Se sono necessari lavori di manutenzione/riparazione, il condomino deve consentire al condominio l'accesso nel proprio immobile
04 Aprile 2022
Massima
L'amministratore di condominio, che opera in regime di prorogatio, è legittimato ad esperire azione contro un condomino al fine di ottenere l'accesso nell'immobile di proprietà di questi, per consentire al condominio di eseguire i necessari lavori per la manutenzione della colonna di scarico. Il caso
Dinanzi al Tribunale di Catania, un Condominio conveniva in giudizio un condomino affinchè consentisse l'accesso nell'immobile di sua proprietà, al fine di far eseguire, da lì, dei lavori necessari alla manutenzione della colonna di scarico condominiale, a causa di lamentate infiltrazioni di umidità provenienti da essa nell'appartamento di un'altra condomina. Il convenuto - il cui appartamento sovrastava parzialmente quello della condomina proprio nella parte danneggiata - si costituiva in giudizio contestando il ricorso e chiedendo la condanna del Condominio per lite temeraria. Sosteneva che il giudizio era stato proposto da persona che non rivestiva la qualifica di amministratore del condominio - essendo la nomina formale avvenuta nel 2014 - e che, dunque, difettava dei relativi poteri per proporre la causa. Durante il giudizio, con consulenza tecnica si accertava che nell'appartamento del convenuto, in corrispondenza della parte danneggiata della condomina, era posizionata la colonna di scarico proveniente dal proprio servizio igienico. Il CTU riteneva, pertanto, che fosse assolutamente necessario transitare nell'appartamento del resistente per eseguire i lavori di riparazione. La questione
Si trattava di verificare se, nel caso in esame, esistono le condizioni per il Condominio di ottenere l'accesso nell'immobile del convenuto, al fine di consentire le operazioni sulla colonna di scarico condominiale, volte ad eliminare le infiltrazioni all'immobile di altra condomina. Le soluzioni giuridiche
La III Sezione civile del Tribunale di Catania accoglie il ricorso, ordinando al condomino di consentire l'accesso nell'immobile di sua proprietà al fine di permettere al Condominio di eseguire i lavori necessari per la manutenzione della colonna di scarico. Stabilisce, altresì, che, qualora non ci sia lo spontaneo adempimento da parte del convenuto, l'ufficiale giudiziario, su istanza dell'avente diritto, possa provvedere all'attuazione coattiva dell'ordinanza emessa. Osservazioni
Giova, in primo luogo, rammentare che l'orientamento dottrinale maggioritario inquadra il rapporto tra l'amministratore di condominio d i condomini nell'ambito della figura contrattuale del mandato con rappresentanza (Cass. civ., sez. un., 8 aprile 2008, n. 9148; Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2006, n. 7498; Trib. Benevento 9 dicembre 2008, n. 2056). Più precisamente, l'amministratore raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, le cui attribuzioni sono tuttavia circoscritte a quelle stabilite dall'art. 1130 c.c. Egli ha, dunque, il potere di impegnare i condomini nei limiti di tali attribuzioni o in esecuzione di specifiche delibere assembleari (Trib. Bari 12 novembre 2008, n. 2623; Cass. civ., sez. II, 16 agosto 2000, n. 10815). Lo stesso comma 15 dell'art. 1129 c.c. ritiene applicabile, per quanto non disciplinato dall'articolo, le disposizioni dettate in tema di mandato. Fino al 2012 - anno in cui è intervenuta la riforma della disciplina del condominio con la legge n. 220/2012 (“Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”) - ai sensi dell'art. 1129 c.c., allora articolato in soli quattro commi, la durata in carico dell'amministratore era fissata in un anno, con la possibilità per questi di essere revocato in ogni tempo dall'assemblea. Decorso questo periodo di tempo egli si considerava cessato dal proprio incarico, proseguendo in prorogatio fino alla sua riconferma o revoca, salvo il diritto di ogni condomino, nell'ipotesi di mancata conferma alla prima assemblea utile, di ricorrere all'autorità giudiziaria per la nomina giudiziale dell'amministratore. In seguito alla novella legislativa, l'attuale art. 1129 c.c. (articolato non più in quattro, bensì in sedici commi), nella prima parte del comma 10, prevede, con formulazione un po' equivoca, che l'incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. Al riguardo, successivamente alla riforma si sono affermati orientamenti giurisprudenziali oscillanti. Da una parte (Trib. Milano 7 ottobre 2015; Trib. Taranto 10 dicembre 2015; Trib. Roma 10 marzo 2016; Trib. Reggio Calabria 5 maggio 2015) si è finito per riconoscere l'automaticità solo della prima rinnovazione, senza che sia necessario porre all'ordine del giorno la conferma o il rinnovo: in tal caso l'incarico cesserebbe in maniera automatica allo scadere del secondo anno. C'è poi un altro orientamento secondo il quale il novellato art. 1129, comma 10 c.c. ribadisce la durata annuale dell'incarico dell'amministratore di condominio, stabilendo, inoltre, in assenza di revoca, l'automaticità della sua rinnovazione alle medesime condizioni contrattuali, non soltanto in occasione della scadenza del termine del primo anno, bensì di anno in anno senza interruzioni e, conseguentemente, senza necessità di deliberazioni assembleari sulla conferma (Trib. Bologna 29 marzo 2018; Trib. Bologna, 20 settembre 2018; App. Venezia 14 gennaio 2015). Il Tribunale catanese, nell'accogliere il ricorso del Condominio, segue questa seconda soluzione, che risulta essere aderente alla prassi instaurata dai condomini. Per il giudice siciliano, l'amministratore ha agito in regime di prorogatio, nell'interesse del Condominio alla continuità dell'amministrazione. L'amministratore, dunque, era legittimato attivamente ad esercitare l'azione in esame, contrariamente a quanto sostenuto dal convenuto, il quale eccepiva l'inammissibilità del ricorso per mancanza di nomina dell'amministratore e inesistenza della procura. Pur non volendosi addentrare nella questione, ad avviso di chi scrive, il dato normativo non sembra far propendere per una rinnovazione perpetua dell'incarico conferito all'amministratore: diversamente potrebbe ragionarsi nel caso in cui il legislatore avesse specificato nella norma che il suddetto incarico sia da intendersi rinnovato per uguale durata fino alla revoca del mandato. Questa costruzione interpretativa, tuttavia, verrebbe a svilire e a cozzare con quanto disposto dall'art. 1135, n. 1), c.c. - disposizione non modificata dalla legge n. 220/2012 rispetto alla formulazione precedente - che prevede espressamente, tra le attribuzioni dell'assemblea dei condomini, quella di provvedere alla “conferma dell'amministratore e all'eventuale sua retribuzione”. Sarebbe stato sicuramente preferibile che il legislatore avesse statuito chiaramente che l'incarico dell'amministratore dura un anno, rinnovandosi alla prima scadenza tacitamente per un ulteriore anno, fatta salva un'eventuale diversa decisione assembleare. Il Tribunale etneo, dopo aver affrontato sommariamente la questione del rinnovo dell'incarico dell'amministratore e aver sostenuto, conseguentemente, la legittimazione attiva dello stesso, giunge a ritenere applicabile, al caso in esame, la disposizione dell'art. 843 c.c. -dettata in materia di accesso al fondo - che, al primo comma, prevede il dovere del proprietario di permettere l'accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessità, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune. Applicando la disposizione alla fattispecie in esame, dunque, il proprietario di un appartamento, situato in edificio condominiale, soltanto nell'ipotesi in cui siano necessarie riparazioni alle parti comuni è tenuto a concedere il passaggio a chi deve provvedervi. Ai fini del riconoscimento della necessità di cui l'art 843 c.c., il giudice del merito deve procedere ad una valutazione della situazione dei luoghi, per accertare se la soluzione prescelta, ossia l'accesso e passaggio per un determinato fondo altrui, sia l'unica possibile o, tra più soluzioni, sia quella che consente il raggiungimento dello scopo con minor sacrificio sia di chi chiede il passaggio, sia del proprietario del fondo che deve subirlo. Ne consegue, dunque, che ove egli pervenga alla conclusione che il richiedente possa procurarsi aliunde l'invocato passaggio, con disagi e costi quanto meno pari a quelli che subirebbe il proprietario del fondo che dovrebbe subire il passaggio stesso, deve escludersi la sussistenza del requisito della necessità. Nel caso sottoposto al suo esame, il giudice siciliano, a seguito di ispezione svolta dal CTU e sovrapponendo le planimetrie catastali dei due appartamenti, ha accertato che nell'immobile del convenuto, in corrispondenza della zona danneggiata, si trova lo scarico del servizio igienico dello stesso. Pertanto, si è giunti alla conclusione della necessità assoluta di accedere nell'appartamento del resistente per eseguire i lavori che si reputano necessari per eliminare i danni attuali ed evitarne ulteriori. Sussiste ad avviso del Tribunale sia il periculum in mora - costituito dal pericolo del protrarsi del nocumento che comporta un indebolimento delle strutture-, sia il fumus boni iuris, ossia la verosimile esistenza del diritto fatto valere e a cautela del quale si invoca il rilascio della misura. In definitiva, sussistendo il requisito della necessità, il condomino deve non soltanto consentire l'accesso nella propria abitazione, ma altresì evitare, col proprio comportamento ostruzionistico, la dilatazione dei tempi di esecuzione dei lavori, che può provocare un aggravio dei danni e delle conseguenze. Riferimenti
Belli, La conferma tacita dell'incarico conferito all'amministratore di condominio alla prova della giurisprudenza di merito verso la renovatio imperii?, in Contratti, 2019, fasc. 2, 150; Gatto, Il rinnovo automatico dell'incarico di amministratore, in Condominioelocazione.it, 29 agosto 2018; Voi, Il rinnovo dell'incarico dell'amministratore di condominio alla scadenza annuale del mandato, in Immob. & proprietà, 2015, fasc. 8-9, 489; Bordolli, Il problema dell'accesso nella proprietà esclusiva del singolo condomino ex art. 843 c.c., in Immob. & proprietà, 2021, fasc. 6, 348. |