Costi pluriennali rettificabili anche sugli esercizi successivi a quello di appostamento a bilancio: decadenza “allungata” per il Fisco

31 Marzo 2021

In tema di accertamento, nel caso di contestazione di un componente di reddito ad efficacia pluriennale per ragioni diverse dall'errato computo del singolo rateo dedotto e concernenti il fatto generatore ed il presupposto costitutivo di esso, la decadenza dell'Amministrazione finanziaria dalla potestà di accertamento va riguardata, ex art. 43 d.P.R. n. 600/1973, in applicazione del termine per la rettifica della dichiarazione nella quale il singolo rateo di suddivisione del componente pluriennale è indicato, non già in applicazione del termine per la rettifica della dichiarazione concernente il periodo di imposta nel quale quel componente sia maturato o iscritto per la prima volta in bilancio.
Massima

In tema di accertamento, nel caso di contestazione di un componente di reddito ad efficacia pluriennale per ragioni diverse dall'errato computo del singolo rateo dedotto e concernenti il fatto generatore ed il presupposto costitutivo di esso, la decadenza dell'Amministrazione finanziaria dalla potestà di accertamento va riguardata, ex art. 43 d.P.R. n. 600/1973, in applicazione del termine per la rettifica della dichiarazione nella quale il singolo rateo di suddivisione del componente pluriennale è indicato, non già in applicazione del termine per la rettifica della dichiarazione concernente il periodo di imposta nel quale quel componente sia maturato o iscritto per la prima volta in bilancio.

Il caso

La vicenda di specie trae origine dalla notifica a carico di un intermediario finanziario (ritenuto stabile organizzazione in Italia di società olandese) di un avviso di accertamento – per IRES ed IRAP 2004 – relativamente alla quota di un nono della svalutazione su credito maturato dalla branch per finanziamenti erogati alla casa madre (ed ascrivibili solo nei limiti della quota figurativa del patrimonio di vigilanza).

La contribuente ha impugnato l'atto impositivo eccependo, tra l'altro, l'intervenuta decadenza del Fisco per non aver rettificato la svalutazione del credito nel periodo d'imposta in cui per la prima volta la posta passiva compariva a bilancio, donde la ritenuta impossibilità di rettificare i ratei delle annualità successive basati sul medesimo presupposto costitutivo.

Le doglianze sono state accolte sia dalla CTP che dalla CTR: per entrambi i giudici di merito la pretesa dell'Amministrazione era illegittima per effetto del mancato disconoscimento, nei termini, dell'iniziale appostazione della svalutazione pluriennale nel bilancio 2003 della stabile organizzazione; in particolare, secondo la CTR l'Ufficio avrebbe potuto soltanto verificare che la quota dedotta non eccedesse il rateo costante consentito (nella specie un nono).

L'Agenzia ha perciò proposto ricorso per cassazione sostenendo – come già affermato da Cass. civ., Sez. V, n. 15178/2010 – che l'Ufficio non è obbligato a disconoscere subito il costo spalmato su più esercizi, trattandosi non già di “onere” la cui mancata osservanza preclude il recupero d'imposta per le annualità successive, ciascuna connotata, ex art. 7 TUIR, da autonoma rilevanza.

La sezione tributaria della Cassazione, data la rilevanza pratica del problema concernente non solo la svalutazione di crediti ma ogni fattispecie reddituale ad efficacia pluriennale – non sempre affrontato con soluzioni perfettamente aderenti alla questione (Cass. civ., Sez. trib., n. 9834/2016 in tema di obbligo di conservazione di scritture contabili; Cass. civ., Sez. trib., n. 15178/2010, cit.; Cass. civ., Sez. trib., n. 3304/2009 e Cass. civ., Sez. trib., n. 25689/2007, entrambe relative a quota di ammortamento dell'avviamento) ovvero (ritenute non più) condivisibili (v. Cass. civ., Sez. trib., n. 9993/2018) – con ordinanza n. 10701/2020 ha rimesso gli atti al Primo Presidente ravvisando i presupposti per un intervento nomofilattico su questione di massima di particolare importanza ex art. 374, comma 2, c.p.c.

Il Supremo collegio ha accolto il ricorso agenziale, cassando con rinvio la sentenza della C.T.R.

La questione

Le Sezioni Unite civili della Cassazione sono state chiamate a decidere sui termini di decadenza della contestazione di un componente reddituale pluriennale e in particolare: «se la decadenza dalla potestà impositiva dell'Amministrazione finanziaria, che intenda contestare una svalutazione dei crediti risultanti in bilancio e, più in generale, un componente di reddito ad efficacia pluriennale per ragioni che non dipendono dal mero errato computo del singolo rateo di esso, si determini con il decorso del termine per la rettifica della dichiarazione dove è indicato il singolo rateo in cui il componente reddituale pluriennale è suddiviso, ovvero con il decorso del termine per la rettifica della dichiarazione relativa al periodo d'imposta in cui il componente reddituale pluriennale è maturato ed è stato iscritto per la prima volta in bilancio».

La questione – di natura procedurale – si appunta sull'art. 43 d.P.R. n. 600/1973 (i cui termini sono stati modificati col D.Lgs n. 128/2015) e coinvolge due profili, diversamente interpretabili:

  • il principio dell'autonomia di ciascuna annualità solare di imposta (art. 7, comma 1, T.U.I.R.), il quale, se interpretato sul piano sostanziale, non è dirimente ai fini della contestabilità di un componente reddituale pluriennale, dovendosi il termine decadenziale valutarsi con riferimento al periodo di imposta cui si riferisce la dichiarazione rettificata, donde l'irrilevanza dell'inerzia dell'Ufficio relativamente alla dichiarazione resa per i periodi di imposta precedenti contenente la medesima posta (così, da ultimo, Cass. civ., Sez. V, n. 14999/2020 in tema di ammortamento);
  • la regola processuale dell'efficacia espansiva del giudicato esterno su fatti aventi “efficacia permanente o pluriennale” (su cui vedi Cass. civ., Sez. V, n. 21824/2018; Cass. civ., Sez. V, n. 21395/2017; Cass. civ., Sez. V, n. 4832/2015), la quale mira ad evitare divergenti accertamenti di tali fatti nei diversi periodi d'imposta.

Autonomia ed annualità dei periodi d'imposta sono i fattori interpretativi “chiave” per la soluzione del problema affrontato dal giudice nomofilattico.

Le soluzioni giuridiche

Il Collegio allargato di legittimità ha offerto una soluzione unitaria al problema giuridico posto dall'ordinanza di rimessione, valevole sia con riferimento alle fattispecie in cui la diluizione negli anni del componente reddituale risponde ad un'operazione di pura ripartizione matematico-finanziaria dell'onere, sia a quelle in cui è richiesta per ogni singolo anno una nuova valutazione che adegui la rata di competenza all'evolversi di una determinata situazione fattuale considerata dalla legge fiscalmente rilevante.

La motivazione del giudice nomofilattico si impernia sulla periodizzazione annuale dell'imposta (e della relativa dichiarazione), che si riflette anche sull'accertamento (da notificare, “a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione": art.43 d.P.R. 600/1973). Anche l'accertamento – cadenzano le Sezioni unite civili – si “rinnova” di anno in anno e siccome il reddito verificato costituisce un dato complessivo unitario costituente l'esito dell'interdipendenza di una molteplicità di voci rilevanti, la sua verifica non «si presta ad essere limitata a taluni componenti soltanto, con la salvezza di altri (quelli pluriennali) che, in ipotesi, non siano stati sottoposti a verifica negli anni precedenti; altrimenti, si verrebbe ad introdurre un limite di accertabilità, non solo temporale ma anche contenutistico, di cui non vi è riscontro nella legge».

Da ciò consegue che l'accertamento deve essere possibile, su ogni annualità, anche con riguardo al fatto costitutivo dell'elemento pluriennale dedotto e non soltanto alla correttezza della singola quota annuale di deduzione. Il che equivale ad affermare che la definitività, in conseguenza del mancato accertamento, della dichiarazione di prima emersione del componente pluriennale non porta con sé il diverso effetto della “preclusività” di sindacato per un periodo successivo.

Pertanto, il Fisco non ha l'“obbligo”, sancito da decadenza o preclusione, di contestare il componente pluriennale fin dalla sua prima dichiarazione, ma solo la “facoltà” di farlo per rettificare comportamenti e scelte del contribuente ritenute non corrette.

Quanto, poi, alla (pretesa) preclusione del giudicato ultrannuale (art. 2909 c.c.) essa – precisa il Supremo Collegio – attiene al merito dell'imposizione, cioè alla sussistenza o insussistenza sostanziale dei suoi presupposti fattuali o di qualificazione giuridica, non già alla potestà accertativa dell'Ufficio, ostando infatti quel giudicato non all'accertamento in sé, ma ad un suo determinato esito sul fondo della pretesa. In sostanza, l'intangibilità potrebbe scattare soltanto con un giudicato che attesti la legittimità dell'operazione contabile.

Osservazioni

La sentenza in commento ha importanti ricadute di ordine pratico: alla luce dei principi di diritto affermati dal giudice nomofilattico, il contribuente sarà tenuto a conservare la documentazione giustificativa della spesa iniziale anche dopo moltissimo tempo dal “fattore generatore” e dal “presupposto costitutivo”, dovendo comprovare, in caso di contestazione e recupero magari dell'ultima quota, la deduzione spalmata in più anni.

Si pensi al cd. superbonus del 110%, per il quale è prevista la detrazione fiscale quinquennale, in rate costanti, dei costi sostenuti per l'efficientamento energetico degli edifici, la prevenzione sismica, l'installazione di impianti fotovoltaici e di colonnine di ricarica di veicoli elettrici (v. artt. 119 ss. D.L. n. 34/2020, conv., con modif., in L. n. 77/2020): l'Agenzia, benché decaduta dall'accertamento sul primo anno di imposta nel quale il contribuente abbia sostenuto le spese iniziali, potrà sempre recuperare, in rettifica, le quote dei periodi successivi.

In concreto potrebbe persino accadere, a seconda della durata della dilazione, che l'elemento pluriennale venga contestato addirittura dopo il decorso del termine massimo decennale di tenuta obligatoria delle scritture ex art. 2222 c.c. e art. 8, comma 5, L. n. 212/2000 (nel senso che il contribuente, come affermato da Corte Cost. n. 280/2005, non può essere esposto all'azione del Fisco per un periodo eccessivamente dilatato, v. Cass. civ., Sez. V, n. 9993/2018).

Sul punto il Giudice nomofilattico – che pure si è fatto carico del problema (§ 4.8) – esclude che la rassegnata soluzione leda le posizioni giuridiche del contribuente sotto il duplice profilo dell'affidamento (v. art. 10 L. n. 212/2000) e dei limiti all'obbligo di conservazione della documentazione probatoria relativa.

Secondo il plenum di Piazza Cavour, posto che tutte le volte in cui viene riportato in dichiarazione il componente di reddito plriennale ne vengono al contempo richiamati e riutilizzati tutti i fatti presupposti e gli elementi costitutivi, «può ben dirsi che quando l'Ufficio operi la rettifica della dichiarazione in cui è riportata la singola quota, tale rettifica non incide in alcun modo, in pregiudizio del contribuente, sulla dichiarazione dell'anno di primo riporto ovvero su quelle successive già decadute. Il che rendere evidente – per la Corte regolatrice – come, in tal caso, non venga affatto attribuito all'Amministrazione (con rispettiva soggezione del contribuente) un potere di controllo per un tempo indeterminato, così da violare quanto prescritto dal giudice delle leggi» (Corte Cost. n. 280/2005).

Una volta stabilito che la deduzione dell'elemento pluriennale in ogni singola annualità di imposta espone il contribuente alla potestà di accertamento del Fisco indipendentemente dalla decadenza nella quale quest'ultima sia incorsa sulle annualità pregresse, non pare inesigibile alla Corte - proprio in ottica, anche questa statutaria, di affidamento e reciproca collaborazione - «che il contribuente sia onerato della diligente conservazione delle scritture, non sine die, ma fino allo spirare del termine di rettifica (anche se ultradecennale) dell'ultima dichiarazione accertabile. Tanto più considerato che si verte di dichiarazione nella quale quella documentazione è stata dal contribuente stesso necessariamente utilizzata e richiamata a giustificazione della deduzione di rata».

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