Rendiconto condominiale e nota sintetica esplicativa
10 Giugno 2020
Massima
In merito alla mancanza della nota sintetica esplicativa della gestione che deve accompagnare il consuntivo, l'amministratore di condominio, nella redazione del rendiconto, deve attenersi a principi di ordine e di correttezza e deve predisporre un documento chiaro ed intellegibile, che indichi correttamente le voci dell'attivo e del passivo così da consentire la immediata verifica da parte dei condomini della congruità e della corrispondenza della documentazione alle entrate ed alle spese. La mancanza della nota esplicativa viola il principio di chiarezza e di intellegibilità e rende annullabile la delibera approvativa del rendiconto. Il caso
La controversia trae origine dalla impugnativa, da parte di un condomino, di alcune delibere assembleari per asserita nullità e/o annullabilità. Il condomino - parte attrice - ha anche chiesto l'accertamento e la declaratoria dei doveri che incombono all'amministrazione condominiale, anch'essa convenuta in giudizio, con condanna di quest'ultima, in proprio o comunque in solido con il Condominio, a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. Il Condominio e la convenuta amministrazione condominiale si sono costituiti in giudizio e hanno replicato alle deduzioni dell'attore, contrastandole specificamente e puntualmente. La causa è stata decisa senza necessità di istruttoria, non essendo emersi elementi a sostegno delle richieste di svolgimento dei mezzi di prova orale e di ammissione della CTU, avendo la causa natura documentale, sicché sono state rigettate le istanze istruttorie riportate nelle conclusioni di parte attrice. La questione
Per la consolidata giurisprudenza del passato, il rendiconto condominiale doveva essere strutturato in modo da essere intellegibile secondo il criterio di cassa, anche se il criterio di competenza avrebbe consentito, ai condomini, una più esatta informazione sul costo annuale della gestione condominiale. In questo senso, la Suprema Corte (v., inter alias, Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 1984, n. 896) aveva puntualizzato che il previgente art. 1130, ultimo comma, c.c., nel disporre che l'amministratore alla fine di ciascun anno doveva rendere conto della sua gestione e il previgente art. 1135, comma3, c.c. - nel disporre che l'assemblea doveva provvedere all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore - non indicavano direttamente i criteri in base ai quali il conto dovesse essere redatto, sicché occorreva riferirsi ai fondamentali canoni contabili e amministrativi in materia di bilancio, che consentivano di recuperare i criteri relativi alla contabilizzazione dell'attivo e del passivo dell'esercizio e, quindi, dello stato patrimoniale, tenuto conto che il richiamato art. 1135 c.c. parlava testualmente di «residuo attivo della gestione». La legge di riforma del condominio, all'art. 1130 c.c. ha aggiunto l'art. 1130-bisc.c., che al comma 1 recita: “il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita, e ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili, e alle eventuali riserve, che devono essere espresse in modo da consentire l'immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione, con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti”. La nuova disposizione ha confermato la scadenza annuale del rendiconto prescrivendo, al comma 1 dell'art. 1130-bisc.c., l'adozione di ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili e alle eventuali riserve, facendo ritenere che il rendiconto non sia più solo di cassa, ma anche di competenza. Nel regime della riforma, l'obbligo dell'amministratore di predisporre il rendiconto annuale è confermato anche dall'art. 1130, n. 1, c.c., per il quale l'amministratore deve convocare l'assemblea annualmente per l'approvazione del rendiconto condominiale. Non solo: per l'art. 1130, n. 10, c.c., l'amministratore deve redigere il rendiconto annuale e convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro 180 giorni. L'obbligo di rendere il conto è peraltro esigibile solo nel momento in cui il mandato viene adempiuto, con la conseguenza che l'obbligo dell'amministratore - il cui mandato è di un anno rinnovabile per una eguale durata (art. 1129 c.c.) - scatta alla scadenza di ciascun esercizio annuale, con obbligo di convocazione dell'assemblea per la relativa approvazione, entro 180 giorni. L'omessa convocazione dell'assemblea, per l'approvazione del rendiconto, costituisce tra l'altro una delle fattispecie di grave irregolarità, che legittima la revoca dell'amministratore, ai sensi dell'art. 1129, comma 12, n. 1, c.c. Si tenga anche presente che, per il riformato art. 1129, comma 2, c.c., contestualmente all'accettazione della nomina e a ogni nuovo incarico, l'amministratore deve comunicare il locale dove si trovano i registri condominiali, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta, può prenderne gratuitamente visione e ottenerne, previo rimborso della spesa, copia firmata, ovviamente nel rispetto dei principi di correttezza di cui all'art. 1175 c.c. In tale contesto, l'obbligo del rendiconto non costituisce una novità della riforma del condominio, posto che già il previgente art. 1130 c.c., sia pur più laconicamente, stabiliva che l'amministratore “alla fine di ciascun anno” doveva “rendere il conto della sua gestione”. Quello che di innovativo ha fatto il legislatore del 2012 è stato quello di specificare meglio il contenuto dell'obbligo, disciplinando al contempo le conseguenze, per il caso di mancato adempimento di esso. Fermo restando che gli obblighi di rendiconto dell'amministratore sono regolati dall'art. 1713 c.c., dettato in tema di mandato, per il quale “il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato e fermo restando che la dispensa preventiva dall'obbligo di rendiconto non ha effetto nei casi in cui il mandatario deve rispondere per dolo o per colpa grave”. Le soluzioni giuridiche
Alla stregua del richiamato art. 1130-bis c.c., le componenti del rendiconto sono le seguenti: a) il registro di contabilità, in cui sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell'effettuazione, i singoli movimenti in entrata e in uscita. Il registro deve contenere esclusivamente i movimenti che hanno avuto rilevanza finanziaria (ossia un'entrata o un'uscita dal conto corrente bancario, postale o di cassa). Non comprende invece le operazioni per le quali, durante l'esercizio, non si siano prodotti effetti finanziari, quali, ad esempio, le fatture registrate e rendicontate alla chiusura dell'esercizio condominiale ma non ancora saldate (posto che le relative informazioni sono fornite nella nota sintetica esplicativa della gestione); b) il riepilogo finanziario - che per struttura e caratteristiche può definirsi come lo stato patrimoniale - rappresenta una sorta di fotografia della situazione contabile del condominio alla data di chiusura di ogni esercizio, posto che lo stato delle attività e delle passività evidenzia crediti, debiti ed eventuali fondi di riserva. Tale riepilogo ha quindi lo scopo di individuare la situazione dello stato patrimoniale del condominio amministrato; c) la nota sintetica esplicativa della gestione, che è il documento con cui l'amministratore deve descrivere sinteticamente l'intera gestione annuale, dando conto non solo dei rapporti in corso, ma anche di quelli pendenti. Il conto approvato dall'assemblea - sempreché non dolosamente falso e, quindi, nullo - può essere impugnato nel termine di decadenza dei 30 giorni da parte di ciascun condomino o dal condominio stesso, in caso di errore materiale, omissione, duplicazione o altro. In tali casi, l'amministratore negligente non può sottrarsi alle proprie responsabilità e ai conseguenti obblighi di restituzione, per il solo fatto che il conto sia stato approvato, posto che ben possono intervenire anche successive delibere modificative del rendiconto da parte dell'assemblea. A parte la revoca dell'amministratore e/o l'azione di responsabilità contro di lui, i condomini possono anche chiedere giudizialmente la verifica della contabilità condominiale, quando l'amministratore non abbia predisposto il rendiconto ovvero non abbia convocato l'assemblea per l'approvazione, tenendo presente che l'interesse all'approvazione del rendiconto nasce in capo a ciascun condomino o allo stesso condominio, dopo la revoca dell'amministratore negligente. Tale interesse può nascere anche in capo allo stesso amministratore (anche quest'ultimo infatti può avere interesse a tutelare la propria immagine professionale, oppure, a veder riconosciuto un proprio credito contro il condominio, risultante dal conto non approvato). In materia, vale rammentare che il codice di procedura civile detta alcune regole speciali agli artt. 263 ss. c.p.c., applicabili sia al processo di cognizione ordinaria, sia al processo di cognizione sommaria, che possono trovare applicazione anche in un giudizio di responsabilità contro l'amministratore, ovvero in una causa per ripetizione di indebito, tenendo presente che la dottrina configura il procedimento di cui agli artt. 263 ss. c.p.c. come un giudizio a sé, il cui contenuto dovrebbe individuarsi nell'accertamento negativo della non conformità del conto alle disposizioni di legge: si tratterebbe quindi di un procedimento speciale assimilabile ad uno strumento di volontaria giurisdizione nella prima fase (che si chiude con l'ordinanza, che definisce il procedimento intero, se il conto viene approvato) e contenziosa (nella seconda fase). Osservazioni
Ai sensi del vigente art. 1135, n. 2, c.c., l'assemblea condominiale deve approvare il preventivo delle spese ordinarie e straordinarie necessarie alla gestione, in uno con il riparto delle spese stesse tra i condomini e, nel caso in cui le spese eccedano l'ammontare delle spese preventivate, il condomino ha diritto di richiedere la giustificazione delle spese ulteriori. Il preventivo con il riparto, anche se non impugnato ai sensi dell'art. 1137 c.c., può comunque formare oggetto di contestazione da parte dei condomini (Cass. civ., sez. II, 21 maggio 1964, n. 1251). Secondo la dottrina, la contestazione sarebbe peraltro ammissibile solo relativamente al riparto e non anche alla parte che riguarda l'approvazione delle spese, ove la delibera non sia stata impugnata nei trenta giorni. Per la giurisprudenza di merito (Trib. Bari 10 novembre 2011), il condomino può sempre reclamare un credito contestando la documentazione posta a fondamento delle poste iscritte in bilancio, senza estendere la sua doglianza alla nullità o all'annullabilità della delibera, avente a oggetto l'approvazione del bilancio, posto che tali vizi devono essere fatti valere in via autonoma, con l'impugnazione di cui all'art. 1137 c.c., con la conseguenza che deve ritenersi infondata la eccezione di inammissibilità dell'azione, per decorso del termine di impugnazione della delibera di approvazione del rendiconto. Per altra giurisprudenza di merito (Trib. Milano, 23 gennaio 2003, n. 836), l'approvazione assembleare non può valere a consolidare un saldo arretrato e neppure a impedire di mettere in discussione il rapporto dare/avere, così come risultante dal riepilogo contabile dei pagamenti pregressi. L'inserimento del saldo nel consuntivo approvato dall'assemblea costituisce infatti un mero riepilogo contabile degli esercizi pregressi e non può risolversi, laddove il preteso debitore contesti la corrispondenza degli importi arretrati rispetto al reale ammontare dei precedenti saldi, nella incontestabilità delle somme dovute. In particolare, ove l'approvazione dei conteggi per gli arretrati si riveli erronea, la relativa deliberazione deve ritenersi inficiata da nullità, incidendo indebitamente - al di fuori delle attribuzioni dell'assemblea - sulla sfera patrimoniale del singolo condomino. In ogni caso, l'approvazione del rendiconto annuale è attribuzione propria dell'assemblea non demandabile all'Autorità giudiziaria, che può essere adita solo quando gli organi del condominio abbiano negletto gli oneri a loro carico. E invero, l'Autorità giudiziaria non può pronunciarsi nel merito del rendiconto, essendo il suo un controllo di mera legittimità, a norma dell'art. 1137 c.c. In particolare, il controllo dei conti - a mezzo della impugnativa ex art. 1137 c.c. - è controllo di mera legittimità e non di merito sicché, alla stregua del richiamato art. 1137 c.c., è difficile andare al di là di un riscontro puramente estrinseco e formale del rendiconto, salvo il ricorso all'art. 1109, n. 1), c.c., quando sussista l'eccesso di potere (ma in tal caso dovrà darsi la prova del grave pregiudizio alla cosa comune). In particolare, stante il disposto degli artt. 1135 e 1337 c.c. “la deliberazione dell'assemblea condominiale che approva il rendiconto annuale dell'amministratore può essere impugnata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine stabilito dall'art. 1137, comma 3, c.c. non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di legittimità, restando esclusa una diversa forma di invalidazione ex art. 1418 c.c., non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera” (così Cass. civ., sez. II, 20 aprile 1994, n. 3747). In tale contesto, non possono che valere i principi sulla nullità o annullabilità della delibera assembleare di approvazione del conto: si verte in materia di nullità quando il rendiconto sia assolutamente inveritiero perché esclude delle entrate che vi siano state o supponga delle uscite che invece non vi siano state, con conseguente lesione dei diritti attinenti alla sfera patrimoniale del singolo condomino. È invece solo annullabile il rendiconto veritiero, non redatto secondo i più rigorosi criteri contabili, quando non comporti una alterazione della situazione patrimoniale (secondo Trib. Milano 9 aprile 1992 e App. Milano 26 maggio 1992, doveva ritenersi annullabile il rendiconto presentato da un amministratore stante “la natura sintetica dei dati contabili e dei movimenti finanziari indicati e il mancato riferimento per omissioni alla categoria di spese e documenti giustificativi depositati, neppure ordinati e numerati, e privi di un espresso riferimento a quale dei quattro edifici risulterebbero pertinenti, priva di attendibilità e di efficacia il conto”). Resta fermo che l'amministratore non è tenuto a rendere i conti della gestione a ciascun condomino ma solo alla collettività condominiale, in occasione dell'assemblea annuale, anche se può ritardarli per 180 giorni, senza incorrere nel rischio di essere revocato. La giurisprudenza del passato aveva, tra l'altro, puntualizzato che nessuna norma codicistica prevedeva il principio dell'osservanza di una rigorosa sequenza temporale nell'esame dei vari rendiconti presentati dall'amministratore e relativi ai singoli periodi di esercizio in essi considerati, con la conseguenza che doveva ritenersi legittima la delibera assembleare che - in assenza di un esplicito divieto pattiziamente convenuto al momento della formazione del regolamento contrattuale - approvasse il bilancio consuntivo senza prendere in esame la situazione finanziaria relativa al periodo precedente, atteso che i criteri di semplicità e snellezza che presiedono alla materia, consentono senza concreti pregiudizi per la collettività dei comproprietari, anche la regolarizzazione successiva delle eventuali omissioni nell'approvazione del rendiconto. Si tenga tra l'altro presente che la legge di riforma del condominio, nella seconda parte del primo comma dell'art. 1130-bis c.c., ha stabilito che “l'assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell'amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà”. In precedenza, la nomina del revisore era consentita al singolo condomino, solo a sue spese, quando intendesse controllare la contabilità condominiale, mentre la nuova disposizione riconosce espressamente all'assemblea la facoltà di nominare un revisore, con oneri di spesa a carico di tutti i condomini. In ogni caso, in materia di impugnazione del rendiconto condominiale, è onere della parte a cui il conto è presentato, di specificare le partite che intende contestare, dando la prova degli eventuali maggiori incassi intervenuti, indicando con precisione le singole spese che non reputa documentalmente giustificate (art. 264 c.p.c.). L'adempimento di tale onere costituisce l'esercizio di una facoltà sottoposta a precise delimitazioni e preclusioni, subordinata all'adempimento, da parte dell'amministratore, dell'obbligo di rendere il conto secondo le modalità e i requisiti prescritti dalle disposizioni generali previste dagli artt. 263 e 264 c.c. Quanto alla mancanza della nota sintetica di cui all'art. 1130-bis c.c., la sentenza in commento ha puntualizzato che “in merito alla eccepita mancanza di una nota sintetica esplicativa della gestione che accompagni il consuntivo in esame, va osservato che - come è noto - l'amministratore di condominio nella tenuta della contabilità e per la redazione del bilancio deve attenersi a principi di ordine e di correttezza e, nel redigere il bilancio, deve predisporre un documento chiaro ed intellegibile, che indichi correttamente le voci dell'attivo e del passivo così da consentire la immediata verifica da parte dei condomini della corrispondenza e della congruità rispetto alla documentazione relativa alle entrate ed alle spese (Cass. civ.,sez. II, 23 gennaio 2007, n. 1405; Cass. civ., sez. II, 28 aprile 2005, n. 8877). La pronuncia ci sembra condivisibile anche alla stregua della giurisprudenza (Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 2007, n. 1405, e Cass. civ., sez. II, 28 aprile 2005, n. 8877), che in qualche modo aveva già anticipato il vigente art. 1130-bis c.c., affermando che il rendiconto deve contenere tutte le voci relative alle entrate e la specificazione del fondo cassa iniziale dell'esercizio, da un lato e, dall'altro, tutte le voci relative alle uscite ed il loro riparto, con specificazione dei crediti e dei debiti del condominio; tale documento contabile soggiace al criterio di cassa, per il quale in esso debbono essere riportate le somme effettivamente percepite e sborsate nell'anno di gestione, mentre non debbono essere registrate le spese che, anche se riferite a obbligazioni già maturate, non siano ancora state estinte. In questo senso, la mancanza della nota esplicativa viola il principio di chiarezza ed intelligibilità e rende annullabile la delibera approvativa del rendiconto (si legge in Trib. Milano, 28 maggio 2019, n. 5103: “il motivo di impugnativa non è fondato e va rigettato perché il documento contabile approvato dalla assemblea condominiale allegato in atti rispetta il dettato dell'art. 1130-bis c.c., risultando fornito di quei requisiti che la consolidata giurisprudenza di legittimità ritiene necessari per la sua compilazione già da prima della riforma intervenuta con la l. n. 220/2012). Sostanzialmente sulla stessa linea, la recente giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. civ., sez. II, 17 gennaio 2019, n. 1186), ha puntualizzato che “l'obbligo di rendiconto che, quale mandatario con rappresentanza dei condomini, l'amministratore è tenuto a osservare con riferimento alle somme detenute per conto del condominio, può dirsi adempiuto quando egli abbia fornito la prova, attraverso i necessari documenti giustificativi, non soltanto della somma incassata e dell'entità e causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi funzionali all'individuazione e al vaglio delle modalità di esecuzione dell'incarico, onde stabilire se il suo operato si sia adeguato, o meno, a criteri di buona amministrazione”. Siamo ancora ben lontani dal pieno riconoscimento del diritto di informazione contabile che dovrebbe competere a ciascun condomino e che al socio di una società di capitali è riconosciuto dall'art. 2377 c.c. E siamo anche lontani dall'obbligo di tenuta di scritture contabili analoghe a quelle imposte all'imprenditore dagli artt. 2214 ss. c.c., nonostante che tra bilancio condominiale e bilancio societario sussiste una differenza più quantitativa che qualitativa. |