Autonoma organizzazione: non basta la compagine esterna a escluderne l’inesistenza

La Redazione
20 Novembre 2017

I giudici della Cassazione, con l'ordinanza del 17 novembre 2017 n. 27374, hanno ricordato che non può escludersi la sussistenza dell'autonoma organizzazione nel caso in cui il professionista si avvalga di una compagine esterna.

Il giudice di merito non può escludere aprioristicamente la sussistenza di autonoma organizzazione nel caso in cui il professionista si avvalga di una compagine esterna. È quanto affermano i giudici della Cassazione con l'ordinanza del 17 novembre 2017 n. 27374.

Il Fisco aveva ritenuto che il collegamento del professionista con uno studio di fisioterapia fosse indice di una struttura aggiuntiva. Non così per la Corte di Appello, che aveva accolto il ricorso del contribuente.

La CTR aveva escluso la sussistenza del requisito in quanto, secondo i Giudici del merito, “l'aver stabilito un collegamento con uno studio di fisioterapia non significa […] avere dotato la propria organizzazione di una struttura aggiuntiva, che, viceversa, deve ritenersi a sua volta autonoma e bene distinta dall'attività di ortopedico”. Tuttavia, con questa affermazione, il giudice di secondo grado era incorso in errore, omettendo di estendere l'accertamento giudiziale “proprio alla natura, alla struttura ed alla funzione del rapporto giuridico che lega il professionista alla compagine con la quale opera e al ruolo ivi concretamente rivestito rispetto ad essa”.

Infatti, è pur vero che i compensi che un professionista paga ad altri consulenti o esperti non fanno automaticamente scattare anche il pagamento dell'IRAP; il Giudice di merito non può però desumere l'inesistenza dell'autonoma organizzazione solo dal fatto che il professionista si avvalga di una compagine esterna di supporto.

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