La questione della natura delle Sezioni staccate delle Commissioni Tributarie Regionali

Mario Cavallaro
14 Aprile 2020

Il rapporto tra sede e sezione staccata non è di vera e propria competenza e lo spostamento, con criteri oggettivi, di una generalità di fascicoli dalla sezione staccata alla sede o viceversa non determina alcuna lesione al principio del giudice naturale previsto dall'art. 25 Cost...
Massima

Il rapporto tra sede e sezione staccata, quindi, non è di vera e propria competenza e lo spostamento, con criteri oggettivi, di una generalità di fascicoli dalla sezione staccata alla sede o viceversa non determina alcuna lesione al principio del giudice naturale previsto dall'art. 25 Cost., nemmeno se disposta con riferimento a controversie già iscritte a ruolo, atteso che l'iscrizione dell'appello presso la sezione staccata non muta i termini della questione e non determina la individuazione di un giudice “naturale” non contemplato dal sistema.

Il caso

Con la sentenza n. 1822 del 13 marzo 2020 il Consiglio di Stato ha deciso sulla questione della natura delle sezioni staccate delle commissioni tributarie regionali, di cui all'art. 1 comma 1 bis del D. Lgs. 545/1992.

Per la verità almeno indirettamente, respingendo il gravame avverso la sentenza del T.A.R. Puglia, Sede di Bari, Sezione Seconda, n. 836 del 17giugno 2019, che aveva respinto a suo tempo il ricorso dell'Ordine degli avvocati di Lecce, ha pronunciato anche sul rapporto fra poteri organizzativi e discrezionalità giurisdizionale del presidente della commissione.

Un breve ma opportuno richiamo al fatto che ha dato causa alla pronuncia giurisdizionale.

Con decreto n. 48 del 12 novembre 2018 il Presidente della CTR della Puglia aveva disposto il trasferimento presso la sede centrale di Bari di tutti gli appelli iscritti a ruolo nell'anno 2015 nelle sezioni staccate di Lecce e di Taranto per i quali non era stata ancora fissata udienza.

Si trattava peraltro di una robustissima quantità di affari, (alcune migliaia) formatasi a cagione di impugnazioni seriali di atti che gravavano sulla sezione di Lecce in quantità comparativamente abnorme.

L'impugnazione della parte ricorrente si era estesa alla deliberazione del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria n. 9 del 1° dicembre 2015, considerata atto presupposto, che aveva dato indirizzi ai presidenti per l'esercizio della loro potestà organizzativa in situazioni simili.

Secondo la parte ricorrente si sarebbe violato il principio del giudice naturale e il provvedimento avrebbe altresì travalicato i limiti del potere organizzativo del presidente della Commissione, che avrebbe esorbitato in una intromissione nella giurisdizione già assegnata ad una specifica corte, secondo una regola preesistente (cioè, secondo il preesistente decreto di attribuzione degli affari alle varie sezioni).

Si sarebbe trattato di una ipotesi di sottrazione al giudice precostituito per legge; ciò specificamente in relazione al fatto che il provvedimento presidenziale non avrebbe inciso, secondo la tesi della parte ricorrente, su un giudizio instaurando, ma su un giudizio che per un precedente provvedimento, sempre di natura organizzatoria, avrebbe costituito le sezioni distaccate, e segnatamente nella specie quella di Lecce, come vero e proprio giudice naturale precostituito.

Da rilevare che si sarebbe trattato, sempre secondo la parte ricorrente, non solo di una generale limitazione del diritto del cittadino-contribuente all'accesso al proprio giudice naturale, ma anche di una specifica limitazione della funzione difensiva, poiché i difensori esercitanti presso la sezione distaccata sarebbero stati costretti ad affrontare disagi consistenti e non motivati nell'esercizio della funzione difensiva.

La questione

Il Consiglio di Stato richiama in premessa i presupposti normativi della questione.

L'art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992 stabilisce che la giurisdizione tributaria è esercitata dalle commissioni tributarie provinciali e dalle commissioni tributarie regionali di cui all'art. 1 del d.lgs. n. 545 del 1992.

L'art. 1, comma 1-bis, del d.lgs. n. 545 del 1991, inserito dall'art. 35, comma 1, della legge 28 del 1999, ha stabilito che nei comuni sedi di corte di appello odi sezioni staccate di corte di appello ovvero di tribunali amministrativi regionali o comunque capoluoghi di provincia con oltre 120.000 abitanti alla data di entrata in vigore della disposizione distanti non meno di 100 km dal comune capoluogo di regione, “saranno istituite sezioni staccate delle commissioni tributarie regionali” nei limiti numerici dei contingenti di personale già impiegato negli uffici di segreteria delle commissioni tributarie, senza incrementare il numero complessivo dei componenti delle medesime commissioni, con corrispondente adeguamento delle sedi delle sezioni esistenti e conseguente riduzione delle relative spese.

Le sezioni staccate delle commissioni tributarie regionali sono state poi in concreto istituite con D.M. Ministero delle Finanze 6 giugno 2000.

L'art. 3 del decreto, in particolare, precisa che le sezioni staccate istituite sono riportate nell'allegato 1, che costituisce parte integrante del decreto, ed operano nell'ambito territoriale e con il numero delle sezioni a fianco di ciascuna indicate.

L'elenco delle sezioni staccate delle commissioni tributarie regionali, al punto7, indica che: “La commissione tributaria regionale della Puglia, con sede in Bari, opera anche nelle sedi di: Foggia con tre sezioni (nell'ambito territoriale di Foggia); Lecce con tre sezioni (nell'ambito territoriale di Lecce e Brindisi); Taranto con due sezioni (nell'ambito territoriale di Taranto)”.

Quindi - come per tutte le altre sezioni staccate di commissioni regionali -l'atto “costitutivo” ha natura amministrativa.

Inoltre, l'art. 2 dello stesso decreto ministeriale, al primo comma, stabilisce espressamente che le sezioni staccate non incidono sulla complessiva composizione numerica stabilita, per ciascuno degli organi di giustizia tributaria, dalla tabella A allegata al d.lgs. n. 545 del 1992, e costituiscono, pertanto, mera articolazione interna degli stessi e, al secondo comma, prevede che “alla determinazione dei criteri e delle modalità di funzionamento della sezione provvede, nell'ambito della propria competenza, il presidente della commissione tributaria regionale”.

Quanto alla risoluzione del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, n. 9 del 1°dicembre 2015, rilevato, alla luce di quanto affermato da giurisprudenza consolidata nell'ambito della giurisdizione ordinaria (cfr. le citate Cass. 21557/2014 e Cass. 20921/2010), che la ripartizione delle cause tra la sede centrale di un ufficio giudiziario e le sezioni distaccate dello stesso attiene unicamente alla ridistribuzione degli affari tra le articolazioni appartenenti ad un ufficio da considerare unico a tutti gli effetti, non determinandosi alcuna peculiare competenza territoriale tra la sezione staccata rispetto alla sezione centrale, essa aveva statuito che, ove si verifichino carenze di organico e difficoltà di smaltimento degli affari assegnati alle sezioni distaccate, compete al Presidente della CTR indicare la migliore soluzione possibile tra la riassegnazione di parte degli affari alla sede centrale e viceversa ovvero l'utilizzo della applicazione temporanea e turnaria dei giudici presso le sedi decentrate, previo il necessario interpello, valorizzata all'occorrenza la funzione vicaria del Vicepresidente già componente della Sezione.

Ciò è quanto ha ritenuto di fare il Presidente della CTR della Puglia, con il decreto n. 48 in data 5 novembre 2018, avendo disposto che gli appelli iscritti a ruolo nell'anno 2015 ed assegnati alle sezioni staccate di Lecce e Taranto, per i quali alla data del provvedimento non fosse stata ancora fissata l'udienza di trattazione, sarebbero stati trattati presso la sede centrale di Bari.

Le soluzioni giuridiche

Il Consiglio di Stato riportava con ampiezza le motivazioni del provvedimento presidenziale, ispirate alla funzionalità della decisione sotto il profilo pratico, del minor tempo necessario alla trattazione e del riequilibrio nei carichi assegnati alle varie sezioni (come si è già detto, si trattava di alcune migliaia nella due sezioni trasferite, a fronte di un numero molto minore nelle altre).

Il presidente aveva avuto cura di esaminare l'altra ipotesi alternativamente affacciata dalla legge e dal decreto istitutivo, cioè quella di effettuare una turnazione di giudici nella sede distaccata, escludendone la praticabilità.

Secondo il C.d.S. i criteri di competenza, al pari di quelli di giurisdizione, devono rispettare il principio del giudice naturale precostituito per legge, di cui all'art. 25,comma 1, Cost., secondo cui, per l'appunto, “nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”.

L'esigenza fondamentale della predeterminazione del giudice è altresì contenuta nell'art. 6 CEDU e nell'art. 47 della “Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea”.

Gli organi di giustizia tributaria, ai sensi dell'art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992,sono le commissioni tributarie provinciali e le commissioni tributari e regionali.

Le commissioni tributarie regionali sono competenti, ai sensi dell'art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, per le impugnazioni avverso le decisioni delle commissioni tributarie provinciali, che hanno sede nella loro circoscrizione.

La circoscrizione, come misura di competenza territoriale, rileva a livello regionale ed è attribuita alle commissioni tributarie regionali che, comprensive delle sezioni staccate, costituiscono uffici giudiziari unitari, e non alle singole sezioni staccate, che operano quali mere articolazioni interne delle commissioni regionali.

Di talché il giudice precostituito per legge, vale a dire il giudice “naturale”, a trattare gli appelli avverso decisioni emesse dalle commissioni tributarie provinciali di una determinata regione è la commissione tributaria regionale, non la sezione staccata di essa, anche ove quest'ultima, per criteri interni di riparto, operi in un determinato ambito territoriale.

L'art. 35, comma 1, della legge n. 28 del 1999, che ha inserito il comma 1-bisdell'art. 1 del d.lgs. n. 545 del 1992, infatti, ha previsto l'istituzione delle sezioni staccate delle commissioni tributarie regionali senza stabilire una specifica circoscrizione territoriale per le stesse, mentre il D.M. 6 giugno 2000,istitutivo delle sezioni staccate, ha espressamente sancito che dette sezioni costituiscono “mera articolazione interna” degli organi di giustizia tributaria.

Lo stesso elenco allegato al decreto, prosegue il C.d.S. nella articolata sentenza, ha indicato che la CTR Puglia, con sede in Bari, “opera anche nelle sedi” di Foggia, Lecce e Taranto e ciò evidenzia in modo plastico che le sezioni staccate sono mere articolazioni della commissione tributaria regionale, nella circoscrizione della quale operano indeterminati ambiti territoriali.

Il rapporto tra sede e sezione staccata, quindi, non è di vera e propria competenza e lo spostamento, con criteri oggettivi, di una generalità di fascicoli dalla sezione staccata alla sede o viceversa non determina alcuna lesione al principio del giudice naturale previsto dall'art. 25 Cost., nemmeno se disposta con riferimento a controversie già iscritte a ruolo, atteso che l'iscrizione dell'appello presso la sezione staccata non muta i termini della questione e non determina la individuazione di un giudice “naturale” non contemplato dal sistema.

Il giudice naturale, infatti, anche in tali casi è e rimane la CTR e non la sezione staccata presso cui l'appello è stato iscritto.

Rammenta la decisione che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 30 del 2011, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 7, terzo periodo, del d.l. n. 453 del 1993, convertito, con modificazioni, dall'art. 42, comma 2, della legge n. 69 del 2009, nella parte in cui attribuisce al presidente della Corte dei conti il potere di deferimento di questioni di massima in relazione a giudizi pendenti innanzi a sezioni giurisdizionali di primo grado, sollevata in riferimento agli artt. 24,25 e 11 Cost.

Il giudice delle leggi ha evidenziato come il principio di precostituzione del giudice tutela nel cittadino il diritto a una previa non dubbia conoscenza del giudice competente a decidere o, ancora più nettamente, il diritto alla certezza che a giudicare non sarà un giudice creato a posteriori in relazione a un fatto già verificatosi.

Sempre secondo la giurisprudenza costituzionale (sent. n. 419 del 1998, richiamata dalla sentenza n. 30 del2011), il principio di precostituzione del giudice naturale non può operare nella ripartizione, tra sezioni interne, dei compiti e delle attribuzioni spettanti ad un determinato ordine giurisdizionale.

Anche la giurisprudenza civile, sul punto, ha rappresentato che “la ripartizione degli affari tra la sede centrale del tribunale e le sezioni distaccate ha carattere interno e non può mai dare luogo a questioni di competenza territoriale” (Cass. Civile, II, 13 ottobre 2014, n. 21557).

La giurisprudenza amministrativa ha parimenti messo in rilievo che “la ripartizione delle competenze tra sede centrale e sezione staccata di Tribunale amministrativo ha valore di pura specificazione organizzativa che attiene alla sola distribuzione interna della competenza generale”, per cui “l'inosservanza delle regole di ripartizione … lungi dall'incidere sul principio costituzionale del giudice naturale, si risolve in una mera irregolarità” (Cons. Stato, V, 30 ottobre 2003, n. 6771, che richiama Cons. Stato, IV, 8 ottobre 1996, n. 1101).

D'altra parte, nell'ambito della giustizia amministrativa, l'art. 47 c.p.a. (insostanziale continuità con l'art. 32 della legge istitutiva dei TAR n. 1034 del1971) ha ribadito che il riparto di attribuzione tra Tribunale capoluogo e sezione staccata, rapporto che riflette evidentemente quello tra commissione tributaria regionale e sezione staccata, non costituisce una questione di competenza in senso proprio, ma ha valore di pura specificazione organizzativa che attiene alla sola distribuzione interna della competenza generale.

Infatti, l'art. 47 c.p.a. ha sancito che, al di fuori dei casi di cui all'art. 14 (competenza funzionale inderogabile), “non è considerata questione di competenza la ripartizione delle controversie tra tribunale amministrativo regionale con sede nel capoluogo e sezione staccata”.

Sul punto, il Consiglio di Stato fissa il principio che il rapporto tra commissione tributaria regionale e sezione staccata della stessa non si traduce in una questione di competenza, ma concerne la ripartizione degli affari all'interno dello stesso ufficio, in relazione alla quale il presidente della commissione tributaria regionale svolge le funzioni attribuitegli dall'art. 2,comma 2, del D.M. 6 giugno 2000.

Neppure, secondo il Giudicante, è ipotizzabile un diverso vulnus al principio di un giudice che, sebbene non “naturale” ai sensi della carta costituzionale, sia comunque preindividuato, e, quindi, una lesione del diritto di difesa.

Infatti, se la “riassegnazione” in sedei fascicoli di causa dalla sezione staccata alla sede centrale non rileva in alcun caso in tema di violazione del giudice naturale, va solo valutata in concreto, ma non come ragione di principio, la ragionevolezza dell'atto e l'utilizzazione di criteri tali da evitare disparità di trattamento, per cui l'eventuale vizio della funzione non può consistere nel solo fatto che gli appelli “riassegnati” fossero già stati iscritti a ruolo.

Osservazioni

In sostanza se, come poi positivamente deciso nella specie, i criteri di riassegnazione stabiliti nel decreto presidenziale sono oggettivi e prevedono un trasferimento degli affari per fattispecie generalizzate (nella specie si trattava di tutti i ricorsi iscritti a ruolo nel 2015, ma si potrebbe ipotizzare ogni altro criterio predeterminato e che non consenta di selezionare particolari procedimenti) in quanto secondo il Consiglio di Stato solo un trasferimento“particolare” e non “generale”, cioè non caratterizzato da criteri oggettivi e non giustificato da altre circostanze apprezzabili per la loro neutralità, potrebbe eventualmente costituire un vizio di legittimità dell'azione amministrativa, per la sua potenziale lesività al canone di imparzialità.

In tale ultimo caso, infatti, il giudice preindividuato, sebbene non “naturale”,rimarrebbe la sezione staccata e l'attribuzione di un singolo caso o di sporadici ed isolati casi soggettivamente e non organicamente stabiliti alla sede centrale potrebbe tradursi in una illegittima violazione del criterio generale.

In sostanza il Consiglio di Stato riconosce anche, nella sentenza in commento, una potestà organizzativa ampia del Presidente di Commissione, la quale è ovviamente limitata dalle regole generali dell'esercizio dell'azione amministrativa (perché ovviamente si tratta di poteri di organizzazione e non di esercizio di attività giurisdizionale) compresa quella specifica di salvaguardare nell'attribuzione dei procedimenti alle singole sezioni staccate l'imparzialità della corte in riferimento alla possibile violazione del principio del giudice naturale, che ben può essere pertanto diverso da quello previsto da un precedente provvedimento di attribuzione degli affari da trattare.

Quando, come nel caso oggetto della pronuncia del C.d.S., il presidente della commissione tributaria regionale, nell'esercizio delle sue prerogative,attribuisca alla sede centrale, in base ad un criterio oggettivo e generalizzato,una moltitudine di affari già incardinati presso la sezione staccata, determina,nell'ambito dell'unitario ufficio giudiziario, in relazione a quegli affari, una diversa individuazione del giudice predeterminato, che cessa di essere la sezione staccata e diviene la sede centrale.

Infatti è l'art. 1 della risoluzione del CPGT del 2015, non a caso oggetto nella fattispecie di impugnazione incidentale come atto presupposto, ad aver espressamente stabilito che ove si verifichino carenze di organico e difficoltà di smaltimento degli affari assegnati alle sezioni staccate, compete al Presidente della Commissione Tributaria Regionale indicare la migliore soluzione possibile tra la riassegnazione di parte degli affari alla sede centrale e viceversa ovvero l'utilizzo dell'applicazione temporanea a turnaria dei giudici presso le sedi decentrate, previo il necessario interpello.

Di talché, espressamente afferma la sentenza in commento, “la norma di organizzazione posta dall'organo di autogoverno indicala presenza di un necessario presupposto per l'esercizio del potere, vale a dire la carenza di organico o la difficoltà di smaltimento degli affari assegnati alle sezioni distaccate, e, una volta accertata l'esistenza del presupposto,attribuisce al Presidente della CTR una potere di scelta discrezionale tra la riassegnazione di parte degli affari alla sede centrale e l'utilizzo dell'applicazione temporanea e turnaria dei giudici.”

Diversa è la possibilità, che non fa capo ai poteri di organizzazione del Presidente di commissione, prevista dall'art. 1, comma 4, del d.lgs. n. 545 del 1992, secondo cui, con decreto ministeriale, il numero delle sezioni di ciascuna commissione potrebbe essere adeguato in relazione al flusso medio dei processi.

Peraltro, appare evidente che detto adeguamento a sua volta presuppone una valutazione dei flussi ed una conseguente motivazione e non può ipotizzarsi come esperito in vista di esigenze straordinarie o relative a un circoscritto numero di fascicoli, attenendo ad una generale revisione della organizzazione territoriale della commissione regionale.

La sentenza infine esclude anche che l'assegnazione dei procedimenti a sezione staccata diversa da quella più prossima anche a coloro che esercitano l'attività defensionale (non si dimentichi che nella fattispecie il ricorso era stato proposto proprio dall'ordine forense territoriale) possa costituire un vulnus rilevante, perché la prossimità territoriale deve cedere il passo al valore centrale, che è quello della difesa del giusto processo, valore costituzionalmente rilevante, sia in riferimento alla maggiore rapidità del corso del procedimento sia alla sua attribuzione ad una corte che garantisca il rispetto del principio di imparzialità e di non prevedibilità della decisione.

Esce perciò rafforzata ulteriormente da questa autorevole pronuncia l'omologazione delle sezioni staccate delle Commissioni regionali tributarie alle sezioni distaccate dei Tribunali ordinari (peraltro come noto oggetto di un evidente recente disfavore ordinamentale) e a quelle delle giurisdizioni speciali con una definizione comune: la loro articolazione e l'assegnazione degli affari alle medesime non ha natura giurisdizionale e non involge questioni di tutela del giudice naturale, ma di mera articolazione interna della trattazione degli affari assegnati.

Possiamo qui aggiungere che fra l'altro tutta la materia dovrà a breve essere rivista alla luce degli spazi sempre più ampi che saranno attribuiti alla giurisdizione “in remoto”, con una dematerializzazione della sede fisica della giurisdizione che renderà prive di attualità gran parte delle osservazioni e dei rilievi, che sono alla base della rivendicazione di autonomia delle sezioni distaccate.

Ed infatti il DL 23/10/2018, n. 119 all'art. 16 ha stabilito che la partecipazione delle parti all'udienza pubblica di cui all'art. 34 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, potrà avvenire a distanza, su apposita richiesta formulata da almeno una delle parti nel ricorso o nel primo atto difensivo, mediante un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo del domicilio indicato dal contribuente, dal difensore, dall'ufficio impositore o dai soggetti della riscossione con modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto viene detto ed addirittura sarà il luogo dove la parte processuale si collegherà in audiovisione ad essere equiparato all'aula di udienza.

A prescindere dall'applicazione concreta di tali disposizioni, che non è oggetto di questa breve analisi che si occupa del tema delle sezioni staccate, essa si inquadra anche in un originaria natura complessa del giudizio tributario, che nasce sostanzialmente cartolare (sulle inevitabili criticità del processo tributario telematico, E. Manoni, in Dir. e Prat. Trib., 2019, 4, 1876 in cui si discorre espressamente anche della difficile interazione fra processo tributario cartaceo e processo tributario digitale) ma si trasforma in processo vicino almeno in parte alle chiovendiane regole che ispira(va)no il processo civile, con tanto di udienza pubblica orale, ancorché facoltativa.

E del resto, ma questa sarà forse la storia dei riti processuali nel prossimo ineludibile futuro, ormai tutti ci aspettiamo che dalle nuove norme emergenziali (D. L. 17.3.2020 n. 18, che è solo quello vigente di una serie di interventi per contrastare il contagio da coronavirus) nasca una sempre maggiore diffusione delle celebrazioni “da remoto” delle udienze ed una sempre più ampia digitalizzazione della P.A. giudiziaria e su questo versante si sposterà il dibattito sul contemperamento della tutela dei diritti difensivi con le ragioni di speditezza e praticità che l'uso delle tecnologie informatiche garantisce.

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