Nomina dell'amministratore e omessa (o differita) indicazione del compenso

19 Agosto 2019

Il Tribunale di Massa ha dichiarato la nullità della delibera con cui l'assemblea condominiale, nominando l'amministratore, non ne aveva determinato il compenso ed aveva differito la sua quantificazione ad un successivo momento, prescindendo dall'intervento di alcun ulteriore deliberato assembleare.
Massima

Va dichiarata nulla, ai sensi dell'art. 1129, comma 14, c.c., in ragione della sua idoneità ad incidere negativamente la sfera patrimoniale dei condomini per effetto di una altrui mera determinazione volitiva, la deliberazione con cui l'assemblea condominiale abbia nominato l'amministratore senza stabilire il relativo corrispettivo, la cui la quantificazione sia stata rinviata a successiva indicazione del designato e senza prevedere l'adozione di ulteriore delibera.

Il caso

Alcuni condomini hanno proposto impugnativa, ai sensi dell'art. 1137 c.c. e chiesto dichiararsi invalida la deliberazione con cui l'assemblea aveva nominato l'amministratore, decidendo che il compenso sarebbe stato definito successivamente e senza contestualmente richiedere, a tale fine, l'intervento di altro deliberato.

Il condominio convenuto, nel proprio scritto di costituzione, aveva aderito all'avversa domanda.

La questione

nello scegliere l'amministratore, non rechi indicazione del compenso, individuandone il relativo vizio.

L'art. 1129, comma 14, c.c., introdotto dall'art. 9 della l. 11dicembre 2012, n. 220 ha previsto che nel caso in cui l'amministratore, all'atto dell'accettazione della nomina originaria ovvero del suo rinnovo, non “specifichi analiticamente” il proprio corrispettivo, la delibera di designazione o di conferma sia nulla.

La non particolarmente felice formulazione del richiamato disposto normativo di riferimento ha determinato, nella giurisprudenza di merito, la formazione di differenti orientamenti interpretativi volti, rispettivamente, a ritenere tale indicazione elemento essenziale, qualificante la genesi del rapporto negoziale gestorio - la cui carenza ne potrebbe determinare nullità - ovvero un dato eventualmente successivo, possibile oggetto anche di postumo intervento integrativo, tale da non inficiare la validità della delibera di nomina.

Le soluzioni giuridiche

Il decidente ha premesso, in motivazione, che la fattispecie concreta sottoposta al suo esame non rientrava, in via immediata, nella portata precettiva della richiamata norma legislativa di riferimento che, come detto, commina la nullità nel solo caso in cui, all'atto dell'accettazione dell'incarico, l'amministratore non dia conto dell'ammontare del proprio corrispettivo nel mentre il deliberato impugnato si era limitato alla designazione del gestore senza nulla riportare in punto di sua accettazione e, quanto al compenso, recava l'inciso: “all'importo da definire”.

Poiché, però, la volontà assembleare si era espressa nel senso di comunque investire il designato del relativo mandato, l'omessa indicazione della spesa che avrebbe gravato sulla collettività condominiale in dipendenza causale di tale nomina si traduceva nella carenza di un elemento essenziale della decisione, tale da determinarne nullità poiché idonea ad attingere negativamente il patrimonio di ciascun condomino “in maniera del tutto indeterminata” in conseguenza di un “atto meramente potestativo”.

L'adesione espressa dal condominio convenuto all'accoglimento dell'avversa impugnativa induce, poi, a ritenere che, nel caso di specie, come ritenuto dal giudice monocratico, il compenso sarebbe stato indicato dal designato senza che, sul punto, l'assemblea dei condomini sarebbe stata chiamata ad esprimersi.

Osservazioni

La pronuncia in esame deve positivamente apprezzarsi perché, fornendo un quadro giuridico giustificativo di riferimento, valorizza la ratio che fa da pendant alla previsione dell'art. 1129, comma 14, c.c.

Con la riforma della materia del condominio negli edifici, attuata con la l. 12 dicembre 2012, n. 220, il legislatore, tra le altre finalità, ha inteso anche ridisegnare la figura dell'amministratore, apprestandone un relativo statuto, comportamentale e deontologico, di nuovo conio, a tutela della posizione di ciascun componente la comunione edilizia condominiale.

In tale ottica si inserisce la richiamata previsione normativa per la quale, sin dal momento della costituzione del rapporto gestorio, deve essere noto ai soggetti del relativo contratto –condominio e amministratore- il complessivo corrispettivo per l'attività di governo che sarà prestata.

Ciò al fine di evitare situazioni, diffuse nella prassi, che vedevano l'amministratore, all'atto della cessazione dell'incarico, pretendere ulteriori emolumenti non preventivamente determinati per attività non espressamente prese in considerazione al momento della designazione (quali assemblee straordinarie ovvero interventi conservativi) e al cui pagamento, spesso, veniva subordinata la trasmissione, al successore, della documentazione relativa alla gestione del condominio nell'esercizio di una sorta di non previsto diritto di ritenzione.

Per ovviare a tali inconvenienti, pertanto, è stato opportunamente stabilito che l'indicazione del compenso sia elemento essenziale della nomina la cui mancanza può determinarne nullità.

Tale apprezzabile intento non si è, però, trasfuso in un disposto idoneo ad immediatamente appalesarlo sulla base della relativa formulazione letterale, se solo si considera che nella previsione del comma 14 dell'art. 1129 c.c., come detto, il corrispettivo è stato correlato all'accettazione da parte del designato, così ingenerando differenti esegesi applicative.

E' stato, infatti, ritenuto che non sia nulla la delibera assembleare che, nel nominare l'amministratore, non specifichi il relativo appannaggio, posto che la richiamata norma di disciplina correla la nullità alla sola mancata indicazione del compenso che potrebbe, però, intervenire anche successivamente al deliberato di designazione e, quindi, rileverebbe per il solo, postumo, perfezionamento dell'incarico (in tali termini, v. Trib. Palermo 9 febbraio 2018).

Tali letture esegetiche non si prestano, però, ad essere condivise poiché, trascurando il canone interpretativo dettato dall'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale del codice civile (c.d. preleggi) risultano incentrate sulla valorizzazione acritica del solo dato legislativo letterale, avulso dalla necessaria correlazione al complesso normativo di riferimento, idoneo a disvelarne la sottesa voluntas legis.

Il rapporto che lega l'amministratore al condominio di cui ne cura la gestione, poiché importante l'espletamento di attività giuridicamente rilevante nell'altrui nome ed interesse, deve ricondursi al contratto di mandato, ex artt. 1702 ss. c.c.

In tal senso, si è costantemente espressa, da tempo, la giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, che ha ricevuto avvallo normativo con la legge di novella della materia condominiale che, al comma 15 del riformato art. 1129 c.c., ha operato espresso rimando a tale disciplina positiva nei limiti della compatibilità.

In quanto contratto ad effetti obbligatori, in applicazione del principio consensualistico predicato dall'art. 1326 c.c. il perfezionamento del vincolo e la produzione dei connessi effetti si determina nel momento in cui il proponente ha notizia dell'accettazione della controparte.

Letta alla luce della norma da ultimo richiamata, la previsione dell'art. 1129 c.c. disvela il suo effettivo significato precettivo; nel prevedere che l'amministratore, nel momento in cui accetta la proposta di incarico, deve indicare l'ammontare del proprio compenso, individua, in tal modo, un elemento della fattispecie negoziale complessa la cui carenza, in coerenza con la previsione dell'art. 1418 c.c., può importarne nullità.

Ai sensi dell'art. 1709 c.c., il contratto di mandato è, di regola, naturalmente oneroso e, pertanto, in difetto di sua espressa rinuncia, il mandatario è comunque titolato al percepimento del relativo corrispettivo la cui determinazione deve essere effettuata in applicazione dei parametri indicati, in via gradata, dal citato disposto.

Tale principio generale soffre deroga nel caso in cui oggetto del mandato sia la gestione di un condominio perché, in tale caso, l'omessa indicazione del compenso, da parte del mandatario, comporta nullità del negozio giuridico di designazione.

Posto che l'art. 1129 c.c., al comma 14, c.c. collega la determinazione del corrispettivo all'indicazione resa dal designato contestualmente alla sua accettazione, ciò lascia presupporre che, nell'ipotesi legislativa, la fattispecie di formazione del contratto muova da relativa proposta da parte del condominio che venga riscontrata dal designando.

Poiché, però, solamente con l'adesione di costui viene ad esplicitarsi un elemento essenziale del negozio, essa accettazione, giusta previsione dell'art. 1326 c.c., deve, a rigore, considerarsi quale “nuova proposta” che, una volta fatta propria dall'assemblea con delibera assunta con l'avvallo maggioritario qualificato ex art. 1136, comma 4, c.c. resa nota alla controparte, determina la valida conclusione del contratto.

Medesimo ordine di considerazioni interviene nel caso in cui fosse l'assemblea ad indicare, al designando, l'ammontare del compenso: in tal caso la sua accettazione abbraccerebbe anche tale elemento e, quindi, una volta partecipata all'ente di gestione condominiale comporterebbe il perfezionamento del mandato.

Ciò che deve, in ogni caso, escludersi é che il corrispettivo possa essere definito al di fuori della fattispecie formativa del negozio e, quindi, essere rimesso a sola successiva postuma indicazione dell'amministratore.

A conferma della proposta soluzione ricostruttiva, intervengono ulteriori dati normativi.

L'art. 1135, comma 1, n. 1), c.c. espressamente prevede che l'assemblea dei condomini debba provvedere (anche) alla “eventuale” retribuzione dell'amministratore, e ciò non accadrebbe laddove la quantificazione fosse oggetto di una scelta autonoma del gestore, successiva alla sua investitura da parte della medesima assemblea.

L'omessa indicazione del compenso, per dettato normativo, inficia di nullità non già tale specifico profilo del rapporto di mandato - in ipotesi importandone la conseguente gratuità - bensì l'intero negozio di nomina e ciò può affermarsi e giustificarsi solamente se si ritiene che trattasi di informazione che si inserisce nella struttura del relativo contratto, qualificandone il pertinente aspetto costitutivo.

Laddove, invece, alla delibera di nomina ne avesse fatto seguito un'ulteriore che, con la maggioranza qualificata prevista, se del caso recependo relativa indicazione del designato, avesse indicato il compenso, in tal caso il contratto di mandato a gestire si sarebbe legalmente perfezionato all'esito di una scansione procedurale complessa, ultimata con tale successivo deliberato una volta reso noto al gestore.

La decisione del giudice massense - a cui conferma intervengono altri giudici di merito (v. Trib. Udine 14 novembre 2018, n. 353 e Trib. Roma 9 aprile 2018, n. 7192 - si pone, pertanto, in piena coerenza logica ed attuativa dei richiamati principi del pertinente sistema normativo di disciplina.

Guida all'approfondimento

Bregoli, L'amministratore di condominio: un nuovo professionista al servizio (anche) della collettività, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2014

Celeste - Scarpa, L'amministratore e l'assemblea, Milano, 2014

Rezzonico, L'indicazione del compenso e le altre comunicazioni obbligatorie dell'amministratore condominiale al momento della sua nomina, in Condominioelocazioni.it, 2018

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