pattuizioni in punto canoni, tenuto conto che, in materia di locazione di immobili urbani, nella nozione di “corrispettivo convenuto” di cui all'art. 1591 c.c. va normalmente ricompresa ogni obbligazione pecuniaria pattuita, e quindi anche gli oneri accessori condominiali (Cass. civ., sez. III, 4 dicembre 2002, n. 17201). Premesso ciò, a seguito dell'istruttoria di causa, era incontestato che nessun onere accessorio fosse stato effettivamente erogato al conduttore per il periodo dedotto in causa. In tema, è stato osservato che è nulla, a norma dell'art. 79, l. 27 luglio 1978, n. 392, la clausola contrattuale che obbliga il conduttore al pagamento degli oneri accessori anticipatamente determinati in modo forfettario, perché viola il principio della specificità di essi, stabilito dall'art. 9 della stessa legge, e consente al locatore di procurarsi vantaggi che non gli spettano (Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2005, n. 15630). Ne consegue che, con riguardo agli oneri condominiali, possono essere poste a carico del conduttore solo le spese collegate al godimento effettivo, da parte sua, di un servizio (Cass. civ., sez. III, 30 settembre 2014, n. 20551; Cass. civ., sez. III, 8 marzo 2017, n. 5795). Infine, quanto alla dedotta prescrizione, l'eccezione è stata ritenuta infondata in quanto la conduttrice aveva nei termini di legge reclamato la restituzione degli specifici indebiti pagamenti. In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, la domanda della conduttrice è stata accolta; per l'effetto, parte convenuta è stata condannata alla restituzione di 13 mila euro. Osservazioni
La pronuncia in oggetto è interessante in quanto si presta ad alcune precisazioni in merito alla questione del pagamento degli oneri accessori previsti nel contratto di locazione ad uso commerciale. Nel nostro ordinamento, l'art. 1571 c.c. definisce il contratto di locazione come il contratto con il quale una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo. Detto ciò, in merito alla locazione di beni immobili ad uso commerciale, così come per quelli ad uso abitativo, la materia dell'imputazione degli oneri accessori è disciplinata dall'art. 9, l. n. 392/1978 in quanto richiamato dall'art. 41 della medesima legge. Tale norma prevede che le spese relative al servizio di pulizia, al funzionamento e all'ordinaria manutenzione dell'ascensore, alla fornitura dell'acqua, dell'energia elettrica, del riscaldamento dell'aria e allo spurgo dei pozzi neri/latrine, nonché alla fornitura degli altri servizi comuni, sono totalmente a carico del conduttore; mentre quelle relative al servizio di portineria sono dovute da quest'ultimo nella misura del 90%. In proposito, secondo alcuni autori, il disposto del citato art. 9, nella parte in cui specifica gli oneri accessori addebitabili al conduttore fa salvi i c.d. patti contrari ed acquista un diverso significato secondo che debba applicarsi ad una locazione a canone libero ovvero a canone determinato autoritativamente: nel primo caso, potendo le parti liberamente determinare il corrispettivo della locazione, queste possono disporre liberamente anche delle spese non contemplate dall'art. 9 della l. equo canone; nel secondo caso, il sinallagma contrattuale, già inderogabilmente disegnato dal legislatore, non può essere alterato, addossando al conduttore spese ulteriori rispetto a quelle previste dall'art. 9 citato. Detto ciò, a seguito dell'abrogazione dell'art. 79, l. n. 392/1978, limitatamente alle locazioni abitative, dall'art. 14, l. n. 431/1998, l'illegittimità della clausola che obbliga il conduttore al pagamento degli oneri accessori, anticipatamente determinati in modo forfettario, sussiste solo per le locazioni a uso diverso dall'abitativo. Difatti, la facoltà delle parti di prevedere a carico del conduttore il pagamento di oneri accessori è legata alla circostanza che tali oneri siano strettamente connessi all'uso del bene; sicché, ad esempio, se si tratti di spese legate all'impianto di riscaldamento condominiale che non si estende ai locali commerciali locati, ovvero al servizio di pulizia e portierato per un ingresso diverso da quello di cui fruisce la porzione di immobile adibita a magazzino, nulla è dovuto dal conduttore dello stesso (Cass. civ., sez. III, 17 novembre 1997, n. 11338). Ed ancora, con riguardo agli oneri condominiali, come desumibile anche dall'art. 9 cit. legge, possono essere poste a carico del conduttore solo le spese legate al godimento effettivo, da parte sua, di un servizio; vanno esclusi, invece, gli oneri straordinari che riguardino, non solo l'unità immobiliare, ma l'edificio condominiale nel suo complesso, stante l'assenza di ogni rapporto sinallagmatico con il bene locato. In proposito, su tale ultimo aspetto, i giudici di legittimità hanno precisato che in tema di locazioni ad uso commerciale, sebbene sia consentita ai contraenti la libera determinazione del canone iniziale, il locatore non può pretendere il pagamento di somme, diverse dal canone o dal deposito cauzionale, a fondo perduto o a titolo di “buona entrata”, prive di ogni giustificazione nel sinallagma contrattuale, sicché il relativo patto è nullo ai sensi dell'art. 79, l. n. 392/1978. Ne consegue che il principio di cui all'art. 9, l.n. 392/1978, applicabile alle locazioni di immobili adibiti a uso non abitativo, va inteso nel senso che se non esiste la fornitura di un determinato servizio, mancando la sinallagmaticità, non è dovuto alcun corrispettivo per la stessa, anche se il pagamento del relativo onere è astrattamente previsto in contratto. La nullità è rilevabile anche d'ufficio a norma dell'art. 1421 c.c. (Cass. civ., sez. III, 8 marzo 2017, n. 5795: in tale vicenda, è stato respinto il ricorso di una s.r.l. locatrice di un immobile adibito a magazzino, che chiedeva al conduttore il pagamento di oneri accessori e spese straordinarie inerenti lo stabile locato). In conclusione, in ordine alle locazioni relative ad immobili adibiti ad uso non abitativo, possiamo affermare che il Legislatore ha ritenuto vincolare l'autonomia negoziale dei contraenti soltanto per quanto attinente alla durata del contratto, alla tutela dell'avviamento e alla prelazione. L'ammontare del canone locativo è, quindi, lasciato alla libera determinazione delle parti; pertanto, in caso di oneri accessori, l'inquilino potrà rifiutarsi di pagare queste somme se non sono dovute, seppur previamente concordate con il locatore. In tale situazione, però, il conduttore deve agire secondo i tempi di legge. Per meglio dire, il termine semestrale di decadenza, previsto dall'art. 79, comma 2, l. n. 392/1978 per l'esercizio dell'azione di ripetizione delle somme sotto qualsiasi forma corrisposte dal conduttore in violazione dei limiti e dei divieti previsti dalla stessa legge, fa sì che, se l'azione viene esperita oltre il detto termine, il conduttore è esposto al rischio dell'eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata; mentre, il rispetto del termine di sei mesi, gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente è stato corrisposto fino al momento del rilascio dell'immobile locato, il che si traduce nella inopponibilità di qualsivoglia eccezione di prescrizione (Cass. civ., sez. III, 7 luglio 2010, n. 16009; Cass. civ., sez. III, 30 settembre 2014, n. 20554). |