Procedimento cautelare “uniforme”

Rosaria Giordano
01 Ottobre 2021

La tutela cautelare è volta ad evitare che la parte che ha ragione subisca, nelle more dell'emanazione della sentenza di merito, un «danno marginale» in ragione della tardività ovvero dell'infruttuosità della tutela ed assume, pertanto, rilevanza costituzionale, ai sensi dell'art. 24 Cost.

Inquadramento

IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE

La tutela cautelare è volta ad evitare che la parte che ha ragione subisca, nelle more dell'emanazione della sentenza di merito, un danno «marginale» in ragione della tardività ovvero dell'infruttuosità della tutela ed assume, pertanto, rilevanza costituzionale, ai sensi dell'art. 24 Cost., nella misura in cui rende effettivo il diritto di ciascuno ad agire in giudizio per la tutela dei propri diritti soggettivi ed interessi legittimi (Corte Cost. 28 giugno 1985, n. 190, in Foro it., 1985, I, 1881, con nota di Proto Pisani).

Caratteri fondamentali dei provvedimenti cautelari sono la strumentalità e la provvisorietà.

In particolare, la strumentalità dei provvedimenti cautelari denota la subordinazione funzionale degli stessi alla garanzia dell'effettività della tutela giurisdizionale ordinaria: l'obiettivo, coerente con l'esigenza di un'effettività della tutela giurisdizionale, è quello di rendere neutra per la parte che ha ragione la necessità di adire il giudice al fine di essere tutelata rispetto a quanto la stessa avrebbe ottenuto nell'ipotesi di adempimento spontaneo (Fazzalari 1991, 4; Merlin 1996, 393 ss.).

In secondo luogo i provvedimenti cautelari sono caratterizzati dalla provvisorietà, ovvero dall'inidoneità a dettare una disciplina irreversibile del rapporto controverso (Proto Pisani 2006, 655).

I presupposti ai quali è subordinata la concessione delle misure cautelari sono il periculum in mora e il fumus boni juris.

Il procedimento cautelare uniforme è stato introdotto dalla l. 353/1990 che, inserendo nel codice di procedura civile gli artt. 669-bis/669-quaterdecies c.p.c. ha dettato una disciplina processuale unitaria in materia di provvedimenti cautelari disciplinati sia dal codice di procedura che dal codice civile e leggi speciali.

Competenza

Ai sensi dell'art. 669-ter c.p.c. la domanda cautelare ante causam si propone al giudice competente a conoscere della causa nel merito. E' stata quindi sancita in via generale la regola della coincidenza tra competenza cautelare e competenza per il merito.

Questione problematica è quella che attiene alla valenza, ai fini della competenza cautelare ante causam, di una clausola di deroga convenzionale della competenza territoriale exartt. 28 – 29 c.p.c., in quanto l'art. 669-ter c.p.c. non precisa se per giudice compente a conoscere del merito – cui va indirizzata anche l'istanza cautelare – deve intendersi quello in astratto competente a decidere del merito ovvero quello a ciò deputato in concreto, magari a seguito di un accordo delle parti volto a derogare alla competenza territoriale.

In particolare, si è osservato, in senso contrario all'operatività della clausola di deroga convenzionale della competenza in materia cautelare, che: a) stante il principio di inderogabilità convenzionale della competenza sancito dall'art. 6 c.p.c. devono considerarsi eccezionali i casi nei quali è possibile una deroga della stessa in forza di un accordo tra le parti (MONTESANO – ARIETA 1991, 124; b) l'art. 28 c.p.c. nella parte in cui pone il divieto di deroga della competenza per territorio in materia di procedimenti cautelari è ancora vigente, in quanto non può considerarsi implicitamente abrogato a seguito dell'introduzione del procedimento cautelare uniforme dal momento che nelle ipotesi in cui il legislatore ha manifestato la volontà di abrogare disposizioni in materia cautelare l'ha fatto espressamente (SIMONELLI 1996, 1487 ss.); c) in ogni caso attribuire la competenza cautelare anteriormente all'instaurazione del giudizio di merito al giudice scelto convenzionalmente dalle parti per siffatto giudizio amplia indebitamente l'oggetto della convenzione tra le stesse che ha invece riguardo soltanto alla deroga della competenza territoriale per la causa di merito (SIMONELLI 1996, 1487 ss.).

In senso contrario si è osservato che: a) in omaggio alla ratio alla base delle disposizioni del procedimento cautelare uniforme, introdotte dalla l. 353/1990, deve sempre essere privilegiata l'interpretazione che favorisca un costante raccordo tra procedimento cautelare e procedimento di merito, ovvero, nella fattispecie in discussione, una coincidenza tra giudice della cautela e giudice del merito (Guarnieri 1992, 299); b) una problematica analoga si era già posta prima della novella del 1990 per i sequestri e sussiste ancora oggi per i provvedimenti di istruzione preventiva e la giurisprudenza è incline a considerare validi, ai fini della proposizione dei ricorsi cautelari ante causam, gli accordi di deroga della competenza territoriale (Vaccarella – Capponi – Cecchella 1992, 355).

Ai sensi dell'art. 669-quater, comma 1, c.p.c. quando già pende la causa di merito la domanda cautelare deve essere proposta al giudice della stessa.

E' discusso, infatti, se il giudice dinanzi al quale pende la causa di merito è per ciò solo competente per il procedimento cautelare, sebbene incompetente in concreto nel merito ovvero se debba essere verificata la concreta competenza per il giudizio di merito.

ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Ai sensi dell'art. 669-quater c.p.c.giudizio pendente per il merito è quello proposto innanzi al giudice effettivamente competente, con la conseguenza che ove il giudice innanzi al quale penda un giudizio di merito si ritenga incompetente, non potrà adottare misure cautelari, in quanto la relativa competenza spetta al giudice innanzi al quale la causa avrebbe dovuto proporsi.

Trib. Napoli 20 aprile 2004, in Foro it., 2005, I, 924 ed in Giur. napoletana, 2004, 224; conf. Trib. S. Maria Capua Vetere 9 febbraio 1999, in Gius, 2000, 67; Trib. Pistoia 20 ottobre 1994, in Foro it., 1994, I, 3215

La pendenza di una causa di merito rende il giudice di quest'ultima competente in via esclusiva per le relative domande cautelari, rendendo irrilevante l'eccepita incompetenza dello stesso anche per il giudizio di merito.

Trib. S. Angelo dei Lombardi 26 febbraio 2004, in Giur. Merito, 2005, n. 4, 829; conf. Trib. Napoli 14 ottobre 1999, in Giur. nap., 1999, 396; Pret. Torino 4 luglio 1997, in Giur. it., 1998, 1406; Pret. Prato 7 dicembre 1994, in Foro it., 1995, I, 1400; Pret. Torre Annunziata 25 maggio 1995, ivi, 1997, 1297.

Ai sensi del secondo comma dell'art. 669-quater c.p.c. se il giudice istruttore non è stato ancora nominato o se il giudizio è sospeso o interrotto, l'istanza cautelare si propone al presidente, il quale provvede a norma dell'ultimo comma dell'art. 669-ter c.p.c., designando il magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento.

Risolvendo espressamente una questione controversa nell'assetto previgente all'introduzione del procedimento cautelare uniforme, il quarto comma dell'art. 669-quater c.p.c. stabilisce che, in pendenza dei termini per proporre l'impugnazione, la domanda si propone al giudice che ha pronunziato la sentenza.

La regola generale della coincidenza tra giudice della cautela e giudice del merito ha alcune significative eccezioni, talvolta sancite dallo stesso art. 669-ter c.p.c., talaltra desumibili da diverse disposizioni normative.

In primo luogo, a norma del secondo co. dell'art. 669-ter c.p.c., quando competente per il merito è il giudice di pace, la domanda cautelare, sia ante causam sia in corso di causa, si propone al tribunale del luogo nel quale ha sede il giudice di pace che dovrà essere adito per il merito.

Specifiche regole sono poi dettate anche per la competenza cautelare, sia ante causam che in corso di causa, quando competente per il merito è un giudice straniero: in tal caso, la domanda cautelare va proposta al giudice competente per materia o valore del luogo nel quale deve essere eseguito il provvedimento cautelare.

Ai sensi dell'art. 669-quinquies c.p.c. se la controversia è oggetto di clausola compromissoria o è compromessa in arbitri, anche non rituali, o se è pendente il giudizio arbitrale, la domanda si propone al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito: tale disposizione si ricollega al divieto per gli arbitri di emanare provvedimenti cautelari, sancito dall'art. 818 c.p.c. (v., con riferimento ad un ricorso ex art. 2409 c.c., qualificato in termini cautelari, Trib. Bologna, 15 marzo 2018, in Societàpiù.it, 30 luglio 2018).

Per altro verso, in sede applicativa si è ritenuto, poi, che ove le parti abbiano deferito le controversie contrattuali ad arbitrato estero, tale deferimento si estende anche alla materia cautelare e pertanto va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano in relazione all'istanza ex art. 669 ter c.p.c. volta all'ottenimento del sequestro giudiziario ed in subordine del provvedimento di urgenza (Trib. Frosinone, 19 settembre 2017, in Riv. arb., 2017, n. 4, 759). Diversamente, secondo la più recente Trib. Genova, sez. I, 4 luglio 2019, in Riv. arb., 2019, n. 4, 753, a seguito dei principi espressi dalla Corte Costituzionale sin dalla sentenza n. 26/2010, deve ritenersi ammissibile il ricorso al giudice italiano per l'accertamento tecnico preventivo anche quando il giudizio di merito sia devoluto ad arbitri esteri.

Ricorso

L'art. 669-bis c.p.c. tace sul contenuto del ricorso cautelare.

Secondo la comune opinione trova quindi applicazione la regola generale sancita dall' art. 125 c.p.c.(v. già Pret. Alessandria 16 marzo 1993, in Giur. it., 1993, I, 2, 775, con nota di Dalmotto), in virtù della quale tale ricorso deve indicare l'ufficio giudiziario, le parti, l'oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o la istanza, e, tanto l'originale quanto le copie da notificare, devono essere sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore.

Con riferimento alla domanda cautelare proposta ante litem sorge l'interrogativo se la stessa, specie ove volta all'emanazione di provvedimenti a strumentalità c.d. attenuata, debba indicare gli elementi costitutivi dell'instauranda azione di merito. La giurisprudenza dominante appare orientata in senso affermativo: appaiono invece controverse nella prassi le conseguenze dell'inosservanza della regola.

ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Il ricorso cautelare privo dell'indicazione delle conclusioni che saranno o potranno essere oggetto della successiva domanda di merito è inammissibile.

Trib. Lecce, sez. II, 29 marzo 2019, in dejure.giuffre.it;

Trib. Bari 24 febbraio 2003, in Giur. it., 2003, 1607; Trib. Torino 23 agosto 2002, in Giur. it., 2003, 1834, con nota di Anania; Trib. Catania 12 giugno 2001, in Giur. it., 2002, 1197, con nota di Carratta; Trib. Roma 14 gennaio 2001, in Lavoro nella giur., 2001, 1196.

Il ricorso cautelare privo degli elementi afferenti l'editio actionis è nullo.

Trib. Rovereto 14 giugno 2004, in Giur. merito, 2004, 1685, con nota di Falaschi.

Procedimento

Il procedimento cautelare è disciplinato dall'art. 669-sexies c.p.c., in omaggio a regole che mirano ad evidenziare una discontinuità rispetto all'assetto antecedente alla novella realizzata dalla l. 353/1990, nel quale si prevedeva un regime processuale differenziato per le singole misure cautelari.

L'ordinaria modalità di svolgimento del procedimento cautelare è quella delineata dal primo co. dell'art. 669-sexies c.p.c., in virtù del quale il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti ed ai fini del provvedimento richiesto, e provvede con ordinanza all'accoglimento o al rigetto del ricorso.

L'art. 669-sexies c.p.c. non prevede la necessità del rispetto di un determinato termine tra la notificazione del ricorso cautelare e la data dell'udienza indicata per la comparizione delle parti. Pertanto rientra nella discrezionalità del giudice designato conciliare al meglio il conflitto che si pone nella fattispecie de qua tra il diritto di difesa del resistente e le esigenze di tutela del ricorrente individuare il termine a tal fine congruo (Olivieri 1991, 702).

Nel procedimento cautelare che si svolge secondo il modulo c.d. ordinario del contraddittorio preventivo l'attività istruttoria si concreta, ai sensi del primo co. dell'art. 669-sexies c.p.c., nello svolgimento degli atti istruttori che il giudice ritiene indispensabili in relazione ai fini ed ai presupposti del provvedimento richiesto.

La cognizione cautelare, piena rispetto al periculum in mora, è infatti soltanto sommaria in relazione al fumus boni juris , poiché il convincimento giudiziale sulla fondatezza sommaria della tutela di merito può basarsi anche su argomenti di prova o presunzioni, ovvero su una semiplena probatio inidonea a giustificare una decisione a cognizione piena.

E' pacifico, peraltro, che in caso di domanda cautelare proposta lite pendente non possano essere depositati documenti per il quale era già maturata la relativa decadenza processuale (Cass. civ., sez. II, 30 maggio 2017, n. 13631).

In evidenza

Sebbene la formulazione normativa riconosca ampi spazi di discrezionalità al giudice della cautela deve ritenersi che l'attività istruttoria possa essere utilizzata esclusivamente per stabilire se la richiesta misura cautelare debba essere concessa o meno (e quindi attinenti al fumus boni juris ed al periculum in mora), dovendosi considerare invece inammissibile ogni richiesta istruttoria volta a fornire la prova di fatti rilevanti esclusivamente per il giudizio di merito (Olivieri 1991,703; Tommaseo 1991, 100).

Ai sensi dell'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c., quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l'attuazione del provvedimento il giudice provvede, assunte sommarie informazioni, sull'istanza cautelare con decreto inaudita altera parte. In questo caso avremo un procedimento a contraddittorio differito poiché con lo stesso decreto con il quale è concessa la misura il giudice deve fissare l'udienza di comparizione delle parti dinanzi a sé entro un termine non superiore a quindici giorni, assegnando all'istante un termine perentorio non superiore a otto giorni per la notifica del ricorso e del decreto. Tale udienza è destinata, invero, alla conferma, revoca o modifica della misura già concessa con decreto nel contraddittorio con l'altra parte.

Ai fini dell'emanazione del decreto cautelare, non soltanto resta ferma l'esigenza di valutare la sussistenza del fumus boni juris, ma deve sussistere un peculiare pregiudizio connesso all'attuazione della misura cautelare, significativamente definito periculum in mora “al quadrato”, i.e. un pericolo inerente alle more sello stesso normale contraddittorio, svolgimento del procedimento di autorizzazione della cautela e conseguente all'effetto di allarme sortito dall'instaurazione del contraddittorio.

CASISTICA

Il provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., volto ad inibire il trasferimento di un lavoratore subordinato può pronunciarsi con decreto ogni qualvolta i tempi previsti per l'operatività del trasferimento stesso non consentano di disporre la convocazione della controparte.

Pret. Forlì, sez. dist., Cesena, 26 giugno 1995, in Lavoro nella giur., 1996, 288, con nota di Guarnieri.

Sussistono i presupposti per concedere, con decreto reso inaudita altera parte, la tutela d'urgenza invocata dall'affittuario di un'azienda alberghiera rimasta inattiva a causa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 e, per l'effetto, ordinare alla controparte di non mettere all'incasso gli assegni bancari postdatati o privi di data, che erano stati rilasciati a garanzia del pagamento del canone.

Trib. Rimini, 25 maggio 2020, in Foro it., 2020, I, 2498; conf. Trib. Bologna, 12 maggio 2020, n. 4976, in dejure.giuffre.it

L'imminente avvio delle operazioni di riconsegna di un'agenzia di assicurazioni, costituisce un pregiudizio grave ed irreparabile idoneo a legittimare il ricorso alla tutela cautelare d'urgenza con decreto inaudita altera parte ai sensi dell'art. 669-sexies c.p.c.

Trib. Bari, 15 ottobre 2004, in Corr. Merito, 2005, 31, con nota di Amendolagine.

Il giudice della cautela decide se concedere con decreto inaudita altera parte la tutela richiesta a seguito dell'assunzione di sommarie informazioni. L'assenza di contradditorio impedisce di considerare le sommarie informazioni alla stregua degli atti istruttori tipici assunti con le modalità tipiche del codice di procedura civile, con la conseguenza che il giudice, nell'esercizio di veri e propri poteri inquisitori (Lombardo 2001, 506 ss.), può a tal fine considerare ogni elemento utile al proprio convincimento, anche al di fuori dei mezzi istruttori tipici e prescindendo dalle regole normative che disciplinano le modalità di assunzione delle prove (Guaglione 2006, 96).

Nel decreto cautelare il giudice deve fissare l'udienza per la comparizione delle parti in un termine massimo di quindici giorni. Tale udienza è destinata, in armonia con un modello di contraddittorio c.d. differito, alla conferma, revoca o modifica del decreto nel contraddittorio tra le parti. Ne deriva che l'eventuale omissione della fissazione dell'udienza nel decreto comporta la nullità del provvedimento cautelare concesso con decreto (Guaglione 2006, 99).

Perentorio, a pena di inefficacia della misura concessa, è il termine di otto giorni rispetto all'emanazione del decreto cautelare entro il quale il beneficiario della misura è onerato di notificare il ricorso ed il decreto all'altra parte (Trib. Milano 11 novembre 1993, in Foro it., 1994, I, 603 ed in Riv. dir. comm., 1994, II, 251, con nota di Becchis; conf. Trib. Roma, 29 novembre 2002, in Giur. merito, 2003, 867).

Nella recente esperienza applicativa si è ritenuto che, nel caso di correzione dell'errore materiale nel decreto di fissazione udienza, ove si ammettesse che il dies a quo per il decorso degli otto giorni di cui all'art. 669-sexies c.p.c. venisse a coincidere con il decreto di correzione materiale, si finirebbe con il riconoscere ad un errore del decreto di fissazione efficienza sanante della decadenza degli effetti del decreto inaudita altera parte originariamente concesso. Secondo tale impostazione, la parte trarrebbe dallo stesso vizio del decreto originario, determinativo dell'inefficacia del medesimo per omessa notifica nel termine perentorio, la causa per il riacquisto dell'efficacia del provvedimento, con compromissione evidentemente inammissibile dei diritti del controinteressato ed una sanatoria dell'inosservanza del termine perentorio costituita non dalla rimessione in termine come prescritto dalla legge, ma da un evento terzo, l'errore materiale recato dal decreto di fissazione, con un evidente paradosso logico-giuridico ed una violazione degli artt. 669-sexies e 153, comma 2 c.p.c. (Trib. Napoli, sez. III, 5 dicembre 2019, in ilprocessocivile.it, con nota di Giordano).

Decisione e regime della stessa

Il procedimento cautelare può concludersi con un'ordinanza di rigetto ovvero di accoglimento della domanda proposta.

Entrambi questi provvedimenti sono assoggettati, dopo l'intervento di Corte Cost. n. 253/1994, al rimedio del reclamo cautelare, regolato dall'art. 669-terdecies c.p.c.

Competente a decidere il reclamo proposto avverso i provvedimenti emanati dal giudice singolo del tribunale è il collegio, del quale non può fare parte, come detto, il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato.

In sede di reclamo devono essere dedotti non soltanto gli errori compiuti dal giudice della prima fase ma anche le circostanze ed i motivi sopravvenuti al momento della proposizione del reclamo che debbono essere proposti, nel rispetto del principio del contraddittorio, nel relativo procedimento. Il reclamo cautelare è stato quindi configurato dal legislatore in termini di nuovo giudizio piuttosto che di revisio prioris instantiae volta precipuamente al controllo degli errori commessi dal primo giudice e chiusa alle nuove allegazioni, alle sopravvenienze ed ai nuovi mezzi di prova: infatti, stante l'assenza di specifiche preclusioni normative, in sede di reclamo possono ora senz'altro essere compiute per la prima volta attività quali l'allegazione di fatti e la rilevazione di eccezioni, anche in senso stretto (purché giustificati da sopravvenienze in fatto o circostanze non dedotte precedentemente per causa non imputabile: cfr., tra le altre, Trib. Palermo, sez. II, 22 marzo 2019, in dejure.giuffre.it), nonché dedotti e disposti nuovi mezzi di prova utili per la definizione del procedimento (su quest'ultimo aspetto v. Trib. Reggio Emilia, sez. I, 11 febbraio 2019, in Riv. dir. ind., 2019, II, 116).

Il procedimento in sede di reclamo è disciplinato nelle forme del procedimento in camera di consiglio.

Il reclamante ha l'onere di notificare alla parte resistente il ricorso con il decreto di fissazione dell'udienza: in mancanza, il reclamo dovrà essere dichiarato improcedibile (cfr., ex plurimis, Trib. Vallo Lucania, 15 ottobre 2019, n. 216, in Ilprocessocivile.it, 3 aprile 2020).

E' pacifico che le ordinanze rese in sede di reclamo cautelare, non incidendo che provvisoriamente su un diritto soggettivo, non siano suscettibili di ricorso straordinario per cassazioneex art. 111, settimo comma, Cost. (v., tra le altre, Cass. civ., 1° marzo 2019, n. 6180, la quale ha precisato che tale principio opera anche rispetto alla statuizione sulle spese, che dovranno essere recuperate, ove spettanti, in un autonomo giudizio, anche monitorio).

Nell'ipotesi di rigetto la domanda cautelare può essere riproposta senza alcuna preclusione ove il rigetto sia dipeso da incompetenza, mentre nelle altre ipotesi la riproposizione dovrà fondarsi su mutamenti delle circostanze ovvero sulla deduzione di nuove ragioni di fatto e di diritto.

La norma costituisce il frutto di un compromesso tra l'assetto previgente alla novella operata dalla l. 353/1990 nel quale non era posta alcuna preclusione alla riproponibilità dell'istanza cautelare, e la proposta di autorevole dottrina la quale, anche sulla scorta dell'esperienza di altri sistemi processuali europei, riteneva più opportuno ancorare la riproponibilità dell'istanza, a seguito di un rigetto, esclusivamente ad un mutamento delle circostanze.

Secondo un primo orientamento, si verifica un mutamento delle circostanze, non soltanto in presenza di vere e proprie sopravvenienze rispetto al momento nel quale è stata resa la decisione sul primo ricorso, ma anche a seguito dell'emersione di nuovi fatti meramente probatori ed endoprocessuali (cfr., pur con espresso riguardo all'istanza di revoca, Trib. Brindisi, 3 aprile 2000, in Giur. it., 2001, 1874, con nota di Addario; Trib. Messina 15 dicembre 1997, in Giur. Merito, 1998, 936; Trib. Firenze 15 maggio 1995, in Foro it., 1996, 1097).

Diversamente, in accordo con una soluzione più rigorosa, è ammissibile la riproposizione della domanda cautelare per mutamento delle circostanze soltanto fronte di vere e proprie sopravvenienze, i.e. circostanze extraprocessuali non conosciute né conoscibili dal ricorrente prima dell'instaurazione del giudizio cautelare (Trib. Parma 13 giugno 1994, in Giur. it., 1995, I, 2, 488).

Più complessi problemi interpretativi, soprattutto di carattere sistematico, sono determinati dall'individuazione delle nuove ragioni di fatto e di diritto le quali, unitamente al mutamento delle circostanze, giustificano la riproposizione dell'istanza cautelare in seguito all'emanazione di un provvedimento negativo.

In accordo con l'orientamento prevalente in dottrina, la riproposizione dell'istanza cautelare rigettata per motivi di merito potrebbe fondarsi anche sulla deduzione di ragioni di fatto e di diritto nuove soltanto perché non precedentemente dedotte in sede di originaria proposizione del ricorso cautelare, con la conseguente vigenza del principio per il quale la preclusione ivi copre il dedotto, ma non anche il deducibile (Attardi 1991, 241; Consolo (Luiso – Sassani) 1996, 638 ss.).

Secondo altra tesi, invece, l'istanza di riproposizione non costituisce un mezzo di gravame mediante il quale la parte interessata può far valere nuovamente le questioni espressamente o implicitamente disattese dal giudice della cautela.

Nella recente esperienza applicativa si segnala la posizione assunta da Trib. Paola, 13 dicembre 2018, in dejure.giuffre.it, per la quale un mutamento giurisprudenziale può essere annoverato tra le nuove ragioni di diritto che possono essere poste a fondamento della riproposizione del ricorso cautelare.

Riferimenti

  • Attardi, Le nuove disposizioni sul processo civile, Padova 1991;
  • Basilico, I rimedi nei confronti dei procedimenti cautelari, in Giur. it., 1994, IV, 25;
  • Caponi, La nuova disciplina dei procedimenti cautelari in generale ( l.n. 80 del 2005 ), in Foro it., 2006, V, 69;
  • Consolo, Il nuovo procedimento cautelare, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1994, 332;
  • Consolo - Luiso - Sassani, Commentario alla riforma del processo civile, Milano 1996; FERRONI, La competenza nei procedimenti cautelari, in Giust. Civ., 1994, II, 471;
  • Giordano, Il procedimento cautelare uniforme: prassi e questioni, Milano 2008;
  • Guaglione, Il processo cautelare, Napoli 2006;
  • Lombardo, Natura e caratteri dell'istruzione probatoria nel processo cautelare, in Riv. dir. proc., 2001, 506;
  • Merlin, Procedimenti cautelari ed urgenti in generale, in Dig., disc. priv., sez. civ., 1996, 402;
  • Proto Pisani, Procedimenti cautelari, E.G.I., XXIV, Roma, 1991, 23.