Riforma Cartabia ed estensione della tenuità del fatto: retroattivo anche il criterio della condotta susseguente

08 Settembre 2023

La questione esaminata dalla sentenza annotata involge, nei processi pendenti per reati commessi prima dell'entrata in vigore della riforma Cartabia, il mutato ambito di operatività della clausola della tenuità del fatto con specifico riguardo alla sopravvenuta rilevanza anche delle condotte post factum.

Massima

Ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, per effetto della novellazione in senso estensivo dell'art. 131-bis c.p. ad opera dell'art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma Cartabia) acquista rilievo nei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della modifica relativi a reati commessi in precedenza, anche la condotta dell'imputato successiva alla commissione del reato, che, tuttavia, non potrà, di per sé sola, rendere di particolare tenuità l'offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell'ambito del giudizio complessivo sull'entità dell'offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all'art. 133, comma primo, c.p.

Il caso

Il locale tribunale condannava un imputato, ritenuto responsabile di una contravvenzione antinfortunistica, alla pena di 2.000 euro di ammenda, previa esclusione dell'invocata causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto sulla base di due argomenti: il giudice di prime cure, da un lato, pur dando atto dell'eliminazione della violazione nel corso dell'accesso ispettivo, individuava, quale elemento ostativo, il mancato pagamento dell'oblazione; dall'altro, appurava che, nel caso in esame, il fatto-reato aveva effettivamente leso o messo in pericolo l'incolumità dei lavoratori.

Avverso la sentenza di condanna il difensore dell'imputato proponeva ricorso per cassazione denunciando la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p. ed il vizio di motivazione in relazione all'art. 131-bis c.p., avendo il primo giudice erroneamente valutato il mancato pagamento dell'oblazione, trattandosi di condotta post delictum, estranea alla sfera operativa della causa di non punibilità (nella formulazione vigente ante riforma Cartabia); inoltre, non avrebbe apprezzato tutti gli elementi del caso concreto, quale il concorso di colpa ascrivibile ai lavoratori.

Nelle more del giudizio di legittimità, entrava in vigore il d.lgs. n. 150/2022 che, all'art. 1, comma 1, lett. c), ha modificato in senso estensivo la formulazione dell'art. 131-bis c.p. dando rilievo – per quel che qui rileva – anche alla condotta susseguente al reato ai fini della valutazione del carattere di particolare tenuità dell'offesa.

La Suprema corte, in accoglimento dei motivi di ricorso, ritenutane la fondatezza, ha giudicato la motivazione sul diniego dell'art. 131-bis c.p. manifestamente illogica, posto che l'avvenuto pagamento dell'oblazione avrebbe addirittura determinato l'estinzione del reato, essendo all'evidenza elemento del tutto inconferente ai fini della valutazione della (non) gravità dell'offesa, mentre la lesione (o messa in pericolo) del bene tutelato sono elementi fondanti qualsivoglia illecito penale, dunque agli stessi non può attribuirsi valenza ostativa.

La Cassazione ha dunque ha annullato la sentenza impugnata (non già con rinvio al locale tribunale limitatamente alla negata applicabilità dell'art. 131-bis c.p., bensì) senza rinvio per essersi frattanto il reato estinto per prescrizione: declaratoria che prevale sull'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, in quanto essa, giacché determina l'estinzione del reato, rappresenta un esito più favorevole per l'imputato, mentre la seconda lascia inalterato l'illecito penale nella sua materialità storico-giuridica (v. Cass. pen., sez. VI, n. 11040/2017; Cass. pen., sez. III, n. 27055/2015).

La questione

Il nuovo art. 131-bis c.p., come modificato in senso ampliativo dall'art. 1, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 150/2022, nell'ottica di decongestionamento “in uscita” del carico giudiziario, aggancia anzitutto lo sbarramento “orizzontale” della speciale causa di non punibilità non più sul massimo edittale di (cinque anni di) pena detentiva, bensì sul minimo di comminatoria di ciascun reato pari o inferiore a due anni cosicché, ferme le eccezioni già previste nei quali l'offesa non può mai essere ritenuta di particolare tenuità e le deroghe di nuovo conio (che, nominatim, correggono il nuovo criterio generale basato sul minimo edittale e sono applicabili irretroattivamente), si è notevolmente allargato lo spettro di applicazione dell'art. 131-bis c.p. anche a reati in precedenza esclusi quoad poenam. Inoltre, con particolare riferimento ai parametri di valutazione del carattere di particolare tenuità dell'offesa, il legislatore delegato del 2022, in conformità al pertinente criterio di delega (v. art. 1, comma 21, legge n. 134/2021: «[…] b) dare rilievo alla condotta susseguente al reato ai fini della valutazione del carattere di particolare tenuità dell'offesa»), ha previsto che il giudice debba considerare non solamente gli indicatori rivolti al “passato” o al “presente” rispetto al momento di commissione del reato, ma anche quelli concernenti ciò che è accaduto dopo quel momento (art. 131-bis, nuovo comma 1, c.p.: «anche in considerazione della condotta susseguente al reato»)

La novella è entrata definitivamente in vigore il 30 dicembre 2022 (art. 99-bis del d.lgs. n. 150/2022, come aggiunto dall'art. 6 del d.l. n. 162/2022, convertito, con modificazioni, in legge n. 199/2022), sicché, in assenza di una disposizione di diritto transitorio, si pone anzitutto il problema dell'eventuale retroattività da riconoscere pure alla parte della nuova disposizione che prevede la possibilità per il giudice di tenere conto delle condotte post factum; in secondo luogo, occorre riflettere sulla valenza da riconoscere al nuovo parametro.

La condotta susseguente al reato è apprezzabile ai fini dell'applicazione del (riformulato) art. 131-bis, comma 1, c.p. solo rispetto ai reati commessi successivamente al 30 dicembre 2022? Oppure, in quanto concerne un presupposto applicativo di un istituto di diritto penale sostanziale, vale anche per i reati commessi prima dell'entrata in vigore della riforma Cartabia?

Ancora, la condotta susseguente può, per sé sola, rendere tenue l'offesa?

Al contrario, può essere valorizzata per escludere l'esiguità di un'offesa originariamente tenue?

E, infine, quali sono le condotte post factum in concreto apprezzabili come “indici-spia” della tenuità dell'offesa o, al contrario, della sua gravità?

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in rassegna si sofferma sulle novità introdotte nell'art. 131-bis, comma 1, c.p. dalla riforma Cartabia soffermandosi, in particolare, sul parametro (nuovo a questi fini esimenti) della“condotta susseguente al reato”.

La Cassazione ribadisce anzitutto l'applicazione retroattiva della novella- in quanto norma afferente un istituto di diritto penale sostanziale agli effetti dell'art. 2, comma 4, c.p. (cfr. Cass. pen., sez. un., n. 13681/2016) – nelle due parti in cui ha ampliato la portata della causa di non punibilità, realizzata attraverso:

  1. l'estensione quoad poenam ai delitti puniti con pena detentiva non superiore a due anni e
  2. la rilevanza della condotta post factum ai fini della “misurazione” dell'offesa.

Quest'ultimo profilo era stato solo accennato nel primo arresto di legittimità intervenuto in subiecta materia all'indomani dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022 (Cass. pen., sez. VI, n. 7573/2023, qui commentata da A. Natalini, Riforma Cartabia ed estensione della particolare tenuità del fatto: le modifiche di favore sono applicabili retroattivamente, in IUS Penale (ius.giuffrefl.it)): ora, invece, viene specificamente affrontato dai Supremi giudici, nell'ambito di una vicenda fattuale in cui assumeva precipua rilevanza la considerazione, ai fini della valutazione della (non) gravità dell'offesa, della condotta susseguente al reato (nella specie, il mancato pagamento dell'oblazione, erroneamente valutato dal decidente per negare l'invocata esimente).

A livello intertemporale, con l'odierno arresto – e con i successivi conformi (Cass. pen., sez. I, n. 20279/2023; Cass. pen., sez. III, n. 30515/2023; Cass. pen., sez. III, n. 30947/2023) – è ormai pacifico che, in quanto “servente” rispetto ad una norma di diritto sostanziale, il nuovo parametro di valutazione della tenuità dell'offesa alla luce della condotta susseguente al reato si applica anche retroattivamente ai procedimenti in corso per reati commessi prima del 30 dicembre 2022

Dunque, per effetto dell'intervenuta modifica all'art. 131-bis, comma 1, c.p., d'ora in poi – ma anche per le vicende pregresse, precisa la decisione in rassegna (in continuità con Cass. pen., sez. VI, n. 7573/2023 cit.) e le successive conformi: Cass. pen., sez. I, n. 20279/2023fattispecie in materia di infortuni sul lavoro in cui la condotta successiva dell'imputato era consistita nell'adeguamento dei macchinari alle prescrizioni della Asl e nella predisposizione di un sistema di sicurezza aggiuntivo; Cass. pen., sez. III, n. 30515/2023) – il giudice dovrà tener conto (anche) della condotta post delictum.

Per effetto dello ius novum si supera definitivamente il pregresso orientamento giurisprudenziale – peraltro già “affossato” dal giudice nomofilattico all'indomani della legge-delega n. 134/2021, prima ancora del varo del d.lgs. n. 150/2022 (v. Cass. pen., sez. un., n. 18891/2022) – secondo il quale, ai fini della declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto, era irrilevante, in quanto non tipizzato, il comportamento “postumo” tenuto dal reo, atteso che l'art. 131-bis, comma 1, c.p. (nella previgente formulazione) correlava l'esiguità del disvalore ad una valutazione congiunta delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile, dell'entità del danno o del pericolo, da apprezzare in relazione ai soli profili di cui all'art. 133, comma 1, c.p., quindi coevi al momento di consumazione del reato, e non invece con riguardo a quelli, indicativi di capacità a delinquere, di cui al comma 2, includenti la condotta susseguente al reato (Cass. pen., sez. V, n. 660/2019; Cass. pen., sez. III, n. 893/2017).

Quanto al valore da attribuire alle condotte susseguenti ai fini della “misurazione” del grado dell'offesa, già l'Ufficio del massimario della Cassazione in sede di commento, a prima lettura, del d.lgs. n. 150/2022, richiamando sul punto la relazione illustrativa, aveva rilevato come la congiunzione «anche», che apre l'inciso immediatamente successivo al rinvio contenuto all'art. 133, comma 1, c.p., evidenzia come la condotta susseguente al reato rilevi, al pari e in aggiunta agli altri criteri di cui alla citata disposizione codicistica, come uno degli indici di valutazionedell'esiguità del danno o del pericolo e delle modalità della condotta, cioè degli parametri dai quali, congiuntamente, continua a dipendere la tenuità dell'offesa. Con la conseguenza che «le condotte post delictum non potranno di per sé sole rendere l'offesa di particolare tenuità – dando luogo a una esiguità sopravvenuta di un'offesa in precedenza non tenue – ma potranno essere valorizzate nel complessivo giudizio di tenuità dell'offesa, che, dovendo tener conto delle modalità della condotta (contemporanea al reato), ha come necessario e fondamentale termine di relazione il momento della commissione del fatto: la condotta contemporanea al reato e il danno o il pericolo con essa posto in essere» (in termini Ufficio del massimario della Cassazione, relazione su novità normativa n. 68/2022, § 15).

Ora la Cassazione – con la sentenza in commento (e la successiva conf. Cass. pen., sez. III, n. 28031/2023)– fa propria questa stessa lettura “ancillare” incorporandola in motivazione, ove giustappunto puntualizza che la condotta susseguente al reato acquista rilievo, nella riformata disciplina dell'art. 131-bis c.p., «non come esclusivo e autosufficiente indice-requisito di tenuità dell'offesa», bensì come «ulteriore criterio, accanto a tutti quelli contemplati dall'art. 133, comma 1, c.p.» (ossia la natura, la specie, i mezzi, l'oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell'azione; la gravità del danno o del pericolo; l'intensità del dolo o della colpa): “elementi tutti che, nell'ambito del giudizio complessivo e unitario, il giudice è chiamato a valutare per apprezzare il grado (tenue o meno) dell'offesa.

In breve, la condotta susseguente al reato non potrà, di per sé sola, rendere di particolare tenuità l'offesa che tale non era al momento del fatto, ma può essere valorizzata solo nell'ambito del giudizio complessivo sull'entità dell'offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all'art. 133, comma 1, c.p. (conf. Cass. pen., sez. III, n. 28031/2023: fattispecie relativa ad omesso versamento IVA in cui l'imputato aveva provveduto successivamente all'integrale pagamento rateale del debito erariale; cfr. altresì la coeva Cass. pen., sez. III, n. 28033/2023: fattispecie relativa al reato di cui all'art. 1231 codice navigazione dopo il quale gli imputati si erano dati alla fuga).

Entro tale prospettiva – come già osservato dai Supremi giudici nella loro massima espressione (Cass. pen., sez. un., n. 18891/2022) – le condotte successive al reato ben potranno “integrare nel caso concreto un elemento suscettibile di essere preso in considerazione nell'ambito del giudizio di particolare tenuità dell'offesa, rilevando ai fini dell'apprezzamento dell'entità del danno, ovvero come possibile spia dell'intensità dell'elemento soggettivo” (così Cass. pen., sez. III, n. 20279/2023).

Osservazioni

Si impone un'ultima considerazione – sollecitata dalla sentenza annotata – con riferimento alla portata anche casistica da annettere al parametro in disamina, per capire quali sono in concreto le condotte susseguenti apprezzabili perché possa essere riconosciuta – o, viceversa, negata – la speciale causa di non punibilità.

Giova rilevare come il criterio della «condotta susseguente al reato» sia stato volutamente innestato dal legislatore delegato attraverso un'espressione ampia e scarsamente selettiva allo scopo – si legge nella relazione illustrativa – di «non limitare la discrezionalità del giudice che, nel valorizzare le condotte post delictum, potrà […] fare affidamento su una locuzione elastica ben nota alla prassi giurisprudenziale, figurando tra i criteri di commisurazione della pena di cui all'art. 133, comma 2, n. 3, c.p.» (ibidem, pag. ). La stessa relazione spiega perché ha privilegiato una tecnica redazionale che evitasse un rinvio espresso all'art. 133, comma 2, n. 3, c.p.: posto che nel contesto della disciplina sulla commisurazione della pena la condotta susseguente al reato è uno degli indici da cui desumere la capacità a delinquere del colpevole, occorreva evidenziare che «nel diverso contesto della causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131-bis c.p. la condotta susseguente al reato non viene in considerazione come indice della capacità a delinquere dell'agente, bensì, secondo l'intenzione della legge delega, quale criterio che, nell'ambito di una valutazione complessiva, può incidere sulla misurazione del grado di offesa al bene giuridico tutelato, concorrendo a delineare un'offesa di particolare tenuità. Ciò comporta, tra l'altro, che la condotta susseguente al reato è apprezzabile, rispetto all'art. 131-bis c.p., solo quando concorre alla tenuità dell'offesa e non anche quando, al contrario, aggrava l'offesa stessa».

Dunque, essendosi dato rilievo, con previsione generale ed in piena adesione alla legge delega, alla «condotta susseguente al reato» senza specificare le tipologie di comportamenti riconducibili a questa formula, il giudice – bene scandisce la decisione in esame (ripresa testualmente dalla successiva cfr. Cass. pen., sez. III, n. 28031/2023) – potrà valutare una vasta gamma di condotte definite solo dal punto di vista cronologico-temporale, dovendo essere “susseguenti” al reato e, evidentemente, in grado di incidere sulla misura dell'offesa.

Conclusivamente possono enumerarsi, a fini esimenti, tutte quelle condotte postume che riducono il grado dell'offesa, quali: le restituzioni, il risarcimento del danno, le condotte riparatorie, le condotte di ripristino dello stato dei luoghi, l'accesso a programmi di giustizia riparativa, l'intervenuta eliminazione delle violazioni accertate dagli organi ispettivi (come nel caso in esame e in quello tratto da Cass. pen., sez. III, n. 20279/2023) o l'intervenuto adempimento dell'obbligo tributario mediante integrale pagamento del debito erariale (come nel caso tratto da Cass. pen., sez. III, n. 28031/2023). A queste, la dottrina aggiunge, stante l'ampiezza del dato normativo, anche la condotta processuale del reo.

Specularmente a fini di diniego dell'esimente – come si spiega in un interessante obiter contenuto nella sentenza annotata (v. altresì Cass. pen., sez. III, n. 28031/2023) – rileveranno invece quelle condotte susseguenti che aggravino la lesione (o la messa in pericolo), inizialmentetenue”, del bene protetto.

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