Legittimazione del locatore esecutato e idonei motivi di disdettaFonte: Trib. Milano , 4 luglio 2019
17 Giugno 2020
Massima
Il proprietario di bene immobile sottoposto ad esecuzione forzata può intimare disdetta al proprio conduttore alla prima scadenza, ove sussistano i motivi di cui all'art. 29,l. n. 392/1978, che devono ex ante apparire quantomeno tecnicamente e giuridicamente realizzabili. Il caso
La vicenda processuale sorge fra due società a responsabilità limitata, l'una proprietaria di fondo commerciale sottoposto da terzi creditori ad esecuzione forzata e concesso in locazione alla seconda società. In vista della prima scadenza contrattuale la società locatrice intima disdetta a mente dell'art. 29, l. n. 392/1978 (il rapporto proseguiva in realtà da molti anni, tuttavia essendo stati stipulati nel corso del tempo diversi contratti, il giudice ha ritenuto vigente l'ultimo, al quale - in assenza di contestazione delle parti sul punto - andava riconosciuta valenza novativa rispetto alle precedenti pattuizioni). Il locatore, nella disdetta, dava conto di voler “destinare l'immobile in questione all'esercizio in proprio di attività di vendita di articoli di moda (fashion retail)”. La società conduttrice contesta la legittimità della disdetta e non provvede a restituire il bene alla data di scadenza, di talchè la proprietaria ricorre al giudice ex art. 30, l. n. 3921978, chiedendo al Tribunale di accertare la cessazione del rapporto contrattuale alla data indicata nella disdetta e di disporre in ordine al rilascio del bene. Aldilà delle schermaglie processuali delle parti e delle diverse domande di risarcimento e di ripetizione di somme extra canoni, in ordine alle quali è stata chiesta dalla convenuta anche la chiamata in causa dei soggetti fisici cui materialmente assumeva di aver versato i canoni, gli aspetti dirimenti della pronuncia risultano essere attestarsi sui due profili della legittimazione ad intimare disdetta (e ad agire) del locatore esecutato e sulla fondatezza dei motivi dedotti ex art. 29, l. n. 392/1978, sui quali il giudice milanese articola una decisione condivisibile e ampiamente motivata. Le questioni
La prima eccezione sollevata dalla convenuta attiene alla dedotta inesistenza e nullità della disdetta, per carenza di potere e di legittimazione in capo al legale rappresentante della società locatrice: deduce infatti il conduttore che l'immobile era in quel momento pignorato e sottoposto a procedimento di espropriazione forzata, con affidamento in custodia all'istituto vendite, di talché la locatrice non avrebbe potuto compiere alcun atto dispositivo a mente dell'art. 560 c.p.c. L'altro aspetto dirimente, sottoposto al giudizio del giudice lombardo, attiene ai motivi di cui all'art. 29, l. n. 392/1978, indicati dal locatore in disdetta: deduce la convenuta conduttrice che sussisterebbe genericità della motivazione addotta (la società proprietaria dell'immobile ha motivato il diniego di rinnovo con l'intenzione di destinare il bene locato all'esercizio in proprio di attività di vendita al dettaglio di articoli di moda), inverosimiglianza della stessa (posto che l'oggetto sociale della società ricorrente riguarda numerose e variegate attività, con prevalenza di quella immobiliare), nonché irrealizzabilità (in assenza di apposita licenza e della mancanza di esperienza nello specifico settore). Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale meneghino, con ampia e puntuale motivazione - pur rifacendosi a sentenze di legittimità piuttosto risalenti nel tempo - ritiene totalmente infondate le eccezioni svolte dalla conduttrice. Quanto alla principale deduzione relativa alla legittimazione della proprietaria ad intimare disdetta, il giudice milanese ne sottolinea l'assoluta insussistenza, peraltro già evidenziata in precedenti ordinanze in corso di causa (con le quali era stato anche disposto il rilascio), posto che la norma processuale vieta al debitore esecutato e al custode di concedere l'immobile oggetto di espropriazione in locazione a terzi senza autorizzazione del giudice, tuttavia ove ciò avvenga si tratta di atto dispositivo che non è affatto colpito da nullità ma risulta semplicemente inopponibile ai creditori dell'esecutato, a mente di quanto disposto dall'art. 2913 c.c. (Cass. civ.,sez. un., 16 maggio 2013, n. 11830). Poichè il debitore esecutato non perde, per tale sua condizione, la capacità di contrarre (Cass.civ., sez. III, 5 agosto 1987, n. 6748; Cass. civ., sez. II, 12 ottobre 1979, n. 5333), ma gli sono vietati gli atti pregiudizievoli ai creditori, ne deriva che l'eventuale atto di disposizione non è né invalido, né inesistente né nullo ma risulta semplicemente affetto da una inefficacia relativa, limitata e disposta solo in favore dei creditori del locatore (Cass.civ., sez. I, 16 maggio 2016, n. 9994; Cass.civ., sez. III, 13 luglio 1999, n. 7422). Osserva ancora il giudice che si tratta di limiti di efficacia che cessano con l'estinzione del processo esecutivo (Cass.civ., sez. III, 14 dicembre 1992, n. 13164), che nel caso di specie è terminato senza vendita del bene e anteriormente alla domanda proposta dalla locatrice. Il Tribunale, pur ritenendo dirimenti le osservazioni svolte, rafforza ulteriormente il proprio convincimento rilevando come non sussista comunque un interesse del conduttore ad eccepire eventuali vizi procedurali relativi all'esecuzione (quali il difetto di autorizzazione del giudice per gli atti dispositivi del custode o del debitore), posto che il rapporto locatizio rimane del tutto estraneo - ed indifferente - all'esito dell'esecuzione (Cass.civ., sez. III, 26 giugno 1991, n. 7157); non appare infine secondario che - nel caso di specie - il contratto di locazione, stipulato nel 2011, sia stato registrato solo nel 2016, ad esecuzione terminata, di talché il custode non avrebbe avuto alcuna legittimazione ad intimare disdetta per un contratto che non era opponibile alla procedura e ai creditori. Last but not least, il giudice rileva che l'atto posto in essere, come già era stato rilevato anche dal giudice dell'esecuzione, non era affatto un atto dispositivo di possibile pregiudizio ai creditori ma il semplice esercizio di diniego della facoltà di rinnovo, che è scelta che invece persegue anche un interesse dei creditori (posto che lo stesso giudice dell'esecuzione aveva autorizzato il custode ad intimare disdetta, sula scorta dei contratti precedenti, in assenza di registrazione dell'ultimo). Quanto alle ragioni della disdetta alla prima scadenza, il Tribunale - affrontando un tema sovente motivo di aspro contenzioso - ritiene del tutto lecita la disdetta inviata, respingendo come infondate le eccezioni di genericità, inverosimiglianza e di assenza di licenza ed esperienza della locatrice nello specifico settore commerciale indicato nella comunicazione diretta al conduttore. A tal proposito, richiama taluni punti paradigmatici che appaiono di estremo interesse generale, travalicando il mero dato processuale della contesa cui si riferiscono: la giurisprudenza (ex multis, Trib. Salerno 26 ottobre 2007; Cass. civ., sez. III, 14 settembre 2007, n. 19223) ha più volte sottolineato come per la validità del diniego di rinnovazione sia sufficiente il riferimento (non per mero generico richiamo ma con indicazione della specifica attività, Trib. Ravenna, 6 maggio 2019, n. 451) ad uno dei motivi tassativamente previsti dall'art. 29, l. n. 392/1978, non essendo invece necessario che sia dettagliatamente descritta la particolare attività che si intende svolgere nell'immobile, in quanto il comma 4 del citato art. 29, l. n. 392/1978 non introduce un onere di specificazione descrittiva nell'ambito del motivo indicato. Nella pronuncia milanese, si evidenzia inoltre come, per la validità della disdetta, sia necessario che la destinazione indicata dal locatore sia realizzabile, ossia che essa sia attuabile in futuro, in base ad una valutazione prognostica che riguarda l'epoca della scadenza contrattuale e non l'attualità, poiché la legge prevede, per la legittimità della disdetta, la indicazione di una intenzione, non anche che la sua attuazione sia in corso (circostanza peraltro impossibile da realizzarsi, poiché al momento della disdetta l'immobile è ancora nella detenzione del conduttore). Osserva ancora il giudice che, al momento in cui è stata inviata la disdetta la locatrice, aveva già presentato istanza di conversione nel procedimento esecutivo, di talché l'intenzione appariva - ex ante - anche praticamente e giuridicamente realizzabile al momento del rilascio, mentre di alcun rilievo può essere l'oggetto sociale o la mancanza di esperienza nello specifico settore, poiché è sufficiente l'intenzione del locatore di dar corso all'attività preannunciata e non già anche la sua possibilità di successo. Osservazioni
La sentenza del Tribunale di Milano appare convincente e mostra un adeguato ed equilibrato apprezzamento delle ragioni e della condotta del locatore in un contesto in cui spesso la giurisprudenza, ritenendo il conduttore la parte debole del rapporto, finisce per cedere acriticamente alla prioritaria esigenza delle istanze abitative o lavorative (si pensi, per le prime, alla prassi della concessione tout court del termine ex art. 55, l. n. 392/1978, di fatto istituzionalizzata in molti Tribunali, senza alcuna valutazione degli elementi addotti dal richiedente e senza una seria valutazione prognostica circa le probabilità o possibilità di adempimento nel termine concesso). Se non vi è dubbio che le esigenze abitative e la disponibilità del bene ove si esercita la propria attività lavorativa integrino parametri di rango costituzionale, non va tuttavia dimenticato che oggi - specie negli sfratti per morosità, a fronte anche della inevitabile lunghezza e farraginosità della fase esecutiva - il soggetto che finisce per sopportare i pesi economici di un sistema inefficiente finisce per essere il locatore.
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